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I conquistatori dell'inutile: Yosemite, l'uomo ,l'arrampicata e la fotografia ieri, oggi e domani


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avatarsenior
inviato il 15 Ottobre 2020 ore 10:49

Buongiorno a tutti

Apro questa discussione senza un vero scopo se non quello di mettere sul tavolo un argomento che, per la mia esperienza personale, percepisco ricco di spunti e un'ottima opportunità di confronto (mi auguro il più rispettoso possibile) su più livelli.

Per chi ha fatto un certo percorso nell'arrampicata non dirò nulla di nuovo (ma spero che vorranno contribuire ad approfondire)
Per altri invece credo potrebbe essere interessante ricevere spunti per approfondire una disciplina che, per come l'ho sempre vissuta io, ha forse più a che fare con filosofia e sociologia e la ricerca di se, che con la prestazione sportiva e, in questo senso, credo abbia molti punti di contatto con la fotografia.

Negli ultimi anni le palestre si sono moltiplicate, così come i "praticanti" ed i brand che producono materiali e abbigliamento.
L'arrampicata "moderna", fenomeno nato in rottura rispetto alle regole dell'alpinismo classico, è diventata sport olimpionico e sta assistendo ad una progressiva trasposizione di massa dall'ambiente naturale a quello sintetico, dalla roccia alla resina.
I grandi protagonisti di oggi, che per la maggior parte certamente conoscono, rispettano e si ispirano alla grande arrampicata classica, moderna e sportiva del passato (intesa appunto come disciplina a tutto tondo e non come mero sport) sono però spesso costretti ad inseguire logiche commerciali legate alla sponsorizzazione.

Ancora oggi, in mezzo alla massa di arrampicatori della domenica (dove l'accezione, che non vuole essere dispregiativa, si riferisce al tipo di approccio alla disciplina, per questi mero "sport" o "svago", e non al livello di arrampicata raggiunto), è possibile incontrare arrampicatori (vecchi e giovani, forti e meno forti) che vivono profondamente e trasversalmente questa splendida disciplina.

La discussione, seppur titolata con riferimento all'arrampicata in Yosemite, non vuole essere limitata ad essa, potendo benissimo essere estesa a tutta l'esperienza mondiale, aprendo lo sguardo dall'alpinismo classico alla più recente arrampicata sportiva.
La filosofia alla base dell'arrampicata moderna (poi declinata a "free climbing") era, per semplificare al massimo, basata sul concetto di libertà personale, rifiuto dei dogmi classici, massimo contenimento dell'uso di strumenti per la progressione e, in definitiva, sostituzione del concetto di "cima" con quello di "stile", ovvero: non conta dove arrivi ma come ci arrivi.

L'arrampicata ha accolto personaggi incredibilmente umani che, anche grazie alla fotografia (ma anche ai libri, mi riferisco ad esempio, per rimanere in ambito di arrampicata sportiva, a testi come "topo di falesia" di j.Moffat, ma ce ne sarebbero moltissimi altri, anche in ambito di alpinismo classico), sono arrivati sino a noi per quello che erano allora quegli uomini così particolari in quello che era allora il mondo (in America, per i pionieri dell'arrampicata, la beat generation).

Per un rapido excursus sulla storia dell'arrampicata rinvio a questo documento che mi pare ben fatto:

www.espertiformatorisportivi.it/Arrampicata%20Sportiva/Dispensa-storia

Forse il più famoso fotografo del mondo "arrampicatorio" in Yosemite è stato Glen Denny:

glendenny.com/index.html

www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=video&cd=&cad=rja&uact=8

Da vedere, non solo per entrare nel mondo dell'arrampicata, ma anche per le potenzialità (a mio avviso ancora in parte inesplorate) tra fotografia (e video) e alpinismo/arrampicata sono quantomeno i seguenti lungometraggi:

1.Valley Uprising (che tra l'altro fa ampio e sapiente uso dell'effetto parallasse applicato alle foto di Glen Denny, che ricordiamolo, ha spesso fotografato in situazioni estreme e con l'attrezzatura, alpinistica e fotografica di allora);
2. Dawn Wall;
3. Free solo.

Ci sarebbe ancora moltissimo da dire ma preferisco che la discussione rimanga il più aperta possibile ed eventualmente si sviluppi grazie al contributo di chi vorrà partecipare e contribuire.
E' un mondo strano quello dell'arrampicata, fatto di gente che ha sempre rifiutato le regole, e che spesso si è poi ritrovata a seguirne di nuove, che a sua volta sono state infrante dalle generazioni successive.
Un discorso anche questo, non lontano dalla fotografia.


avatarsenior
inviato il 15 Ottobre 2020 ore 11:23

atleti straordinari, che fanno cose che io nemmeno sognerei. peccato solo che il mondo dell'alpinismo trasudi di protagonismo, egocentrismo e prepotenza; mi spiace, ma io la vedo cosí.
gran parte di queste imprese sono fatte per mettersi in mostra; pure niente di male - direte - ed è anche vero, se questo non avesse portato nella storia a polemiche assurde che hanno inquinato tantissime grandi conquiste (dal Cerro Torre al K2).

avatarsenior
inviato il 15 Ottobre 2020 ore 16:20

Il primo commento verte sul fattore "umano" (va benissimo ma spero che anche gli altri aspetti, anche fotografici vengano attenzionati).

peccato solo che il mondo dell'alpinismo trasudi di protagonismo, egocentrismo e prepotenza; mi spiace, ma io la vedo cosí.


