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Rosarino, 60 anni, Padre e Medico di Pronto Soccorso.
Un padre non si racconta, lo si vive. Di un padre si avverte la presenza costante, quando non c'è fa in modo che non te ne accorga. Dumas figlio raccontava che un padre ha sempre il diritto di distogliere il proprio figlio dalla cattiva strada per la quale lo vede incamminarsi, ma un padre è quello che ti lascia sulla tua strada, sperando che suo figlio diventi meglio di lui, e non la sua copia carbone. Un padre è sempre accanto quando effettui una visita, salti un ostacolo o scali una vetta, un padre è sempre accanto quando raggiungi traguardi che 15 anni prima quelli accanto a te profetizzavano impossibili.
Se chiedi a un bambino chi sia un padre, quale bambino non ti racconterebbe di quell'uomo che ha guardato almeno una volta dal basso in alto, con le mani grandi che infondevano sicurezza e protezione. Quale bambino non ha mai pensato almeno una volta di seguire le sue orme, nel gioco del “cosa farò da grande”? E io, pur non pensandolo da piccolo, il gioco l'ho rispettato.
Rosarino lavora nel Pronto Soccorso di Lamezia Terme, un ospedale che serve 80000 persone. Il percorso che l'ha portato fin qui è quasi casuale. Una trafila che parte dalla Guardia Medica, gavetta quasi obbligata come un novello Bogmar, così come fu obbligato un Natale passato noi quattro a mangiare tortellini in una condotta sperduta di montagna. Una strada che l'ha portato all'apertura del servizio locale del 118, ma gli abbondanti rollii durante le curve nella notte buia, e le tante sgommate a sirene urlanti alla fine piegano la tua voglia di essere sempre in movimento, preferisci la stabilità della terraferma, e butti l'ancora e la tua persona in un porto di mare come è il Pronto Soccorso. Fino a non uscirne più
E' una persona che viene descritta spesso come burbera, apparentemente burbera; dalla descrizione sembra quasi essere il tratto distintivo dei cromosomi Y in famiglia. Però, se scavi più a fondo con coloro che vivono la sua stessa quotidianità, ti raccontano di una persona a cui va grattata via la patina, per scoprirla cordiale, appassionata e disponibile sia con il personale che con i pazienti.
Quando Siegfried Iseman, diventò finalmente dottore, promise a se stesso che sarebbe stato «buono / e saggio e coraggioso e caritatevole col prossimo», De Andrè rielaborò la sua storia inserendo una modifica che ne eleva la potenza poetica. Siegfried, nella poesia di Lee Master, era spinto dal suo Credo Crsitiano nella cura dei malati, mentre nella versione di De Andrè a guidarlo è il suo sogno di bambino, un sogno abbastanza potente da riuscire a resistere negli anni fino all'età adulta. “Da bambino volevo guarire i ciliegi | quando rossi di frutti li credevo feriti | la salute per me li aveva lasciati | coi fiori di neve che avevan perduti”. Un'immagine dei ciliegi che da bianchi, perchè carichi di fiori, diventano rossi come il sangue perché carichi di frutti, un'immagine che si sedimenta nel bambino, che scegli di fare il dottore perché i ciliegi tornassero in fiore, deciso fino in fondo a onorare l'idealismo dell'infanzia. Mi piace pensare che anche mio padre abbia avuto una visione simile, quando da ragazzo è stato a contatto con i medici che hanno aiutato la famiglia. Pretenzioso ed esagerato, ma molto poetico ed idealista.
Il ricordo più brutto non è un episodio, una vicenda importante o un insuccesso professionale; è il ricordo di una denuncia piovuta totalmente inaspettata e ingiustificata, una della tante e casuali denunce penali che ormai cadono sul personale medico come la pioggerella leggera di Maggio, traditrice e improvvisa, insistente e persistente. E tralascia di raccontare come una volta abbia dovuto far finta di rianimare una persona già morta, sotto avvisaglia di linciaggio, solo perché accaduto in un famigerato quartiere di Lamezia.
Polarizzando i suoi pensieri, fa riaffiorare nel discorso nuovamente una rianimazione cardio-polmonare, è un bel ricordo però. Racconta con trasporto una resuscitazione dopo un caparbio e prolungato arresto cardio-respiratorio, pennella con soddisfazione il Tum Tum Tum che ricomparve all'improvviso dentro il petto, e il saluto ritmico che affiora dal monitor, il bip quasi come un compagno di vecchia data.
Mio Padre è una persona che ti racconta che che “Prendersi Cura” vuol dire ascoltare, soprattutto ascoltare e poi capire e cercare di risolvere il problema della persona.
Magari con un ritmico bip di sottofondo a tenere compagnia nelle lunghe notti di servizio.
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