| inviato il 04 Ottobre 2024 ore 11:03
Ho spesso cercato di vivere un passato che non mi appartiene, sulla bocca del racconto dei nonni che non perdevano occasione di rimembrare ciò che è stato, inumidendo gli occhi di ricordi e stringendo quel bicchiere di rosso per assaporarne ancora il profumo. Non è facile riavvolgere i nastri temporali della tradizione, solo l'isolamento della montagna e un paese stretto nei suoi pendii può restituire il dolce sapore di storie passate. Premana, piccolo borgo tra le Orobie, isolato, baciato da luci radenti in una valle avvolta nel silenzio. Parte da qui il mio cammino nel tempo, scruto la valle ancora nell'ombra con un po' di timore, di paura ma volgo lo sguardo al borgo e mi mescolo nel suo solare passato.
 Se si vuole ricordare non si può che ritornare bimbi, Martino mi incuriosì da subito. Fiero nella sua auto di legno che il padre gli aveva scrupolosamente assemblato mi fissava ... Un cappello antico cingeva il suo capo, gli occhi sorridevano allo scatto facendo trasparire la soddisfazione dell'essere stato notato. Il tocco di sana ilarità fu quella linguaccia così furbescamente mostrata tanto da rendere goliardica la sua conoscenza. Pochi assi di legno con quattro ruote hanno regalato quella gioia che perdiamo ipnotizzati tra videogiochi complicati. A Martino è bastato poco, mettere la sua firma autografando col proprio nome il suo bel velocipede.
 Per le vie del borgo non posso che soffermarmi attratto dal battito scandito della corda sui sampietrini. Gioco semplice che rallegrava le vecchie aie di campagna sollevando a volte polveroni ogni qual volta la corda batteva il terreno. Che balzi in quel vortice magico d'aria, il brivido di inciampare, i capelli scompigliati da quel sano impeto di voler superare il proprio limite. Le persone a contorno che battevano le mani, che segnavano un record ancora da battere.
 La scuola di allora scandiva i rintocchi della sua campana tra le vie del paese, richiamo per tutti dopo quella ciotola di legno colma di latte tiepido. La carta d'Italia colorata alle spalle, il crocifisso alla parete e quella vecchia lavagna su cui il gesso creava quello stridulo rumore graffiandone la superficie. Il calamaio lì ad inchiostrare pagine, a sporcare le dita degli alunni, concentrati nel non lasciare chiazze.
 Si respirava la tensione della bacchetta che colpiva la cattedra richiamando attenzione. Qualcuno in disparte, perso in quel raggio di sole, quasi in castigo sognava di dipingere, di lasciare libera immaginazione ai propri pensieri. L'odore del legno ammuffito e il dito puntato su quel dettato appena corretto mi hanno emozionato, ricordandomi quante volte tralasciavo l' ''H'' nei miei scritti.
 Il pomeriggio di quei tempi era per i giovani alunni motivo per imparare un lavoro, per iniziare a muovere i primi passi in quel mondo che ai tempi chiamava all'appello già in giovane età. Qualcuno imitava le gesta dei padri impegnati nella propria bottega nel creare zoccoli di legno. Il rumore continuo della pialla, del tornio accompagnava i trucioli che velocemente incontravano il pavimento.
 Altri si cimentavano col battere ferro rovente con la pelle annerita dalle ceneri che riempivano l'aria ad ogni colpo di martello. Ricami e riccioli per abbellire cancelli scatenando la fantasia di piccoli fabbri in erba che spesso intrecciavano forme, cornici che ornavano i quaderni di scuola. La fantasia dei giovani libera di esprimersi nella routine di chi lavorava ormai per accantonare solo denari per il sostentamento familiare.

 Le mani di altre si muovevano con la stessa maestria di quelle esperte e in un dolce tintinnare scandivano la crescita della maglia. Una luce forte spezzava le grigie pareti del locale, segnando il pavimento con l'ombra netta dei ferri del mestiere.
 Un sorriso spontaneo interrompeva spesso il movimento della ruota ricordando a tutti l'importanza di saper ridere anche lavorando sodo. Si filava, si cardava e qualcuno dimostrava già pratica con quella vecchia macchina per cucire che sembrava la soluzione futuristica alla fatica di ogni sarto.

 Gli animali erano sempre ben presenti nella vita del tempo, belati tra i prati crescevano i nuovi pastori. Trampolieri scomposti e scalzi cercavano di varcare terreni umidi in cui le scarpe sarebbero affondate nel fango. Piccoli fuochi restituivano nell'aria il profumo di qualche castagna abbrustolita che spesso scaldava i palmi raggelati dall'inverno rigido dei tempi.

