| inviato il 25 Maggio 2022 ore 6:58
Forse questa domanda scatenerà discussioni ma ho bisogno di avere più punti di vista sull'argomento. Se si parla di reportage o fotografia documentaria, la definizione che si trova online è "La fotografia documentaria (o documentaristica) è un'attività fotogiornalistica che si propone di riprodurre oggettivamente la società attraverso la cronaca per immagini della realtà quotidiana" Ho frequentato un corso di fotografia in cui il progetto finale è un Reportage a tema libero. Durante le lezioni, il docente ci ha sottolineato più volte che il Reportage deve avere per forza una foto di inizio e di fine che abbiano una chiara valenza di inizio e chiusura. Guardando però diversi esempi di Reportage, sia più indietro nel tempo che contemporanei, non sempre ci sono un inizio e una fine così "forti" come intende il docente. Voi che idea avete in merito? |
| inviato il 25 Maggio 2022 ore 8:08
Io non mi ingesserei su definizioni troppo rigide. Ad esempio per me i tre termini (reportage, fotogiornalismo, fotografia documentaria) non sono esattamente sinonimi. I primi due fanno riferimento alla fotografia come mezzo (principale o accessorio) per trasmettere un contenuto che ha valore di "notizia". "Fotogiornalismo" pone l'accento sul fatto che il fotografo agisca come un giornalista, con tutto ciò che da questo deriva (che non è poco anche sul piano etico), e comprende quindi l'esercitare determinate capacità narrative analoghe a quelle utilizzate nella scrittura. "Fotografia documentaria" è una categoria più ampia che comprende lavori non necessariamente orientati a comunicare qualcosa che ha valore giornalistico. In tutti casi si dà per scontato che nel fotografo prevalga un atteggiamento "descrittivo" piuttosto che "interpretativo". Anche se a partire almeno dagli anni '90 c'è stata una critica verso la ricerca dell'"obiettività assoluta". |
| inviato il 27 Maggio 2022 ore 16:56
“ Guardando però diversi esempi di Reportage, sia più indietro nel tempo che contemporanei, non sempre ci sono un inizio e una fine così "forti" come intende il docente. Voi che idea avete in merito? „ La prima risposta che mi viene in mente è di chiedere e rivolgere la tua domanda al docente. Saprà indicarti il motivo di una sua indicazione così assoluta. Personalmente non concordo sulla base di altre indicazioni che ho avuto modo di apprendere. Nella mia ignoranza essendo la fotografia un linguaggio faccio sempre paragoni con altre forme di linguaggio che, nella loro peculiarità hanno gli stessi principi. Non sempre si parte e si finisce al massimo. Se lo si fa è per una ragione abbastanza ovvia, ossia attirare l'attenzione e concludere con qualcosa che per associazione è più facile ricordare. Questo però rischia di far perdere la visione di insieme del lavoro che è proprio la finalità tipica di un insieme. Esistono molti album di cui si ricorda una sola canzone. Addirittura si ricorda la canzone ma non l'album. Magari è meravigliosa ma non è un lavoro riuscito.. Non sempre le foto "forti" stanno bene in un lavoro d'insieme, è un equilibrio delicato di cui ciascuno deve trovare la propria ricetta per ogni singolo lavoro. Continua a guardare reportage, unire la pratica alla grammatica è il miglior esercizio per trovare le tue risposte. |
| inviato il 30 Maggio 2022 ore 7:26
Quoto Mirko qui sopra |
| inviato il 30 Maggio 2022 ore 15:01
Reportage fotografico. foto descrittive per un documentario. Poi la prima o l'ultima di maggior effetto è funzione della scelta del curatore del documentario. Alcune le considererà pregnanti, altre le scarterà |
| inviato il 30 Maggio 2022 ore 16:17
