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Islanda


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Islanda, testo e foto by Carlez91. Pubblicato il 13 Novembre 2021; 6 risposte, 1542 visite.


Dopo un periodo di profonde delusioni sul piano viaggi (causa covid19 l'anno scorso a marzo mi era saltato un bellissimo e a lungo sognato tour della Nuova Zelanda), sono riuscito per fortuna a coronare un altro sogno: visitare l'Islanda, una terra che trasuda "wild" da tutti i pori. Ai giorni nostri, grazie e contemporaneamente a causa di internet, si sa tutto di tutti e di tutti i luoghi di questo meraviglioso e maltrattato pianeta. Però, come già ho provato sulla mia pelle altre volte, vivere un posto è molto diverso; a volte può essere meglio a volte peggio, ma se bisogna tirare le somme personalmente credo sia sempre un arricchimento. Trascorrere due settimane in un suolo tanto ricco di meraviglie, così lontano dalla routine e così a stretto contatto con la natura più autentica, rude, selvaggia e vera che possiamo trovare su questo pianeta, non ha prezzo.
L'anello che avrei percorso in senso orario inizia dopo mille peripezie. Dapprima a causa di un presunto guasto tecnico del nostro velivolo all'aeroporto di Venezia, che ci fa attendere in ansia per due ore, ma che poi grazie a Dio viene scongiurato, riuscendo a farci prendere la coincidenza a Francoforte. E in seguito alla mastercard che non vuole funzionare alle due di notte all'autonoleggio. Per fortuna, in qualche modo, ci danno il mezzo, vitale per il proseguimento, e ci sistemiamo in un ostello a Keflavik, a due passi dall'aeroporto.
Due ore di sonno dopo, siamo già in marcia verso le immancabili e, seppur turistiche, affascinanti acque termali di Blue Lagoon.
E' una piacevolissima sensazione immergersi nell'acqua calda fino al mento, sfidando il freddo del mese di ottobre. Un momento di relax totale, che mi fa già dimenticare le disavventure del giorno prima e la profonda paura di non riuscire nemmeno questa volta a iniziare un viaggio.
Dopo pranzo ci dirigiamo verso la zona del vulcano Fagradalsfjall. Camminiamo sulle lingue di lava solidificata, eruttata mesi fa, ma che ancora regalano fumi e sbuffi e calore al tatto. Da un promontorio si riesce ad individuare molto bene il cono di colore giallognolo da cui è fuoriuscita la bollente linfa vitale della Terra. Straordinario e desolante, potente e antico, un paesaggio che potrebbe essere lo specchio dei primi attimi di vita del nostro pianeta.
Il pomeriggio trascorre alla volta di fumarole, laghi vulcanici e, dopo aver sfiorato la capitale Reykjavik, ci inoltriamo nella penisola dello Snaefellsnes.


Ad attenderci un cottage in legno con ampie vetrate da cui possiamo ammirare uno sfolgorante tramonto. La serata trascorre piacevole, la sistemazione è deliziosamente isolata e ricca al contempo di ogni amenità. Dormiamo molto più sereni della notte prima e ad attenderci la mattina dopo c'è un'alba dai colori caldi come quelli del tramonto precedente, che inganna sulla reale temperatura dell'aria (circa 2-3 °C); il tutto è reso ancor più surreale da un vento gelido mefitico.
Percorriamo la strada più esterna e panoramica fermandoci di tanto in tanto quando non possiamo più fare a meno di starcene in auto; vorremmo uscire ogni due secondi per immortalare con gli occhi e con le macchine fotografiche cotanta bellezza.
Sostiamo nei paesini di Arnarstapi ed Hellnar e lungo tutta la dorsale per alcune formazioni degne di nota, quali Gatklettur e Londrangar e l'emozionante spiaggia nera di Djupalonssandur; qui capiamo di essere finalmente dentro una fiaba, un luogo magico, lontano anni luce dal nostro mondo ordinario.


