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Giuseppe Taverna
www.juzaphoto.com/p/GiuseppeTaverna



avatarLimicoli chi sono costoro?
in Articoli il 20 Marzo 2025, 10:03


Leggo sul dizionario enciclopedico Treccani: limicolo agg. e s.m. dal latino limicòla comp. di limus "limo" e - còla "-colo" 1 agg. che abita luoghi fangosi, paludosi; 2 s.m. pl. Limicoli, ordine di uccelli. Si intende per animali limicoli il complesso faunistico che popola i fondi melmosi del mare e delle acqua dolci.

In zoologia il termine limicolo rappresenta un ordine di uccelli che si nutrono delle particelle organiche che si trovano nello strato superficiale di paludi, litorali marini, acquitrini e zone ricche di " fango",

Quindi l'habitat è uno dei fattori che possono aiutarci ad identificarli, ma non è sufficiente per una determinazione sul campo che è difficile di per sé, occorre porsi alcune domande: è ragionevole che la specie che pensiamo sia, si trovi in Italia in questo periodo? il comportamento che abbiamo osservato è consono a quello che dovrebbe essere?

Se la specie che stiamo osservando è esatta, o così ci sembra, è giunto il momento di esaminare l'aspetto dell'uccello con occhio più critico, prima di tutto occorre stabilire le dimensioni.

Se sono correttamente valutate, si è fatto un passo avanti, ma l'esperienza dimostra che, sia i principianti che i più esperti, commettono errori.

Mi ricordo di averne fatti molti di errori agli inizi delle mie osservazioni in natura, e non solo con gli uccelli, ma anche con gli insetti, i fiori, i funghi; ancora ne faccio, a volte.

Valutare in modo errato le dimensioni di un uccello, comporta seguire un indirizzo sbagliato.

Una fonte di errore è l'illusione ottica relativa alle dimensioni che si verifica quando uno stormo è osservato con un potente teleobiettivo e cannocchiale, che contrae molto il campo visivo e gli uccelli più lontani sembrano più grandi di quelli in primo piano, mentre, in effetti, sono della stessa taglia.

Anche il contrasto tra uccello e sfondo, influisce sull'impressione della taglia.

Un forte contrasto lo fa sembrare più piccolo. Un uccello scuro sull'acqua altrettanto scura sembra più piccolo di uno bianco, anche se entrambi sono della stessa taglia. E un uccello chiaro su uno sfondo chiaro non sembra grande quanto uno nero.

Una volta stabilita la taglia, occorre domandarsi: come è il becco, è piccolo o grande? cuneiforme o sottile? dritto o curvo? è lungo e stretto? è più lungo della lunghezza del capo? che forma ha il corpo? ha collo e coda lunghi o corti? le zampe sono molto lunghe e sottili o nella media? di che colore sono?

Se si osservano i colori, occorre...


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avatarNutria e Folaga
in Articoli il 28 Dicembre 2024, 10:43


Nel 2008 Danilo Mainardi, etologo e divulgatore scientifico, professore di Ecologia comportamentale all'Università Cà Foscari di Venezia e direttore della Scuola Internazionale di ecologia di Erice, presidente onorario della LIPU (Lega Italiana Protezione uccelli), membro di accademie e società tra cui L'Accademia Nazionale delle Scienze (dei Quaranta) e l'Internescional Ethological Society di cui è stato presidente, ha pubblicato “La bella zoologia” e ha scritto:

Chi lo fa lo sa: conoscere da vicino gli animali, frequentarli, osservarli, studiarli è bellissimo. E non finisce mai di stupire. Perché la varietà delle specie, con le loro molteplici forme di intelligenza – quella insita nell'istinto e quella frutto di personali esperienze – è una fonte inesauribile di sorprese, anche per gli studiosi.

Affrontare temi complessi come l'evoluzione delle specie e il difficile rapporto tra l'uomo e l'ecosistema, ci schiude lo scrigno della zoologia, disciplina bellissima, dove si nascondono tesori, che ci regaleranno conoscenza e gioia di vivere, perché capire gli animali – uomo incluso – è il punto di partenza per cambiare il nostro modo di pensare nel mondo.

Nel 2017 Richard O. Prum, Professore di di Ornitologia alla Yale University, nonché curatore capo della sezione Zoologia dei Vertebrati del Peabody Museum of Natural History presso il medesimo istituto, nel suo libro “L'evoluzione della bellezza” inizia l'introduzione scrivendo:

Ho iniziato a praticare il birdwatching e a interessarmi del comportamento degli uccelli quando avevo dieci anni, e non ho mai preso seriamente in considerazione di fare altro nella vita. Il che è un bene, perché ormai non sarei più in grado di fare un lavoro diverso.

