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La mostra è visitabile martedì-mercoledì-giovedì-venerdì 15-19 lunedì e sabato su appuntamento telefonando allo 02 36744528 STILL Fotografia via Zamenhof, 11 - 20136 Milano //////////Silvia Alessi, uno scatto dopo l'altro, sintetizza un meccanismo in divenire animato dalla necessità sentimentale di concedersi alla diversità per accogliere, nella sua totalità creativa, sé stessa. «La Fotografia non rimemora il passato. […] L'effetto che essa produce su di me non è quello di restituire ciò che è abolito, ma di attestare che ciò che vedo è effettivamente stato. […] Ogni fotografia è un certificato di presenza». Con queste parole, datate 1980, il saggista francese Roland Barthes, tra le pagine del suo libro intitolato “La camera chiara”, conferisce allo strumento fotografico un potere ben preciso: inquadrare il legame ambiguo tra l'essere umano e le sue azioni. Di riflesso, nel lavoro di Silvia Alessi questa lettura operativa compie un salto concettuale. Le immagini raccolte nel progetto “The Cut” (2020-ongoing) non sono unicamente elementi reportagistici capaci di testimoniare una effettiva presenza terrena, bensì mettono in luce un processo di identificazione estetico, attuato sfruttando la centralità che i capelli hanno sulla nostra personalità. Queste immagini, parafrasando il ragionamento barthesiano, rappresentano dunque un vero e proprio “attestato di Esistenza”. Da qui la scelta di seguire le linee sinuose che questi filamenti di cheratina tracciano in giro per il mondo come un filo di Arianna mitologico; un itinerario geograficamente frammentato, ma pur sempre lucido nella metodologia esecutiva, che consente all'autrice di uscire dalla dimensione autobiografica - Silvia si occupa da più di trent'anni di acconciature - e intessere legami cross-culturali fondati sull'autodeterminazione iconografica. Pertanto, il principio narrativo attraverso il quale i suoi soggetti vengono presentati all'osservatore fa prendere alla linea degli eventi una direzione capace di riscriverne il precario equilibrio percettivo. Silvia ci propone un immaginario allegorico come supporto alla fattualità del momento. Di fatto, mediante costumi, trucco, oggetti fittizi (sempre traghettati da location in location) e credibilissimi interventi strutturali sulla scena, accompagnati da storie tragicamente reali, l'artista offre a queste persone la possibilità di raccontarsi. Non solo, i suoi personaggi, spesso ingabbiati in contesti dispotici, attraverso il linguaggio ibrido di Silvia, collocabile a metà strada tra la staged-photography e il puro documento giornalistico, vengono contaminati con il seme dell'emancipazione espressiva, e possono finalmente manifestare l'unicità della propria cultura, generazione o addirittura religione. Ciascuno di loro viene quindi proiettato in una dimensione altra, in cui le difficoltà della vita spesso cedono il passo a racconti fantastici dove, come lei stessa afferma, “il capello ha potere”. Denis Curti
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