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Leri Cavour, trasmutazioni . - Non capita di frequente di assistere a ripetute e ravvicinate modificazioni sostanziali di un territorio, addirittura epocali, accadute in un tempo cosí breve da coprire solo un arco di 150 anni. Cosí é avvenuto a Leri (Vercelli), borgo contadino di antiche origini, grangia* dell'abbazia cistercense di San Genuario, poi passato a Napoleone, ed infine a Camillo Benso, Conte di Cavour, che fece dei 1000 ettari della proprietá un'azienda modello. Il Conte passava parte del suo tempo nella bella casa padronale fulcro del villaggio, costituito da abitazioni ed edifici ad uso agricolo, fienili e stalle. Dopo i primi anni '60 del novecento, il borgo fu progressivamente abbandonato per la riduzione di manodopera connessa all'uso di tecnologie avanzate in agricoltura intensiva. Oggi nel territorio della frazione sorge la Centrale termoelettrica Galileo Ferraris, che, nel progetto iniziale dell'Enel, sarebbe dovuta essere il secondo impianto termonucleare di Trino; a seguito del referendum del 1987, che aboliva di fatto le centrali nucleari, venne riconvertita a centrale termoelettrica. La costruzione fu completata nel 1997 con una spesa di 1000 miliardi di lire, ma a causa della bassa redditività, é stata chiusa alla fine del 2013 (!!!). Cosí, da tecnologico futuro, é divenuta passato alla velocità di un solo trentennio. Questo secondo strato archeologico, strutturale, sociale ed umano condivide lo spazio con il borgo millenario, contrapponendo la sua rapidissima fine, alla lenta decadenza dell'altro. Le case del villaggio, la casa padronale di Cavour e la bella chiesa settecentesca attribuita a Francesco Gallo, esistono ancora, ma in degrado e abbandonati all'oblio; tutti gli edifici sono stati violati e depredati. Alcuni di essi, per un breve periodo, sono stati abitati dai dipendenti della centrale, intrecciando indissolubilmente i tempi e gli spazi delle due realtà; è possibile osservare tra i ruderi le tracce di questo passaggio recente. La natura, riconquista ora questi luoghi, riguadagnando rapidamente terreno; erbe e piante selvatiche ricolonizzano gli edifici, mentre i piccoli bacini idrici all'interno dei recinti della Centrale, grazie alla loro inaccessibilità, sono diventati un'oasi naturale per aironi, falchi di palude ed altri uccelli acquatici. Le immagini di questo lavoro sono state prese durante alcune visite alla zona. Lo sguardo fotografico, con la sua forza documentale ed evocativa, puo' esplorare il territorio, raccogliendo le tracce e i segni che il tempo umano e il tempo della natura hanno lasciato sul paesaggio; puo' mostrare le ferite, le contraddizioni, la vulnerabilità di un fragile futuro spesso già predestinato ad una rapida scomparsa.
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