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Autofocus Canon o Sony


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avatarjunior
inviato il 01 Marzo 2020 ore 9:57

Ritengo coretto premettere che posseggo, sia la Canon 1Dx mark ii che la Sony A9, sono un grande "studioso delle caratteristiche tecniche delle fotocamere" e sperimento molto i settings nelle diverse situazioni.

Le mie considerazioni si basano sull'utilizzo sul campo e non nei test di laboratorio.

CANON 1 DX MARK II:
Il sistema di taratura è assai complesso. Esistono 6 differenti casi, ognuno dei quali presenta svariate personalizzazioni che riguardano l'inseguimento ed in generale la reattività dell'autofocus. Bisogna quindi decidere a priori, in base al soggetto, quale tipo di setting utilizzare (il 90% dei fotografi utilizza quello standard). Bisogna e sottolineo bisogna provare e riprovare fino a quando si riesce a costruire una sorta di "banca dati" di informazioni che, in base alle caratteristiche del fotografo ed al soggetto da fotografare, si possa decidere velocemente quali impostazioni utilizzare.
In questo modo la Canon diventa mostruosa, sia in condizioni di luce, sia quando questa scarseggia.
L'utilizzo del caso 1 (lo standard) non permette in maniera assoluta di gestire il potenziale della fotocamera.

SONY A9
Il sistema è decisamente più semplice e le performance sono eccelse ma....
Il tracking automatico (il soggetto viene seguito anche se il fotografo non sposta la macchina) funziona in maniera eccelsa solo e solo se esiste un'elevata distanza tra il soggetto e lo sfondo; qualora questo si riducesse ed i colori fossero simili, l'autofocus entra in crisi. Qualora perdesse il soggetto, diventa sostanzialmente impossibile riuscire a riportarlo in focus. In tutte queste occasioni, risulta migliore il tracking classico e quindi il fotografo dovrà impostare questa tipologia di setting. Il mirino della mirrorlesss in assoluto non permette di essere sicuri al 100% della corretta messa a fuoco (nitidezza assoluta dell'occhio del soggetto fotografato).
Il riconoscimento dell'occhio e quindi la maggiore accuratezza nella messa a fuoco funziona molto bene con i soggetti umani e decisamente meno con gli animali (ne riconosce alcuni e non gli altri); personalmente preferisco non utilizzarlo. Inoltre si attiva solo quando l'occhio occupa una porzione rilevante del fotogramma.

In generale ritengo, dopo un utilizzo molto intenso che nessuno dei due sistemi sia migliore in assoluto. La personalizzazione di Canon permette di calibrare la macchina esattamente per il soggetto da fotografare, ma è davvero complessa.
Sony è più semplice, necessita di alcune considerazioni a priori (distanza tra soggetto e sfondo) per il main setting, ma in caso di perdita del soggetto in focus è molto più difficile da gestire.
Ovviamente la scelta delle due macchine non dipende solamente dall'autofocus, ma dalle performance globali, dai fps, dalla tenuta agli alti iso e da altri parametri, alcuni dei quali sono sicuramente soggettivi.
Spero di avervi fornito alcune informazioni utili per comprendere le caratteristiche dei due sistemi.
Scrivete se avete ulteriori curiosità.

avatarsupporter
inviato il 01 Marzo 2020 ore 10:14

Ho avuto anche io a lungo, insieme, 1DX2 e a9. Con ottiche top, beninteso.
Per il discorso del tracking della a9, se il soggetto viene perso contro uno sfondo confuso, conviene staccare il dito dall'af-on e farlo ripartire dal punto che si è scelto di selezionare (nel caso di tracking che parte dal punto singolo/espanso, setting da preferire per soggetti piccoli e/o lontani).
Per l'eye focus, non so che percezione tu abbia di "grande nel fotogramma", in ogni caso lo riconosce già a distanze che permettono di includere l'intera figura umana, e molto più.
Sul tracking della Canon non mi dilungo molto, è talmente grezzo che per me è come se non esistesse.
L'af continuo, in bassa luce, al pari del Sony non brilla per nulla. Nikon da questo punto di vista è lontanissima.
Le altre modalità invece sono assai efficienti; tuttavia, lo ritengo un sistema più datato e globalmente meno performante di quello della a9.
Il test dell'altalena non lo passa...;-)

avatarsenior
inviato il 02 Marzo 2020 ore 15:20


Le mie considerazioni si basano sull'utilizzo sul campo e non nei test di laboratorio.

Alla fine sono spesso giudizi più informativi, rispetto a molte recensioni che si trovano online, dove l'esperto di turno scrive miriadi di inesattezze, dimostrando di non conoscere i principi di base di funzionamento di un sistema di messa a fuoco, nonché di non aver nemmeno letto il manuale della fotocamera, dato che utilizza impostazioni errate.

