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Amazzonia 2008


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Amazzonia 2008, testo e foto by Nicola Vernizzi. Pubblicato il 06 Settembre 2011; 1 risposte, 8283 visite.





Sono partito da Bologna il 27/12/07 alle 7 in punto, dopo 4 aerei e un totale di 30 ore di viaggio, comprese le attese(10 ore solo a Lima), finalmente sono sbarcato ad Iquitos, una piccola cittadina di circa 250.000 abitanti nel mezzo della giungla amazzonica. Collegata al resto del mondo solo dai trasporti aerei e fluviali, Iquitos è la più grande citta al mondo non raggiungibile su strada.
Fu fondata nel 1850 circa da una colonia di gesuiti, conobbe il suo massimo splendore verso la fine dello stesso secolo grazie al commercio della gomma, che però terminò nel giro di un ventenio per la concorrenza dell'India, in cui i semi del prezioso albero erano stati importati illegalmente. Nei decenni successivi, sopravvisse a stento solo grazie allo sfruttamento del legname, a un poco di agricoltura e all'esportazione di animali selvatici da zoo.




Le Ande viste dall'aereo

Negli anni 60, la prosperità torno grazie al ritrovamentro di giacimenti petroliferi e la riporto allo splendore odierno.
Iquitos è pulita, divertente e quasi esente da microcriminalità: ho passeggiato per le sue vie a qualsiasi orario con la macchina sulla spalla, senza mai incontrare uno sguardo di malintenzione e di fatto non ho mai sentito parlare di episodi spiacevoli, di furti o violenze, in compenso, fioriscono prostituzione e gioco d'azzardo, essendo ora una citta molto turistica. Una cosa che non troverete scritta in nessuna guida e che io ho trovato abbastanza curiosa: ad Iquitos e dintorni non ci sono sassi, solo sabbia: tutte le pietre delle costruzioni sono state portate li in battello, chi dovesse per caso scoprire una vena di pietra nella giungla diventerebbe ricchissimo e credetemi, è stranissimo passare 2 settimane in mezzo alla natura e non vedere nemmeno una pietra.

Sbarcato dall'aereo mi sono diretto nell'hotel di Gilles, un amico francese conosciuto quest'estate in un precedente viaggio e dopo i saluti e una doccia, sono andato subito a fare aquisti al Belel, il famosissimo ed enorme mercato in cui si può trovare veramente di tutto, dallo spillo alla motocicletta, al taglio di capelli; nelle sue bancarelle ho visto esposta la carne di animali di cui non conoscevo nemmeno l'esistenza.




Il mercato di Belel


Sui banconi facevano brutta mostra pesci di ogni tipo, pezzi di tartaruga, di coccodrillo, di pappagallo, di una specie di armadillo, di formichieri, di iguana, spiccavano in maniera raccapricciante le scimmie affumicate ed appese, sembravano corpi di persone perite in un incendio. Ho comprato velocemente un paio di stivaloni di gomma e un materasso leggero e altrettanto velocemente me ne sono andato: la folla, quegli orribili corpi appesi e l'odore nauseabondo, non mi permettevano molte divagazioni, dopo una decina di scatti sono tornato in hotel. Con me, in questo viaggio, oltre il necessario per sopravvivere nella selva e tutta l'attrezzatura fotografica, ho portato anche quella per tatuare e infatti tornato in hotel un ragazzo francese, Patric, mi ha chiesto un tatuaggio (lo sapevo...ad Iquitos non ci sono tatuatori)!
Gli ho fatto un bel tribalone sul petto, con cui ho pagato abbondatemente la stanza all'hotel per tutta la vacanza e le spese della giornata! e lui dopo aver sofferto come un cane, era contento come una pasqua! Nel tardo pomeriggio mi sono concesso una passeggiata sul boulevard lungo il rio delle amazzoni. lì più che in mezzo alla giungla, sembrava di essere a Riccione, oltre all'architettura di fontane, sculture e belvedere, è pieno di localini, bancarelle d'artigianato e artisti di strada che rallegrano l'ambiente.
Un bel succo di maracujà seduto ad un tavolo e mi sentivo come un principino, felice al pensiero che l'indomani alla stessa ora sarei stato nella giungla.




Il Rio Delle Amazzoni al tramonto

L'indomani mi sono svegliato tardi e con molta calma, verso l'una, ho preso il bus che mi avrebbe portato al km44 della carrettera, unica strada, di 71km, che collega Iquitos a Nauta, citta di interesse turistico minore.