in linea di massima ha ragione il tuo insegnante. in realta' sono sono seghe mentali. come la definizione di street che è talmente ampia che raccoglie quasi tutte le foto che possono essere anche ritratti, reportage o anche foto alla ghirri ( la cui definizione non è ancora nata ). o la definizione di di nudo artistico dove non si capisce ancora adesso il perche' dell'aggettivo artistico e la differenza dal nudo. per cui io andrei di istinto : devi fare un reportage? parti da un idea , sviluppala a livello fotografico e alla fine elimina più' foto possibili. |
| inviato il 30 Maggio 2022 ore 17:59
@Lastprince Mah lì per come la vedo io è una definizione nata più che altro per cercare di instillare un certo senso critico secondo il quale una foto "porno" anche se tecnicamente è sicuramente un nudo, non è "artistica". Non so se mi sono spiegato. Per il resto, io sono dalla parte di chi usa certe definizioni in fotografia (come anche nella musica) per un uso utilitaristico cioè avere una base di confronto con il proprio interlocutore, per avere una base immediata e semplificata che indichi di cosa si sta parlando. All'atto pratico però, cioè quello artistico e di contenuti, secondo me le definizioni stringenti smettono di essere utili. Per dire, io approvo e mi piace la definizione che Overgaard dà della street cioè che è tutto ciò che accade davanti alla macchina fotografica. Ovvio che con una definizione così larga e genetica, se ci si vuole intendere su che tipo di fotografia si produce si torna ai miei pensieri precedenti. Sennò sarebbe come rispondere, a chi ci chiede che musica fa un certo gruppo "bhe, fanno musica, suonano strumenti musicali". Le sfumature sono ovviamente infinite |
user84172 | inviato il 03 Giugno 2022 ore 8:37
Reportage è un termine francese che vuol dire servizio giornalistico fatto sul campo (quello che noi chiamiamo inchiesta). Niente di più e niente di meno. Molti pensano che voglia dire fare foto "spontanee" in contrapposizione a quelle posate, ma in realtà indica una tipo di articolo di giornale (o una serie) con testimonianze dirette che col tempo divenne poi sempre corredato dalle fotografie. Da qui il termine è stato allargato alla fotografia, quindi quando fai delle foto a qualcosa o qualcuno che non sia in studio, teoricamente è tutto reportage. Consiglio di leggere qualcosa su Doisneau che ne parla in riferimento ai suoi primi anni di studente presso il fotografo Vigneau e alla differenza molto fluida tra reportage e foto in sala pose. |
| inviato il 04 Giugno 2022 ore 11:51
Tema interessante. Mi chiedo: quanto, oggi, il reportage ha a che fare con la Fotografia? Cerco di spiegarmi. Il termine ' reportage', come è stato detto, è molto elastico e interpretabile. Secondo me anche una serie fotografica ' a tema' può definirsi reportage. Il fatto è che siamo abituati a un fotogiornalismo, magari integrato da qualche testo didascalico o ambientato, che ha fatto la sua storia ( reportage di guerra, di costume, di economia...) e che, oggi, si può avvalere, con maggior efficacia, del linguaggio del filmato. La Fotografia, proprio a causa del suo linguaggio, in qualche modo più ' colto' e legato ad esempi ormai consacrati dalla storia della Fotografia stessa, si colloca in una zona un po' diversa. Pensiamo ( solo per limitarci a due nomi) ai lavori di Robert Frank o di Mario Giacomelli: è indubitabile che si tratti di reportage, ma ci sono immagini, in ' The americans' o in ' Scanno' o in ' Ninna nanna', che vivono di vita propria e non hanno bisogno di trovare una coerenza all' interno del reportage. Si tratta di reportage? Sì. Si tratta di serie fotografiche? Sì. Si tratta di Grande Fotografia? Sì. Ci danno le informazioni socio-culturali che, in genere, ci attendiamo da un reportage fotogiornalistico? Mah. Anche perché sono molto datate e superate. Ma hanno un enorme valore artistico. Anche come, qua e là, immagini singole. Allora sì che mi interessano. Ma se il reportage deve darmi informazioni, scusate la brutalità, lo fa meglio un telegiornale o un ' servizio' nel quale la qualità delle foto o dei video passa nettamente in secondo piano. |
