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Giorgia and Giulia...

Prendersi Cura

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Giorgia and Giulia sent on December 05, 2021 (12:10) by Matteop7. 0 comments, 68 views. [retina]

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Giorgia, 29 anni. Giulia, 28 anni. Anestesia e Rianimazione. Reservoir Dogs, conosciuto anche come “Le Iene”, è un film giallo psicologico con elementi neo-noir del 1992, che ha rivelato ai cineasti il talento di Quentin Tarantino. A questo film si ispira l'omonimo programma televisivo, con alcuni richiami stilistici (gli abiti, la scritta della sigla, Mr. Brown). E' un programma di intrattenimento caratterizzata da uno stile irriverente che si presenta come approfondimento dell'attualità italiana. Ma tra il dire e il fare ci passa il mare. Si usa dire che i proverbi antichi non sbagliano mai. Questo è vero, ma non è chiaro a tutti il perché. Credo che i proverbi non sbagliano mai perché sono loro stessi a farti sbagliare. E anche “Le Iene” è sbagliato. Basti pensare a tutte quelle volte che hanno riportato con toni allarmistici o sensazionalistici informazioni non veritiere. Basti pensare al “Caso Stamina”, la cui pubblicità di fatto non ha fatto altro che aggravare le sofferenze altrui. Altro che Prendersi Cura. Ma, dal mio punto di vista, Le Iene presenta del buono. Una sola cosa: il format dell'intervista doppia. Format che vi ripropongo a seguire. - Giulia: Giorgia, ma perché hai scelto di fare Medicina? - “Sai Giulia, questa è una bellissima domanda! Ho scelto di fare medicina alle medie, non so spiegare perché. Probabilmente sono stata un po' influenzata da mio zio medico che, insieme a mia madre, raccontava il suo percorso da medico condotto degli anni CInquanta. E piano piano è crescita questa convinzione, la volontà di voler intraprendere questa carriera. Ho ammirato la passione che ci mettevano alcune persone, e ho desiderato farla mia. Avevo anche passato il test per Ingegneria Gestionale, ma alla fine ho deciso di provarci finché non sono entrata. E tu Giulia, come sei finita sui banchi dell'Aula Magna di Medicina?” “So che vi farò ridere, ma ho scelto di fare Medicina alle elementari. In famiglia non c'è stato nessun medico, ma io ero affascinata dal corpo umano, è una cosa che mi è sempre piaciuta. Mi ricordo che mia mamma mi aveva comprato la prima uscita di Esplorando il Corpo Umano e io mi ero appassionata tantissimo, e negli anni ho coltivato sempre di più questa cosa. Mi sono convinta quando mio Papà ha cominciato ad avere qualche acciacco di salute, sul versante cardiaco. E il cuore è diventato il mio organo preferito. Alla fine anche la scelta di Anestesia e Rianimazione è legata al cuore, per via degli strascichi che vi sono stati. Insomma, ho vissuto questo mondo da paziente e ho capito che sarebbe stato mio”. - Giulia, chiedi a Giorgia perché ha scelto di fare Anestesia - Giulia: Ehi ricciolina, perché hai scelto Anestesia? - “Sai, forse è anestesia che ha scelto me. Può essere una frase fatta, ma io credo molto nel destino. Io volevo fare Ginecologia, perché mi affascinava molto tutto quello di bello che potevi tirare fuori dalla Medicina. E anche, parlando di Maieutica, proprio tirare fuori la vita dalla medicina. Poi, visto il test nazionale, mi sono guardata intorno e mi sono ricordata quella volta in cui a Pavia avevo assistito alla gestione di un codice Blu (Che è un codice rosso in pericolo imminente di vita). Ed ero rimasta affascinata dalla naturalezza e decisione con cui un team danzava intorno a un paziente, cercando di salvargli la vita. E ho pensato che anche io avrei voluto far la mia parte.” Ragazze, sapete meglio di me che ultimamente non abbiamo passato un periodo facile. Chiedetevi l'un l'altra quale sia il ricordo più bello e più brutto di questa emergenza! “Giorgia: Allora Giulietta, cosa ti ha colpito di questo periodo?” “Sai, mi ha colpito l'esperienza in toto. Il fatto che oltre a distruggere la nostra progettualità quotidiana come esseri umani, ci