Più che di un bus, si trattava di un piccolo furgoncino, con sedili che noi useremmo per i bambini dell'asilo, carico all'inverosimile di tutto, dal tetto sporgevano casse e caschi di banana, all'interno un carnaio di bestie e esseri umani, seduti gli uni sugli altri. Seduto in un seggiolino davanti, mi sono fatto tutto il viaggio con il collo piegato a 90° e finalmente, con una velocità di crociera di 30km orari, siamo arrivati al km44.

In questo percorso ero accompagnato da una coppia di ragazzi francesi simpaticissimi, erano al campo già da un mese ma se ne sarebbero andati l'indomani; conoscevano pure una scorciatoia, che io in seguito avrei tentato, perdendomi inesorabilmente...(salvato da un vecchietto).




Al campo ci hanno accolto cordialmente Don Fernando e famiglia, offrendoci della pasta e dell'acqua calda con "erbaluisa", che ha un buon sapore rinfrescante e dopo i convenevoli ci hanno accompagnato al dormitorio vicino al fiume, dove avrei dormito per due settimane; in quel momento eravamo in sette, ma gia dal giorno dopo saremo rimasti in tre, io e due ragazze francesi, con cui ho avuto una piacevole convivenza, anche perchè ci vedevamo praticamente alla sera prima di dormire, e al mattino, a volte, per colazione. Don Fernando è un Curandero, o Shaman, cura attraverso l'uso delle piante e di rituali particolari, è molto conosciuto in Francia perchè menzionato in alcuni testi, infatti al campo erano tutti francesi.
Ho scelto il suo campo principalmente per due motivi: è molto economico e partendo dalla carrettera, è l'ultimo avamposto umano nella giungla, dopo il campo, c'è solo la foresta pluviale e forse, spingendosi molto all'interno, qualche villaggio Indios.




Don Fernando

In Iquitos, si trovano viaggi organizzati nella giungla, di ogni tipo e durata, ad esempio: escursioni via fiume della durata di 2 giorni a 350$, senz'altro interessanti, ma decisamente troppo care, poi viaggiando con altra gente sicuramente non sarei riuscito a gestire come meglio volevo il tempo da dedicare alle foto...in più, pagare quelle cifre per andare a vedere dei villaggi indios "tribali" e poi trovarsi di fronte degli indios in maglietta e nike...non mi sembrava il caso.
Al campo avevo tutto quello che mi serviva, due pasti al giorno, un tetto sopra la testa, la selva tutt'intorno e soprattutto la completa autonomia del mio tempo. Inoltre Don Fernando conosce la giungla come le sue tasche e se volevo andare da qualche parte era sempre disponibilissimo...il tutto per 100$ alla settimana.







Dall'alto al basso: il dormitorio, l'interno del dormitorio e il lavatoio, nonchè sorgente d'acqua.

Il dormitorio era situato a circa 200m dal campo, completamente immerso nel verde,vicino un piccolo rio, dove ci lavavamo e aprovvigionavamo d'acqua, che una volta bollita, bevevamo ed era usata per tutti glialtri scopi come cucinare, lavare i piatti ecc.

La mia giornata "tipo" era organizzata così: sveglia, quando mi svegliavo...di solito con il sorgere del sole, spesso indugiavo sull'amaca, godendomi i suoni della natura di prima mattina e quel panorama stupendo, a volte qualche scimietta solitaria faceva capolino sulle cime degli alberi, ma, come si sentiva osservata, fuggiva o si nascondeva.
Andavo a fare colazione al campo e già in quel piccolo tragitto di neanche 200m, portavo con me la macchina completamente pronta per scattare (infatti è un classico che quando non ce l'ho, si presentano delle occasioni fantastiche e quasi sempre lungo questo sentierino, facevo ottimi incontri...una mattina appena alzato mi ero allontanato dal dormitorio di una trentina di m, per espletare i miei bisogni fisiologici e mi sono trovato davanti, posata su un tronco, una ranetta piccolissima, con dei colori allucinanti e bellissima, sono corso al dormitorio, ho preso la macchina, e sono tornato veloce come un fulmine e lei s'era già infrattata chissa dove...da quel momento la macchina è stata sempre con me, anche quando dovevo fare 5m per fare pipì).
Facevo colazione, di solito composta da uova, riso, verdure e frutta, dopodichè prendevo uno dei sentieri che portavano nella selva più profonda, oppure, a volte, se il cielo era molto nuvoloso, optavo per zone più aperte, più vicine al campo,:i pochi praticelli di selva disboscata, pullulavano di soggetti animali e vegetali, infatti le foto tecnicamente migliori le ho fatte in queste piccole aree aperte, nella selva è molto più difficile fotografare, sia per la sfuggevolezza dei soggetti e la quasi impossibilita di inseguirli nel folto della vegetazione, sia per la scarsità di luce, che quasi ovunque penetra a stento la folta copertura degli alberi più alti.
Lungo le mie camminate, incontravo spesso delle piante che mi regalavano dei frutti gustosissimi, con me avevo sempre anche dell'acqua, per evitare di disidratarmi, dato che in genere sudo poco ma lì per il caldo umido ero sempre grondante...




