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Gelinda (Gelinda)...

Prendersi Cura

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Gelinda (Gelinda) sent on December 05, 2021 (12:01) by Matteop7. 0 comments, 46 views. [retina]

, 1/1400 f/2.2, ISO 200,

Gelinda, 29 anni, Anestesia e Rianimazione Parlare con Gelinda è incredibilmente facile. Non si direbbe da lontano, la vedi arrivare col passo leggero di chi canticchia una canzona amplificata nelle cuffiette, e ti sembra di avere l'impressione che la canzone che sta ascoltando, e tu ovviamente non sai quale sia, sia proprio quella adatta a quel momento. La vedi arrivare, e sembra totalmente assorbita dalla canzone, lei, la canzone e il suo umore che scivola sulle note. Invece no, appena ti scorge fa entrare anche te in questa comunione, guardandoti come se ti conoscesse da sempre. Una totale apertura che quasi ti spiazza, ti spiazza perchè comincia a instaurare una comunicazione con gli occhi fotogenici che si ritrova, e ti ascolta. E ti risponde, in maniera del tutto personale. Per questo è stato un piacere sentirla raccontare il suo percorso che l'ha portata a Parma, nonostante avesse paura di essere banale. Gelinda è affascinata dalle cose particolari, quelle cose che hanno bisogno di essere notate per risplendere e farti esclamare “ma perchè non ci avevo pensato?”. Durante il suo percorso di studi era affascinata dal concetto di Tanatologia, la cultura della Morte intesa come sua conoscenza; recita una didaché che “Vi sono due vie, una della vita e l'altra della morte”. La crescita che sta attraversando Gelinda nella specializzazione riflette proprio questa didaché! Ha iniziato gli studi per il fascino. “Mi ha sempre affascinato, più che altro, come il corpo umano, così perfetto, così ben funzionante in ogni minima cosa, così ben regolato, possa rompersi per un nonnulla e quindi capire perché si è rotto e come aggiustarlo. Ma mi rendo conto che mi sembra di parlare come un Ortopedico. Comunque da qui è nato il pensiero della Tanatologia, ma poi ho cambiato strada facendo”. Mi fa sorridere raccontandomi la battuta principe che ha accompagnato la sua scelta finale: “Ma come, sempre stesi sul letto li vuoi vedere, e sempre con gli occhi chiusi!” “All'inizio poteva anche essere parzialmente vero, adesso mi rendo conto che non è così; non voglio vedere i pazienti addormentati, anzi paradossalmente è il contrario, nel senso che mi piace di più parlarci prima e dopo. Non è solo lo addormento, lo sveglio e lo accompagno in reparto. Mi sta piacendo quella parte del lavoro in cui tu riesci a rassicuralo, e mi piace soprattutto in sala operatoria. In Rianimazione è diverso, è intrigante e coinvolgente prendermi carico di quel paziente e fare la differenza, devo fare qualcosa”. In questo momento ci guardiamo e scoppiamo a ridere nello stesso istante, è comico che questo concetto glielo abbia inculcato uno Strutturato con cui litigava e battibeccava spesso. Esclama “Cioè ti rendi conto, proprio quello mi ha insegnato a provare a fare la differenza? Un giorno se ne esce su e mi dice: devi sempre provare a fare la differenza! La Rianimazione è un posto di grande responsabilità e bisogna sempre provarci, non puoi far passare la giornata, altrimenti tanto vale che uno rimanga a casa”. Durante i brevi minuti di colloquio ha ripetuto almeno nove volte la parola Rianimazione; le chiedo, a mò di sfottò, perché nei suoi occhi e nelle sue parole si affacci sempre la parola “Rianima” - “E' sempre il discorso di prima, secondo me. Se sei in sala, tu trovi quel paziente, lo curi per quel periodo di tempo, e poi non lo vedi più. In rianimazione è diverso, a volte ci sono delle persone che ti toccano di più, ti rimangono dentro e tu vorresti sapere com'è finita, vorresti aiutarli concretamente. Magari arriva un paziente che è messo molto male e tu sai che, in un certo senso, qualunque cosa tu faccia dipende da te, nel senso che tu hai fatto quella manovra o quel qualcosa per quella persona e forse magari per questa tua cosa quella persona ha una chance in più, e tu vuoi vedere dove porta questa chance! Certo, poi ci sono quei casi in cui sai che il paziente non uscirà mai dalla Rianimazione perfettamente integro e infiocchettato come vorresti tu per Lui, sono quelli in cui ti vengono i dubbi! Ma lo sto facendo bene, ha senso farlo davvero? Cosa sto facendo per migliorare effettivamente la sua condizione? Invidio molto quelle persone che ti fanno percepire la sicurezza, perché una persona che è sicura di sé è sicura del fatto suo e sa di sapere quella nozione o cosa fare. Poi per carità, prendo per esempio dei vecchiacchi con 40 anni di esperienza, ci sta invidiarle”. E scoppiamo di nuovo a ridere, perchè Gelinda sicuramente dirà a quello Strutturato che le ha dato del vecchiaccio, per dimostrarle il suo affetto. Quello che Gelinda mi ha raccontato, in maniera dirompente e tutto d'un fiato è il suo concetto di Prendersi Cura. “Per me prendersi cura è tutto quello che ti ho raccontato fino ad adesso, con grande monotonia. E' fare la differenza perché tu sei li, non necessariamente nelle grandi cose. Per carità, quello è il massimo, è chiaro se io salvo una persona ho fatto la differenza nella maniera più assoluta. Però fare la differenza non vuol dire solo essere in Rianimazione e resuscitare una persona. No, fare la differenza è soprattutto essere un po' umani; questa cosa forse si nota di più in sala operatoria, dove spesso c'è un transito stile catena di montaggio. Quando c'è un paziente, io penso che se fossi nella sua condizione entrerei in perfetta paranoia per un nonnulla. Il dover fare un intervento, magari anche banale, può mettere nel panico nella maniera più assoluta e quindi penso che se io fossi quella persona vorrei vedere davanti a me la faccia di una persona che non mi tratta come un oggetto che passa lungo un rullo trasportatore ma come una persona, e mi tratta come tale. Quindi fare la differenza è un minimo, anche fare un sorriso, una parola gentile e una battuta al paziente, per sdrammatizzare un momento che magari lui vive come brutto. Parte da una frequenza cardiaca di 110 battiti al minuto, magari con il sorriso e una stupidaggine scende a 80 battiti. Probabilmente scenderà al ritmo della canzone allegra che ascolta Gelinda tornando a casa.



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