A sinistra della strada, pochi chilometri più avanti, si erge un cono vulcanico quasi perfetto. A Saxholl, così si chiama questo cratere, spendiamo una mezz'oretta tra salita e discesa.
Decidiamo, poi, di deviare sulla sinistra su un'altra strada per raggiungere un'altra spiaggia: Skardsvik. Qui pranziamo con un semplice panino al salmone affumicato islandese e acqua rigorosamente islandese, che dicono sia la più pura d'Europa. I piedi poggiano, però, su una sabbia molto particolare; è una delle poche, o forse addirittura l'unica, ad avere la sabbia dorata. Cosa che per noi sarebbe la normalità, mentre qui a farla da padrone è il colore nero della lava vulcanica e dei ciottoli di basalto e altri materiali preistorici.
Verso pomeriggio torniamo in un luogo un pochino più turistico: Kirkjufell. Anche ad ottobre è pieno zeppo di fotografi e turisti, ma la zona è davvero magica.


Per la notte avevo deciso di prendere una camera in una guesthouse di Stykkisholmur, un piccolo paese di pescatori da dove parte il traghetto per i fiordi occidentali. Purtroppo il giorno dopo non parte (visti gli orari ridotti non più estivi) e ci toccherà affrontare molta strada, anche sterrata, per raggiungere Patreksfjordur.
La signora che gestisce la casa è una donnona alta e robusta sulla sessantina, molto tranquilla e freddina. Verso sera si scioglierà e parlando un poco assieme ci racconta che lei e suo marito, oltre a gestire la guesthouse, vanno a pescare (ci mostra la foto di un pesce enorme di 150kg che avevano pescato tempo prima), possiedono una fattoria con 200 pecore, da cui ricavano la tanto decantata lana islandese; lei si diletta anche coi ferri, intrecciando dei maglioni molto belli, e non solo. La lana islandese, mi dice, ha delle proprietà uniche nel suo genere: è molto spessa, impermeabile all'esterno e contemporaneamente molto calda all'interno, tanto che qui non è raro vedere per strada locali che girano solo con dei maglioni di lana, sebbene le temperature siano già invernali per noi italiani. Prima di tornare a casa mi comprerò un meraviglioso maglione fatto a mano. Magari nelle giornate fredde, indossandolo, mi tornerà alla memoria questa terra magica.
Nell'unico locale buono del paese assaggiamo la zuppa di pesce e un freschissimo filetto di merluzzo che ci lascia deliziati, ma, wow, che prezzi. Avevo sentito che l'Islanda era cara!
Passeggiamo in serata fino in cima al promontorio dove è situato il faro, in ammirazione; all'orizzonte le alture dei fiordi occidentali, terre lontane e desolate, tralasciate dalla massa, ci aspettano.
Tutto il giorno dopo lo trascorriamo in auto, facendo qualche sosta in un paio di pozze di acqua calda. In una di queste, Hellulaug, uno di noi si denuda sfidando un vento che gelido è dir poco, e si immerge un buon quarto d'ora in quel dolce, cristallino e caldo riflesso. Ogni tanto in mezzo ai verdi pascoli qualche chiesetta solitaria...


Prima del crepuscolo arriviamo a Patreksfjordur, pensando fosse un pochino più grande; invece, una desolazione unica. Poche case, nessun ristorante aperto, il porto e un paio di hotel. Ci arrangiamo meglio che possiamo, ma finiamo comunque a cenare a fish and chips in un distributore di benzina.
Inizia a nevicare, e nevica tutta la notte e anche tutto il giorno dopo. La strada è difficile, sterrata a tratti. Il vento fortissimo crea delle onde di fiocchi di neve che scivolano qualche centimetro sopra il manto stradale, rendendo l'atmosfera molto suggestiva; l'auto sembra quasi galleggiare.
Prima di arrivare con difficoltà a Isafjordur ci fermiamo all'imponente cascata di Dynjandi. E' già un pochino ghiacciata, ma la potenza del salto di un centinaio di metri è notevole. Sotto una tormenta di neve, ci avviciniamo fin sotto.


