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Approfondimento sul commentario al topic "Non una fotografia di paesaggio"


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avatarsenior
inviato il 26 Agosto 2022 ore 11:17

Tento un approfondimento sul commentario al topic "Non una fotografia di paesaggio" per arrivare a uno strumento critico da mettere nella cassetta degli attrezzi (metafora abusata ma funziona sempre).

Qui il topic: www.juzaphoto.com/topic2.php?l=it&t=4310964

Siamo partiti dalla constatazione che esiste una fotografia di paesaggio caratterizzata da interventi piuttosto invasivi che la portano verso la grafica, personalmente suggerivo che sarebbe utile distinguere queste fotografie 'spettacolarizzate' nell'ambito della fotografia di paesaggio.

La discussione si è svolta soprattutto su una disputa tra, chiamiamole così, "vera fotografia" e "fotografia artistica/interpretativa". Gli interventi sono stati tanti, qui riprendo quelli di Istoria e di Andrea Taiana perché mi sembrano rappresentativi.

Istoria è un fotografo professionista, dal suo sito si capisce che è una persona competente. Si è espresso molto criticamente verso la postproduzione spinta che ha praticato per anni e ora non ama più, cercando di farne a meno nei suoi lavori più personali.

Andrea Taiana si è trovato in una posizione quasi contrapposta a Istoria nonostante – è evidente vedendo le sue fotografie – ha un gusto molto lontano dalla spettacolarizzazione digitale. Taiana ha insistito sul fatto che il problema non sono gli strumenti di postproduzione ma soltanto l'uso/abuso che se ne fa. Del resto le tecniche di 'postproduzione' esistevano già in camera oscura. Insomma la fotografia è un medium complesso che non può essere rinchiuso nel manicheismo tra "vera fotografia" versus "fotografia artistica/interpretativa".

Il mio topic iniziale poteva portare proprio a quel manicheismo, e durante la discussione mi sono accorto che avrei escluso dalla fotografia di paesaggio lavori importanti come "La terza Venezia" di Silvia Camporesi soltanto perché fa uso di montaggio tra immagini. Mi sono detto che Silvia Camporesi diceva sul paesaggio più di tante fotografie prodotte secondo i canoni della "vera fotografia". Allo stesso tempo non volevo rinunciare a distinguere un tipo di fotografia spettacolarizzata in postproduzione, perché è una distinzione critica utile.

Per correggere il tiro, nel commentario avevo scritto che occorre riflettere sulla relazione tra fotografo/a e mondo esterno, perché ogni fotografia è proprio l'esito di quella relazione.

Non è un'idea mia, l'ho trovata in "Lezioni di fotografia" di Luigi Ghirri (da pag. 20).
Prima Ghirri riflette sull'idea di "autorialità":

Era una ricerca combinata, in quel periodo molto diffusa, che molti definivano «fotografia d'autore». Il termine può essere significativo, sottolinea il fatto che il fotografo agisce come persona portatrice di una sua competenza, di una sua professionalità e di un bagaglio culturale abbastanza ricco, per poter dare le risposte necessarie, in termini di immagine, riguardo al mondo esterno. Però significava anche un'altra cosa, e questo era un aspetto estremamente negativo e pericoloso; «fotografia d'autore» significava che nei confronti del mondo, della realtà - ritratto, natura morta, qualsiasi oggetto o paesaggio gli si presentasse sotto gli occhi - il fotografo si poneva in una maniera pesantemente codificata. Aveva una specie di marchio personale, un modo di vedere che imprimeva sul mondo esterno trasformandolo e riconducendolo all'interno delle sue coordinate estetiche.

poi introduce l'idea di fotografia come relazione tra individuo e mondo esterno:

Io invece credevo - e credo ancora - in una differente intenzionalità, che vorrei appunto proporre all'interno di questo corso: consiste nel guardare alla fotografia come a un modo di relazionarsi col mondo, nel quale il segno di chi fa fotografia, quindi la sua storia personale, il suo rapporto con l'esistente, è sì molto forte, ma deve orientarsi, attraverso un lavoro sottile, quasi alchemico, all'individuazione di un punto di equilibrio tra la nostra interiorità - il mio interno di fotografo-persona - e ciò che sta all'esterno, che vive al di fuori di noi, che continua a esistere senza di noi e continuerà a esistere anche quando avremo finito di fare fotografia. È quello che ho sempre cercato, secondo me è anche ciò che può definire la professionalità o quantomeno qualificare la figura del fotografo attuale, ed è ciò che mi interessa fare; parlare e lavorare con voi in questa direzione, alla ricerca di quello strano e misterioso equilibrio tra il nostro interno e il mondo esterno.

per arrivare a una relazione col mondo esterno non prevaricante o già codificata:

Credo che, con una serie di aggiustamenti successivi, arriveremo a porci di fronte a un determinato paesaggio-ambiente e a metterei qualcosa in più di quello che è il nostro vissuto, la nostra cultura, il nostro modo di vedere il mondo: arriveremo a dimenticarci un po' di noi stessi. Dimenticare se stessi non significa affatto porsi come semplici riproduttori, ma relazionarsi col mondo in una maniera più elastica, non schematica, partendo senza regole fisse, piattaforme precise e preordinate. Credo che questa forma di elasticità sia necessaria per avere accesso alle immagini e rapportarvisi in maniera innovativa.
Tutti hanno sempre cercato definizioni per la fotografia: Roland Barthes l'ha descritta come un linguaggio senza codice, altri hanno detto che la fotografia è semplice riproduzione della realtà, qualcuno, come Baudelaire, ha sostenuto che non era neanche una forma d'arte ma soltanto una tecnica al servizio dell'arte . . . Sono sorte enormi diatribe sul fatto che la fotografia fosse o non fosse arte. Che cos'è? Un prodotto di consumo, un prodotto d'uso, un prodotto di comunicazione? È una querelle che continua ancora oggi, inevitabile, inarrestabile.
Ritengo invece che la fotografia non abbia bisogno di alcuna definizione.


Quindi ecco l'attrezzo critico: chiederci, davanti all'immagine, quale relazione ci restituisce tra fotografa/o e mondo esterno, e se risolve quella dialettica in modo convincente.

L'occasione per il topic "Non una fotografia di paesaggio" è stata un testo di Barbara Silbe. Curiosamente ho scoperto che la pensiamo allo stesso modo, con le stesse parole. Infatti in un suo articolo del 2020 intitolato "Paesaggio ingenuo" cita le stesse parole di Ghirri che mi stanno così a cuore. Qui il link:

www.nocsensei.com/professione/barbarasilbe/il-paesaggio-ingenuo/


Fotografia di Silvia Camporesi da La terza Venezia (2011):



avatarsenior
inviato il 27 Agosto 2022 ore 14:47

Quindi ecco l'attrezzo critico: chiederci, davanti all'immagine, quale relazione ci restituisce tra fotografa/o e mondo esterno, e se risolve quella dialettica in modo convincente.


Per me la risposta è tutta qui:

"Io invece credevo - e credo ancora - in una differente intenzionalità, che vorrei appunto proporre all'interno di questo corso: consiste nel guardare alla fotografia come a un modo di relazionarsi col mondo, nel quale il segno di chi fa fotografia, quindi la sua storia personale, il suo rapporto con l'esistente, è sì molto forte, ma deve orientarsi, attraverso un lavoro sottile, quasi alchemico, all'individuazione di un punto di equilibrio tra la nostra interiorità - il mio interno di fotografo-persona - e ciò che sta all'esterno, che vive al di fuori di noi, che continua a esistere senza di noi e continuerà a esistere anche quando avremo finito di fare fotografia."