CANON 1 DX MARK II:
Il sistema di taratura è assai complesso. Esistono 6 differenti casi, ognuno dei quali presenta svariate personalizzazioni che riguardano l'inseguimento ed in generale la reattività dell'autofocus. Bisogna quindi decidere a priori, in base al soggetto, quale tipo di setting utilizzare (il 90% dei fotografi utilizza quello standard). Bisogna e sottolineo bisogna provare e riprovare fino a quando si riesce a costruire una sorta di "banca dati" di informazioni che, in base alle caratteristiche del fotografo ed al soggetto da fotografare, si possa decidere velocemente quali impostazioni utilizzare.
In questo modo la Canon diventa mostruosa, sia in condizioni di luce, sia quando questa scarseggia.
L'utilizzo del caso 1 (lo standard) non permette in maniera assoluta di gestire il potenziale della fotocamera.


A mio avviso il problema principale è che molti NON leggono il manuale della fotocamera, sul quale vengono fornite numerose indicazioni utili (oltre alle guide specifiche per l'autofocus).
Per cui, molti dei problemi che vengono riscontrati sono dovuti a impostazioni errate, soprattutto a chi si affida alla modalità zone, che lavora secondo logiche di funzionamento molto diverse dall'espansione dell'area af (ad esempio), e magari tiene attiva la funzione eos itr anche quando non dovrebbe farlo. A questo si aggiunge la questione dei casi che avevi citato (oltre alle impostazioni del singolo caso, dato che ad esempio la sensibilità dell'accelerazione ha un impatto notevole sulla stabilità della messa a fuoco, se un soggetto si muove a velocità costante), e la priorità scatto/fuoco prima e seconda immagine.

Detto ciò, effettivamente con le 1dx e 1dx mark II la complessità della configurazione dell'autofocus è notevolmente aumentata, rispetto ai modelli precedenti. Una strategia per ridurre i tempi operativi è quella di sfruttare le modalità di scatto personalizzare c1/c2/c3, impostando dei casi diversi in ciascuna di esse: vi è un'impostazione che consente di passare da una all'altra con la pressione del pulsante M.fn, cosa fattibile anche senza allontanarsi dal mirino (cosa che implica perdere lo scatto, in certi casi).

Sulla 1dx mark III, invece, hanno ridotto i casi da 6 a 4 (per la cronaca, i casi sono presenti anche con l'autofocus in live view, ovvero il dual pixel cmos), e hanno aggiunto una modalità automatica, in cui la fotocamera analizza il movimento del soggetto, e seleziona automaticamente il caso. Non ho avuto la fotocamera a disposizione per un tempo sufficiente, per valutare quanto sia affidabile tale opzione, ma ho comunque notato un apprezzabile miglioramento prestazionale dell'autofocus, rispetto ai modelli precedenti.

Non ultimo, l'ottica è un punto fondamentale. Non conta solo quanto sia rapido il motore di messa a fuoco, ma anche l'elettronica e il processore: infatti, quando si mette a fuoco un soggetto in movimento, la mole di dati che l'autofocus deve processare aumenta notevolmente, rispetto a un soggetto statico, e se il processore dell'ottica è lento, e il circuito af è di vecchia concezione, e non fornisce all'autofocus della fotocamera tutte le informazioni utili per lavorare al meglio, ciò ha un impatto negativo sulle prestazioni autofocus.
Il tipico test che viene eseguito per l'autofocus, e di cui si trovano molti video in rete, è il tempo necessario per passare dalla minima distanza di messa a fuoco a infinito, su un soggetto statico: tuttavia, in tale test viene misurato solo il drive speed, e ciò non dice nulla sulla capacità di mantenere a fuoco un soggetto in movimento (o di passare da un soggetto in movimento all'altro, con differenti distanze di messa a fuoco), che dipende da molti altri elementi (tra cui il processore e l'elettronica dell'ottica, oltre che l'autofocus della fotocamera).

avatarjunior
inviato il 02 Marzo 2020 ore 18:02

Eccellenti considerazioni.
Le mie poche righe volevano esattamente sottolineare quanto da te evidenziato e fornire "un preciso e chirurgico taglio" a chi definisce Sony come una fotocamera perfetta. Acquistare fotocamere di questo livello, pensando che comprendano ciò che vogliamo ottenere da una fotografia, rappresenta l'apoteosi della superficialità.

