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La tribù Hamer e la cerimonia del salto dei tori


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La tribù Hamer e la cerimonia del salto dei tori, testo e foto by Luigi Pansecchi. Pubblicato il 08 Giugno 2015; 32 risposte, 9612 visite.


Nel Gennaio 2015 mi sono recato nella Valle dell' Omo, nel Sud dell'Etiopia, per visitare alcune zone con popolazioni che vivono ancora a livello tribale. Quando mi hanno accompagnato a vedere la cerimonia del salto dei tori, temevo di vedere un qualcosa preparato per i turisti. Dopo due ore infernali di fuoristrada nell'alveo di un torrente secco, per arrivare nel luogo della cerimonia, e dopo avere visto le frustate a sangue, reclamate dalle donne Hamer, mi sono reso conto che stavo vedendo un rito "vero" che non dimenticherò facilmente e che mi ha emozionato per la sua intensità.

Gli Hamer vivono nel sud-est dell' Etiopia, in un' area che si estende lungo le pianure del basso Omo sino al lago Chew Bahir (lago Stefania). Sono principalmente pastori, quindi la loro cultura dà una grande importanza al bestiame. Coltivano sorgo, miglio e piccole quantità di cotone e tabacco. Gli Hamer sono conosciuti per le loro caratteristiche pettinature e decorazioni corporee. Le donne si sistemano l'acconciatura dei capelli formando sottili treccine, chiamate "Gocha", che spalmano con burro misto a polvere di argilla rossa.




Spesso, soprattutto le più anziane, ornano i capelli con penne di uccelli rapaci, chiamati "Sillè", o con fiori dai colori accesi chiamati "Puma". Queste trecce sono simbolo di benessere e salute. Se gli uomini hanno ucciso recentemente un nemico o un animale pericoloso, possono farsi "chignon" di argilla che spesso sostengono magnifiche piume di struzzo.




Gli chignon possono durare dai 3 ai 6 mesi in quanto, per dormire, usano degli specifici poggiatesta di legno chiamati "Borkota". Gli chignon possono essere rifatti sino ad un anno. L'abbigliamento delle donne è composto da tre diversi indumenti di pelle: Il "Kasci", parte anteriore sfilabile dal collo e che lascia scoperta la schiena, il "Schikiniè", la parte frontale della gonna, e il "Pallanti" la parte posteriore della gonna. Sono tutti impreziositi da piccole conchiglie cipree chiamate "Chibò". Le donne sposate indossano un collare di metallo chiamato "Ensente" e grossi bracciali di ottone e nichel chiamati "Gau".

Le donne giovani e nubili indossano conchiglie cipree e un disco di metallo nei capelli. Gli uomini indossano un gonnellino di tessuto colorato, stretto in vita dal "Kalasci" , la cartucciera, a volte sormontato da una maglietta a righe e da una casacca. Tutti fanno bella mostra di numerosi bracciali ed orecchini, oltre a scarificazioni sul corpo chiamate "Sada Pala", che possono essere semplici segni decorativi o simboli distintivi del loro valore e coraggio.
Per gli Hamer, così come per le altre popolazioni che abitano la bassa valle dell'Omo, le cicatrici sono motivo di orgoglio e testimoniano fedeltà, forza, coraggio e valore. Le scarificazioni sul ventre e sulle braccia delle donne si chiamano "Pala" e sono semplici decorazioni a fini estetici. Invece le cicatrici che hanno sulla schiena, di cui vanno molto fiere, si chiamano "Madà": sono segni tangibili della devozione e dell' affetto verso il ragazzo che dovrà passare dall' adolescenza alla società adulta attraverso il superamento della prova "Uklì Bulà" cioè il salto dei tori.

Nei giorni precedenti la cerimonia il giovane Hamer, che dovrà fare "il salto dei tori", ha inviato, a tutti quelli che sono invitati alla festa, un filo d'erba secca annodato con un numero di nodi corrispondente ai giorni che mancano alla prova. Ogni invitato scioglierà via via i nodi sino al giorno dell' evento. La cerimonia del "Salto dei tori" ha inizio nel primo pomeriggio in uno spiazzo del villaggio libero dalle capanne e dai recinti degli animali. Alcune donne iniziano a muoversi in circolo suonando con trombette di metallo.




