user207512 | inviato il 09 Febbraio 2021 ore 9:05
Rieccomi, ancora poco tempo a disposizione, spero di poter essere attivo in settimana. |
| inviato il 10 Febbraio 2021 ore 0:06
grazie Marco. Mi riallaccio ad un mio intervento nella ultima pagina della precedente discussione per proporre al vostro commento una serie che sto studiando ed elaborando tra molti dubbi, si tratta di questa galleria: www.juzaphoto.com/me.php?pg=309164&l=it siate pure impietosi... nella precedente discussione facevo queste considerazioni: “ La serie che sto fotografando nel quartiere attorno casa mia presenta tutte foto "inanimate" prese con la stessa luce invernale radente e con lo stesso obiettivo 35mm. Ho provato a ritrarre persone 3 o 4 volte nelle stesse uscite ma non sono convinto del risultato. Non capisco se sono io insoddisfatto e invece le foto funzionano o se proprio non vanno. Non so se usare un'altra focale, un 50mm o un 70mm, non so se fotografare con lo stesso tipo di luce o se cambiare riprendendo le persone in ombra o proprio quando il cielo è velato; fino ad ora le ho fatte posare, non so se invece cambiare approccio e cercare la foto a loro insaputa, più da street. Insomma con la foto ritratto non sono a mio agio. „ |
| inviato il 10 Febbraio 2021 ore 0:22
Dico la mia : C'è del buono . Il 50 % per me . Mi piace l'idea , trovo le foto di fronte migliori di quelle un diagonale . Non mi piacciono gli essere umani dentro le foto . Trovo la luce per queste foto una “ fregatura “ : la luce é bella , ma la vedrei meglio con una luce uniforme , pallida , eterea senza quasi ombre . Il diaframma lo avrei chiuso per tutte . Ha poco senso lo stacco dei piani in una serie come questa . La migliore la 17 |
| inviato il 10 Febbraio 2021 ore 0:50
grazie Lastprince |
| inviato il 10 Febbraio 2021 ore 8:18
Mi pare una serie molto ben costruita e curata dal punto di vista formale. Gli accostamenti non sono mai casuali o scontati. Non mi sono mai cimentato nel dittico ma trovo sia un ottimo espediente per creare un senso all'interno di una serie. Alcune sono più "antropologiche" in altre si vede che cerchi più un risultato estetico. Mi piacciono più le prime. Sulla presenza umana potresti provare un esperimento. Se metti insieme un piccolo "catalogo" di umani analogo a ciò che hai fatto con certi dettagli della città, puoi provare a mescolare oggetti e persone. Come hai fatto nella 9 ma con gli umani più ravvicinati. Per sperimentare... Anche in questa serie trovo che la focale unica contribuisca alla sensazione di coerenza visiva. |
| inviato il 10 Febbraio 2021 ore 9:26
Davvero grazie anche a te Alessandro |
user86925 | inviato il 10 Febbraio 2021 ore 9:42
mi piace, trovo originale l' utilizzo di dittici in una serie, complessivamente il risultato mi sembra omogeneo per atmosfera dalla parvenza nostalgica e cromatismi, un po meno il filo conduttore che unisce ogni singolo accostamento con il doppio punto di vista dello stesso soggetto su alcune (9 il riflesso -12 anche se sono due finestre diverse -15-16-17) o accostamenti di soggetti simili per forma/concetto per altre (4-7-8-10-13-14-15)... alcune impressioni in ordine sparso: _foto 4-7-12-15 : da un punto di vista formale la scelta di includere dettagli presi più da vicino possono dare ritmo alla serie ma a mio parere andrebbero legate meglio al frame precedente o successivo, quindi valuterei di non tenerle troppo vicine _5-9-17 : presenza umana, credo di preferire quella spontanea e non posata che si integra bene nel contesto come la 17, sarà che la 9 non mi convince come posa...però mi piace li gioco del riflesso e terrei in considerazione una versione senza persona _8 : questa è proprio scomoda da inserire nella sequenza _12-13 : compare due volte la stessa finestra, a mio parere va rivista questa scelta _10-15 : l' utilizzo dello sfocato non mi convince, stona con tutto l' assieme...particolarmente bella la foto del pandino, qui però il dittico è un po debole _11: mi piace particolarmente questo dittico per la diagonale disegnata dalle foglie palmate nei due scatti ribadisco come ho già fatto che non sono un esperto, le mie sono solo sensazioni a caldo, spero di non aver scritto troppe stupidaggini, parliamone... |
