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Molto interessante con passaggi memorabili. Ad esempio:
<<... molti artisti studiano poco per non essere influenzati da qualcosa, e questo è un guaio, perché bisogna essere influenzati, altrimenti restiamo ignoranti. Diciamo, però, che studiando, il cervello da innocente diventa un cervello armato. Allora come si fa a liberarsi dell'armatura? Si fa con degli espedienti. ...>>
<<Per dire, noi ci appoggiavamo, io perlomeno, sulla fotografia antica, Ghirri, forse, più che sulla fotografia antica, aveva quale fondamento la pittura italiana del Sette-Ottocento.
Domada: Più precisamente?
Giorgio de Chirico tra i contemporanei, e risalendo, Bernardo Bellotto, tra i pittori che hanno usato la prospettiva, per non dire di Caspar David Friedrich, un romantico, che incise moltissimo sulla fotografia di Luigi, soprattutto, su come lui ha fotografato l'architettura del passato, dove viene fuori l'enfasi romantica.>>
A me piace pensare che si diano due tipi di citazione, la citazione consapevole (a volte vero e proprio omaggio) e la citazione inconsapevole che, in realtà, è spesso meno inconsapevole di quel che si possa credere, la nostra memoria fotografica penso che funzioni, per certi versi, in maniera simile alla memoria motoria. Noi facciamo esperienza di certi schemi motori, o guardiamo certe immagini. Queste esperienze vengono memorizzate in partizioni di memoria che a noi sfuggono, spesso non ne abbiamo nemmeno un ricordo conscio. Poi succede che, alla bisogna, uno schema motorio o un'immagine riaffiorino alla superficie in modo inconscio e vengano usati/applicati automaticamente.
mi ha colpito molto il seguente passaggio che riporto di seguito:
“ Ghirri puntava però molto sulla comunicazione. Ha perfettamente ragione: ed è questo un nodo fondamentale. Ricordo, ad esempio, che durante una nostra mostra a Ferrara – Icone Città, c'è un cataloghino giallo – dopo aver appeso le foto al muro, di ognuno le proprie, Luigi si avvicinò e disse: «Io la metterei di qua, questa fotografia, non di là. Perché sennò non si capisce mica. Bisogna che si capisca».
E infatti nelle Lezioni di fotografia di Ghirri, a cura di Giulio Bizzarri e Paolo Barbaro (Quodlibet, 2010), il fotografo di Scandiano scrive che sin dagli inizi cercò di «costruire e progettare interi lavori» il che «significava pensare a una forma di narrazione per immagini anziché alla costruzione di singole immagini». È vero, lo ripeteva spesso. Penso che avesse bisogno, di volta in volta, di confermare un pensiero che scorre per tutta la scena. Cioè, se io vedo un pulcino nella prima fotografia e poi nella seconda vedo ancora un altro pulcino, sono più convinto che il punto di quella fotografia sia il pulcino, no? Ecco, una conferma in qualche modo aiuta la comunicazione. Devo dire però che questa premura di essere capito, secondo me impoverisce l'opera.
Perché? Perché l'opera non è fatta per comunicare. Anzi, come diceva il mio maestro Italo Zannier, si fotografa per comunicare a sé stessi. Dal canto suo, pure Shore diceva che «il problema è quello di trovare la propria immagine mentale», ma come la trovi se non la conosci? La trovi solo facendo, e facendo, e facendo, alla fine ti avvicini all'immagine mentale, ma è sempre un'iperbole. Per dirla in modo più semplice: io sono più vicino alla modalità di Picasso, che diceva «non cerco ma trovo», mentre Luigi avrebbe potuto dire «non trovo ma cerco». „
quando Guido Guidi afferma [...] "una conferma in qualche modo aiuta la comunicazione. Devo dire però che questa premura di essere capito, secondo me impoverisce l'opera."[...] mi fa pensare che non ricerca un certo tipo di narrazione per immagini nei suoi lavori, afferma che confermare un filo conduttore impoverisce il risultato finale, però in molti dei suoi lavori ritrovo delle ripetizioni di scatti quasi identici che differiscono per sequenza temporale o per un inquadratura che completa la precedente riprendendo lo stesso soggetto, questo espediente lo interpreto come un rinforzo dello scatto precedente e quindi della comunicazione che si vuole far trasparire da tutto l' insieme. Sbaglio a pensare che ci sia una piccola contraddizione con quanto ha affermato oppure sto interpretando male queste ripetizioni fotografiche ?
Secondo voi a cosa servono queste ripetizioni in successione ?
A Paris photo ho visto una serie di Guidi il cui principale elemento era la tomba di Brion di Carlo Scarpa . Solo che guardando meglio le foto ravvicinate, l'elemento principale era la lunghezza dell'ombra.
Guidi non vuole essere immediato ( come Ghirri ). Vuole essere come quei film che non sai di preciso se ti sono piaciuti o no, ma ti fanno pensare nei giorni successivi.
Qui è spiegato meglio : è un po' lungo ma per chi ha tempo...