Nelle gambe hanno fissati campanelli di metallo chiamati "Warawara", che si stringono alle gambe appena sotto alle ginocchia con delle cinghiette di pelle di capra, e che emettono un gran suono ad ogni passo. In tal modo richiamano l'attenzione di tutti i componenti del villaggio avvertendo che stanno per avere inizio i festeggiamenti. Alcune donne stanno tostando i chicchi di caffè in un'anfora posta sul fuoco, mentre dentro un grande fusto di metallo sta bollendo l' acqua a cui aggiungono farina di sorgo ed altri cereali per fare il "Bordè", una sorta di birra artigianale che berranno durante i festeggiamenti. Nel frattempo gli uomini, seduti sui "Borkota", si disegnano i volti con argilla rossa e bianca e sistemano piume di struzzo sui capelli.




Intanto il ragazzo che deve effettuare "il salto dei tori", accovacciato a terra assieme al suo miglior amico, avvolge una zucca, contenente l'acqua sacra, con fettuccie vegetali. Posta la zucca sulla spalla si dirige, circondato dai "Maz" (i giovani che saranno i suoi padrini nella cerimonia, avendo già superato la prova, e quindi divenuti uomini a tutti gli effetti) e seguito da tutti gli altri componenti del villaggio, verso il luogo sacro sulle sponde in secca del wadi (torrente) Keské. Qui avrà inizio la cerimonia vera e propria che si aprirà con il rito della fustigazione, invocata a gran voce dalle parenti del ragazzo. I Maz si distribuiscono alcuni rami, lunghi, sottili e molto flessibili ricavati da un albero particolare che non dovrebbe causare infezioni alle ferite, e si preparano alla fustigazione tra suoni di trombe, danze, polvere e sudore.




Si avverte, palpabile, un fermento e un' eccitazione nell' aria, mentre i Maz si dispongono a una certa distanza l'uno dall' altro. Le donne vicine alla famiglia del candidato si fanno spalmare, dalle più anziane, del burro sulla schiena, sulle spalle e sulle braccia: servirà a mitigare i colpi delle frustate sulla loro pelle. Tra un frastuono di suoni, voci, battiti di mani incitamenti e sotto un sole rovente, le donne (ma alcune sono solo ragazzine) chiedono con insistenza di essere frustate, mentre saltano e ballano di fronte ai Maz tenendo alzato il braccio destro. Se loro non sono disposti a farlo, li strattonano, li inseguono, li scherniscono per convincerli a frustarle. La schiena le braccia, le spalle mostrano profonde ferite sanguinanti che si trasformeranno in cicatrici perenni: saranno considerate un segno di devozione ed attaccamento al loro parente. Il "Naala", cioè il giovane che superata la prova diventerà "Daala", adulto, avrà titolo per fidanzarsi e sposarsi.




Le parenti, con queste cicatrici, vanteranno un credito nei confronti del futuro Maz. Lui dovrà badare alle loro necessità in caso di difficoltà, dovrà difenderle in caso di pericolo e dovrà sempre proteggerle. Terminate le fustigazioni, ripetute più volte, le donne tornano a danzare, a saltare e a girare in tondo tra i suoni acuti delle trombette ed il tintinnio dei campanelli. Segue il rito della bedizione del giovane da parte degli anziani del villaggio in modo che la buona sorte segua il Naala ovunque.
Poi tutti si spostano nel luogo sacro, chiamato "Uklì Pola", prescelto dagli avi centinaia di anni fa: una radura dove una mandria di buoi viene tenuta sotto controllo dai Maz. Le donne riprendono le loro danze in tondo attorno alla mandria con il chiaro intento di disorientarla. Nugoli di polvere si addensano nell' aria, mentre il sole brucia come non mai. Sui corpi sudati delle Hamer colano burro ed argilla, donando alla pelle un effetto oleoso molto particolare.

Alcuni Maz scelgono tra i buoi, separandoli dalla mandria, quelli più adatti alla cerimonia e li immobilizzano tenendoli per la coda e le corna. I prescelti, in numero di sette, vengono messi in fila uno accanto all' altro e, anche se a fatica, i Maz cercano di tenerli fermi ed allineati. Le donne aumentano, quasi invasate e certamente in stato di grande euforia per le numerose bevute di birra, il ritmo delle danze e dei salti accompagnati da suoni di tromba sempre più acuti.




Il ragazzo che deve saltare i tori viene benedetto da un anziano che, con una ciotola piena di latte cagliato, bagna le sue mani e quelle dei Maz. Il Naala, il giovane, completamente nudo e con una sottile corda vegetale incrociata sul petto, come simbolo dell' adolescenza che sta abbandonando, è posizionato dietro il suo miglior amico ed è pronto per cimentarsi nella prova. Ecco che i Maz danno il via e il giovane, dopo una breve rincorsa, salta sulla schiena del primo toro: velocemente e con sicurezza li attraversa tutti.