Siamo soli. Lontano da tutto e da tutti, crescono in noi sentimenti di pace e unione con la Natura e al contempo, non abituati a tutto questo, anche di paura. La situazione meteo peggiora e impieghiamo tre volte il tempo normale a raggiungere il paese. Alla sera, più tardi, sdraiato sul letto dell'hotel, riguardo il sito delle strade islandesi per il giorno dopo, e mi accorgo che hanno chiuso la strada che nel pomeriggio abbiamo percorso. Appena in tempo o ci sarebbe saltato il giro completo dei fiordi.
Tocchiamo punte di -15 °C, le mani appena escono dalle tasche si congelano all'istante. La causa è da imputare soprattutto al vento, sempre presente e nostro compagno di viaggio instancabile. Troviamo un riparo per la cena in una casa di legno del 1700, Tjoruhusid. Ci preparano un buffet di pesce locale, cotto e condito in vari modi. Molto buono, grasso e pesante. Ci voleva con questo freddo!
La colazione del giorno dopo mi fa tornare in America per qualche minuto; davanti a me un piatto con tre pancake inondati da un fiume di succo d'acero canadese.
Oggi ci aspettano 350 km di tornanti tra i fiordi e un passo di montagna per arrivare alla gesthouse a due passi dalla ringvegur, tornando così al mondo civilizzato.
Non nascondo il fatto di essere un pò preoccupato per le condizioni meteo e delle strade, visti i problemi del giorno prima; ma, per fortuna, la strada è migliore e la neve è caduta solo qualche centinaio di metri sopra e non fino al mare. Ogni tanto fattorie, pecore e cavalli. Il passo di montagna è stato impegnativo e surreale, visto il forte vento e la tormenta di neve. Un camion a bordo strada in senso di marcia contrario è fermo con il ventre del rimorchio sventrato e innumerevoli casse di pesce fresco sparse sulla strada ghiacciata.
Verso tardo pomeriggio giungiamo in questa struttura rosso acceso situata a Bordeyri, un piccolissimo paesino sulle sponde del Hrutafjordur. Incantevole, semplice, accogliente. La nostra sistemazione conta 3 camere separate e una cucina/soggiorno. All'ingresso trovo delle deliziose calze-pantofole di pura lana islandese che infilo sopra le mie. Si cammina come su una nuvola. La serata trascorre tranquilla. Un buon piatto di linguine alla trota affumicata islandese e siamo tutti più contenti.
La mattina dopo, contro ogni previsione, è sereno e ci accoglie una magnifica strada tra campi ancora verdi, fattorie, chiesette isolate e arcobaleni.
Per pranzo ci fermiamo in una caletta uscita direttamente dall'era dei dinosauri.
Alla sera, sotto la neve, giungiamo ad Akureyri, la seconda città più grande dell'Islanda. Ci rintaniamo al caldo del nostro appartamento per un paio d'ore e poi andiamo a fare due passi lungo la via del centro. Impreziosita dalla neve che fiocca dolcemente e dalle luci, sembra già un quadretto natalizio.
Il giorno dopo, procedendo verso Myvatn, sostiamo un'oretta alle cascate Godafoss. Seppur molto più piccole, la loro forma mi ricorda le Niagara.
Il ghiaccio e la neve tutt'attorno mi regalano momenti di eterno non ritorno.


Per ora di pranzo siamo già al nostro prossimo alloggio: un generoso cottage a Skutustadir immerso in una fattoria con cavalli al pascolo.


Nel pomeriggio, però, decidiamo di proseguire lungo la sponda ovest del lago Myvatn, per salire in cima al cratere del Hverfjall, da cui ammiriamo uno scenario antico, preistorico, arcaico. Tutto sembra più rallentato dal colore bianco della neve. All'improvviso uno stormo di anatre starnazzanti mi passa sopra la testa e mi risveglia dai miei pensieri. Immaginavo come potesse essere lo stesso paesaggio durante la formazione. Fuoco sputato dalle viscere della terra, aria gelida, freddo e ghiaccio e...
non sembra cambiata molto l'Islanda. Forse è uno dei pochi posti che ancora trattiene in sé il fascino dell'origine.
Mentre scendiamo lungo il crinale nord-occidentale, assistiamo ad un tramonto epico.
La limpidezza e la purezza dell'aria sono commoventi.


Piccola parentesi: di solito ho sempre il naso mezzo chiuso; qui in Islanda, per la prima volta da cui ho memoria, ho trascorso 15 giorni sempre con il naso apertissimo. Non ho mai respirato così bene in vita mia.
La stessa sera verso le 22.30 compare timidamente l'aurora boreale. Non è intensissima, ma almeno posso dire di averla vista.