Quest'anno, durate il mio girovagare fotografando la natura, mi è capitato di osservare, quello che per me, è apparso un insolito comportamento animale tra un mammifero e un uccello.

Il mammifero, un esemplare adulto di Nutria (Myocastor coypus), a causa degli interventi di manutenzione sui corsi d'acqua, effettuata dall'uomo, ha abbandonato il suo territorio spostandosi in un canale nelle immediate vicinanze.

Lo stesso habitat veniva utilizzato, con le dovute distanze territoriali, anche da uccelli nidificanti quali la Folaga e lo Svasso maggiore.

Lo Svasso, a causa del bassissimo livello d'acqua rimasto, non trovando più pesce, suo cibo prioritario, è stato costretto a trasferirsi nel vicino fiume, il Ticino.
La coppia di folaghe, per giorni ha girovagato nei pressi, trovando ancora da alimentarsi in quanto la vegetazione acquatica era ancora presente.

La Nutria si è subito ambientata nel nuovo corso d'acqua, e ha iniziato la preparazione del...


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avatarLo Scricciolo
in Articoli il 27 Marzo 2019, 21:03


Lo scricciolo (Troglodytes troglodytes) è tra gli uccelli europei più piccoli, per questo il suo nome è sinonimo di qualcosa di minuscolo e delicato.





Detti popolari e leggenda

“La vera bellezza sta nelle piccole cose”. Quante volte mi è capitato di sentirlo dire osservando il piccolo uccello che si è posato sul ramo di un cespuglio di rovi.
Sverna nelle nostre campagne. Il suo aspetto grazioso lo ha reso protagonista di molte leggende popolari.
“Sei uno scricciolo” è un comune modo di dire, per descrivere una persona di corporatura minuta e deriva da uno dei più piccoli uccelli europei.
È un uccellino agile, dinamico, ingegnoso, tanto da essere eletto “il re degli uccelli”.
Un'antica leggenda celtica spiega che durante l'assemblea degli uccelli, quelli dell'aria, fu deciso di nominare “Re” chi di loro fosse riuscito a volare più in alto. La favorita della gara era l'aquila, per la sua dimensione e la sua forza, che riuscì infatti ad arrivare fino al sole. Ma non si era accorta che il piccolo scricciolo, furbescamente, si era nascosto sul suo dorso, facendosi trasportare quindi ancora più in alto vincendo così la gara.
Da quel giorno lo scricciolo divenne anche simbolo dei Druidi, sacerdoti degli antichi popoli celtici.
Nel Galles una stessa parola indica sia lui che il Druido mentre in Irlanda è chiamato “Uccello Druido”.
Ogni capodanno, durante “la festa dello scricciolo”, l'apprendista Druido entrava nei boschi per incontrarlo e, se ciò avveniva, era segno di benedizione e di approvazione a divenire Druido entro l'anno.
Questa leggenda si ritrova anche nel nome comunemente usato in tedesco Zaunkoenig che in italiano si traduce in “il re delle siepi” mentre il nome olandese lo indica come “il re dell'inverno”.
Lo scricciolo era considerato tra gli uccelli più sacri: chi ne uccideva o catturava uno, o rubava uova o piccoli, o distruggeva il suo nido, sarebbe stato colpito da fulmini, fuoco e disgrazie.
Purtroppo con il passaggio dal paganesimo al Cristianesimo le divinità pagane venivano uccise e la festa dello scricciolo fu spostata al giorno di S. Stefano (26 dicembre) e trasformata in un giorno di caccia poiché si narra che il suo canto indicò ai Romani in quale cespuglio si era nascosto il santo durante la fuga.
La coda alzata e ben dritta, secondo un canto cristiano, è dovuta alla sua vanità poiché sembra sia stata toccata da Gesù bambino, quando tentò di ringraziarlo per avergli fatto con tanta pazienza un cuscino di piume.
Il...


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avatarIl fiume azzurro
in Articoli il 08 Marzo 2019, 14:23


Ho dormito tutta la notte, un sonno profondo.

Ora sono rilassato e in piena forma, sto camminando lungo il “mio fiume”, il Ticino, che frequento da circa 50 anni, prima come pescatore, poi come fotografo e naturalista.

Devo raggiungere la zona boschiva dove ho piazzato, alto sul ramo di una quercia, un pezzo di tronco di pino che avevo recuperato dalla potatura effettuata nel Parco Alto Milanese, ai confini della mia città.