I manuali e soprattutto i tutorial (quelli oltre oceano mi sembrano molto più esaustivi) si devono comunque sposare con lo stile, la reattività il posizionamento sul campo del fotografo; mi è capitato più volte (anche con fotografi professionisti) di avere il medesimo setting, essere l'uno di fianco all'altro e di ottenere risultati molto diversi.

Esiste anche quella che io definisco "propensione al rischio". Ho scelto, talvolta, dei setting molto esasperati con ottiche al limite della dimensione del soggetto, cercando la foto dell'anno; è chiaro che non si può pretendere di avere 100 fotogrammi consecutivi in focus.

avatarsenior
inviato il 02 Marzo 2020 ore 21:48

Un sistema di misurazione esente da errori non esiste, e anche l'autofocus non sfugge a tale limitazione: quando poi vi sono dei soggetti in movimento, magari con cambiamenti di direzione repentini, il margine di errore tende ad aumentare.

Riguardo al riconoscimento di occhi e similari, è una questione di pattern: la conformazione di un volto o occhio umano varia da un soggetto all'altro, ma mantiene comunque dei tratti di base che consentono di implementare degli algoritmi abbastanza efficaci.

Quando si passa agli animali, invece, la situazione si complica notevolmente. Anche solo restringendosi all'avifauna vi sono 10000 specie, e ciascune di esse hanno delle differenze davvero significative, in termini di conformazione di testa e occhi.
Implementare degli algoritmi efficaci per il riconoscimento volti o occhi diviene quindi estremamente arduo, visto che il novero di tipologie di soggetti è enormemente più ampio, rispetto alle persone. Possono focalizzarsi sulle specie più comuni, ma poi il sistema diviene meno efficace con quelle più esotiche...

Circa la configurazione delle eos 1, effettivamente conviene sperimentare sul campo: un sistema perfetto non esiste, e può capitare che con certi tipi di soggetti l'autofocus lavori meglio che con altri. Non a caso, le case rilasciano talvolta degli aggiornamenti di firmware, per migliorare le prestazioni in certi casi (anche se in certi i casi i limite sono hardware).
Se si potesse avere un autofocus messo specificamente a punto per il proprio genere fotografico sarebbe ideale, ma questo è difficile che avvenga, dato che le case cercano di venire incontro alle esigenze dell'utente medio.

user14103
avatar
inviato il 03 Marzo 2020 ore 1:28

Hai voglia a leggere manuali dalla 1dmkiii fino ad arrivare alla 1dx2 letti e straletti tutti ma poi sul campo e la macchina che deve reagire hai voglia provare impostazioni se ogni situazione devi cambiare case specialmente su avifauna in volo perdi tempo e scatti a fuoco ne escono pochi poi su sfondi confusi con soggetti frontali npn ne parliamo .. .. su Sony a9 prima e A9ii ora mai letto un manuale .. per sbagliare fuoco ti devi veramente impegnare

avatarsupporter
inviato il 03 Marzo 2020 ore 7:00

Le mie poche righe volevano esattamente sottolineare quanto da te evidenziato e fornire "un preciso e chirurgico taglio" a chi definisce Sony come una fotocamera perfetta. Acquistare fotocamere di questo livello, pensando che comprendano ciò che vogliamo ottenere da una fotografia, rappresenta l'apoteosi della superficialità.


Questo l'ho sempre sostenuto, mi fanno ridere coloro che dichiarano il 100% degli scatti a fuoco, sempre e comunque: o non si peritano di verificarlo realmente, oppure si accontentano, in modo variabile ma tendenzialmente abbastanza.

Nonostante ciò, è indubbio che i sistemi af abbiano negli anni fatto enormi passi in avanti, sia in reattività/precisione (sono più efficaci nel prendere e mantenere il fuoco giusto nella classica modalità punto singolo/espanso) che in capacità di leggere ed interpretare (con limiti, ovviamente) la scena ed anticipare, in qualche modo, le intenzioni del fotografo. Nel cosiddetto "tracking" (ognuno poi lo definisce come vuole, dando sfogo alla creatività) si consumano le differenze più macroscopiche.

Naturalmente, nel fare ciò pretendere l'infallibilità sarebbe un'utopia, ma quello che rileva, alla fine, è il rate di scatti a fuoco portati a casa durante sessioni in cui le situazioni - spesso ripetitive - sono simili. E la facilità con cui questo rapporto viene ottenuto, perché ogni momento sacrificato nel cambiare setting, in tanti contesti è una potenziale occasione persa.

E su di una statistica compiuta su un numero sufficiente di casi, che si possono accumulare solo con un utilizzo vario ed intenso, un sistema NON vale l'altro. Poi magari c'è una situazione particolare dove il risultato si sovverte, ma si tratta, appunto, di particolarità.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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