Ripete la prova, in breve frequenza, ben quattro volte. La cerimonia è finita, tra la gioia dei parenti e degli amici. Tutti i partecipanti escono dallo spiazzo per ritornare al villaggio. Qui i festeggiamenti continueranno per due giorni e due notti. Quello che mi ha profondamente colpito, viaggiando nel sud dell'Etiopia, è stato l'avere il colore giallo perennemente di fronte agli occhi: il giallo delle taniche di plastica che sono ovunque: sui carretti, davanti a casette e capanne, sul dorso degli asini e in mano a donne e bambini.

E' l'eterno insoluto problema dell' acqua in Africa e in particolare in Etiopia. Ovunque le donne e i bambini dedicano la gran parte della giornata alla ricerca e al trasporto dell'acqua; si alzano ogni mattina al levar del sole, per poi camminare ore ed ore in marcia verso pozzi lontani con le taniche gialle da riempire. A volte tornano solo verso sera. Formano lunghe file, ognuno con sulla schiena la propria tanica da 20 litri che, riempita, pesa quanto una valigia piena: una fatica senza tempo e senza fine. Si calcola che più della metà della popolazione rurale, in Etiopia, sia ancora senza accesso all' acqua potabile pulita. Donne e bambini, per lo più bambine, dedicano gran parte della loro giornata per raggiungere sorgenti non protette, corsi di fiumi quasi asciutti o piccoli stagni. Ora pare che il problema cominci ad essere affrontato dal Governo Etiope. Entro il 2015 verrà inaugurata la terza diga sul fiume Omo.

E' la realizzazione del progetto Gibe III, la più grande centrale idroelettrica dell'Africa. Si formerà un enorme invaso che potrà servire per alimentare anche acquedotti e impianti di irrigazione. L'energia elettrica prodotta, oltre a soddisfare il fabbisogno dell'Etiopia, potrà essere venduta anche al Kenya.
Seguiranno altre due dighe, sul fiume Omo a valle di GibeIII, la Gibe IV e la Gibe V. Ma la regolamentazione delle acque dell' Omo impedirà, a valle, gli straripamenti che portavano irrigazione naturale ai terreni limitrofi al fiume permettendo i pascoli e l'agricoltura di sussistenza a tante tribù che, per questo, qui si erano insediate. E' il grande dramma di queste popolazioni, smarrite nei cambiamenti che dovrebbero portare, nel tempo, a una loro vita più dignitosa e perchè costrette a modificare comportamenti secolarmente radicati nella loro cultura.

La cerimonia del salto dei tori è uno scampolo di quella che molti chiamano l'ultima Africa, dove ogni giorno tecnologia e globalizzazione incalzano e travolgono la "tradizione". I bambini Hamer che ho visto festanti durante la cerimonia d'iniziazione, faranno, per diventare adulti, l' "Uklì Bulà" , il salto dei sette tori?



Luigi Pansecchi scrive di sè: "Ho iniziato a fotografare a 13 anni, nel 1953, con una microcamera Ducati (18x24), che conservo ancora funzionate, regalatami per la promozione all'esame di terza media. Nel 1966 sono passato alla Minolta SRT 101, poi alla XM. Dal 1985 al 2000 ho praticamente smesso di fotografare per pressanti motivi di lavoro. Ho ripreso in mano la Minolta XM in un viaggio in Cina, con mia moglie, nell'anno 2000. Da questo momento mi sono riavvicinato alla fotografia passando al digitale nel 2003 con una Minolta Dimage 5i per poi passare, nel 2005, a una Nikon 8800 e infine, nel 2006, alla Canon 5D che uso tuttora con molta soddisfazione. Fotografo prevalentemente durante i viaggi e mi diletto a produrre, poi, dei fotolibri con il sistema Rikorda Biblos formato 30x30. Seguo abbastanza, anche se non con continuità, il forum di Juza che ha certamente segnato, per me, una svolta fondamentale nel rapporto con la fotografia, perché è fonte di confronto, stimolo e apprendimento."