user86925 | inviato il 10 Febbraio 2021 ore 9:53
ma secondo voi la costruzione narrativa di un progetto va modificata per adattarlo ad una mostra, una presentazione web/sito internet, un libro o un portfolio ? |
user207512 | inviato il 10 Febbraio 2021 ore 10:11
@Andrea.taiana la tua serie mi sembra molto interessante, sto cercando anche io un modo per raccontare la mia cittadina senza cadere nel banale e ho molte difficoltà. Il dittico non mi fa impazzire anche in pittura, trovo però che tu abbia trovato un buon compromesso legando molto bene le foto che presenti insieme; sulla presenza umana non saprei, è troppo discontinua per rappresentare un elemento portante della narrazione, forse sarebbe bene valutare se inserirla in tutti gli scatti, o almeno in una delle due foto per dittico, oppure eliminarla del tutto. Credo anche che la scelta cambi il focus della narrazione, la presenza umana non è secondaria e finisce per stravolgere completamente il significato degli scatti. In generale mi interessa poco se le foto siano posate o no, in questo lavoro però cercherei una maggior naturalezza, che può essere anche ottenuta facendo posare i soggetti, costruendo la scena, senza che l'osservatore se ne accorga (vedi i lavori di Doisneau e McCurry tanto per citare due nomi notissimi). L'ordine degli scatti mi pare buono, non so e chiedo a voi se in un lavoro del genere il messaggio possa variare modificando la presentazione, io credo di no ma è un dubbio che ho da sempre. Infine, ultimo ma non ultimo, l'aspetto estetico è gradevole e coerente soprattutto nelle scelte cromatiche, cosa non facile avendo a che fare con luce e soggetti diversi. Sulla focale io sono di parte, nel senso che scatto quasi sempre con ottica fissa, non so se questo porti a una maggior coerenza, ma personalmente faccio meno fatica a trovare l'inquadratura giusta (per me, magari è sbagliata) mentre con gli zoom comincio ad andare avanti e indietro e non cavo un ragno dal buco. In conclusione, secondo me hai fatto un ottimo lavoro. “ ma secondo voi la costruzione narrativa di un progetto va modificata per adattarlo ad una mostra, una presentazione web/sito internet, un libro o un portfolio ? „ Per forma mentis una narrazione, in qualunque forma essa sia, riesco a immaginarla solo su libro, ma non credo che la costruzione vada modificata di molto in caso di presentazione internet o portfolio. Forse la difficoltà maggiore in una presentazione web è trovare il modo di rendere fruibile la galleria, io spesso mi trovo male a scorrere le foto su web, anche i lavori di Gronsky che avete segnalato in precedenza ho fatto fatica a digerirle mentre le ho apprezzate molto su libro. Per come sono fatto io comunque credo che la forma migliore sia una anteprima dell'intero lavoro in miniatura da poter poi scorrere in formato maggiore. |
| inviato il 10 Febbraio 2021 ore 10:41
ringrazio tutti voi per le giuste osservazioni e l'aiuto prezioso. La serie in realtà è in fieri, quello che ho pubblicato è parziale e provvisorio, non volevo appesantire troppo la visione e mettere alla prova la pazienza vostra. Non prevedo in realtà che sia tutta in dittico. Effettivamente alcuni potrebbero essere sciolti. Di foto con la presenza umana fino ad ora ne ho fatte poche, su un totale di 85 foto quelle con presenza umana sono tutte lì, ieri ho provato a farne altre e trovo giusta l'idea di provare a fare un piccolo catalogo ma confesso che sono un po' a disagio nel fotografare persone, così rimanendo, con così poche, non avrebbe gran senso inserirle. Inserirle o meno cambia parecchio il lavoro. Condivido le osservazioni sulle finestre in diagonale. Alcuni legami precedente-successivo andrebbero studiati meglio, in alcuni casi manca il legame perché come scrivevo non ho voluto mettere mille foto e ancora sono dubbioso sulla sequenza in particolare sull'incipit (ed ancora sto fotografando, insomma è tutto provvisorio). L'incipit di una serie credo sia fondamentale e per adesso non l'ho individuato. Sull'argomento "sfocato" ed "apertura diaframma": a me sinceramente sembrava non infastidire avere foto a fuoco ed altre con primi piani nitidi e sfondo sfocato; ma dato che l'osservazione viene fatta sia da Lastprince che da Nove dovrò riconsiderare anche questo. |