Che, tradotto in parole povere, sta a significare che non dobbiamo influenzare l'immagine in maniera pesante con la nostra soggettività ,che quest'ultima non deve prevaricare egoisticamente la forma originale ,che non possiamo piegare una fotografia al nostro volere "estetico" .
E' quello che ,personalmente , ho letto tra le righe .


avatarsenior
inviato il 27 Agosto 2022 ore 16:30

Ed è quello che personalmente cerco di fare.

avatarsenior
inviato il 27 Agosto 2022 ore 18:18

Ti ringrazio per la citazione e colgo l'occasione per specificare ulteriormente il mio punto di vista.

Non è che nel tempo sono diventato contrario alla post-produzione (indipendentemente dal suo livello) ma all'alterazione.

Sono due concetti ben differenti. Io credo che si rientri nel contesto di FOTOGRAFIA fino al momento in cui noi iniziamo a "ricamare" sul sorgente... E per ricamare intendo aggiungere/eliminare elementi, aggiungere/eliminare luci, sovrapporre tra loro singole FOTOGRAFIE per farle diventare artegrafica.

Per il resto, come ho già detto ritengo soddisfatta, per me, la condizione di stare producendo una FOTOGRAFIA anche nel caso di panning, lunghe esposizioni, illuminazioni "rigorosamente" eseguite sul SET, utilizzo di filtri oppure altri accessori durante lo SCATTO.

In pratica ritengo eticamente soddisfatta la mia brama fotografica, come ho già detto, nel momento stesso in cui l'immagine che poi vado a processare è stata prodotta tra il momento della PRESSIONE e quello dell'IMPRESSIONE.

Personalmente continuo a produrre ELABORAZIONI FOTO-GRAFICHE ma eticamente non mi sento più coerente se le chiamo FOTOGRAFIE.

Faccio un esempio banalissimo per specificare ulteriormente il concetto. Con il mio drone eseguo riprese in 4k poi le riguardo a monitor faccio dei printscreen e ne estraggo dei frame. Questo io, che lo faccio, lo definisco BARARE nel momento stesso in cui la definissi Fotografia.

Al contrario, uso il drone, metto in funzionalità scatto... eseguo la fotografia con la specifica funzione... la considero FOTOGRAFIA.

So bene che chi dovesse osservare inconsapevolmente le due immagini le potrebbe tranquillamente confondere visto il vicinissimo livello qualitativo... ma IO, PRODUTTORE DI IMMAGINE se dovessi chiamarli allo stesso modo mentirei prima che agli altri... a me stesso.

La maturità espressiva per me arriva quando si giunge all'epurazione della menzogna.

E con questo non giudico gli altri... giudico solo me stesso e seguo questa via.

La MIA FOTOGRAFIA è questo. Poi ognuno è libero di interpretarla e viverla come vuole.





avatarsenior
inviato il 27 Agosto 2022 ore 22:41

Seguo, d'accordo con Istoria

avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 9:15

La maturità espressiva per me arriva quando si giunge all'epurazione della menzogna.


Ma la menzogna cos'è? Perché per come la vedo io c'è molta più menzogna in un set di luci preparato sul posto, atto a riprendere un volto dall'espressione forzata (ma il cui risultato è rigorosamente delegato alla sola pressione di un pulsante), che in un hdr fatto per abbattere i limiti strumentali di un sensore (necessariamente ottenibile grazie ad un processo più complesso).

avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 9:51

Che, tradotto in parole povere, sta a significare che non dobbiamo influenzare l'immagine in maniera pesante con la nostra soggettività, che quest'ultima non deve prevaricare egoisticamente la forma originale, che non possiamo piegare una fotografia al nostro volere "estetico".
E' quello che, personalmente, ho letto tra le righe.


Sì è così, Ghirri ha usato la fotografia per la peculiarità di riprodurre la realtà, quindi fotografava a colori, non sconvolgeva i valori tonali eccetera. Non ha rinunciato all'effetto spaesante del collage, ma lo ha fatto fotografando situazioni reali che sembravano collage, come questa immagine (Bastia 1976):





La fotocamera di Ghirri è una sorta di 'rivelatore' come si usa nella scienza, ha necessità di attenersi alla realtà, la sua grandezza è però di rivelare con questa oggettività scientifica delle verità poetiche.