Ci svegliamo rilassatissimi e molto contenti. Ripercorriamo la strada del pomeriggio prima fermandoci a Grjotaja, una grotta privata contenente acqua caldissima, in una zona ricca di attività vulcanica. Infinite sono le fumarole che riscaldano il muschio e la coraggiosa flora e tengono a distanza neve e ghiaccio. Qui vicino passa la faglia che separa l'Europa dall'America. Arriviamo fino a Hverir, molto simile per certi aspetti allo scenario del primo giorno, ma rafforzato ulteriormente. I colori virano dal giallo più o meno intenso, al rosso, al cremisi, al brunastro e arancione , in un miscuglio di vapori e fumi anche tossici. L'acqua e il fango è in ebollizione e sembra di camminare su un sottile lenzuolo di terra che può esploderti da sotto i piedi in qualsiasi istante.
Che potenza è la Natura!




Fuori programma, arriviamo fino a Dettifoss, credendo di essere praticamente soli. Invece è colmo di gente. La vista è fenomenale. Sebbene ci siano moltissime cascate in questo paese, ognuna è particolare e unica. Queste, situate in un contesto così isolato, sono divine. In una pianura sconfinata c'è questa cicatrice, in cui si insinua la maggiore cascata islandese e di tutta l'Europa. Letteralmente significa Acqua che Rovina. Un generoso e immenso arcobaleno fa da sfondo a cotanta maestosità.


Un altro arcobaleno troveremo stasera, questa volta però calpestabile e più concreto.
Mi riferisco alla via variopinta che termina nella struggente chiesetta dal tetto ceruleo di Seydisfjordur.
La strada che bisogna fare per raggiungere questo porto è unica: dal pianoro di Egilsstadir ci si inerpica attraversando un passo montano innevato (il termometro segna questa mattina -15 C°), da cui diparte un altopiano glaciale che termina quasi a strapiombo sul fiordo omonimo, poeticamente struggente all'alba, con le cime pacatamente innevate che lasciano trasparire i colori verde-nerastri della terra.
Lungo la costa frastagliata che si dirige a sud verso Hofn, ci fermiamo di tanto in tanto per ammirarne l'incanto. All'improvviso dall'auto intravediamo una figura a pelo d'acqua su una baia: una foca solitaria che pare una statua. Il tempo è perfetto, fa anche meno freddo e non spira neanche vento, per la prima volta dall'inizio del viaggio.
Altri paesini, altre chiesette di legno dai tetti color pastello, altri cavalli solitari, finchè una pioggia e una nebbia inaspettate ci accolgono verso sera a Hofn.
Usciamo dall'ostello solo per assaggiare i famosi e costosissimi gamberi (langostini) di Pakkhùs.
La mattina dopo piove ancora e ci dirigiamo verso il ghiacciaio Vatnajokull, alla Jokulsarlon diamond beach, vicino alla quale partono dei tour diretti alle caverne di ghiaccio. I mezzi sono a dir poco imponentemente ridicoli. Da amante dei fuoristrada (ho posseduto un defender 90 td5 modificato) sono allibito e con gli occhi increduli. Mai visto tanta ignoranza!
La caverna di ghiaccio è un luogo che ha del prodigioso; magicamente si riformano tutti gli anni, diverse ogni volta e così precarie. Ma i colori glaciali che ti ritrovi sopra la testa sembrano un oceano e ti pare quasi di camminare sottosopra, e che il cielo sia acqua e la terra cielo. E se poi un raggio di sole arriva a lambire perpendicolarmente il soffitto di ghiaccio, ecco che altre sfumature di azzurro, blu cobalto, oltremare, turchese e celeste fanno dissolvere i più scuri grigi e neri ghiacci.


