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L'inizio di novembre: alla scoperta dell'ovolo buono tra le luci d'autunno, un percorso tra lecceti e faggete alla ricerca del “cibo degli dèi”
Amo queste montagne perché sono un mosaico straordinario di paesaggi che cambiano in pochissimi centinaia di metri, è un continuo susseguirsi di ambienti differenti, ciascuno con un carattere proprio, con colori, profumi e suoni distinti. Camminare qui è come sfogliare un libro illustrato in cui ogni pagina racconta un capitolo diverso, ma allo stesso tempo parte di un unico, grande racconto.
Questi bellissimi funghi, sono stati trovati nelle leccete, ma appena mi sono spostato dall'altro lato del sentiero, c'erano le faggete. È stato un passaggio naturale, dai sempreverdi alle latifoglie, perché il sentiero si ricongiungeva proprio lì...
In quel tratto, l'arancio dei funghi sembrava fondersi con il tappeto di foglie cadute dai faggi, anch'esse con sfumature calde e accese.
Quindi mi sono seduto sul manto colorato
Questo fungo (L'Amanita caesaria) richiama direttamente l'antica Roma. Era considerato una vera prelibatezza, così raffinato da essere servito sulle tavole degli imperatori, per i quali rappresentava un cibo prezioso e raro. Non a caso veniva chiamato anche “cibo degli dèi”, un privilegio gastronomico riservato ai più potenti e ai più fortunati.
La sua bellezza, la sua fama e la sua unicità nascono anche dalla forma particolare che presenta da giovane. Nelle prime fasi di crescita, infatti, appare come un piccolo uovo bianco nascosto nel terreno, completamente avvolto da una membrana chiamata volva. È proprio questo involucro, simile a un guscio fragile, ad aver dato origine al suo nome popolare, “ovolo”.
Solo con il passare del tempo la volva si lacera...
Si crea un cappello aranciato luminoso, lamelle gialle e un gambo dello stesso colore che emergono con eleganza dal terreno. Ogni ovulo sembra una sorpresa che la natura ha confezionato con cura, un dono nascosto che si apre lentamente.
Così come il cappello arancio dell'Amanita caesarea sembra nascere dal tappeto di foglie aranciate dei faggi, anche noi cresciamo e ci trasformiamo grazie alle stagioni che attraversiamo.
Le foglie che cadono rappresentano ciò che lasciamo andare: momenti passati, emozioni che hanno compiuto il loro ciclo, traguardi già raggiunti. I funghi che emergono, invece, sono le nuove opportunità che la vita ci offre, nate proprio dal terreno fertile lasciato da ciò che non c'è più.
L'uno non esisterebbe senza l'altro: come nel bosco, anche dentro di noi la bellezza nasce dall'armonia tra ciò che finisce e ciò che inizia
Matteo Orlando Fotografo Naturalista-Divulgatore
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