Guidi ha spesso contestato la teoria dell'istante decisivo di HCBresson. Istanti interessanti ce ne possono essere diversi. Nelle sue foto della tomba Brion si trova la stessa inquadratura ripetuta in diverse ore della giornata dove le ombre giocano in modo diverso a formare geometrie che in qualche modo sono anche memori delle composizioni di Paul Klee. Comunque sì anche a me pare che forse ci sia un filo di contraddizione
Si dovrebbe considerare che la pellicola non permetteva di vedere subito il risultato. Ci possono comunque essere molti motivi per una ripetizione, a partire dalle diverse inquadrature per vedere quale possa essere quella più convincente, alla diversità che luci, ombre e varianti possono variare la scena, ad eventuali dittici, o anche semplicemente variazione di parametri, insicurezza o test di variabili di sviluppo. Uno dei consigli (non mio) più utili che seguo è quello di non mollare mai la scena di una situazione interessante, non fermarsi al primo scatto scatto o alla prima inquadratura, sia in situazione dinamiche che durante appostamenti.
Dopo aver visto la sua mostra al photolux colgo l'occasione per segnalare Massimo Vitali le cui stampe di grandi dimensioni sono davvero eccellenti e ricchissime di dettagli. www.massimovitali.com/
Assicuro che vedere la mostra è un'altro mondo rispetto a monitor. Debbo dire che mi sembrava quasi di fare pixelpeeper .. I numerosissimi provini a grandezza naturale sono una interessante fonte di attrazione nonostante in apparenza vi siano momenti di routine quotidiana. Mi è capitato di fare una pessima figura con l'autore, che non avevo riconosciuto, chiedendo come fosse stato possibile la scelta di molti punti di ripresa che sono in effetti proprio in mezzo al mare ma lasciamo stare... Ad ogni modo l'ipotesi che avevo scartato era invece quella giusta. Piazzava piattaforme in mezzo al mare.. www.massimovitali.com/platform-special-maintenance/
Quello è vero, ma poi c'è una scelta di pubblicazione Un conto è fare prove per capire quale è la scelta migliore e poi selezionare quella che più si avvicina all'idea o quella che risulta più efficace. Ma la selezione di foto simili e affiancarle è un altro paio di maniche, è qualcosa di intenzionale non di ricerca dell'inquadratura migliore
“ Create in laboratori asettici tecnologicamente avanzati MrGreen „
comunque davvero una ganzata.. quei punti di ripresa fanno la differenza. Io avevo chiesto se erano stati usati una sorta di droni con attaccato sopra una grande formato ma anche questa mi sembrava fantascienza.. quando ha sentito la parola drone mi ha guardato come se fossi un ebete.. lasciamo stare.
Ad ogni modo la qualità delle stampe è assai superiore a quelle che ho visto di Gursky (che a però sono anche un po più grandi): Del resto i provini a contatto sono di 20x25..
“ Secondo voi a cosa servono queste ripetizioni in successione ? „
credo di aver trovato una chiara risposta dallo stesso Guido Guidi al video seguente (dal min. 33 fino al min. 39 circa)
gli viene espressamente chiesto una motivazione di queste varianti della stessa foto e Guido Guidi inizialmente in maniera scherzosa dichiara che " erano gli anni della pop art e Andy Warhol diceva che 2 Marilyn erano meglio di una Marilyn soltanto " (min 35,40)
Ma poi discorrendo afferma che la vera motivazione era dovuta ad una riflessione che fece da studente nel '67/'68 con il suo insegnante Italo Zannier sulla storia della fotografia e quindi c' era " l' intenzione di sabotare Cartier Bresson e fare una polemica silenziosa, una polemica visiva rispetto ai dettami del grande maestro ed il suo istante decisivo " (min 38,55)
“ A me piace pensare che si diano due tipi di citazione, la citazione consapevole (a volte vero e proprio omaggio) e la citazione inconsapevole che, in realtà, è spesso meno inconsapevole di quel che si possa credere, la nostra memoria fotografica penso che funzioni, per certi versi, in maniera simile alla memoria motoria. Noi facciamo esperienza di certi schemi motori, o guardiamo certe immagini. Queste esperienze vengono memorizzate in partizioni di memoria che a noi sfuggono, spesso non ne abbiamo nemmeno un ricordo conscio. Poi succede che, alla bisogna, uno schema motorio o un'immagine riaffiorino alla superficie in modo inconscio e vengano usati/applicati automaticamente. „
Rimediamo Novebis, Vitali è un mio conterraneo: da Wikipedia "Massimo Vitali è nato a Como, Italia, nel 1944. Si è trasferito a Londra dopo il liceo, dove ha studiato fotografia al London College of Printing. All'inizio degli anni Sessanta inizia a lavorare come fotoreporter, collaborando con molte riviste e agenzie in Italia e in Europa. In questo periodo conosce Simon Guttmann, il fondatore dell'agenzia Report, che diventerà fondamentale per la crescita di Massimo come "Concerned Photographer". La sua serie di panorami di spiagge italiane è iniziata alla luce dei drastici cambiamenti politici in Italia. Massimo iniziò a osservare con molta attenzione i suoi connazionali. Ha rappresentato una "visione igienizzata e compiacente della normalità italiana", rivelando allo stesso tempo "le condizioni interne e i disturbi della normalità: la sua falsità cosmetica, allusioni sessuali, svago mercificato, senso di benessere illuso e conformismo rigido". [Whitney Davis, "How to Make Analogies in a Digital Age" in October Magazine, Summer 2006, n.117, p.71-98.] " La prima volta che ho incrociato il suo nome è stato sul libro di Claudio Marra Fotografia e Arti Visive books.google.it/books/about/Fotografia_e_arti_visive.html?id=HwmqoAEAC
Se non ricordo male ne parlava a proposito di una poetica in cui la visione fotografica che si allontana (dal soggetto).
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