| inviato il 30 Marzo 2021 ore 14:16
Scusate la domanda da neofita: a che apertura di diaframma una foto comincia a peggiorare per effetti di diffrazione? Fotografo soprattutto panorami e vorrei ottenere la massima profondità di campo ma chiaramente non vorrei deteriorare la nitidezza della foto per effetti di diffrazione. Quando usavo una macchina FF sapevo che di solito è meglio stare sotto f11, ma ora che sono con una APSC come devo comportarmi? E già che ci sono, questo dipende anche dalla lunghezza della focale della lente? o da altri parametri? Grazie! |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 14:46
Teoricamente ogni diminuzione del diaframma aumenta la diffrazione ma ciò diventa visibile solo ad un certo punto nella foto, inoltre l'obiettivo presenta anche altre caratteristiche che peggiorano i dettagli infatti in genere non hanno la massima nitidezza alle maggiori aperture, comunque se vuoi stampare le foto alle stesse dimensioni a cui le stampavi con la FF e ti trovavi a tenere un diaframma entro f/11 allora con l'APSC avrai lo stesso risultato con un diaframma entro f/8 perché la stampa sarà ingrandita 1,5 volte di più che una di uguali dimensioni fatta con una FF e questo fa sì che la diffrazione (che rimane uguale) si mostri prima e questo corrisponde circa ad 1 diaframma (1 diaframma sarebbe in realtà per 1,414x che è molto vicino ad 1,5x), la diffrazione invece non dipende dalla lunghezza delle lenti. |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 14:50
Guarda, nei vari scatti che ho fatto la diffrazione su apsc l'ho vista un po' a f16, di più a f22 ed in maniera decisa oltre f22. Scatto, sempre su apsc, diverse volte a f11 senza problemi ma anche a f16 se la situazione lo richiede. Quando invece la pdc non è critica uso il diaframma dove l'obbiettivo ha miglior resa, di solito f8. |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 14:57
Grazie @Samuel e @ Peda! “ Guarda, nei vari scatti che ho fatto la diffrazione su apsc l'ho vista un po' a f16, di più a f22 ed in maniera decisa oltre f22. „ Toglimi una curiosità: come fai a riconoscere che quella perdita di nitidezza è causata dalla diffrazione e non da scarsa risolvenza della lente o da una messa a fuoco non perfetta? |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 15:12
Perché le volte che ho usato diaframmi così chiusi ero in condizioni ripetibili, nel senso che ero su treppiede e ho fatto diverse foto a diaframmi diversi proprio perché in condizioni in cui la pdc era critica. A casa poi ho potuto confrontare le diverse foto e vedere appunto gli effetti dei diaframmi dato che scena, lente e messa a fuoco erano le stesse. |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 15:18
“ Perché le volte che ho usato diaframmi così chiusi ero in condizioni ripetibili, nel senso che ero su treppiede e ho fatto diverse foto a diaframmi diversi proprio perché in condizioni in cui la pdc era critica. A casa poi ho potuto confrontare le diverse foto e vedere appunto gli effetti dei diaframmi dato che scena, lente e messa a fuoco erano le stesse. „ ottimo! Finalmente una prova attendibile e ripetibile Grazie |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 15:29
"a che apertura di diaframma una foto comincia a peggiorare per effetti di diffrazione?" che la diffrazione sia visibile in immagine dipende da: - dimensione dell'immagine finita - distanza di osservazione ed acutanza visiva di chi osserva l'immagine finita - densità del sensore che cattura l'immagine dell'ottica (pixel pitch) - apertura del diaframma Qui trovi un calcolatore che ti fa tutti quei conti se imposti i valori appropriati: www.cambridgeincolour.com/tutorials/diffraction-photography.htm Occhio che conta anche la qualità dell'ottica usata (migliore è l'ottica, a diaframmi più aperti si inizia a vedre la diffrazione, se l'ottica è un emerito cesso magari la puoi anche non vedere mai). Per foto stampate anche abbastanza grandi, tipo l'A3 (30 x 40 cm) sbattitatene il belin della diffrazione e tira a far buone foto, mentre su stampe più grandi bisogna farci un po' di attenzione. Se guardi le foto a monitor, risei nel caso delle stampe A3, mentre se guardi le foto a monitor ingrandite al 100% o al 200% o più non sei un fotografo, ma solo uno che cazzeggia infantilmente coi pixel. |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 15:40
Grazie Alessandro mi capita ultimamente di fare stampe 50x70 o 70x100, per cui ci starò attento “ ... mentre se guardi le foto a monitor ingrandite al 100% o al 200% o più non sei un fotografo, ma solo uno che cazzeggia infantilmente coi pixel. „ ho come l'impressione che questa categoria di pixelpeeker sia piuttosto diffusa |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 15:40
Fai tutta la serie di foto con tutti i diaframmi, poi scegli il migliore. Io l'ho fatto e ho capito che non me ne devo preoccupare. |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 16:03
La risposta non è univoca dato che dipende sia dalla lunghezza focale (la diffrazione dipende dalla larghezza dell'apertura, e un 24mm f/2.8 ha un'apertura ben diversa da un 200 f/2.8 ad esempio) che dalla dimensione del sensore (più è grande meno la diffrazione influisce). Solitamente il miglior rapporto tra diffrazione (che aumenta chiudendo il diaframma) e aberrazioni ottiche (che invece diminuiscono) lo hai chiudendo di un paio di stop rispetto al massimo concesso dall'ottica, ma alla fine la cosa più semplice è fare una serie di scatti di prova e valutare tu stesso quanta diffrazione ritieni accettabile. È un problema che in ogni caso viene spesso ingigantito. |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 16:15