| inviato il 10 Febbraio 2021 ore 10:54
Sul libro "Portfolio" di Pieroni si sostiene che i diversi modi-media in cui si presenta un lavoro richiedono una rivalutazione della serie. Nel mio piccolissimo penso che abbia ragione. Perché su un fotolibro posso inserire un numero maggiore di foto mentre in un portfolio posso essere costretto a limitare il numero degli scatti e forse un numero ancora diverso su Web; cambiando il numero è evidente che si debbano fare scelte diverse; non so dire quanto questo possa incidere sulla narrativa, probabilmente non la stravolge ma la cambia. Sono convinto che la presentazione in ambiente con foto esposte in mostre/gallerie porti per forza di cose ad alterare molto le scelte rispetto all'edizione di un libro, già il fatto di avere pareti diverse con più foto e addirittura stanze diverse crea opportunità e limiti che una visione sequenziale su libro non ha; anche la visione di insieme di una parete che viene consentita in una mostra è una fruizione totalmente diversa da quella di web o libro. |
| inviato il 10 Febbraio 2021 ore 10:57
“ ma secondo voi la costruzione narrativa di un progetto va modificata per adattarlo ad una mostra, una presentazione web/sito internet, un libro o un portfolio ? „ Per me, sì. Anzi, direi che la destinazione del progetto dovrebbe essere un punto importante, quasi fondamentale, nella programmazione del progetto: se decidi che va su un libro, devi anche pensare a quale formato (orizzontale? verticale, quadrato?) e come abbinare le foto nella pagina stessa e nella successiva (è differente vedere due foto affiancate una su una pagina e una sull'altra, rispetto a vedere la prima, girare la pagina e vedere poi la seconda), ecc... Se decidi di mostrarle sul web, devi pensare alla tipologia del sito: statico o dinamico? Per la mostra: i visitatori avranno un percorso imposto (le immagini le vedranno dunque in sequenza) oppure potranno vagare per le sale senza ordine (e quindi l'ordine di visione sarà casuale)? E via dicendo. Ovviamente tutto si può sistemare anche dopo, ma IMHO, avere una idea ben chiara all'inizio del progetto sulla destinazione che poi questo progetto avrà, non può che rafforzarlo nel suo svolgimento. |
user207512 | inviato il 10 Febbraio 2021 ore 11:25
Vado un po' fuori tema, a proposito di narrazione di centri urbani sto lavorando a una serie di racconti in chiave ironica che mi piacerebbe trasporre anche in fotografia, con evidenti difficoltà. Vi lascio il testo del primo racconto, intitolato la piazza: Ci sono due strade che portano in piazza; una è il corso pedonale, tenuto pulito quanto basta e quasi sempre deserto. L'altra è la statale che attraversa la cittadina: puzza di gas di scarico e piscio di cane. In un modo o nell'altro, ci si arriva in piazza. La pavimentazione venne costruita con i sanpietrini sul finire dell'Ottocento. In uno slancio modernista di un'amministrazione comunale anni Settanta vennero sostituiti con delle mattonelle “rosso cesso pubblico”. All'inizio del nuovo millennio una solerte amministrazione decise che il modernismo declinato in quel modo faceva schifo e optò per una più sobria pavimentazione “grigio sovietico”; l'Unione Sovietica però era morta da tempo e la soluzione apparve un'operazione nostalgica di un manipolo di vecchi comunisti. Le amministrazioni che seguirono decisero di lasciar stare la