Se si usa un segno autoriale forte, che sovrascrive la realtà forse questa non può parlarci, rischia di parlare solo l'autore e alla fine parla di se.

Il mio problema, anche per rispondere @Istoria è che non si può mettere fuorilegge l'alterazione dell'immagine altrimenti dovremmo escludere per esempio tutto quello che è venuto dai giapponesi di Provoke (ho proprio qui di fianco la rivista) eccetera. Secondo me non è un problema di tecniche usate, ma di risultato. Non posso escludere a priori che il "punto di equilibrio tra la nostra interiorità - il mio interno di fotografo-persona - e ciò che sta all'esterno" (come lo chiama Ghirri) sia trovato alterando l'immagine, in questo caso non avrò la realtà, ma una verità su quella realtà. Poi certo le immagini 'alterate' che si vedono in giro sono davvero brutte, pretenziose, inutili, vera e propria bullizzazione della realtà.

avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 14:26

Io non metto fuori legge nulla, anzi elaboro e falsifico tutti i giorni producendo "non Fotografie".

E quando mi riferisco alla menzogna mi riferisco al rapporto con sé stessi.

Se mi trovo di fronte ad un paesaggio di difficile acquisizione IO, come TUTTI, mi trovo di fronte ad una scelta... cercare di ottenere il massimo da ciò che mi permette il mezzo con un solo shot, realizzando una fotografia, oppure partire a priori con la consapevolezza che per avere un risultato più consono alla ricezione comune devo fare 3-5-9 scatti e poi compiere un merge davanti al pc sovrapponendoli (manualmente o via software) realizzando una produzione grafica.

Quindi entrambi sono possibili, leciti e non condannabili.

Semplicemente avendo maturato un elevato rispetto nei confronti della Fotografia oggi non mento più a me stesso spacciando la seconda produzione con la stessa dignità che riconosco alla prima.

Ma il tutto si risolve all'interno della mia concezione senza volerla imporre a nessuno.

Certo che se qualcuno mi sottopone un'elaborazione grafica con la pretesa che io la "critichi", come mi è stato chiesto, come se fosse una VERA FOTOGRAFIA, rispondo sinceramente spostando i miei criteri di valutazione sulla capacità di elaborazione grafica piuttosto che quella di produzione fotografica.

Per me grafici e fotografi sono due operatori differenti che possono, anche se non necessariamente, anche coincidere in un unico soggetto (ma svolgendo sempre due funzioni distinte).

Giancarlo, vedendo il tuo stile ed il fatto che proponi approcci di post produzione sul forum non posso che comprendere il tuo punto di vista, ma ovviamente nella libertà che è concessa sia a me che a te, non lo condivido.

Per questo motivo ti posso in tutta sincerità che se mi chiedessi di valutare le tue gallerie ti potrei fare i complimenti (sinceri) per la produzione delle ottime immagini che hai postato ma tra le quali non ho trovato, secondo il mio punto di vista più estremo, nemmeno una fotografia.

Che poi io stesso abbia prodotto per anni nel tuo stesso modo poco importa... ora sto andando verso un'altra direzione, al punto che il mio livello selettivo mi sta portando a scattare veramente con il contagocce quando lo faccio per FOTOGRAFARE.

Ma non mi riferisco nemmeno al solo COME FOTOGRAFO ma al PERCHE' FOTOGRAFO.

Essendomi epurato dalla "corsa ai like" ho epurato la necessità del dover scattare e pubblicare con costanza immagini disconnesse con mere finalità estetiche.

Oggi, quando decido di farlo, dedico il 90% del tempo alla elaborazione concettuale, il 7% alla realizzazione ed il 3% all'elaborazione.

Per farti un esempio vedo che nelle tue land usi spesso il grandangolo enfatizzando il cielo generando produzioni per lo più simmetriche ed equilibrando l'esposizione (eludendo anche la naturale percezione).