Nella foresta seguivo dei sentieri, a volte tracciati in maniera poco chiara perchè non percorsi da molto tempo, dovevo stare molto attento, soprattutto se cambiava il tempo, capitava infatti che in 5 minuti si oscurasse e piovesse a dirotto per 2 ore, con me portavo sempre un impermeabile leggero e una protezione impermeabile per la macchina.
In quelle circostanze era un attimo perdersi, diventava tutto buio, e il paesaggio intorno cambiava completamente...io chiaramente non avevo neanche una bussola.
Quando pioveva molto e nelle ore successive capitava di sentire il rombo di grossi alberi che crollavano, a volte trascinando con sè altri alberi...ho capito in seguito il motivo di questi crolli...piovendo i fiumiciattoli, aumentano la portata d'acqua, che erode gli argini di arena, in certi casi, cambiando totalmente il corso degli stessi, togliendo letteralmente il terreno sotto gli alberi più vicini agli argini, a volte piante che hanno anche più di 100 anni.




Nikon D200, Sigma 180 Macro, Sigma 1.4x TC, 0.8" f/9, ISO 100, treppiede.

Il sottobosco della foresta pluviale, è in sostanza, un ammasso di vegetazione marciscente(anche tronchi di 1m o più di diametro), su cui cresce di continuo altra vegetazione, in tante zone, totalmente impenetrabile. Ho attraversato sentieri completamente bui, anche se era pieno giorno e con il sole che splendeva, ai lati di questi percorsi, avanzare nella vegetazione era possibile solo con l'ausilio di un machete per riuscire a fare poi forse 10-15m in un ora, con un caldo e un umidità insopportabili...ho pensato spesso ai primi esploratori.
Nei miei giri, animali di grossa taglia non ne ho mai visti, a parte un coccodrillo di un metro circa, che appena mi ha visto si è dato alla fuga nell'acqua, per il resto, gli animali mi sentivano sempre per primi e fuggivano tre la vegetazione, capivo che potevano esser grandi solo dal rumore che facevano allontanandosi.
Di insetti invece ne ho incontrati tanti e sono stati un pò la mia croce e delizia, visto che le zanzare e non solo loro, mi hanno massacrato!!




Nikon D200, Sigma 180 Macro, 1/10 f/13, ISO 100, treppiede.

La maggior parte di quelli che ho visto, tra l'altro tra quelli più strani, mi sono sfuggiti oppure non erano fotografabili per condizioni proibitive, soprattutto per la scarsa luminosità , l'ultima settimana poi, al mattino le lenti e la macchina erano pieni di condensa e dovevo aspettare il sole, se c'era, per farle asciugare...il prossimo viaggio, sicuro mi porto una valigetta a tenuta stagna, con un kg di sali...una sera ho dovuto asciugare il comando di scatto sul fuoco del campo, con cautela, ma era l'unico sistema se il giorno dopo, volevo fotografare...ha funzionato.

Mi sono anche pentito di aver portato con me il mafrotto190MF4 , se avessi avuto lo 055PROB, ora avrei almeno una 20na di scatti buoni in più, in parte per l'altezza maggiore(in certe situazioni mi sono mangiato le mani, con insetti posati su foglie all'altezza del mio viso),in parte per la maggiore velocità nell'estendere e richiudere quest'ultimo, che di fronte a certi soggetti, era indispensabile..

All'imbrunire, verso le 17-18, tornavo al campo dove mi attendeva da mangiare e la compagnia degli altri; di solito mi intrattenevo con Don Fernando in discussioni metafisiche, oppure mi facevo raccontare episodi e aneddoti del suo percorso di curandero...

La cena era composta di solito da riso, tapioca, patate, verdure cotte e la frutta,sempre presente; intorno a noi, due cani e un gattino nero bellissimo, che ci guardavano con occhi imploranti...
Si tornava alla capanna dormitorio e sino alle 21-22 disegnavo o ascoltavo musica, poi il sonno prendeva il sopravvento e mi addormentavo cullato dai richiami della foresta.

