| inviato il 27 Febbraio 2025 ore 11:58
Sono ormai annose quanto ben note le problematiche che ha l'I.N.P.S. nel pagare sia le pensioni che i T.F.R. (trattamento di fine rapporto) e, specialmente, i T.F.S. (trattamento di fine servizio). E' risaputo che gli emolumenti succitati sono ricavati dai contributi che i lavoratori versano mensilmente e che l'Ente in questione ha sempre incamerato in banche di sua fiducia. L'I.N.P.S. avrebbe dovuto tenere accortamente accantonati tali emolumenti, accontentandosi dei ricavi dovuti agli interessi bancari, ma, da quanto appreso dai mass-media, l'Ente ha arbitrariamente deciso di far fruttare maggiormente tale rilevante mole di denaro, effettuando investimenti finanziari di vario genere. Orbene, se da tale “oculata” capitalizzazione l'I.N.P.S. avrebbe dovuto ottenere consistenti ricavi, che avrebbero dovuto aggiungersi al capitale investito, per quali ragioni l'Ente si trova da tempo in un notevole disagio economico? Che fine ha fatto il ragguardevole patrimonio generato dai gettiti contributivi? Una risposta che può esser data a tali domande è riconducibile alla plausibile ipotesi inerente ad avvenute pessime gestioni del denaro affidato dai lavoratori all'Ente, cosa che ha portato a ragguardevoli, se non disastrose perdite economiche. In merito alle scelte errate effettuate in campo finanziario dall'I.N.P.S., ci si chiede quale ruolo abbiano avuto le banche di cui l'Ente è cliente. Oltre a ciò, si ipotizza che i responsabili di tale situazione siano da ricercarsi fra gli alti dirigenti che si sono succeduti nel tempo alla guida dell'I.N.P.S.. Francamente, dubito molto che costoro abbiano mai pagato lo scotto dei loro madornali errori. Del resto, l'Italia non è forse il paese dove tante questioni, anche scottanti, si risolvono a tarallucci e vino, a scapito della Giustizia? A parte ciò, sorge spontanea la domanda del perchè i dipendenti a riposo debbano subire ingiustamente le conseguenze negative di quanto innanzi esposto. Oltre al fatto che, da quanto appreso dai mass-media, da tempo le pensioni sono pagate (anche con ritardi) in modo anomalo con i contributi versati mensilmente dai lavoratori e non con quelli versati a suo tempo dai pensionati, a riguardo della cosìddetta liquidazione di fine rapporto del lavoro, mentre ai lavoratori facenti parte del privato viene erogata in genere poco dopo la loro quiescenza, ai lavoratori facenti parte del pubblico impiego viene erogata anche fino a sette anni dopo il pensionamento e, a secondo dell'importo, anche a rate. Nel Giugno 2023 la Corte Costituzionale ha chiesto con una sentenza di non differire più il T.F.S. dei dipendenti pubblici. Più specificatamente, la Corte aveva precisato in un comunicato ufficiale che il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall'impiego per raggiunti limiti di età o di servizio, contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione. Nonostante ciò, il Governo non ha ancora attuata tale sentenza. A Gennaio 2024 alcuni sindacati in maniera congiunta, hanno chiesto a Palazzo Chigi di dare una risposta concreta all'intervento della Consulta. Così come sostiene il periodico “Il Fatto Quotidiano” in un suo articolo del 16 Gennaio 2024, firmato da Alex Corlazzoli, le categorie del settore pubblico della U.I.L. hanno chiesto la rimozione immediata di questo “vulnus”, che rappresenta una grave penalizzazione per i lavoratori pubblici ed una vera e propria appropriazione indebita da parte dello Stato. Una denuncia che è supportata dallo stesso parere della Consulta, che a proposito della tempistica precisava: “La discrezionalità del legislatore non è temporalmente illimitata. E non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame”. Oltre a tutto ciò, i ritardati pagamenti delle liquidazioni di fine rapporto lavorativo hanno l'effetto