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La paura e la speranza


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user12181
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inviato il 12 Marzo 2023 ore 23:20

Appunto, la frase di Bodei è una sintesi di Spinoza, amor dei intellectualis.

In termini hölderliniani, ben poco geometrici:

"Eines zu sein mit Allem, das ist Leben der Gottheit, das ist der Himmel des Menschen.

Eines zu sein mit Allem, was lebt, in seliger Selbstvergessenheit wiederzukehren ins All der Natur, das ist der Gipfel der Gedanken und Freuden, das ist die heilige Bergeshöhe, der Ort der ewigen Ruhe, wo der Mittag seine Schwüle und der Donner seine Stimme verliert und das kochende Meer der Woge des Kornfelds gleicht.

Eines zu sein mit Allem, was lebt! Mit diesem Worte legt die Tugend den zürnenden Harnisch, der Geist des Menschen den Zepter weg, und alle Gedanken schwinden vor dem Bilde der ewigeinigen Welt, wie die Regeln des ringenden Künstlers vor seiner Urania, und das eherne Schicksal entsagt der Herrschaft, und aus dem Bunde der Wesen schwindet der Tod, und Unzertrennlichkeit und ewige Jugend beseliget, verschönert die Welt."

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 7:22

Trovo deleteria l'abitudine occidentale di considerare separate e opposte la vita e la morte. L'opposto della morte è la nascita, non la vita.

user12181
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inviato il 13 Marzo 2023 ore 8:03

Occidentale?
"Immortali mortali, mortali immortali, viventi la loro morte e morenti la loro vita."
Eraclito, il pensatore dell'uno tutto dialettico, è alle origini del pensiero occidentale...

E ancora Hölderlin:
"Wie der Zwist der Liebenden, sind die Dissonanzen der Welt. Versöhnung ist mitten im Streit und alles Getrennte findet sich wieder.
Es scheiden und kehren im Herzen die Adern und einiges, ewiges, glühendes Leben ist Alles."
E senza scomodare Hegel...

Il problema è solo se tutto questo potentissimo arsenale intellettuale basta per liberarci dall'angoscia.

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 8:07

Eh appunto

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 8:56

Trovo deleteria l'abitudine occidentale di considerare separate e opposte la vita e la morte

Il problema è che della morte ce ne manca la "conoscenza".
Già nelle poche immagini presentate in questo 3d si vede come la nostra capacità di rappresentare la morte non vada oltre la nostra esperienza di vita e, quindi, si esprima attraverso le sensazioni (paura) e le loro elaborazioni psicologiche (speranza o, al più, rassegnazione), ovvero attraverso il medesimo meccanismo della sopravvivenza: la rielaborazione delle percezioni del nostro sistema sensoriale, quello che la natura ha elaborato per consentirci di rapportarci all'ambiente in cui dobbiamo cercare cibo e da cui dobbiamo difenderci.
Chi tenta di "rappresentare" la morte può unicamente scegliere se mostrare l'effetto che questa fa sui vivi o immaginarsela con riferimenti alla condizione "vivente"; ecco allora che l'anima viene immaginata come puro intelletto (ma l'intelletto è quello che ci permette la rielaborazione delle sensazioni, quindi è legato alle necessità della vita) o, addirittura, si immagina una resurrezione "integrale" di corpo, abitudini, necessità primarie ecc., dipingendo un "Paradiso" in cui riavremo il nostro corpo così com'è ora: che ancora devo trovare la spiegazione di cosa ce ne faremo di polmoni, cuore, intestino ecc. se in un'ipotetica vita eterna non potremo "morire nuovamente" e quindi non ci servirà respirare per non soffocare, né mangiare per non morire di fame.
Anche immaginare la morte come una "non esistenza" è un'operazione improba, perché è simile al tentativo di "concretizzare" concetti astratti come "infinito" ed "eterno"; tra l'altro, sarebbe una condizione pressoché impossibile da rappresentare in un dipinto o in fotografia: come si visualizza il nulla?
Se fotografiamo o dipingiamo un cadavere mostriamo realmente la condizione della morte o semplicemente l'aspetto materiale di ciò che rimane di qualcosa ha perso la vita? (due concetti che non sono esattamente identici)

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 9:46

La morte molti l'hanno vista e non c'è bisogno di immaginarla. Ripeto che l'errore è considerare la morte come un qualcosa di separato e opposto rispetto alla vita. La morte è un attimo di passaggio, esattamente come la nascita.