Ok ok, quello che ti è stato detto dopo è giusto però non è che sul campo possiamo fare mille conti o sapere a che dimensione stamperemo la foto finita. Che poi più la stampa è grossa più ci sono fattori da tenere di conto. Diciamo che i valori che ti ho detto nel messaggio iniziale, riferito al sensore apsc, è una linea guida che puoi tenere in considerazione. Comunque si, ti conviene fare qualche prova direttamente, soprattutto con i grandangolari che sono poi le ottiche dove spesso si va a chiudere parecchio il diaframma se volgiamo mettere un soggetto in primo piano ma avere comunque lo sfondo leggibile. Sui 4 obbiettivi testati le conclusioni a cui sono arrivato erano pressoché uguali per questo mi sono permesso di scrivere i valori. |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 17:33
@Bubu fai il bravo! La diffrazione è solo funzione del rapporto f/, non della dimensione lineare dell'apertura, lo sa perfino l'ing cabarettista! |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 17:44
“ La risposta non è univoca dato che dipende sia dalla lunghezza focale (la diffrazione dipende dalla larghezza dell'apertura, e un 24mm f/2.8 ha un'apertura ben diversa da un 200 f/2.8 ad esempio) che dalla dimensione del sensore (più è grande meno la diffrazione influisce). „ In realtà non varia con la lunghezza d'onda, dipende infatti da lunghezza d'onda, focale ed apertura ma visto che funziona proprio a lunghezza d'onda*focale/aperura si può eliminare queste ultime ed utilizzare i diaframmi e quindi sarà data da lunghezza d'onda*diaframma (ad esempio un diaframma 2 sarà dato quando focale/apertura avranno questo rapporto indipendentemente che sia 10mm/5mm oppure 500mm/250mm), mentre per la lunghezza d'onda questa non può essere cambiata visto che è quella da cui dipendono i colori e varia tra circa 400nm nel violetto (che soffre quindi meno la diffrazione) e 700nm del rosso (che è il colore che la soffre di più), andando nell'ultravioletto si soffrirebbe meno la diffrazione ma si esce dai colori visti dall'uomo. |
| inviato il 30 Marzo 2021 ore 17:57
Regola del pollice e non si sbaglia mai: non andare oltre f/11 per evitare il fenomeno della diffrazione. Se vuoi ottenere più PDC possibile ma allo stesso tempo non vuoi troppa diffrazione devi usare delle ottiche nitide e taglienti, che seppur anch'esse soffrono di diffrazione data la loro alta qualità ottica fanno notare in modo meno evidente i fenomeni della diffrazione. Per esempio io ho un Canon 22 mm f2 che di base è un'ottica decisamente nitida e tagliente se scatto a f/14 o f/16 si avrò il fenomeno della diffrazione, ma avrò ancora un'immagine usabile visto che l'ottica è bella nitida. Se invece prendo il mio Canon 18-55 mm e scatto a f/14-f/16, sempre incappo nella diffrazione ma essendo un'ottica meno nitida e tagliente del 22 mm, vedrò di più il fenomeno della diffrazione e quindi un'immagine meno utilizzabile. Poi una soluzione tampone sarebbe usare programmi come Topaz Sharpen AI e simili che se usati senza esagerare, permettono di recuperare un pò quel dettaglio e contrasto perso con la diffrazione. |
| inviato il 31 Marzo 2021 ore 6:27
www.cambridgeincolour.com/tutorials/diffraction-photography.htm è redatto da un ing chimico Ph.D. di Cambridge. Che si era prefisso di spiegare le cose semplicemente ai fotografi, che in generale non è detto abbiano una sufficiente formazione scientifica. A giudicare dagli insulti che mi tirano sul Forum, direi che sia un po' il contrario. Si va da chi stenta coi logaritmi in base 2 a chi le MTF le capisce solo di striscio. Mito di Sisifo (cfr. Albert Camus, ma non c'entra niente ). Passiamo la vita a percepire colori in frequenza e anche suoni in frequenza. Quando si tratta di comprimere immagini e suoni, si ricorre alle trasformate discrete di Fourier, in particolare le cos. Il risultato sono JPEG e MP3, cioè compressioni. Se non si approccia la diffrazione in frequenze spaziali si fa la fine del nostro Ph.D. inglese. Dice e non dice, perché è chiaro che lui la teoria la sa, ma il suo bersaglio sono i principianti. Il suo torto è di introdurre il concetto fuorviante di "diffraction limit". Va bene per i profani, meglio di niente, ma, se uno si ferma lì, poi continua a postare frescacce per il resto dei suoi Forum Esiste invece la definizione molto più fondata di "diffraction limited". In presenza di obiettivi senza aberrazioni ottiche, "diffraction limited" significa la massima risoluzione teorica possibile. Questa risoluzione massima dipende solo da f/ e dalla lunghezza d'onda lambda della luce (dal colore, in definitiva). La risoluzione ha un significato se accompagnata da un certo grado di percezione da parte dei nostri occhi. Risoluzione "diffraction limited" massima sottintende MTF=0, cioè qualcosa che non ha frequenze spaziali in gioco, colore singolo solido, per esempio. A noi umani interessa raggiungere un MTF ragionevole, per gli occhi MTF(10-20) è il limite percettivo inferiore. Il problema è che non esistono obiettivi senza aberrazioni ottiche. Quindi un obiettivo "diffraction limited" non esisterà mai (come del resto non ci sarà mai un obiettivo con f/<0.5!). Mi accontento di avere esposto che "diffraction limit" è una frescaccia, "diffraction limited" no. Ci può aiutare a non credere alle favole sulla diffrazione. |
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