di una doppia penalizzazione: da un lato, l'inflazione riduce il valore reale delle somme percepite tra la cessazione e la liquidazione del T.F.S., mentre dall'altro pesa il mancato rendimento che questi importi avrebbero potuto generare se fossero stati investiti al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Da un articolo della Stampa del 07 Ottobre 2024: “Sommando gli effetti dei due fattori si comprende con precisione come con una retribuzione alla cessazione di €.30.000,00 e con una cessazione al 30.11.2022 per pensionamento anticipato, a fronte di un T.F.S. calcolato di €.86.000,00 il pensionato pubblico ha una perdita complessiva di €.17.958,00; con una retribuzione da €.40.000,00 e un T.F.S. di €.114.667,00, la perdita complessiva raggiunge €.25.310,00; per una retribuzione da €.60.000,00 e un T.F.S. di €.172.000,00 una perdita complessiva di €.41.290,00. Il differimento del pagamento del T.F.S. ha causato e continua a causare ai pensionati pesanti perdite economiche. Il Governo, che continua ad ignorare questa situazione e che in materia di previdenza pensa solo a misure per fare cassa, deve intervenire.”. Comunque, a prescindere dai partiti politici che si sono succeduti nel tempo al Governo, lo Stato iniquamente non ha tutelato e continua a non tutelare i pensionati nonostante l'intervento della Consulta, dimostrando un chiaro disinteresse per una gravosa problematica riguardante una larga fascia di cittadini. Atteggiamento che sta minando sempre più la credibilità degli esecutivi che si succedono, con ovvie ripercussioni negative a loro carico. A parte ciò, in relazione alla problematica in questione, a questo punto diverrà inevitabile che i cittadini interessati, in modo privato o supportati dalle organizzazioni sindacali, portino avanti azioni legali tese a far valere i loro incontestabili diritti, già citati dalla Corte Costituzionale. Infine, considerando la gravità di quanto qui esposto e le sue conseguenze, per quali ragioni le autorità giudiziarie tardano nel fare opportune quanto adeguate indagini per localizzare i responsabili che hanno causato il gravissimo dissesto finanziario dell'I.N.P.S., alfine di far pagare loro il fio dei propri deleteri errori? |
| inviato il 27 Febbraio 2025 ore 12:09
da tempo il mio tfr è dirottato in un fondo complementare...altrochè INPS |
| inviato il 27 Febbraio 2025 ore 12:18
“ Stampa del 07 Ottobre 1924 „ 1924? |
| inviato il 27 Febbraio 2025 ore 13:28
Si, hai ragione, correggo. Grazie. |
| inviato il 27 Febbraio 2025 ore 14:12
Se ti può "consolare" anche nelle aziende private il tfr è spesso spalmato in 36 mesi se fanno fatica con la liquidità. Inoltre capita che dopo i fallimenti il tfr per gli operai diventi un vero calvario. Lo stato quantomeno non fallisce per ora. |
| inviato il 27 Febbraio 2025 ore 14:28
Mah, qui da noi sono andate in pensione 5 persone... A tutte hanno proposto la rateizzazione del TFR... dopotutto è una voce nel bilancio, mica le aziende private lo accantonano per i dipendenti. |
| inviato il 27 Febbraio 2025 ore 14:34
“ mica le aziende private lo accantonano per i dipendenti. „ dipende dal nr di dipendenti |
| inviato il 27 Febbraio 2025 ore 14:55
mah.. quando ho venduto la societa- di elettronica, e di conseguenza licenziati i dipendenti per la riassunzione con un nuovo contratto, ricordo la commercialista che mi disse:" il tfr lo vuole pagare?" Alla mia faccia attonita, aggiunse, perche, se vuole, i metodi per non pagarlo ci sono. Non ho approfondito e non so quali fossero... ma evidentemente il tfr e' un' opinione.... |
| inviato il 28 Febbraio 2025 ore 1:19
Lo stato è uno stroz-zino e non perde occasione per dimostrarlo! Quello riportato è solo uno dei tanti esempi di strozzinaggio di stato che si potrebbero fare. |
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