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I lavori della "Cadorna" furono ufficialmente iniziati nel maggio del 1916 e si protrassero per tutta la durata del conflitto. I lavori erano condotti sia da personale militare, sia da imprese civili sotto la direzione del Genio del Regio Esercito. Si fece anche grande uso di manodopera locale, poco pagata, ma ben lieta di evitare l'impegno diretto al fronte. Purtroppo quest'ultima speranza cadde per molti con la sconfitta di Caporetto, allorché, per reggere all'urto delle armate Austro-Ungariche, fu necessario richiamare tutti al fronte. Le opere difensive erano costituite da "osservatori" con funzione sia di vedetta sia di calcolo per dirigere il tiro delle artiglierie. Vi erano poi le "postazioni fisse" che ospitavano grossi calibri di artiglieria disposti singoli o in batterie da due-quattro pezzi. Vi erano postazioni campali, mascherate e ricavate in avvallamenti al riparo dei crinali e invisibili al nemico; postazioni in casamatta, ospitate in finte dimore di calcestruzzo o in caverne; postazioni in pozzo, dove la cavità che ospitava il cannone era riparata da una cupola di ghisa e acciaio.
Accanto alle postazioni d'artiglieria c'erano gli "appostamenti" con i nidi di mitragliatrici e di mortai e le postazioni per i fucilieri. Tutto il sistema era poi collegato in varia misura da trincee e camminamenti, oltre che da gallerie che comunicavano con le diverse postazioni nodali. Il personale militare era, quindi in grado di muoversi quasi sempre al coperto e protetto.
Strade, sentieri e mulattiere, spesso dei veri capolavori talmente ben costruiti che sono ancor oggi usati, servivano al collegamento della linea con le retrovie e i magazzinamenti.
Alcune di queste arterie furono anche allargate e trasformate nelle odierne strade di accesso ai luoghi che andremo a visitare. Le postazioni del Legnoncino e del Legnone erano direttamente affacciate sul solco della Valchiavenna, temuta direttrice di un'eventuale invasione austro-tedesca passante dallo Spluga e dall'Engadina.
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