Mi era bastato chiedere al personale che lavorava se lo potevo prendere.

Lo avevo tagliato a metà per la sua lunghezza, scavato quel tanto che bastava per creare una galleria poco profonda e, effettuato un foro di buone dimensioni, di sezione circolare, un po' a forma di uovo rovesciato.

La giornata, non è delle migliori, il sole è coperto da grosse nuvole, forse pioverà, ma non mi preoccupo, nello zaino ho il completo antipioggia.

Ho già sentito il vocalizzo del picchio verde (Picus viridis) e, più lontano, sulla sponda piemontese, quello del picchio nero (Dryocopus martius).

Quest'ultimo un po' di anni fa non c'era, pensavo ci fosse solo nelle pinete e abetaie, in montagna, invece inaspettatamente, era arrivato nei boschi lungo il fiume, forse perché qualche pino (Pinus sylvestris) c'è anche qui.

Anche il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) è apparso all'improvviso sul greto del fiume.





In tanti anni, qui, non l'ho mai visto, poi lo avevo osservato fare concorrenza alla ballerina bianca (Motacilla alba) e, a quella gialla (Motacilla cinerea), si contendevano gli insetti sui sassi bagnati dall'acqua, lui però era avvantaggiato, poteva tuffarsi e cibarsi di “verdine”, le larve dei Tricotteri, le Friganee (volgarmente chiamate “portasassi e portalegna”).

Ecco, là in fondo, la quercia, il tronchetto di pino, si vede già, l'ho fissato con due fascette da elettricista al tronco della pianta, appoggia per sicurezza su di un ramo, è sicuramente molto stabile.

Una controllata veloce, nessuna traccia che evidenzi il suo utilizzo.
L'ho creato per i picchi, il foro di entrata piuttosto grande, la forma di un uovo rovesciato.

Anche il picchio muratore (Sitta europaea) potrebbe utilizzarlo, è sua abitudine usare nidi abbandonati da altri picchi, provvede a rimpicciolire il foro di ingresso rendendolo piccolo, quanto basta per il suo passaggio, dopotutto è delle dimensioni di un passeriforme.

A pochi metri dalla quercia, settimane prima, ho costruito, utilizzando materiale del posto, una struttura da utilizzare come capanno di osservazione, giusto lo spazio per il treppiede con l'attrezzatura fotografica.

Tutto intorno...


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avatarIl nido dei picchi
in Articoli il 15 Gennaio 2019, 11:16


Sono passati ormai anni da quando ho costruito un capanno, nei pressi di una robinia (Robinia pseudoacacia), in cui ho visto il foro di entrata del nido del picchio verde.

Ero sicuro fosse del picchio verde (Picus viridis) perché era un foro ovalizzato, con l'apice rivolto verso il basso, poi era più grande di quello del picchio rosso maggiore.





Mi ero fermato, un po' nascosto, per vedere se era frequentato.

Poco dopo, una testolina era apparsa, evidentemente mi aveva sentito arrivare, era rimasto un po' tranquillo, sospettoso, poi non udendo altri rumori si era affacciato.

Era la dimostrazione che era occupato, avevo pensato, il piccolo non si era ancora involato, quindi era ancora alimentato dai genitori.

Mentre pensavo a questo, ecco arrivare l'adulto, la femmina, l'avevo riconosciuta per il mustacchio nero ai lati del capo, il maschio ce l'ha di un bel rosso, la stavo osservando da una decina di metri, non me l'aspettavo così grossa.





Bisognava mi organizzassi per poter fotografare in sicurezza.

Per l'hanno in corso ormai era impossibile, il piccolo sarebbe uscito tra qualche giorno, non volevo disturbarlo, i genitori si sarebbero allarmati vedendomi e, avrebbero potuto abbandonarlo.

Dovevo costruire un capanno che mi mimetizzasse alla vista.
L'avrei costruito in inverno, pronto per essere usato in primavera.

Così feci.





A novembre, nel bosco, si erano effettuati lavori forestali, si erano tagliate le piante ammalorate, soprattutto Farnia (Quercus robur), Rovere (Quercus petraea), e qualche Roverella (Quercus pubescens), da anni infestate dalla processionaria della quercia (Thaumetopoea processionea).

Le larve della processionaria della quercia, vivono nei boschi di latifoglia, nascono in primavera e vivono tutte insieme in una specie di nido costruito con la seta che secernono dall'apparato boccale, una ragnatela che avvolge il tronco e i rami.

Gli adulti si trasformano in farfallina e volano durante i mesi di luglio o agosto.

