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club dei fotografi


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avatarsupporter
inviato il 20 Marzo 2020 ore 16:04

Interessante.
Certo che nell'editoria di qualità si trovano cose davvero costose.
Ogni tanto butto l'occhio su Normal ( www.normal-magazine.com/magazinesstoreonline ), e vedo dei prezzi assurdi per i primi numeri del magazine. Però le foto sono stupende.

...e francesi anche loro.

Fra l'altro è anche ben fatta la sezione video che rimanda al canale su Vimeo.

avatarsupporter
inviato il 20 Marzo 2020 ore 16:10

Tempo fa gli fu dedicato uno speciale da sky arte forse si trova ancora, è molto bello da vedere



avatarsenior
inviato il 20 Marzo 2020 ore 16:35

Grazie Roberto!

Questo invece il sito ufficiale anche se non è aggiornato da un po'

www.mustafasabbagh.com/

ho sfogliato anche il suo libro in edizione limitata XI Comandamento, foto bellissime, ma secondo me un po' "fragile", bello da vedere ma da maneggiare con attenzione

avatarsenior
inviato il 21 Marzo 2020 ore 13:29

vi porto ora su Hayahisa Tomiyasu





mackbooks.co.uk/products/ttp-br-hayahisa-tomiyasu

questo autore , pubblicato dalla miglior casa editrice del momento , parte da un idea : fotografare sempre lo stesso oggetto , dallo stesso punto di vista , per vari mesi ( forse un anno ) .
la vita passa , scorre su questo tavolo da ping pong .
la fotografia la ferma .

il libro ,che consiglio a tutti , ci fa capire l'importanza dell'idea.

la mia domanda è : se dovessimo fare una stupidissima ( e inutile ) classifica , ha piu' valore l'idea nella fotografia come in questo caso , o una foto di street per dire , stupenda si , ma eseguita come spesso accade quasi per caso ?

"ancora una volta nella breccia cari amici , ancora una volta !" Enrico V , W. Shakespeare

avatarjunior
inviato il 21 Marzo 2020 ore 13:30




Jan Saudek, Nude with Gorilla Mask , 1978




Mustafa Sabbagh

Non me ne volere Matteo, ma la fotografia di Mustafa Sabbagh ha poco a che spartire con il Quadrato nero di Malevič, direi che si pone all'opposto in un'area figurale che potremmo definire barocca: artificio, ridondanza, irregolarità, mostruosità, stupore. Direi anzi citazionista e neobarocca, termine nel quale inglobo la gran parte della produzione contemporanea. Tuttavia qualcosa non mi suona perché ogni volta che osservo una sua immagine mi viene in mente un altro, sia Saudek o Serrano, giusto per far due esempi stranoti, ma dell'uno manca la dimensione inquieta, dell'altro la freddezza iperreale e la crudezza critica e direi pure che manca anche la classicità formale di un altro che mi viene in mente e che sicuramente lo ha influenzato: Mapplethorpe.




Tod Browning, Freaks, Johnny Eck , foto sul set, 1932

Più in generale è una fotografia le cui origini vanno ricercate tra gli Storyville portraits di Ernest Joseph Bellocq e i freaks di Tod Browning, ma quel che mi salta all'occhio è un compiacimento che non trovo tra i citati, un certo retrogusto "modaiolo" che inficia le immagini: più che di tragedia sento odor di commedia. Stupisce che avendo lavorato con Avedon non ne abbia colto la capacità di disvelare i suoi soggetti, quell'andar sottopelle cogliendo un rictus, una grimace.
Ripensandoci, direi che più che di neobarocco parlerei di rococò con tutto quel che di lezioso, finto e lambiccato il termine si porta dietro (niente tuttavia dell'iniziale leggerezza che quel decoro mise in atto a Versailles).
Forse si è capito che non è la mia tazza di tè. ;-)