Questo è quanto...riguardo all'atrezzatura, avevo con me: D200, 180sigma, 1,4x sigma, 105nikon, 18-200nikon, 50inof/1.4nikon, 300f/4nikon, tubi di prolunga, l'immancabile 10nikon, manfrotto, 3 SRB200, SB800, cavo di scatto, mirino angolare, pannelino bianco, materiale per la pulizia del sensore, l'indispensabile protezione per la pioggia(anche se la D200 è tropicalizzata, i sigma, non lo sono, poi quando pioveva là, era come prendere di continuo delle secchiate d'acqua...), un totale di 31giga di memoria suddivisi in: 2 compact flash da 12, 1 da 4, 1 da 2 e 1 da 1giga...ho riempito completamente le 2 da 12giga, facendo un accurata cernita tutte le sere, c'è da dire che faccio sempre molti scatti per soggetto.










Insolite creature della foresta amazzonica. Tutte le foto sono Scattate con Nikon D200 e Sigma 180.

Cosa porterei il prossimo viaggio: come ho già detto, una valigia da fotografo a tenuta stagna con relativi sali, un cavalletto più alto e più veloce da manovrare, a discapito del peso, due cavi di scatto(facendo prevalentemente macro su cavalletto, se se ne rompe uno, o lo perdo, sono fregato), una torcia molto potente, per riuscire a mettere a fuoco i soggetti anche di notte e poi scattare con i flash, un cacciavite a stella di quelli piccolissimi, un navigatore portatile, una bussola e il MacBook, quest'ultimo da lasciare in albergo per controllare le foto nei rientri carica batterie. Cosa lascerei a casa: il 50ino non l'ho mai usato, ma per dei ritratti può essere sempre utile, il 300nikonf/4, mai usato neanche lui, essendo discretamente pesante ed ingombrante, penso che non lo porterei, sino ad ora l'ho usato intubato per fare macro, ma con il sigma moltiplicato si raggiungono le stesse focali, anche se sulla qualità ho dei grossi dubbi. Se posso e vale la pena, mi prenderò il 200macro nikon, lasciando a casa il 180sigma, che in situazioni estreme tipo questa si rovina irrimediabilmente esternamente, come resistenza alle botte, spero che il nikon200 sia più robusto, il sigma ne ha presa una e si sono smollate tutte le vitine, rendendo l'ottica tutta traballante.
La D200 ha retto bene, mi ero spaventato perchè gli ultimi giorni si formava della condensa dentro al display superiore e sospetto, condensa sul sensore, per il resto non si è mai bloccata.

Per il viaggio, compresi i voli interni e tasse aereoportuali, ho speso 1.400€ circa, sono partito con 1.000€ in contanti e sono tornato che, grazie hai tatuaggi, ne avevo 1.100. E' stata di gran lunga la vacanza più selvaggia e fotografica di tutta la mia vita, e sicuramente, se potrò, ripeterò l'esperienza, la giungla ha un fascino e una magia che mi sono entrate nel sangue e nell'anima...e ancora oggi mi accompagnano.





Nicola Vernizzi è nato a Parma il 27/02/66. Autodidatta da sempre, lavora nel campo dell'arte da 22 anni, prima come illustratore, poi come scultore e decoratore, sino ad approdare al tatuaggio, attività che svolge con passione negli ultimi 17. Durante questo cammino artistico, in cui spesso ha intrapreso diverse arti nello stesso tempo, quasi sempre è stato accompagnato da una fotocamera.
Ha iniziato con una Yashica, per poi passare a Nikon; nel 2000 circa avviene la svolta passando al digitale. Afferma: "Fotografavo ancora rozzamente e senza avere una predilezione per qualche stile o ambito. Nel 2006, conosco il JuzaForum, ed avviene la seconda svolta, mi innamoro della macrofotografia. Nel forum grazie agli articoli di Juza e le critiche degli amici forumisti, la mia tecnica si affina e raggiungo, tra alti e bassi, risultati che mi soddisfano e ritengo sufficienti, pur sapendo di avere ancora molto da imparare. Occasioni speciali per fotografare, sono sempre stati i miei viaggi, in oriente prima, India fra tutte, Indonesia, Thailandia, Egitto, Costa Rica, Messico e gli ultimi due in Perù". Nicola considera la fotografia una forma d'arte avventurosa e come tale la vive. Potete vedere le sue opere, sia in campo fotografico che in altri campi artistici, sul sito www.plasmatic.net.




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avatarjunior
inviato il 13 Gennaio 2014 ore 10:23

bel racconto..anch'io ad agosto andrò in amazzonia nei dintorni di manaus!
volevo chiederti dei consigli: non avevi paura di prenderti la malaria? hai portato con te qualche repellente per le zanzare o fatto della profilassi? come vestiario cosa consigli? tu in che periodo sei andato?
grazie e ancora complimenti della bellissima avventura!!!;-)





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