ha impedito praticamente di pensare a cose belle, a cose da fare per un periodo abbastanza lungo (che sta ancora continuando) e ci ha messo davanti al fatto che siamo estremamente impotenti. D'altra parte ho un ricordo molto bello che è legato all'esperienza nel Padiglione Covid. C'erano due ragazzi, maschio e femmina, con Sindrome di Down, che erano dati per spacciati in virtù del loro quadro radiologico. Ho cominciato a far telefonare a casa il ragazzo, con le videochiamate. Ero onesta con la famiglia, dicevo la verità. E cioè che non sapevamo come sarebbe andata. Ma lui piano piano, da solo, è passato dal reservoir alla mascherina, e poi agli occhialini nasali, e poi è tornato a casa. E insieme siamo scoppiati a piangere al telefono: lui perché si era commosso di rivedere la sua famiglia dopo tre settimane, io perché è stato un momento molto forte. E tu Giorgia, cosa porti dietro di questo momento?” “Per me il 2020 è stato un anno un po' particolare, perché mi ha messo alla prova sotto diversi punti di vista. L'esperienza Covid ha pesato non poco. Per la prima volta avevo il tempo di conoscere i pazienti, e purtroppo avevamo il tempo anche di salutarli. Sono stati dei momenti a cui non eravamo abituati, perché alla fine stiamo con loro per un periodo ridotto. E questo ci, mi, ha spiazzato. Ci ha fatto sentire impotenti. Qualcosa a cui non eravamo per niente preparati. Ma anche per me c'è stato un momento molto forte. Ricordo questa signora anziana con un presidio per la Ventilazione Non Invasiva, allettata e poco responsiva. A un certo punto il suo cellulare continuava a suonare, e con la coda dell'occhio ho intravisto che erano messaggi di auguri. Ma la signora era troppo debilitata per notarlo. In quel momento l'ho guardata e ho capito che ero davvero l'unica persone che potesse tenerle compagnia il giorno del suo compleanno. Allora mi son messa li, accanto a lei, e le ho tolto il presidio fastidioso per un poco. Le ho fatto compagnia e le ho fatto gli auguri. Lei mi ha guardato, spero che abbia capito che ero vicina a lei almeno in quel momento.” - Chi ha voglia di chiedere per prima all'altra cosa vuol dire 'Prendersi Cura'? - “Giorgia: Giulia, cosa vuol dire per te questa domanda fatale?” “Provo a risponderti. Per me Prendersi Cura, e non voglio essere banale ma è così, significa andare davvero oltre la clinica. Andare oltre la scienza che caratterizza il nostro lavoro. Perché se da un lato l'emotività e l'empatia ci possono fregare, perché è un lavoro di emergenza-urgenza, dall'altro lato è fondamentale. Tante volte vedo i pazienti che vengono chiamati con il nome degli interventi, e questo per me non vuol dire prendersi cura, vuol dire eseguire un compito puro. Noi abbiamo a che fare con delle persone che hanno famiglia, hanno una storia e ogni volta che noi ci troviamo in sala operatoria con un paziente che dev'essere operato dobbiamo ricordarci che facciamo parte di quella fetta di vita che comunque da' loro un'altra possibilità. E dobbiamo comunque dare quel lato di umanità che loro si aspettano dal medico” “Dai Giorgia, concludi col tuo pensiero” “Sono d'accordo con te Giulia. Questo è il senso di Prendersi Cura. E' prendersi il tempo con il paziente. E il tempo è una delle cose che è mancato principalmente in questo periodo Covid. Nel senso che tu non avevi il tempo fisico di capire chi avevi davanti. Purtroppo tutti i pazienti diventavano uguali, diventavano delle età, dei numeri, delle comorbidità. Loro non si meritano questo, al di là della situazione di emergenza. Bisogna stare con loro, diventare una fetta della loro vita, della loro storia. E dobbiamo esserci al 100%. Quindi non fermarci ai numeri e ai dati, ma esserci veramente e sforzarci di comprenderli un pochino di più”. Tim Roth, a proposito del film Le Iene, ha affermato “ogni scena è il risultato delle azioni dei personaggi o serve a definirli”. Parafrasandolo, “ogni paziente accudito è il risultato delle azioni di Giulia e Giorgia e le definisce”.



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