| inviato il 03 Settembre 2025 ore 23:50
 Entrare a Palazzo Moneta significa varcare la soglia di uno di quei luoghi che, nonostante il tempo e l'abbandono, continuano a raccontare la loro storia con silenziosa eleganza. Non è la classica villa arredata, anzi: potremmo definirlo senza esitazione un vuotone. Eppure questo palazzo, con i suoi affreschi sbiaditi, i soffitti decorati e le sale ampie che si aprono una dopo l'altra, possiede un fascino che va oltre la presenza di mobili o suppellettili. È l'architettura stessa, con i suoi dettagli ormai consunti, a custodire la memoria del passato.
 Il vero motivo che mi ha spinto a desiderare da anni questa esplorazione, però, è custodito nella soffitta. Da tempo avevo visto la foto di un esploratore americano che mi aveva letteralmente ipnotizzato: una statua gigantesca, solitaria, abbandonata sotto il tetto in legno del palazzo. Quando finalmente mi sono trovato davanti a quella figura, la suggestione è stata fortissima. Si tratta dell'effigie in gesso di Giovanbattista Cressotti, avvocato e proprietario del palazzo, morto nel 1853. L'opera originale in marmo si trova oggi nel Cimitero Monumentale di Verona, mentre questa copia rimane a dominare la soffitta con la sua presenza quasi surreale. Trovarla lassù, in una stanza polverosa e dimenticata, lontana da ogni contesto celebrativo, con un pavimento che definire instabile è riduttivo, è stata un'esperienza che potrei definire straniante senza paura di smentita.
 Il resto del palazzo alterna sale spoglie e stanze vuote con pavimenti sconnessi a spazi più intriganti. Alcuni ambienti conservano ancora affreschi alle pareti, soffitti dipinti con figure mitologiche e grottesche, decori che resistono tenacemente all'incuria. Non mancano le tracce degli antichi splendori: il palazzo fu fatto costruire nel 1557 dal banchiere Cosimo Moneta e terminato nel 1563. Le decorazioni furono affidate ad artisti di rilievo come Domenico Brusasorzi, Battista del Moro e probabilmente Paolo Farinati, mentre le architetture furono apprezzate persino da Giorgio Vasari, che lo definì bellissima villa.
 Questa esplorazione la definirei classica, nel senso più autentico del termine. Non ci sono sorprese tecnologiche, non ci sono arredi rimasti intatti o oggetti particolari da fotografare: c'è solo la maestosità silenziosa di un edificio storico che resiste. È proprio questa essenzialità che rende Palazzo Moneta speciale. Camminare tra le sue sale, salire nella soffitta e trovarsi al cospetto dell'effigie di Cressotti, mi ha fatto capire perché certi luoghi urbex rimangono impressi nella memoria più di altri. Non per quello che custodiscono, ma per ciò che evocano.
 Articolo originale (con tutte le foto): www.samuelesilva.net/blog/ss/?id=75075&utm=juzaphoto |
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