piazza com'era e visto che c'erano lasciarono che tutta la cittadina restasse com'era. Il politicante più lucido durante un consiglio comunale disse. Inutile fare lavori di alcun tipo, prima o poi arriverà un terremoto devastante e si dovrà ricostruire tutto da capo. Tanto vale attendere. Annuirono tutti e spesero il budget di quell'anno per assumere nuovi vigili urbani; i cognomi degli assunti erano curiosamente uguali a molti di quelli del consiglio comunale, ma nessuno ci fece caso e i pochi che provarono a far notare la strana combinazione presero tante di quelle multe che ritirarono le accuse e si flagellarono in piazza. I vigili protestarono presso l'amministrazione comunale a causa del super lavoro cui erano stati costretti per multare i ribelli e chiesero l'assunzione di ausiliari del traffico che si occupassero delle contravvenzioni. A passeggio c'erano ormai solo vigili e ausiliari. Aprirono nuovi bar, l'economia della cittadina conobbe un'età dell'oro che finì quando i vigili, stanchi di passare da un bar all'altro, chiesero e ottennero di lavorare in ufficio. Prima di iniziare il nuovo lavoro razziarono tutti i mazzi di carte da gioco reperibili in paese. Finché la sede del comune rimase nel palazzo ottocentesco che affaccia sulla piazza il giro d'affari dei bar non subì contrazioni. Il dramma si consumò quando il consigliere comunale che aveva bocciato nuovi lavori sulla piazza suggerì di spostare la sede del comune in un moderno edificio antisismico lontano dal centro. Disse: Qualora il terremoto dovesse arrivare nel bel mezzo di un consiglio comunale vorrei evitare di lasciarci le penne. Ancora una volta, annuirono tutti. Non è difficile capire come quel consigliere sia stato eletto sindaco per due mandati consecutivi e lo sarà ancora a lungo. Quando morirà gli intitoleranno la piazza con la seguente motivazione: fece per la città più del santo patrono. I negozianti resistono impavidi e tengono aperta l'attività, un po' per tradizione, un po' perché non saprebbero cosa fare dopo trenta anni e più di commercio al dettaglio. Hanno guadagnato bene quando era il momento, assistono allo svuotamento della piazza e servono malvolentieri i pochi clienti. Tirano avanti fino alla pensione, traguardo che i governi cercano sempre di spostare un po' più in là; temendo di morire per lo sforzo profuso alzando la serranda si sono dotati quasi tutti di sistemi di apertura automatica, più per scaramanzia che per comodità; la titolare di un noto negozio di abbigliamento ha detto una volta: Non voglio morire piegata a novanta gradi con il culo avvizzito per aria, nossignore. Passano il tempo a chiacchierare davanti a un negozio ogni giorno diverso: questione di par condicio. Di cosa parlino non è dato sapere, tengono un profilo basso. C'è chi dice ricordino i vecchi tempi, chi sostiene che studino un modo per × i colossi del commercio via internet e chi spera stiano organizzando la riscossa di quella che un tempo si chiamava borghesia. Capita che uno di loro si presenti al mattino con qualche geniale idea per rinverdire i fasti di un tempo: si pone al centro del gruppo e illustra il suo piano gesticolando come un direttore d'orchestra in crisi di astinenza. Gli altri lo guardano e annuiscono. Se il progetto è coinvolgente smettono di tenere le braccia incrociate sul petto e si avvicinano all'oratore. Terminata l'esposizione si fissano in silenzio, sguardi degni di un mezzogiorno di fuoco; i loro occhi scintillano, stringono i pugni, qualcuno prende appunti. Quando tutto sembra pronto per la grande riscossa gli sguardi si spengono a terra, le braccia tornano a incrociarsi sul petto e iniziano i commenti: L'idea è buona, ma non penso si possa realizzare in tempi brevi. E se anche fosse ci vorrebbero parecchi soldi da investire. Non contate su di me, io non ho una lira. Da qualche parte dovremo pur provare a ricominciare però. Ricominciare perché? Mio figlio ha detto che del negozio non gliene