 Qualcuno badava già a quei pochi asinelli sognando un futuro differente senza rendersi conto della bellezza e della semplicità che avrebbero perso. Crescere, lasciare il paesello alla ricerca di quel futuro di agi che il mondo intorno proponeva ai loro occhi, era come credere in un ''falso'' paese dei balocchi.
 Abbraccia quella pecora per la tosatura, percependo il battito accelerato del suo cuore, così bello...così vivo e vero, incontaminato. Dolci riccioli di pelo per i maglioni invernali avrebbero presto preso forma. Nulla sarebbe stato perso, sprecato; nemmeno quel soffice e candido manto.
 Per molti fumare la pipa era come creare dipinti di fumo, forme leggere e poco durevoli che stimolavano la fantasia. La bocca si contorceva sempre in modo differente per poter dipingere nell'aria nuovi scenari. Forse si ricercavano risposte o forse era solo un gioco per trascorrere attimi di meritato riposo.

 Qualche ragazzotto, imitando i vecchi, assaporava per la prima volta l'intensità del tabacco. Inevitabile qualche colpo di tosse e l'inesperienza nello stringere quel sigaro. Si voleva però far colpo a tutti i costi su qualche donzella del posto fumeggiando qua e là. Ci si sentiva più grandi, vicini a potersi concedere ciò che gli adulti già avevano da tempo.
 Il fumo era costantemente presente nei futuri carbonai del tempo. Si bruciava legna fino ad ottenere il carbone che al tempo era l'oro nero dei poveri. Grossi camini di sabbia auto costruiti fumeggiavano tra i boschi, molti volti avvolti dalla fuliggine sottolineavano la fatica e la pesantezza di quel lavoro. La gola spesso secca e impastata di cenere portava con sé un sapore forte, persistente. Quei pochi sorsi di vino rosso che si aveva avrebbero cancellato tutto, restituendo la forza per poter continuare.

 Le tavole imbandite con poco, qualche cubetto di cacio, del salame, delle salsicce...nulla più. Poco restava dopo la condivisione famigliare ma il profumo del genuino inebriava le case quale volesse lasciare un senso di sazietà. Si parlava poco, la fatica rubava le parole di bocca lasciando spazio a quella flebile luce che filtrava sul far della sera. Tutto sarebbe ricominciato da capo il giorno successivo come una tiritera senza fine in cui la fatica del lavoro rapiva il tempo per pensare.

 Chiesi a lei se sognasse di andar via, mi rispose che non avrebbe mai abbandonato quel paradiso, quell'umile casa che portava con se una semplice storia di affetti. La gioia di attendere una figlia, il tempo speso di fronte ad un camino stanco di tirare fumo ma capace sempre di riscaldare la pelle consumata di chi per anni ha vissuto in natura lavorando e godendo dei suoi umili doni. Eppure abbiamo trovato sempre tempo per guardarci negli occhi, per percepire un vissuto condiviso, sentito e silenziosamente respirato.

 I giorni correvano come secondi e ci si ritrovava vecchi in poco tempo. Solo il lavoro scandiva il tempo richiamando ogni mattino l'attenzione di tutti. Gli uomini erano soliti alla fatica fisica, avevano mani sciupate dalla corteccia di legna da ardere.
 Si insaccavano salami tra le pietre di cantine umide e fredde. L'abilità di chi non sapeva cucire si traduceva in un movimento veloce, difficile da seguire con lo sguardo. Nodi ben serrati cingevano le carni formando trecce di salsicce che rimanevano poi appese a stagionare nell'attesa di essere consumate poi nei giorni di festa.
 Le prime officine per la creazione delle forbici partirono con le produzioni. Tutto a mano sotto la sapiente luce di un'esperienza invendibile. Scintilla, così lo nominai, molava le forbici fino a specchiarcisi dentro. Quelle stelline così ben definite richiamavano ad una festa...dopotutto non si era reso conto di aver inventato qualcosa che decora da sempre le torte per quell'anno in più. I martelli si susseguivano nel continuo colpire l'incudine, quasi a segnare il tempo.

 Le seghe a mano animate da due contendenti quasi a voler segare uno più dell'altro nella ricerca di un taglio netto e veloce. Solo la sera il silenzio prendeva il sopravvento ed ognuno poteva finalmente respirare nell'atmosfera famigliare di un fuoco amico.
 Le donne incessantemente cucivano, tagliavano tessuti con forbici che parean rasoi. Tutto seguiva un ciclo vitale in perfetta armonia con natura e paese. Tutto seguiva un sottile filo che univa le persone, che le rendeva indispensabili l'una per l'altra e uniche. Il sottofondo comune era semplicemente vivere senza troppi pensieri complicati, senza troppe riflessioni sul proprio essere.