avatarsenior
inviato il 21 Marzo 2020 ore 14:17

Degas io li trovo molto diversi,Saudek lavora molto sull'erotismo, sulla morbosità e diciamocelo spinge volutamente l'acceleratore su una certa volgarità, lo fa bene, usa spesso se stesso come modello.
I suoi scatti sono opere a sé stanti essendo in bn e colorate in seguito.
Sabbagh è più concettuale, legato in dubbio al lungo lavoro per Vogue., lui è affascinto dalla pelle, ha costruito anche luci apposite per creare un illuminazione da studio ma che evidenziasse le vene, non esistevano in commercio un illuminazione adatta così l'ha costruita lui.
Sabbagh lavora molto anche per dittico, come le foto con i mari di notte dove è riuscito a mantenere una grande coerenza sul colore comunque molto virata al nero.
L'ultimo lavoro sull'immigrazione in realtà lo vedo molto influenzato da Dijkstra e mi è piaciuto un po' meno, comunque è sulle 4 f, in genere si dice che Italia è Fashion, food e furniture, lui ha aggiunto future e ha scattato foto ai bambini con vestiti troppo grandi creando anche un'installazione esposta al maxi di roma
Comunque lui ha sempre detto di farsi influenzare, salire sulle spalle di chi era prima e provare a guardare più lontano

avatarjunior
inviato il 21 Marzo 2020 ore 14:43

Diversi sono diversi, almeno qui ci intendiamo;-), ma è come se a volte Sabbagh riprendesse lo stesso soggetto depauperato di quello che in Saudek lo connota, riproducendolo come mera denotazione: comunque Saudek è un semplice punto di una lunga filiera di immagini.




Giuseppe Penone, Svolgere la propria pelle , 1970, fotografia e inchiostro tipografico




Giuseppe Penone, Svolgere la propria pelle , 1970-71

Se ti interessa il discorso "pelle" ti consiglio di guardare le opere di Giuseppe Penone che da anni lavora sull'epidermide come "superficie che definisce il contatto del nostro corpo con il reale". Dalle iniziali composizioni fotografiche degli anni '70 (ma non è un fotografo, è un artista che ha usato la fotografia) è progressivamente passato a calchi dell'epidermide ingranditi e riprodotti con la grafite in dimensioni gigantesche.

avatarjunior
inviato il 21 Marzo 2020 ore 15:03




Giuseppe Penone, Rovesciare i propri occhi , 1970

Aggiungo questa perché si presta a più di una riflessione su cosa sia guardare e fotografare. Sugli occhi ci sono delle lenti a contatto specchianti: non può vedere il mondo, ma lo rispecchia. Come qualunque fotografo sa -basta ingrandire un primo piano- sulla superficie della cornea appare l'immagine di ciò che è di fronte all'occhio. Penone, negando il proprio sguardo, potenzia e rende manifesto questo effetto ottico: questo potenziamento del reale é la funzione primaria dell'arte. E del fotografare.
Va poi aggiunta una seconda riflessione: sulla retina non vi è più alcuna immagine, ma non per questo il mondo è perduto poiché esso permane come elemento memoriale, mentale. Lasciare memoria delle cose è il secondo compito che l'arte -e la fotografia- mettono in atto. Ricordate il mito greco della figlia del vasaio? L'arte di figurare il mondo nasce con un atto d'amore che vuole sconfiggere l'assenza: il giovane cui è legata deve partire per un lungo viaggio e non vi è certezza del suo ritorno, ecco allora che la ragazza traccia il profilo del volto amato proiettato sul muro dalla fiammella di una lucerna; il padre riporterà sulla creta quella figura d'ombra . La morte non ne cancellerà più le forme.

avatarsenior
inviato il 21 Marzo 2020 ore 15:20

Non conoscevo peone, ma è indubbio che ci siano influenza varie tra i fotografi, per esempio la prima del braccio per certi versi richiama Witkin nel suo lavoro vanitas, ora considerando gli anni dello scatto le influenze sono differenti, ma è possibile che certe scelte siano fatte per un sentire comune legate ad eventi o periodi storici oltre che da un estetica o un'antiestetica molto legata al proprio tempo o luogo





avatarsenior
inviato il 21 Marzo 2020 ore 15:23

Potrebbe essere interessante parlando di erotismo in confronto tra Saudek immerso nell'Europa dell'est e magari Eikoh Hosoe, anche lui molto legato a certi richiami anche morbosi, ma separati geograficamente da centinaia di chilometri e appartenenti a culture lontanissime

images.app.goo.gl/7D1f2H21GApsXxCN6

barbarapicci.com/2015/03/27/eikoh-hosoe/

Guardando la prima immagine ispirata a San Sebastiano però ho un forte richiamo ancora a Witkin, anche se lontanissimi hanno preso alcuni riferimemti culturali comuni