Ti dico come la penso io:

1. "protagonismo": sicuramente presente ma non lo annovererei assolutamente come elemento caratterizzante. Conosco moltissimi praticanti (anche di alto livello) che praticano l'attività senza alcuna volontà di protagonismo. Superano i propri limiti e non lo dicono nemmeno ai conoscenti. Chiaramente l'alpinismo di elite degli anni 30-40 era decisamente più condizionato sia da spinte nazional/propagandistiche che da una certa cultura diciamo ispirata alla filosofia nietzschiana (e qui anche almeno nella decade successiva). Era l'alpinismo di conquista e di avventura, quello "eroico".
In quegli anni per fare certe cose si veniva spesso sponsorizzati dal proprio paese con scopi propagandistici e la forza di un paese si rifletteva sulla forza del singolo atleta;
2. "egocentrismo" credo che qualsiasi sport individuale praticato seriamente porti con sé un certo ripiegamento su sé stessi. L'alpinismo non faceva eccezione e credo nemmeno l'arrampicata moderna e sportiva.
L'esempio del Camp 4 in Yosemite (e non solo quello) però dimostra come un gruppo di "egocentrici" accomunati da una passione comune di questo tipo sia stato naturalmente portato all'aggregazione e alla condivisione, al punto da dare vita ad un "movimento".
Discorso diverso invece per il Boulder, dove prevale decisamente la spinta aggregativa (e non a caso è molto amato dai giovanissimi);
3. "prepotenza" su questo dissento radicalmente. Ovviamente non è che non ci siano (e siano stati) i prepotenti, ma non credo assolutamente che il mondo dell'alpinismo "trasudi" prepotenza (credo invece che a volte venga percepita tale la semplice determinazione).

gran parte di queste imprese sono fatte per mettersi in mostra; pure niente di male - direte - ed è anche vero, se questo non avesse portato nella storia a polemiche assurde che hanno inquinato tantissime grandi conquiste (dal Cerro Torre al K2)


non posso escludere che gran parte di queste imprese siano state fatte per mettersi in mostra ma ne dubito.
Credo invece che ciò che spinge qualcuno ad accettare certi tipi di rischi non possa in alcun modo essere giustificato da una motivazione così labile. Penso al free solo di Honnold a "El Cap" (un'impresa davvero al limite umano dal punto di vista della tenuta psicologica prima ancora che fisica e tecnica), ma anche alle straordinarie salite alpinistiche del passato e del presente. Nessun uomo (soprattutto se talentuoso ed esperto alpinista/arrampicatore) affronterebbe un coefficiente di rischio tanto alto per esibizionismo. Non è una motivazione sufficiente e una motivazione insufficiente in quelle cose conduce al fallimento e, quindi, spesso, alla morte.
Sulle polemiche concordo pienamente, ma c'è da riconoscere almeno un'attenuante: si parla di polemiche che vertono su imprese uniche ed irripetibili, vale a dire la conquista di una vetta da parte dell'essere umano e che, nei due casi che citi, non possono essere oggettivamente confermate. In un mondo popolato da terrapiattisti mi sento di essere clemente...

avatarsenior
inviato il 16 Ottobre 2020 ore 15:27

Le persone prepotenti ed arroganti lo sono perchè devono farsi notare, ma valgono pochi soldi, ho avuto
il piacere e oggi posso dire anche l'onore di aver avuto come ospite in casa mia Simone Moro, era sottotenente a Boves ed anche mio figlio lo era, è una persona straordinaria per professionalità che umanità, ha scalato l'Everest in solitaria in inverno, cosa che pochi al mondo son riusciti, non so ora ma qualche tempo fa avevo letto che aveva una base ai piedi dell'Everest, con elicottero personale
e prestava soccorso a chi aveva necessità.

saluti.

user12181
avatar
inviato il 17 Ottobre 2020 ore 2:22

Io, quando feci un po' di arrampicate durante un corso d'alpinismo, mi convinsi del carattere erotico del rapporto tra l'arrampicatore e la montagna. Filosofeggiavo, lo ripetevo un po' a tutti: le mani che toccano, palpano, si insinuano, interpretavo il corpo a corpo con la roccia come un congiungimento panteistico con la natura "madre", nel senso delle "Madri" del Faust di Goethe, metto anche l'originale tedesco per la rima e l'orgasmica concitazione:

"Versinke denn! Ich könnt' auch sagen: steige!
's einerlei. Entfliehe dem Entstandnen
In der Gebilde losgebundne Reiche! "

"E sprofonda dunque! Ti potrei anche dire: sali! È la stessa cosa. Fuggi da tutto ciò che già esiste verso i regni indefiniti delle immagini."