 Molte anziane del posto intrecciavano piccoli fasci di legna utili per l'accensione del fuoco, i loro occhi persi nel rivedersi giovani, le loro rughe a segnare un tempo trascorso ma sempre con la soddisfazione di una fatica ripagata. L'augurio di tornare a vivere di sguardi, di parole, di emozioni forti e anche di fatica per il duro lavoro fisico non può che essere un desiderio forte dopo aver respirato queste atmosfere.
 Se si riuscisse per un attimo a dimenticare l'ossessionante voglia di progresso che ci investe ogni giorno, rubando il nostro tempo, allora potremmo tornare a vivere da uomini semplici, umili e in perfetto equilibrio con la natura che ci circonda. Attorno ad un tavolo di legno scuro, avvolgeremo le mani stanche su quel bicchiere di rosso che segnerà la sera di ogni giorno...e canteremo, canteremo guardandoci negli occhi con la certezza di essere di nuovo vivi!!!
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| inviato il 04 Ottobre 2024 ore 11:35
Bellissimo reportage! Complimenti Tempo permettendo il 12 sarò lì anche io. Antonino |
| inviato il 04 Ottobre 2024 ore 11:42
Ciao Max, tutte bellissime, le avevo già viste nella galleria, hai fatto bene a raggrupparle in un post, sei riuscito tramite il racconto e le parole a farmi rivivere il momento fin quasi a percepire suoni, profumi e odori ! Complimenti. Eros |
| inviato il 04 Ottobre 2024 ore 12:09
Grazie dei passaggi, un post lungo ma che secondo me per chi ha un pò di tempo da spendere può regalare emozioni come le ha regalate a me quando l'ho scritto e pensato. Dopotutto a volte il giusto spazio serve aimé. Un saluto a tutti e buon WE. |
| inviato il 04 Ottobre 2024 ore 13:27
Bravo Max. Post di notevolmente interesse, accompagnata da bellissime foto. Come Antonino , tempo permettendo tornerò anche quest'anno. Ciao Nicolò |
| inviato il 04 Ottobre 2024 ore 15:51
Grazie, bellissimo post |
| inviato il 04 Ottobre 2024 ore 21:29
Bellissimi scatti. Ottima conversione e affascinante commento. Complimenti davvero. Si tratta di una rievocazione ? Se sì quando si svolge ? Grazie |
| inviato il 04 Ottobre 2024 ore 21:39
Si ripropone ogni 2 anni, sabato e domenica prossima l' edizione 2024. Sul sito di Premana i dettagli per chi volesse partecipare. Grazie a tutti, buona serata. |
| inviato il 05 Ottobre 2024 ore 19:06
Non sono più giovane e con il tuo reportage hai evocato in mè i ricordi della mia infanzia dell'immediato dopoguerra quando la vita era molto più semplice e ci si accontentava di piccole cose Ciao Max Complimenti per il tuo reportage |
| inviato il 05 Ottobre 2024 ore 19:29
Beh solo complimenti.... Anche a me ha ai ricordato tempi di quando ero bambino....forse non proprio quei periodi ,un po' più recenti,ma molti momenti di vita erano così ... |
| inviato il 05 Ottobre 2024 ore 20:25
“ Si respirava la tensione della bacchetta che colpiva la cattedra richiamando attenzione „ Ottimo reportage e splendide foto Max, quella bacchetta io l'ho provata sulle mani,e dovevi stare sitto e non dire niente a casa altrimenti ti mettevano in castigo,perche' la maestra ai nostri tempi aveva sempre ragione e noi gli volevamo bene. Che bei ricordi .... le tue foto mi hanno fatto riaffiorare,peccato che questo post non abbia avuto il giusto merito ciao Danilo |
| inviato il 05 Ottobre 2024 ore 21:17
non abito molto lontano da Premana, queste foto mi ricordano i miei nonni, quando si andava in montagna durante le vacanze estive (che poi...si passava dalla montagna basse a quella alta vera, raggiungibile solo a piedi ) |
| inviato il 05 Ottobre 2024 ore 22:42
Riconosco il paese e ricordo una mia esperienza di alcuni anni or sono. Ciò premesso, questa serie di foto è favolosa. Complimenti. |
| inviato il 06 Ottobre 2024 ore 0:02
Una più bella dell'altra. Corredate da uno splendido racconto che meriterebbe di diventare uno dei "racconti" qua sul sito. Non conoscevo la rievocazione, ma credo che se non piove, quest'anno andrò su a premana a dare una sbirciata. Complimenti ancora |
| inviato il 07 Ottobre 2024 ore 8:39
Grazie a tutti! Contento che abbia trasmesso qualcosa. Buone foto! |
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