| inviato il 04 Giugno 2022 ore 13:00
“ Ma se il reportage deve darmi informazioni, scusate la brutalità, lo fa meglio un telegiornale „ Paolo, sì e no. Dipende. Il TG è anche l'apoteosi della superficialità e dello stereotipo. Il che non significa che con la televisione non si possa fare approfondimento. Lo si fa, raramente, ma lo si fa. La fotografia, che arriva sempre con "un po' di ritardo" rispetto alla TV, ha perso il dominio delle breaking news ormai da decenni. Ma si è ricavata un suo ruolo nel mondo dell'informazione. Mostra storie che non passano in TV ma che sono molto importanti per capire certi risvolti di quel che accade. Ad esempio sull'Ucraina seguo il lavoro di Lynsey Addario, una fotogiornalista che apprezzo molto. Tu conoscevi la storia dei pompieri "internazionali"? Io no... Occhio, immagine un po' forte: tinyimg.io/i/I6Oxut2.jpg Per non parlare delle immagini che TV e giornali non possono pubblicare. Non che l'orrore sia un "valore aggiunto" dell'immagine, anzi. Io lo ritengo in genere inutile. Ma quando vedi le cose così... C'è poco da aggiungere... Anche qui attenzione, immagine cruda: tinyimg.io/i/8KiWlYY.jpg Cambiando tempi e modi, a Reggio a Fotografia Europea ho visto la mostra di Mary Ellen Mark. Una mostra bellissima. Quel tipo di approfondimento è il territorio esclusivo della fotografia e di un rarissimo cinema documentario... Se "informare" significa "far conoscere", tutto questo è informazione. |
| inviato il 04 Giugno 2022 ore 13:20
“ Ho frequentato un corso di fotografia in cui il progetto finale è un Reportage a tema libero. Durante le lezioni, il docente ci ha sottolineato più volte che il Reportage deve avere per forza una foto di inizio e di fine che abbiano una chiara valenza di inizio e chiusura. „ E' l'approccio didattico per un classico portfolio che vai a presentare ai circolini fiaf.. Corretto ma non ne farei un dogma. elabora sempre di tuo. |
| inviato il 04 Giugno 2022 ore 15:44
“ Se "informare" significa "far conoscere", tutto questo è informazione. „ Beh, difficile capire dove l'evoluzione dei mezzi di informazioni collocherà la fotografia.. forse prenderà nuove strade e saranno rivisti concetti più schematici che ormai sono probabilmente superati da altri mezzi.. Personalmente, con tutti i reportage che ho visto settimana scorso al photolux, (a mio avviso la nuova formula del WPP non mi ha entusiasmato) la mostra che emotivamente mi ha colpito di più è quella di due fotoamatori, davvero intensa e con molti motivi di riflessione. Non si può "classificare" come reportage sicuramente, anzi per molti aspetti sarebbe più vicina ad un canale IG come un albo di famiglia, eppure alla fine.. mi sono messo seduto un po ad osservare immagini e riflettere su questo: Seiichi Furuya e Christine Gössler si incontrano per la prima volta all'inaugurazione di una mostra fotografica al Forum Stadtpark, a Graz, in Austria, il 17 febbraio 1978. Qualche giorno dopo, Seiichi si fa coraggio e la invita al cinema. La relazione si consolida velocemente, Seiichi e Christine si sposano nel giugno dello stesso anno a Izu, città natale di Seiichi, in Giappone. Sin dall'inizio, Seiichi registra meticolosamente la relazione attraverso la macchina fotografica, documentando i momenti che trascorre con Christine e scattandole ritratti nell'intimità: dai primi timidi approcci ai numerosi viaggi intrapresi insieme, fino alla nascita del loro bambino Komyo-Klaus nel 1981. A partire dal 1981, la famiglia inizia a trasferirsi frequentemente: nel 1982 a Vienna, per permettere a Christine di studiare teatro; nel 1984 a Dresda, nella Germania dell'Est, dove Seiichi ha accettato un lavoro come interprete; nel 1985 a Berlino Est, dove si stabiliscono. In questi continui spostamenti e con la crescita del figlio, Christine comincia a mostrare sintomi di schizofrenia. Nel 1983 viene ricoverata per la prima volta in un ospedale di Graz; a quello seguono altri ricoveri che la costringono a interrompere gli studi di recitazione. Poco dopo mezzogiorno, il 7 ottobre 1985, nel 36° anniversario della fondazione della Repubblica Democratica Tedesca, Christine si getta dalla finestra al nono piano del palazzo dove viveva con la famiglia. www.photoluxfestival.it/seiichi-furuya-face-to-face-1978-1985/#next |