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 16:02

La morte è un attimo di passaggio

Che quell'attimo faccia parte della vita e possa far paura è certo, ma quale sarebbe questa paura, e che speranza potrebbe esserci in merito ad un "attimo"? Quella di superarlo senza dolore e nulla più; Mi pare che questa riduzione alla sensazione di un istante sia un po' scarna per giustificare il chiodo fisso dell'uomo per la morte.
Non credo che l'istante in cui si muore sia di per sé argomento d'interesse per un artista, se non per rappresentare le ragioni di un fatto storico, come fece Goya con una serie di disegni e un paio di dipinti sugli orrori della guerra portata in Spagna da Napoleone.
Ma poi tu stesso ne parli come di un passaggio: verso cosa?
Il fatto che le varie religioni e filosofie, oltre agli artisti che nei secoli hanno tentato di rappresentarne le visioni, si siano concentrate sulle ipotesi di cosa troveremo (o non troveremo) "dopo" quell'attimo, anziché sul passaggio stesso, indica che i veri timori e speranze sono indirizzati proprio alla condizione successiva a quell'istante e che, semmai, a far paura di quel passaggio è che costituisce un "punto di non ritorno" verso un destino che ci è fondamentalmente ignoto. Insomma, la morte come "condizione" dopo la vita.
Se avessimo la sicurezza che la fine della vita si limiterà ad annullarci in toto, credo che non ne avremmo nemmeno troppa paura e che non varrebbe la pena farne rappresentazioni più o meno artistiche.




avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 17:22

Il problema sembra di poco conto, ma se uno pensa alla vita come contrapposta alla morte, si finisce per perdere il senso che la vita è un continuum fatto di qualcosa di prima della nascita, di qualcosa dopo la nascita e prima della morte e di qualcosa dopo la morte.
Questo senso del continuum molte filosofie e religioni orientali lo hanno, dall'induismo al buddismo al taoismo allo shintoismo. Ed è tutt'altra prospettiva.

Quando nasci non è che resti lì immobile tra le gambe della madre in eterno, cresci, cambi, ti trasformi. Idem dopo la morte, non è che quando spiri poi te ne stai lì fermo morto in eterno: cambierai, ti trasformerai, sarà un'altra esperienza.

È come pensare che il tramonto sia l'opposto del giorno. Il tramonto è l'opposto dell'alba, il giorno ha 24 ore ed è fatto di buio, poi luce, poi buio.

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 20:10

Bisogna anche considerare che nel mondo occidentale ha sempre avuto una certa rilevanza anche l'ateismo (persino Socrate ne venne indirettamente accusato), con la conseguente nascita dell'idea che nell'istante in cui si muore finisca semplicemente la nostra esistenza; questo ha probabilmente fatto nascere un dubbio che nelle società orientali era meno sentito.
Di fatto non possiamo affermare che si abbiano prove che dopo quell'istante ci sia ancora qualcosa, ma nemmeno che non ci sia più nulla. In Occidente è forte e diffusa questa convinzione che il momento in cui si muore sia la fine di tutto e che, di conseguenza, la morte sia semplicemente una condizione definitiva di non esistenza e perciò contrapposta alla vita.

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 20:26

Non serve credere in Dio per pensare che ragionevolmente la morte sia solo l'ennesimo evento di trasformazione e che nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma.

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 20:33

ON / OFF

Quando scatterà il tasto OFF secondo me finiremo esattamente dov'eravamo prima di arrivare "nella vita": nel nulla. FINE... THE END.
Semplice, perché avere paura?
Viviamo bene questa vita, è l'unica che abbiamo. Prima o poi il nostro tempo finisce.

Mia opinione, ovviamente ;-)


avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 22:36

Non serve credere in Dio per pensare che ragionevolmente la morte sia solo l'ennesimo evento di trasformazione e che nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma.

Certo che non serve, ma questo riguarda l'aspetto materiale: il corpo si decompone trasformandosi in altre cose, mentre l'energia (il calore corporeo) viene trasferito all'ambiente e agli oggetti con cui il corpo è a contatto. E' una semplice regola della Fisica. Ma noi siamo realmente solo questo?
E allora l'Io (il tuo patrimonio genetico, l'esperienza che hai accumulato, le idee che hai elaborato, le tue convinzioni, la tua memoria) che fine farà? Scomparirà, oppure verrà "ricondizionato" per diventare l'Io di "un altro" che perciò non avrà nulla a che fare con te, o forse sarai ancora tu ma in un'altra forma?
Non possiamo saperlo, ma una cosa è chiara: se il tuo Io non sarà più tale, tu non esisterai più. E' questa la considerazione fondamentale che alcuni accettano con serenità mentre altri no.
Le religioni e le scuole filosofiche hanno semplicemente "scelto" l'opzione che più corrisponde ai propri fondamenti, e le rispettive conclusioni hanno spesso differenze inconciliabili.
E' un campo fecondo per l'arte proprio perché lascia spazio all'immaginazione e all'interpretazione; dovessimo pensare che la trasformazione dopo la morte possa dare vita solo a un sacchetto di compost per concimare un'aiuola di rapanelli, sarebbe difficile vederci uno stimolo artistico.

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 22:51

Rimane quello che hai fatto, che hai dato agli altri. In un certo senso continui a vivere negli altri.

avatarsenior
inviato il 13 Marzo 2023 ore 22:53

E l'Arte è il mezzo che più lascia una traccia del nostro passaggio... per i pochi che la posseggono.
L'Arte è la ricerca della bellezza, e quella sì che è immortale Cool

avatarsenior
inviato il 14 Marzo 2023 ore 5:09

L'Arte è la ricerca della bellezza

Ma anche no.
Ma poi da quando l'arte si "possiede"? :)

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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