Risposte e commenti


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avatarjunior
inviato il 08 Giugno 2015 ore 15:58

Meraviglioso articolo :)

avatarsupporter
inviato il 08 Giugno 2015 ore 16:26

Bellissimo racconto...Molto ben redatto e documentato... Complimenti,,Sorriso
Ciao Paolo

avatarsenior
inviato il 08 Giugno 2015 ore 16:32

bellissimo reportage, complimenti. E' stato impossibile staccarmene fino a che non ne ho letta l'ultima parola e ammirato ogni singolo scatto.
Fernando

avatarsenior
inviato il 08 Giugno 2015 ore 16:43

Fantastico.

avatarjunior
inviato il 08 Giugno 2015 ore 17:32

letto tutto fino all'ultima riga.

avatarsupporter
inviato il 08 Giugno 2015 ore 17:34

Documento bello e interessante molto ben circostanziato e attento alla realtà del cambiamento, già in atto peraltro perché abbigliati con tessuti, su una maglietta c'è scritto Paris. C'è molta tristezza in ciò, probabilmente in un prossimo futuro avranno l'acqua e l'elettricità ma perderanno la loro identità e finiranno in una bidonville.
Naturalmente c'è la speranza che il conoscere queste realtà, grazie a chi come te le divulga, sensibilizzi le nuove generazioni di potenti e che la inevitabile globalizzazione diventi più umana, al momento tuttavia la globalizzazione del mondo occidentale ha furbescamente evitato le guerre e la carne da macello è diventata forza lavoro a bassissimo costo, in tal modo in cambio della vita i poveracci danno la loro dignità.
Tanti complimenti.
Un saluto
Maurizio

avatarsupporter
inviato il 08 Giugno 2015 ore 17:36

Non commento l'articolo in sé e non voglio andar con contro nessun tipo di tradizione o culture di popoli. Mi auguro però, e soprattutto auguro alle donne Hamer, che venga in qualche modo soppressa queste crudele cerimonia che prevede frustate magari sostituendole con qualcosa di simbolico che non vada quindi a togliere nulla, nella sostanza, al cerimoniale per questa popolazione sicuramente molto importante . Spero che le donne Hamer siano rispettate , protette e difese dai loro uomini senza dover mostrare le loro cicatrici come segno del loro "credito". E' certamente importante conservare la memoria della propria storia e delle proprie tradizioni ma penso che lo sia anche abolire costumi che son crudeli. A mio giudizio sarebbe come difendere l'infibulazione ,che purtroppo viene ancora ampiamente praticata anche per motivi religiosi. Queste mie righe non son critiche nei confronti dell'autore dell'articolo e delle foto, anzi gli invidio molto l'opportunità che ha avuto di essere presente e di aver potuto documentare il tutto. Molto probabilmente anche per lui è stato difficile essere testimone di questa tortura... Siro.

avatarsenior
inviato il 08 Giugno 2015 ore 17:39

Interessante, complimenti.

avatarsupporter
inviato il 08 Giugno 2015 ore 18:00

Molto bello Luigi!!
Il tuo articolo è ricco di informazioni molto interessanti di cui è difficile venirne a conoscenza anche direttamente sul posto...
Ancora complimenti!

Siro capisco quanto dici ed in effetti è difficile rimanere impassibili quando si assiste ad una cerimonia come questa che per noi è inaccettabile ma si deve capire che fa profondamente parte della loro cultura.... presto probabilmente smetteranno di farlo ma questo comporterà la perdita della loro identità culturale ed allora le cicatrici saranno ben più profonde ed inguaribili.....TristeTristeTriste

avatarsupporter
inviato il 08 Giugno 2015 ore 18:51

Reportage molto interessante arricchito da splendide foto.

avatarsupporter
inviato il 08 Giugno 2015 ore 19:19

Ho letto e commentato senza pensare ma credo che non cambierei idea, Memy, riguardo al rito. Grazie della tua risposta, in ogni caso. Mi piacerebbe leggere un commento di una donna...coraggio frequentatrici di questi luogo dite la vostra....

avatarjunior
inviato il 08 Giugno 2015 ore 23:03

Purtroppo o per fortuna il mondo e' in continuo cambiamento e la crescita esponenziale degli ultimi decenni non potra' che travolgere popolazioni come queste. Occorrera fare di tutto per mantenere il piu possibile queste antiche tradizioni, cosi' come usi, costumi e lingua.
Sono pero' daccordo che queste comunita' dovranno adattarsi ai cambiamenti, non per un'imposizione di pochi ricchi ma per il loro stesso bene.

Complimenti (di nuovo) per l'articolo !

avatarsenior
inviato il 09 Giugno 2015 ore 10:52

Grandissimo documento. Complimenti davvero!

avatarsenior
inviato il 09 Giugno 2015 ore 21:07

Ottimo, ho vissuto la tua stessa esperienza nell'agosto dello scorso anno. Bellissima cerimonia e bellissimo articolo.

avatarjunior
inviato il 09 Giugno 2015 ore 22:11

Complimenti bell'articolo e foto
Ciao Ale





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