| inviato il 04 Giugno 2022 ore 17:26
@ Caro Ale: condivisibili le tue osservazioni e gli esempi che... riporti! ( réportage...:-) ) ma, nel caso di una Fotografia che informi o che abbia la vocazione di farlo, spesso è necessaria una didascalia esplicativa. Io sono tutt'altro che terrapiattista o tutti gli 'isti' che proliferano spesso nel nostro mondo impazzito, ma, senza una collocazione che spieghi luogo, ora, protagonisti della scena...ecc. la Fotografia di réportage viene meno a quella che, almeno per me, è la vocazione fondamentale della Fotografia: mostrare per evocare, senza spiegare. Mi rendo conto di assumere una posizione in qualche modo purista o intransigente, ma, sempre secondo me, una buona poesia o un buon brano musicale ( tanto per fare due esempi di ciò che chiamiamo espressioni artistiche ) possono essere accompagnati da un commento o da una 'guida alla lettura o all'ascolto', ma, in assenza di questi, devono poter comunque essere in grado di avere un linguaggio universale che arrivi a chi legga/ascolti. Tutta questa pappardella, per sostenere che, anche in una serie, ci sarà sempre un fotogramma che vive di vita propria ( e meno male ! ) e che, quindi, non sono convinto, stando a quanto propone l'Autore di questo thread, che ci debba essere un'immagine di inzio e una conclusiva che si presentino come tali. In altre parole, la buona Fotografia, secondo me, è inconciliabile con il criterio narrativo/informativo che appartiene ad altri linguaggi dell'espressione umana. @ Caro Mirko, quanto dici, se non sbaglio, conferma un po' quanto sostengo: a osservare quello che chiami un 'albo di famiglia' quanto sono indispensabili le didascalie narrative che tu hai riportato? Diversamente, quelle immagini dicono tutto da sole? Con ciò ribadisco: una immagine che abbia bisogno di una narrazione in parole che la 'spieghi' è ancora buona Fotografia? La mia domanda è un po' retorica e un po' no, nel senso che mi piacerebbe capirlo a mia volta. |
| inviato il 04 Giugno 2022 ore 20:56
Buonasera a tutti, purtroppo si fa spesso molta confusione tra reportage/fotogiornalismo e fotografia documentaristica. Si tratta, in effetti, di attività molto affini e con molti vasi comunicanti. Reportage/fotogiornalismo sono di fatto sinonimi. In realtà i puristi sostengono che reportage sia più un'attività narrativa, mentre fotogiornalismo sia più cronacistica. Ma entrambe le attività comunque prevedono un coordinamento editoriale/giornalistico pre, durante e post il servizio. Quindi è un lavoro di team tra chi individua la notizia (accadimento di interesse pubblico), chi la documenta e chi la "cucina" per la pubblicazione. Ovviamente niente vieta che si tratti di una sola persona ma si tratta di una rarità. Personalmente ritengo che nel reportage/fotogiornalismo il concetto di introduzione, svolgimento e conclusione sia anacronistico nel concetto di mass media moderno, dove l'impatto/sintesi domina sulla narrazione. Fotografia documentaristica è altro. In questo caso non necessariamente si parte da una notizia ma da un racconto. È il racconto di chi documenta le scene e ovviamente vi è anche una forte caratterizzazione personale. Un documentario giornalistico, qualora vi si individui la notizia, può diventare reportage. Da un reportage si può partire per una narrazione. Buona serata |
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