frega niente, finita l'università o farà l'ingegnere o tornerà alla terra; l'ho portato a vedere quanto lavoro c'è da fare in agricoltura, mi ha risposto che con una laurea in tasca non si metterà certo a sporcarsi le mani: coordinerà, organizzerà, insomma farà tutte quelle cose che non richiedono fatica. Mia figlia vuol fare l'astronauta a patto che possa portare nello spazio anche un paio di scarpe con i tacchi alti. Ve lo avevo detto quindici anni fa che bisognava sfruttare il commercio via internet, avremmo inventato l'equivalente di Amazon. Finita la discussione ognuno torna al proprio negozio a fare acquisti on-line. Anni or sono la piazza era il regno degli adolescenti, il punto di aggregazione da cui partire per fare altro o sostare e perdersi in chiacchiere. Oggi gli adolescenti non esistono più o si ritrovano altrove o non escono. Con discrezione e senza clamore stanno prendendo il loro posto gli extracomunitari ospitati nella cittadina: ci sono orari in cui in giro trovi solo loro. Non spendono fortune nei bar come facevano un tempo i vigili urbani, non si fermano a guardare le vetrine dei negozi e parlano solo tra loro, che le ultime volte che hanno provato a chiacchierare con gli indigeni hanno preso botte e insulti. Agli adolescenti hanno rubato anche l'ambito ruolo di capro espiatorio. L'altro giorno uno mi ha fissato e quattro ore dopo sono inciampato, chissà che rito voodoo mi ha fatto. Io ho visto uno di quelli un po' più scoloriti, sapete mezzi neri e mezzi gialli, girare intorno alla mia macchina un paio di settimane fa. Ieri ho trovato una gomma a terra, maledetto ×. Niente a che vedere con quel che è successo a me: la mattina in cui è morto mio padre uno di loro mi aveva detto buongiorno. Fottuti negri. È il coro che chiude la conversazione. Se la piazza non è ancora morta del tutto è merito dei bambini che la animano con i loro giochi, le urla e le risate, ultimi baluardi della speranza umana, speranza che uccideranno non appena raggiunta l'età dell'adolescenza. Sfrecciano a bordo delle loro biciclette colorate o sulle gambette traballanti, si scontrano, cadono, si sbucciano le ginocchia. In lacrime chiamano la mamma o il papà. Mi sono fatto male alla gamba e mi fa male anche la pancia. Amore mio, è solo un graffio. E la pancia che c'entra? Voglio un cerotto e un gelato. Non abbiamo cerotti e se ti fa male la pancia non puoi mangiare il gelato. Mi fa male la pancia perché il dolore mi ha fatto venire fame di gelato. Il genitore in preda a una crisi isterica compra i cerotti e il gelato, rattoppa il bambino e gli dà il gelato. Dopo un paio di leccate il pargolo si guarda intorno e preso dalla frenesia di giocare restituisce il gelato con un sorriso enorme. Devo andare a giocare, la pancia non mi fa più male ma se mangio altro gelato forse mi farà male. Urlando riparte all'attacco e il genitore resta immobile a mangiare il gelato, abbandonando i propositi di dieta. Alcuni tentano senza successo di imparare a usare il monopattino. Mamma, papà, guardate come sono bravo , urlano mentre non fanno altro che portare a spasso il monopattino. I genitori battono le mani, fanno complimenti generici mentre vorrebbero solo sedersi al bar, bere un caffè e parlar male dei figli degli altri e delle coppie che non procreano. E poi ci sono quelli che hanno già capito che il bello della vita è lasciare che altri facciano cose per te: vanno in giro a bordo di macchine elettriche con la musica a tutto volume. Continueranno a farlo, con mezzi differenti, fino ai quaranta anni. I più teledipendenti tentano di arrampicarsi sui muri convinti di essere spider-man, lanciano scudi immaginari come capitan America, sparano ghiaccio come Elsa di Frozen finché gli ego di tutti questi supereroi scatenano una battaglia campale in confronto alla quale le invasioni barbariche furono il seme delle buone maniere. I genitori più ansiosi inseguono i bambini per evitare che si facciano male, vedono