Se dovessi prendere spunto dalla tua produzione (e non è detto che non lo faccia) oggi come oggi proverei a darmi un obbiettivo andando a ricercare e a scattare solo quando vi fosse una condizione climatica consona che mi permettesse di ottenere un cielo di quel genere, esponendo SOLO per quello (essendo soggetto della mia comunicazione) e fregandomene del resto.

Quindi nessun recupero di ombre, doppie esposizioni, nessuna foto casuale (di quelle che facciamo tutti perchè o siamo in vacanza oppure perchè ci troviamo davanti ad una casuale meraviglia), solo un PROGETTO VERO (ulteriore asticella) che racconti VERITA' e che non necessariamente debba stupire altri che se stessi.

Insomma diciamo che l'immagine meramente estetica e banalotta (per pur bella che sita) proprio non mi attira proprio più.

E comunque non mi pongo nemmeno il dilemma se ciò che produco possa essere INTERPRETATO correttamente da chi legge la mia fotografia perchè la condividerei non per trovare appagamento oppure accondiscendenza ma semplicemente per desiderio di libera ed incondizionata condivisione.

Il mio unico dilemma è... ma IO HO REALMENTE QUALCOSA DA RACCONTARE e nel caso... SARO' IN GRADO DI TRADURLO IN FOTOGRAFIA?

Il mio cammino è tracciato ma non è assolutamente detto che arriverò al traguardo, però almeno oggi so dove sto andando.

Nella mia produzione personale fino a poco tempo fa ha dominato il caos... ma sterile caos...



avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 14:36

Non è una questione di gallerie personali.
Alcune immagini - fotografie a tutti gli effetti -, semplicemente, non potrebbero mai esistere se venissero applicati i tuoi - legittimi per te, deleteri per me - paletti.
Alcune branche della fotografia vanno oltre quella che io ritengo una tua una perfetta illusione di eticità, ma la rispetto comunque. È una cosa tua che, secondo me, nessuno mai ti chiederebbe di applicare. Per me è come affermare che non si può parlare di fotografia se si scatta di sabato tanto è assurdo il limite che tu ti poni. Ma è giusto che ognuno scelga le proprie sfide.

avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 14:57

<<semplicemente, non potrebbero mai esistere se venissero applicati i tuoi>> E' perfettamente così... infatti non ho mai asserito che tali immagini non possano esistere oppure che siano brutte o con dignità minore (anche se ovviamente, come tutti ho una personale classifica). Semplicemente, appunto, per me NON SONO FOTOGRAFIE.

L'esempio del sabato ovviamente non è per nulla inerente al mio punto di vista.

Non è che IO mi sono svegliato un giorno ed ho stabilito il mio personale criterio perchè anche qui si tratta di ONESTA' INTELLETTUALE verso se stessi, dato che il CONCETTO di FOTOGRAFIA è la sommatoria di uno sviluppo durato qualche secolo... quindi non è che lo possiamo proprio stravolgere ed estendere a nostro uso e consumo perchè è comunque un concetto non infinito e cricoscritto.

E' sufficiente che ognuno gli assegni la definizione che crede e per me le elaborazioni grafiche non rientrano in essa.


avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 14:57

... è che non capisco il concetto di falso e di menzogna, falso rispetto a cosa e menzogna in che senso.
Ripeto quello che avevo scritto, qui c'è un abbaglio colossale quando si pensa che il vero ed il falso e la menzogna stiano negli strumenti o nelle tecniche, stanno nell'intenzione di chi produce immagini e fotografie, esattamente come il peccato si dice che stia nell'occhio di chi osserva.
Non vado alla ricerca di like (probabilmente anche se ci andassi non arriverebbero forse semplicemente perché non ne sono capace) e non cerco la spettacolarità, l'immagine estetizzante e banalotta non mi ha mai attirato. Fotografo a pellicola ed in digitale. Mi capita anche di fare 12 scatti e stare 6 ore a postprodurli. Non mi sembra che questo mio modo di procedere sia frutto di disonestà intellettuale, non più di quando uso la pellicola. Sono falsi? Non capisco cosa significhi (e poi chi dice che attenersi al non falso porti ad un risultato più valido?)

avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 15:05

Se il problema è distinguere la FOTOGRAFIA dalla NON FOTOGRAFIA e lo si vuol risolvere tagliando la testa al toro si scatti solo ed esclusivamente a pellicola e si stampi a contatto o con ingranditore, no scan.
Così non ci sono possibili equivoci e si è in pace con la coscienza se essa ci comanda di essere fotografi.
Edit: anche questo è evidentemente illusorio, perché allora si aprono i distinguo sui tipi di pellicola. Possiamo considerare fotografia quella fatta con pellicola invertibile a colori? Direi di no. Limitiamoci al bianco e nero. Possiamo tenere buona la pellicola pancromatica? Direi di no, limitiamoci alla ortocromatica. Ma che diciamo del supporto, vale il poliestere o solo l'acetato. No meglio limitarsi al vetro.

avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 15:37

L'esempio del sabato ovviamente non è per nulla inerente al mio punto di vista.


Lo è dal mio punto di vista, come ho specificato subito. Ribadisco quella che per me, e lo ripeto di nuovo - per me - è una falsa illusione di eticità basata su paletti inutili, privi di senso e che, fortunatamente per chi campa di questo, nessuno pretende.

avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 15:45

Il mio problema, anche per rispondere @Istoria è che non si può mettere fuorilegge l'alterazione dell'immagine altrimenti dovremmo escludere per esempio tutto quello che è venuto dai giapponesi di Provoke (ho proprio qui di fianco la rivista) eccetera. Secondo me non è un problema di tecniche usate, ma di risultato. Non posso escludere a priori che il "punto di equilibrio tra la nostra interiorità - il mio interno di fotografo-persona - e ciò che sta all'esterno" (come lo chiama Ghirri) sia trovato alterando l'immagine, in questo caso non avrò la realtà, ma una verità su quella realtà. Poi certo le immagini 'alterate' che si vedono in giro sono davvero brutte, pretenziose, inutili, vera e propria bullizzazione della realtà.


La verità scientifica è, a mio parere ,fuori dalla portata della fotografia ; se seguissi questo dogma dovrei cestinare la totalità degli scatti presenti in galleria e così dovrebbero fare tutti i fotografi/fotoamatori in giro per il mondo.
Anche nel cinema fin dagli albori vengono utilizzati set di luci ,filtri ,costumi, scenografie per "creare" o meglio rappresentare una scena : non per questo qualcuno si permetterebbe di estromettere la cinematografia dalle arti visive.
Sono anche conscio che "il sottile lavoro alchemico" per taluni consisterà in mezzo stop di correzione delle alteluci mentre per altri sarà la rappresentazione del giudizio universale in un paesaggio montano ; resta da chiedersi perchè si debba sceglere la seconda tecnica in funzione della fotografia, quando sarebbe molto più proficuo armarsi di pennello e colori per dar vita alla propria interiorità.



avatarsenior
inviato il 28 Agosto 2022 ore 15:46

Riprendo l'ultima frase di Ghirri: " la fotografia non ha bisogno di alcuna definizione" . Se questo è vero, se non c'è definizione, non c'è nemmeno il definito; non è quindi possibile porre limiti, steccati: definizioni, appunto.
E io questo credo; cosa è stata la fotografia ieri? Quella delle pellicole a bassa definizione? Quella delle diapositive? Quella delle pellicole "tirate" o con tecnologie tabulari? E la fotografia di oggi è quella dell'HDR, dei multiscatti o quella che inevitabilmente sarà spazzata via in pochi anni con l'avvento di sensori che renderanno inutile lo stesso HDR.?
Quella che ha apportato sviluppi significativi alle carte di stampa ( multigrade) o quella che apporterà evoluzioni ai programmi di sviluppo del RAW o di quello che verrà?
A quale anno dovremo fermare il limite di definizione di Fotografia o di Vera Fotografia? In quale giorno chiuderemo il recinto della Fotografia? Definendola....appunto

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