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Qualche giorno fa mi trovavo a un evento sportivo. Alla fine di una gara, un'atleta si è accasciata al suolo dolorante: piangeva per il dolore di una caduta e per la sconfitta. Subito è stata soccorsa dai medici, e per fortuna tutto si è risolto per il meglio.
Ero nell'area riservata ai fotografi, poco dopo il traguardo, e il mio primo istinto è stato spegnere la fotocamera. Ho pensato che fosse importante riconoscere quando non scattare una foto. Mi sono chiesto: cosa avrei potuto fare con un'immagine del genere? Raccontare il suo dolore? La sua vulnerabilità? Non mi sembrava rispettoso e non avrei saputo come usarla in modo adeguato.
Tuttavia, ho notato che alcuni colleghi hanno scattato senza esitazione, anche durante l'applicazione di un collare e il suo spostamento sulla barella. Questo mi ha fatto riflettere: sono io che mi faccio troppi scrupoli o ci sono situazioni in cui sarebbe meglio mettere la fotocamera da parte per mostrare un po' più di umanità?
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Dove tracciate il confine tra il documentare e il rispettare un momento?
Parecchi anni fa mi avvertirono che la gatta di quartiere, da noi accudita amorevolmente, era stata investita da una macchina che, ovviamente, aveva ben pensato di proseguire come se nulla fosse. Precipitatomi giù la trovai in condizioni, va beh, risparmio i dettagli. La scena era la seguente: io in ginocchio sull'asfalto, accanto a una gatta morente. Si era formato un capannello di persone, in circolo. E che facevano? Riprendevano la "gustosa" scena con i propri, ancora rudimentali smartphone.
Da allora sono estremamente critico verso chi ha quella che è una manìa, di riprendere tutto dalla pietanza al ristorante ai quadri nei musei, sino agli incidenti.
In questo caso io avrei scattato. Un infortunio e o una delusione per una sconfitta fanno parte dello sport. Non scatterei quando potrebbe venire compromessa o lesa la dignità di una persona. Ma questo a prescindere dallo sport.
Dipende dalla sensibilita' di ciascuno. A volte viene da mollare e chiudere tutto. Non sempre e' la scelta giusta.
La fotografia fatta per fare NON va fatta. La vera fotografia di documentazione. Quella sincera ed utile, secondo me va fatta. Poi magari, se ci si accorge di non essere riusciti, si cancella.
Bisogna pero' essere veri fotografi... per intenderci, passa una bella differenza tra il fotografo che documenta l'incidente ferroviario ed i curiosi che lo riprendono con il cellulare per passarlo on line.
Se si possiede la compassione e l'empatia si scatta. Se si e' semplicemente voyeurs si mette via la fotocamera e ci rivolge altrove.
Se ti trovi sul luogo e sei lì per documentare allora hai "l'obbligo" di scattare (ovviamente non parlo di professionisti per cui quello è lavoro). Se invece la foto è per te, da mostrare per farti bello, per i social così da poter dire "io c'ero" allora direi che non scattare è meglio.
Non mi pronuncio sui selfie nei luoghi di tragedie (Concordia, Rigopiano, Cogne...), sulle foto a incidenti, cadaveri, persone in difficoltà, e quant'altro di simile. Schifo e vuoto cerebrale assoluto.
Capisco il vostro punto. Quello che dico io è: anche essendo li per documentare (e di fatto lo ero), cosa avrei documentato?
Era oltre l'essere stremati a fine gara dopo aver dato tutto o un pianto per aver perso la gara. Li c'era proprio dolore reale, sanitari che intervenivano. Cosa stai documentando?
“ In questo caso io avrei scattato. Un infortunio e o una delusione per una sconfitta fanno parte dello sport. Non scatterei quando potrebbe venire compromessa o lesa la dignità di una persona. Ma questo a prescindere dallo sport. „
Come dicevo, io ho ritenuto si fosse passato l'infortunio o la delusione mera e semplice facente parte dello sport. Era qualcosa di più.
Però ci sta che stia un po' alla sensibilità delle persone.
Se hai ritenuto quello allora hai fatto bene a fermarti. Dipende dalla sensibilità che ogniuno ha. Ma ti ripeto,io avrei scattato anche perché uno scatto del genere può essere complementare in un articolo oppure in un audiovisivo.
credo che stia alla sensibilità di ognuno, è famosa la storia di Angelo Orsi, che fece alcune foto a Senna appena dopo l'incidente mortale ma decise di distruggerle e non mostrarle a nessuno ,altri invece le hanno tenute e vendute
Sono qui per capire, Complimenti, questo è lo spirito giusto Io avrei scattato perché secondo me bisogna documentare tutto, poi al limite ci si riserva di utilizzare proprio quella foto scomoda
Il tema è tosto, parecchio individuale quanto a sensibilità, provo a dire alcuni miei e solo miei pensieri . Se eri lì per documentare come accreditato dovevi scattare: io non l'avrei fatto, per remore di carattere ma sbagliando.
Dirimente è stata la diffusione della possibilità per qualunque passante o tanghero di poter riprendere e diffondere quanto vedeva, dal gattino alle persone in pericolo o morte : un reporter questo problema non se lo pone, fa. Il precedente soggetto in media non ci ragiona su nel senso che non media : puro Pavlov, vede scatta e diffonde. Vede ma non osserva, intendo. Da quel poco che mi ha raccontato, Sergio Solavaggione, reporter di nera de La Stampa, non mediava e portava a casa scatti che farebbero a tutti noi tremare i polsi , era il suo lavoro. Sono anche passati molti anni, alcune sensibilità sono cambiate in bene e spesso in peggio , bisogna capire in che posizione ci si metta tra etica e cronaca, ognuno con la propria testa ( banalizzo, un Corona non sarà mai al livello di un Don Mc Cullin ).
non credo siano cambiate solo le sensibilità, credo siano cambiate anche certe regole.. mi viene in mente (sempre parlando di f1) l'incidente di Grosjean in Barhein, che è stato mostrato dalle telecamere solo quando si è capito che era rimasto praticamente illeso ..oggi è impossibile che un quotidiano pubblichi foto di incidenti stradali mortali, omicidi o altro
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