pericoli dappertutto e sottovalutano la possibilità di morire di infarto per lo sforzo profuso. Non appena un bambino si avvicina al proprio cercano di evitare il contatto con quello che ai loro occhi è un emissario della morte. Tornati a casa si chiudono in garage per progettare una campana di vetro mobile che tenga al sicuro i figli per il resto della loro vita. I più grandicelli giocano a calcio imitando le gesta dei loro idoli: corrono come loro, esultano come loro quando fanno un goal, sputano a terra e bestemmiano come gli eroi della domenica sognando di ripetere un giorno le loro imprese sportive di fronte a un pubblico adulante. Quelli che hanno già capito che la carriera calcistica non sarà il loro futuro fumano sigarette e guardano porno sullo smartphone. A portare la quiete per qualche minuto ci pensa un uomo che spunta dal nulla: vende palloncini a forma dei personaggi dei cartoni animati. Viene assaltato come le diligenze nel vecchio West, nel giro di dieci minuti esaurisce le scorte e sparisce nel nulla così come era apparso. Se i nativi americani avessero avuto la sua stessa abilità avrebbero evitato lo sterminio. I genitori più religiosi lo hanno segnalato al parroco, i più concreti provano a inseguirlo per scoprire da dove venga. Nessuno di loro ha ottenuto risultati. I palloncini si staccano dalle mani dei bambini nel giro di pochi minuti, oscurando il cielo sopra la piazza. I pargoli nemmeno ci fanno caso, troppo impegnati a correre, urlare, ridere, litigare. I genitori piangono per gli ennesimi cinque euro buttati, quelli che hanno molti figli ribadiscono che avrebbero comprato una villa se avessero investito la metà della somma che hanno destinato ai palloncini. Qualcuno di loro sostiene che l'uomo misterioso riesca a recuperare tutti i palloncini volati via per venderli la volta successiva: la piazza, si sa, è foriera di leggende e malelingue. Se i bambini sono attori importanti e i genitori inutili comparse, la piazza appartiene di diritto a due personaggi sulla cinquantina: il matto del villaggio e il tossico. Il matto del villaggio da giovane era loquace, raccontava storie e intratteneva i passanti senza chiedere altro che un minuto del loro tempo; quelli gli concedevano un minuto e ne passavano dieci a prenderlo in giro alle spalle. Deve aver capito di essere stato a lungo lo zimbello del paese e sebbene il suo animo gentile gli imponga di continuare a sorridere non parla più con nessuno. Il tossico ha cominciato a drogarsi prima che inventassero la droga, dice. L'eroina l'ha inventata lui, afferma. Poi si corregge e spiega che è stato il primo a portarla dalla città e l'ultimo a essere sopravvissuto alle siringhe: i suoi amici sono tutti morti, alcuni per strada, altri in comunità. Rimane lui, che non si droga più, dice; chiede soldi ai passanti dalla mattina alla sera perché è disoccupato, afferma. Ma se qualcuno prova a offrirgli la colazione o un pezzo di pizza risponde di aver già mangiato e che preferisci gli spicci, così da poterli mettere da parte. Nessuno lo ha mai visto allontanarsi per più di dieci minuti dalla piazza se non per rifugiarsi nel vicolo antistante, che conduce alla parte vecchia della cittadina. Torna da lì sempre un po' stravolto. A notte inoltrata, quando tutti dormono, i due convergono verso il centro della piazza, si stringono la mano e fumano una sigaretta insieme. Tra una boccata e l'altra il matto ride e il tossico gli chiede soldi. Sei proprio tutto scemo . Dice il tossico portandosi un dito alla tempia prima di lanciar via il mozzicone e mettere in tasca la monetina appena rimediata. Il matto scrolla le spalle e si allontana. Sono sempre gli ultimi ad andare via. |
user86925 | inviato il 10 Febbraio 2021 ore 15:08
“ a proposito di narrazione di centri urbani sto lavorando a una serie di racconti in chiave ironica che mi piacerebbe trasporre anche in fotografia „ auguri |
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