Poi lessi un testo di Freud con un lungo elenco di immagini che nel sogno manifesto fungono da simboli costanti di concetti latenti sessuali. La montagna era classificata tra i simboli fallici, abbandonai prontamente i miei filosofemi...

P.S. guardando l'ora e il giorno, non posso non notare che sono entrato da poco nel terzo anniversario della mia prima morte.

avatarsenior
inviato il 17 Ottobre 2020 ore 7:52

Caro Murmunto, a sentire Freud il sesso è un po' ovunque;-)
Comunque che ci sia una forte componente tattile non ci piove

avatarsenior
inviato il 17 Ottobre 2020 ore 21:12

che bella discussione, ecco perché rimango ancora su questo forum.

forse è vero, col termine "prepotenza" ho un po' esagerato, ma conoscendo personalmente protagonisti di primo piano di queste vicende non penso proprio più di tanto.
comunque è bello poter chiacchierare con utenti come Murmunto, sono sempre pronto a confrontarmi con chi sa di cosa si sta parlando. anche per imparare cose nuove, o poter rivedere le mie idee.

avatarsenior
inviato il 21 Ottobre 2022 ore 8:25

È morto Glen Denny:

www.planetmountain.com/it/notizie/arrampicata/addio-a-glen-denny-pioni

avatarsenior
inviato il 21 Ottobre 2022 ore 8:37

MrGreenSiete malati.... come noi ciclisti.....
Rendiamocene conto MrGreen

È non c'è cura.....

avatarsenior
inviato il 21 Ottobre 2022 ore 8:41

MrGreen

avatarjunior
inviato il 21 Ottobre 2022 ore 11:21

non avevo visto questa discussione. Arrampicando da una vita e vivendo a 20km da uno degli spot più iconici in Italia, non posso mancare.

per la storia dell'arrampicata sportiva bisogna assolutamente vedere Uprising Valley. Uno dei docufilm più belli in ambito arrampicatorio.
Sono stato allo Yosemite nel 2016 ed è davvero un posto incredibile. Al momento ho 3 amici che stanno scalando là e, nonostante il caldo, si stanno divertendo come matti. Mi hanno raccontato che Chongo (il senzatetta che ha dato il via alla moda della slackline) è tornato presente nella valle, scrive al computer i suoi libri sulla metafisica, li vende, compare e scompare dal camp4. MrGreen

I miei preferiti rimangono Bridwell e Dean Potrer. Il primo per la rivoluzione vera e propria che ha dato ed il secondo per l'approccio spirituale verso l'arrampicata e gli sport estremi.

avatarjunior
inviato il 21 Ottobre 2022 ore 11:30

purtroppo l'aumento delle palestre indoor nelle città (ho perso il conto di quante ce ne sono a Milano) ha portato nelle valli climber "moderni" poco legati alla natura ma solo alla prestazione sportiva e soprattutto al post su Instagram. Temo che il rispetto per la montagna andrá presto a farsi benedire. Per questo motivo negli ultimi anni mi sono un po' allontanato (lavoro a parte) sia dalla falesia che dal boulder, privilegiando vie multipich possibilmente da proteggere (salvo soste pericolose), lontano dalle masse.

Oltre a Simone Moro ricordiamoci di Della Bordella, Matteo De Zaiacomo, Luca Schiera, Simone Pedeferri e Mingolla.

user12181
avatar
inviato il 24 Ottobre 2022 ore 10:30

Conosco superficialmente il mondo dell'alpinismo, mi pare che Della Bordella non arrampichi soltanto, le sue arrampicate avvengono al culmine di avvicinamenti che sono esplorazioni per me inimmaginabili, non mi pare ce ne siano molti altri al suo livello in Italia, anzi mi sono fatto l'idea che è l'unico, ma ripeto, conosco poco.

avatarjunior
inviato il 24 Ottobre 2022 ore 16:23

non è l'unico (anche perché non va mica da solo), esempio De Zaiacomo, Schiera, Maggioni, Bartoli...i

avatarsenior
inviato il 24 Ottobre 2022 ore 16:53

mah, piu che una filosofia di vita (che potrebbe anche starci), mi pare sia una maschera da indossare per rendersi interessanti.

Voglio dire... ho praticato l'arrampicata (come dice Murmunto) quattro vite fa. Ma allora era l'inizio del movimento, perlomeno in Italia. In particolare in val di Susa c'era un gruppo piuttosto eterogeneo ma nutrito di "scalatori disorientati"MrGreen
Per dire, si passavano giornate intere sui sassi, poi ci si lanciava come forsennati sulle placche di Borgone, per finire strinati dal sole nelle gole del Verdon.
Ma, gia' allora, non era piu' alpinismo. Non c'era amore per la montagna. Al massimo un tiepido affetto;-).

C'era pero' un forte spirito di competizione. La voglia di emergere di "essere qualcuno", questo nonostante i social fossero ancora da inventare...

Insomma, tranne rari personaggi, l'ambiente era piuttosto "tossico" e composto perlopiu' da fanatici in cerca di affermazione.
Poi certo, tutte le smanie di competizione si risolvevano in verticale... La' dove il peso del tuo culo diventa preponderante e ti tira irrimediabilmente giu'.MrGreen

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