Di notte, le larve, abbandonano il loro rifugio e, disponendosi una dietro l'altra a formare una lunghissima fila indiana, si arrampicano sui tronchi e sui rami per raggiungere le foglie, nel caso delle latifoglie, o gli aghi di pino nel caso delle conifere, nutrendosi.

Queste larve sono caratterizzate dalla presenza sul corpo, di ciuffi di peli urticanti.

Il secreto contenuto nei peli se viene a contatto con l'epidermide dell'uomo o degli animali domestici, può provocare forti irritazioni, che sono particolarmente pericolose quando vanno ad interessare gli occhi o le mucose delle vie respiratorie.

Nelle mie numerosissime uscite...


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avatarGru in Palude Brabbia
in Articoli il 08 Agosto 2017, 16:25


In palude ci vado spesso in primavera, quest'anno è la prima uscita, già saranno arrivate le alzavole e le canapiglie, il resto è presente tutto l'anno, folaghe, germano reale, tuffetto.

Verso le 8,00 arrivo ad Inarzo, parcheggio l'auto, e mi incammino verso il capanno preferito.
E' il meno frequentato, quello con più vegetazione attorno, lì mi trovo bene e, poi, durante la settimana sono pochi i visitatori.

Per raggiungere il posto devo costeggiare una zona prativa, con piantagione di pioppo, in filari.
Spesso la lepre è presente tra l'erba, anche più di una, durante il periodo degli amori e, la si può fotografare, se si è sotto vento.
Il fagiano, invece, è solito essere in pastura al mattino presto e, il maschio, già comincia a cantare per farsi sentire dalle femmine e dagli altri maschi, in questo periodo avversari in amore e territorio.
Anche il picchio verde e il picchio nero frequentano la zona, svolazzando tra i tronchi dei pioppi, entrambi nidificano da anni in palude.

Come tutte le mattine, anche stamattina c'è una coltre di nebbia, che nelle zone boschive con vicinanza di acque, è frequente tutto l'anno, a volte anche solo come forma di condensa, visto che i primi raggi di sole fanno evaporare l'umidità dal suolo erboso.
Subito la mia attenzione viene attratta da alcune macchie scure in fondo al prato, mi sto domandando cosa possano essere, l'ultima volta che ci sono stato non ricordo ci fossero, mi fermo e guardo con più attenzione, mi pare che si muovano.
La mia mente galoppa, che siano cinghiali?
Non ci sono tracce lungo il percorso, non possono essere loro, adesso si muovono tutti insieme, vengono verso di me, la foschia non mi aiuta, ma comincio a distinguere le sagome, che siano aironi?
No, sono figure alte, come un uomo.

Nel frattempo, l'esperienza e la lunga pratica effettuata in anni di osservazione del comportamento animale, mi suggeriscono di stare fermo, mi inginocchio, sollevo la macchina col teleobiettivo e rimango in attesa.
Le “cose” continuano ad avanzare verso di me, mi pare impossibile, ma, una vaga conoscenza di quali uccelli siano, perché di uccelli si tratta, si è fatta strada nella mia mente.
Non mi è mai capitato di vederle.
Qui poi, per quanto ne so, non ci sono mai state, sono anni che frequento il posto, da quando sono diventato socio LIPU, l'associazione che gestisce la palude.
Ora però non ho più...


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avatarI camosci del Cogorna
in Articoli il 25 Giugno 2017, 15:36