Ha dell'incredibile pensare quanto antico possa risalire questo elemento solido, quanta storia possa raccontare e come si stia evolvendo, o meglio dissolvendo, negli ultimi decenni. Ma la guida che ci accompagna dentro la grotta ci racconta che millenni fa, in realtà, era presente ancor meno ghiaccio dei giorni nostri e che ci siano stati molti periodi altalenanti.
Stiamo una mezz'ora buona alla spiaggia in compagnia con mini iceberg dalle forme più varie, brillando anche senza sole come dei diamanti, immersi in un mare gelido di foschia.
Rammaricati dal cattivo tempo, ci dirigiamo verso l'hotel a Skaftafell. Dopo un'ora in camera, però, ci domandiamo cosa stiamo facendo. Stiamo perdendo tempo prezioso a far nulla. Sfidiamo qualsiasi previsione e ci incamminiamo sul sentiero che porta a Svartifoss, una parete rocciosa di basalto esagonale da cui si getta una portentosa cascata. Saliamo oltrepassando la cascata verso ovest seguendo un sentiero fino alla cima di un monte, da cui vediamo un arcobaleno completo e le nuvole che si diradano insieme a tutta la nebbia che fino a poco tempo prima ci accompagnava. Dall'alto di quel cippo scorgiamo un oceano di nuvole sottostanti a perdita d'occhio e, come dal finestrino di un aereo in volo, ammiriamo un tramonto di spazio e tempo infinito. Uno dei momenti più commoventi del viaggio; quasi un regalo dopo due giorni di cattivo tempo. Da una parte il sole che cede il passo alla luna e dall'altra, alle nostre spalle, questo arcobaleno incredibile.
Proseguendo verso ovest, il giorno dopo, prima di arrivare a Vik, visitiamo una zona ricca di storia: il villaggio di Nupsstadur, dove si trova la chiesa con il tetto di torba più antica di tutta l'isola e sul retro della quale vi è un piccolissimo cimitero che porta indietro di centinaia d'anni.
Lasciandoci alle spalle lingue glaciali imponenti, cadenti dal ghiacciaio più grande d'Europa e quarto al Mondo, seguiamo la ring road immersi in un deserto glaciale (sandur), sostando una buon paio d'ore nei dintorni di Skaftarhreppur per ammirare Stjornarfoss, una deliziosa cascata, nei pressi di Kirkjugolf, un insieme di colonne basaltiche naturali esagonali che piastrellano una porzione di prato come il pavimento di una chiesa; poco distante saliamo per un ripido sentiero fino al lago Systravatn, da cui si getta a strapiombo un ruscello formando una cascata. Piove sempre di più oggi e la foschia continua ad aumentare, finchè giungiamo a Fjadrarglijufur e come per magia un timido sole fa capolino, tuffando i propri deboli raggi all'interno di questo lungo e profondo canyon dai colori freddi.


Giunti a Vik faccio un bellissimo acquisto: un tipico maglione di lana islandese fatto a mano che mi proteggerà in futuro dal freddo e dall'acqua, riportando alla memoria questo viaggio indimenticabile.
Dalle vetrate del nostro cottage (Black Beach Suites) ci sarebbe una struggente vista sulla spiaggia nera di Reynisfjara. Peccato sempre per la nebbia e la pioggia decisamente gelida. Ne approfittiamo per rilassarci nell'alloggio meglio fornito e costoso dell'intero viaggio. Il monolocale è arredato con cura, sebbene sia pur sempre un prefabbricato. Comincio ad apprezzare queste case prefabbricate, di solito costruite in legno con ampie vetrate; c'è l'essenziale, sono accoglienti, facili da mantenere, a basso impatto ambientale. Un'ottima soluzione anche per vivere tutto l'anno.
Questa sera ci prepariamo dell'agnello con patate dolci, una vera delizia.
Alle 8.30 dell'indomani siamo già in spiaggia; non a prendere il sole, ovviamente, ma tanta umidità. Penso di non aver mai visto una spiaggia più emozionante: è dura e pura, come meglio non può rappresentare l'Islanda. La combinazione del nero profondo dei ciottoli con il bianco candido della spuma delle onde è un contrasto notevole. Il fragore del mare in tempesta e dei gabbiani che si appigliano alle infinite anfrattuosità delle rocce fanno da colonna sonora. Due denti aguzzi spuntano verso est, mentre a ovest un enorme arco si getta dal promontorio. La scogliera di basalto esagonale sembra un artificio umano, un prodotto di una mente razionale. Ma dietro a tutto questo c'è "solo" Madre Natura, che qui si diverte ad esprimersi al massimo delle sue potenzialità.