È alcune immagini noto un'estetica che richiama un po' mapplethorpe








avatarjunior
inviato il 21 Marzo 2020 ore 18:13

Qui ci troviamo su ambedue! In generale, riferendomi al tuo discorso, direi che l'arte del Novecento ha influenzato molta fotografia contemporanea e contestualmente ha assorbito il mezzo fino a farne, in molti casi (performance, body art, land art, concettuale), il media prediletto.
Quanto al braccio di Penone potremmo confrontarlo anche con questo autoritratto di Mapplethorpe che tuttavia non gli deve niente. Coincidenze, temi, luoghi figurali. Peraltro la foto è stata oggetto di analisi ne La camera chiara di Roland Barthes, bellissimo testo che ogni fotografo dovrebbe leggere.





Robert Mapplethorpe, Autoritratto , 1975

avatarsenior
inviato il 02 Aprile 2020 ore 15:10

Intanto il libro di Krims Leslie è arrivato e lo trovo molto interessante

avatarsupporter
inviato il 02 Aprile 2020 ore 15:37

Les Krims non ha lo stile che prediligo, ma lo apprezzo per la creatività e libertà interpretativa. Non è certo uno che si cura molto dei canoni estetici e, certe volte, stare fuori dagli schemi è utile.

Per riprendere il filo, senza tornare sui soliti nomi pluri citati, mi sono venuti in mente due fotografi:
Silvia Camporesi www.silviacamporesi.it/
Joey Lawrence www.joeyl.com/

Mi sono cari entrambi perché li ho "conosciuti" quando erano all'inizio.
La prima era compagna di studi di una amica. Io neppure ero interessato alla fotografia allora e mi sembrava un po' strana, ma come sono tutti ai tempi dell'università.
Vedere la strada che ha fatto ad oggi, alla luce della comprensione che ho ora delle difficoltà che ci sono nel mondo della fotografia d'autore, mi rende molto felice.
Stesso discorso per Joey L. L'ho conosciuto quando era un ragazzino e già prometteva bene. Proponeva i suoi metodi di post produzione, un po' come Juza.
Pure molto differente dalla Comporesi, fa cose bellissime in giro per il mondo. Se avete tempo, cercate il suo canale youtube. Ci sono video straordinari sulla vita che oggi può condurre un giovane fotografo. In particolare questo video:

Se non fa venire voglia questo video di uscire a fotografare, non credo ci riesca niente.

avatarjunior
inviato il 03 Aprile 2020 ore 15:13




Primoz Korosec, Ritratto di Ulay , 2016





Dopo mille vicissitudini postali dovute alla situazione emergenziale che stiamo vivendo, ho finalmente messo le mani su questo libro bellissimo che ripercorre il lavoro e la vita di Ulay, l'artista morto recentemente e che è stato compagno di vita e d'arte di Marina Abramovich nelle azioni degli anni '70 e '80. Il libro è frutto di un lavoro certosino, è impaginato alla grande e permette di ricostruire l'altra parte della storia rendendo a Ulay quel che gli spetta. Il libro è poi interessante per un ulteriore motivo: permette di affrontare dall'interno il rapporto fotografia-arte poiché Ulay oltre ad essere una figura importante del concettualismo e della body art è stato un importante fotografo-artista che ha collaborato con Polaroid fin dal 1968 quando iniziarono i contatti con il Polaroid International Art Department di Amsterdam. Un rapporto che è continuato negli anni fino agli ultimi lavori con macchine a banco ottico e immagini Polaroid di enorme formato (70 x 55 cm). Aggiungo che non essendo ossessionato dalla tecnologia come molti qua dentro, nel 2009 ha usato, durante un lunghissimo viaggio in Patagonia (6000 km), un Nokia N82 con camera da 5MP utilizzando come lente tele un binocolo Leica.
Ah, mi scordavo i dati:

Maria Rus Bojan, Alessandro Cassin, WHISPERS: ULAY ON ULAY , Valiz Foundation, Amsterdam/Astrid Vorstermans

Il libro è reperibile su Amazon ed Ebay.


avatarsupporter
inviato il 03 Aprile 2020 ore 19:51

Quando penso a Ulay, mi viene in mente sempre questo video:

Non ha a che fare con la fotografia, ma è difficile dimenticarlo.

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