Dal poggiolo in legno della casa, si vede la montagna, ieri ha piovuto e ora il cielo è limpido, l'aria fresca e pulita, il monte sembra talmente vicino da essere toccato, invece, si trova in linea d'aria, a qualche chilometro di distanza.
Dall'angolazione in cui lo guardo, noto la sua forma che ricorda, con un po' di fantasia, il rigoglioso petto di una donna sdraiata, con le due grosse mammelle.
Tra di loro, come a ricordare il profondo solco del petto femminile, la Duinella, un piccolo torrente che scende a valle.
Una rigogliosa vegetazione, ricopre tutta la superficie del monte, lasciando intravedere solo qualche parete rocciosa.
Le numerosissime piante ad alto fusto presenti, sono prevalentemente faggi, abeti, larici, ma seppur meno numerosi anche maggiociondolo, nocciolo, tasso, mentre il sottobosco è tappezzato di mirtillo, lampone e fragoline di bosco.
L'occhio quando spazia sull'insieme del paesaggio, riporta alla mente la foresta primordiale, ancora immacolata.
Tre sentieri partono da località diverse, permettendo, a chi li percorre,di raggiungere in quota un'ampia conca, ottimo pascolo, dove, da tempo immemorabile, è localizzata la malga.
Questa, ai tempi, era frequentata dal bestiame vaccino, e i malgari vi salivano a piedi, ci voleva tutto il giorno, con più di un centinaio di mucche.
La più anziana di queste, conosceva la strada, per averla percorsa negli anni, ma bisognava stare molto attenti alle altre, perché il pericolo era sempre in agguato, qualche volta qualche giovane bestia scivolava nel torrente, se si era fortunati con enorme fatica la si recuperava, in caso contrario, rimaneva a disposizione degli animali selvatici, volpe e tasso in primis.
Si stava in quota, a circa 1700 m.l.m., dalla metà di giugno sino alla metà di settembre, quando i frequenti temporali alpini, nulla a che vedere con quelli della pianura, lasciavano il posto alle prime nevicate che sopraggiungevano senza preavviso, anticipando il rigido inverno.
Durante questi mesi si provvedeva a mungere il bestiame due volte al giorno, e il latte veniva lavorato in loco, per farne formaggio e burro che si presentavano con una colorazione giallastra e un profumo di erbe di montagna.
L'abbandono graduale delle località di alta montagna, dove la fatica fisica non compensava economicamente il duro lavoro svolto in solitudine, lontano dalle famiglie, ha fatto si che lo stabile si degradasse.
Solo negli anni a venire, le ristrutturazioni hanno permesso il riutilizzo, a disposizione dei soci della sezione locale della Società Alpinisti Trentini...


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avatarLa volpe rossa
in Articoli il 01 Maggio 2017, 22:02


Quando si frequenta assiduamente la natura, a volte, si fanno incontri eccezionali.

Naturalmente per giorni e giorni si può anche girovagare senza vedere una coda o un'ala.

Sembra che gli esseri selvatici siano spariti o estinti.

Poi, se uno osserva il terreno, si accorge delle tracce lasciate.

La volpe rossa o comune, Vulpes vulpes, è passata.

Ha lasciato i suoi escrementi, ben visibili deposti, di solito, in punti elevati, su tronchi d'albero caduto a terra, sui sassi, tra i ciuffi d'erba.

E' il suo modo per delimitare il proprio territorio.

Si nutre prevalentemente di piccoli roditori, ma anche di uccelli, di uova, di insetti e di lombrichi.

Il consumo di cibo vegetale, come la frutta, le bacche, le pigne e i semi, varia con il cambiare della stagione.

Gli escrementi hanno la forma di una salciccia, arrotondata a una estremità, appuntita dalla parte opposta.

Ma solo l'ultimo frammento espulso dall'intestino presenta l'estremità appuntita ed è indicatore della direzione in cui l'animale ha proseguito il proprio percorso.

Il colore e la composizione dello sterco dipende dalla qualità del cibo, normalmente se contiene peli è di colore bruno scuro, ma col tempo diviene grigio.

Se la volpe ha divorato una certa quantità di ossa, il contenuto di calcio produce un rivestimento grigio.

Un consistente consumo di pigne conferisce agli escrementi un colore biancastro.

Anche il consumo di bacche, di cui si ciba in autunno, danno una colorazione diversa.

I mirtilli neri conferiscono una colorazione blu scuro.

I lamponi una tonalità rossiccia.

L'ingestione di mirtilli rossi e di sorbe è riconoscibile dai residui semidigeriti, le bucce.

Se il terreno è bagnato o fangoso, sono evidenti le sue impronte ovali, in cui si notano accanto al cuscinetto plantare, i quattro cuscinetti digitali e gli evidenti segni delle unghie.

A volte si possono incontrare le “spiumate”, un insieme di penne di uccello predato strappate dalla volpe una alla volta o a ciuffi, creando l'impressione che siano state recise con delle forbici.

E la tana? Che soddisfazione essere riusciti a trovarne una.

Si trovano nei boschi dal terreno non troppo indurito privilegiando i pendii assolati.

La costruzione è ampia, presenta accanto al corridoio centrale, parecchie uscite di sicurezza in cui la volpe può dileguarsi velocemente in caso di pericolo.

Nello scavo, la terra è trasportata all'esterno e distribuita in modo tale che attorno all'apertura si formi una sorta di vallo a ventaglio.

Le tane abitate si riconoscono per il particolare odore da...


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Interessi: Fauna selvatica, flora spontanea, paesaggio naturale

Birdwatcher socio LIPU, collabora con www.ornitho.it - www.gruppoinsubrico.com - www.papilionea.it







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