Non voglio più andare via. Capisco che siamo quasi giunti al termine di questo anello incredibile e mi commuovo. Penso a quante bellezze la natura ci abbia regalato e a come non possano bastare 100 vite per vederle, udirle, toccarle e apprezzarle tutte.
Sotto una pioggia battente mi faccio gli 8 km tra andata e ritorno per vedere il famoso relitto dell'aereo caduto nel '73 in mezzo al nulla.
Poi altre tre mirabolanti cascate: Kvernufoss e Seljalandsfoss dove si può girarci tutt'attorno e quasi toccarle con mano, e Skogafoss.


Le prossime tre notti le passeremo in un appartamento in centro a Reykjavik, a ridosso di Laugavegur, la via dei negozi.
Il giorno seguente lo dedichiamo al cosiddetto anello d'oro: Thingvellir, Strokkur e Gullfoss.
Brilla un raggiante sole e spira un forte vento, che ci erano mancati entrambi per giorni. La zona della faglia delle due placche tettoniche è affascinate, sebbene molto turistica. Rimpiangiamo l'Islanda isolata, vera, wild dei primi giorni.
Siamo tornati alla civiltà e ce ne rendiamo conto dalle orde di turisti che scendono dai bus; anche a fine ottobre c'è una forte affluenza, non oso immaginare ad agosto cosa ci sia.
Lo spettacolo del geyser più noto del mondo lascia di stucco. Impareggiabile, quasi magico. Un rutto di acqua bollente proveniente direttamente dallo stomaco della terra.
Pensando di aver visto già abbastanza cascate e credendo che fossero famose perché turistiche, facili quindi da approcciare, non mi aspettavo nulla dalle Gullfoss. Invece, un momento di rara bellezza, condito da un sole cocente solo in apparenza e da raffiche polari.
Mio papà, dall'alto e isolato belvedere sopra le cascate e il fiume di pellegrini in ammirazione, mi ringrazia commosso di averlo portato qui, in Islanda, una terra che mai avrebbe pensato di vedere in vita sua. Questo viaggio l'ho voluto fortemente per vari motivi, e il più banale era festeggiare i miei 30 anni e i suoi 60 anni. Insieme a noi si è unito Lucio, un carissimo amico anche lui quest' anno sessantenne. Tutti e tre avventurosi, amanti della natura e dei viaggi insoliti. Lo ricorderemo nella testa, nel cuore e nelle nostre membra per sempre.
L'ultimo giorno, facile, lo passiamo a girovagare per la capitale. A misura d'uomo, è veramente splendida. Un pò, forse per il porto e per i sali e scendi di un paio di quartieri, mi ricorda San Francisco. Bei negozi, belle case, un teatro assurdamente moderno e intrigante, un porto semplice, un lungomare senza pretese ma con una vista sulla baia e sulle montagne commovente, specie all'alba e al tramonto.


Arte ovunque: gallerie e street art.
Saliamo in cima alla chiesa per godere un panorama a 360° e per respirare un'ultima volta a pieni polmoni quest'aria salubre, che tanto ci mancherà in pianura padana.
Per concludere il viaggio ci siamo permessi di cenare da Dill, una stella michelin e a detta di tutti il miglior ristorante d'Islanda.
Un degno finale.








Risposte e commenti


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avatarsupporter
inviato il 04 Gennaio 2022 ore 13:46

Complimenti per il viaggio, per l'articolo e per le bellissime foto. Enrico

avatarsupporter
inviato il 04 Gennaio 2022 ore 13:54

L'Islanda è una meta iconica che ho in programma (COVID) permettendo, di visitare ad Agosto, e questo tuo bellissimo reportage non ha fatto altro che confermare in me il desiderio di andarci!
Complimenti e grazie per la condivisione!
Ciao, Riccardo

avatarjunior
inviato il 04 Gennaio 2022 ore 15:04

Bell'articolo, diverse info utili e foto stupende!

avatarjunior
inviato il 05 Gennaio 2022 ore 7:55

Grazie a voi dei commenti, spero di tornarci in estate la prossima volta, per vederla in modo diverso e addentrarmi nell'isola

avatarsenior
inviato il 07 Aprile 2022 ore 16:26

Wow!!! Un articolo molto emozionante, con foto e contenuti davvero notevoli...
Complimenti e in bocca al lupo per nuove avventure...
:-P;-)Cool

avatarjunior
inviato il 08 Aprile 2022 ore 8:13

Grazie mille





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