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Anno Sabbatico - Un viaggio in solitaria 4 (secondo post)


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avatarsenior
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 15:11

Bene, ben trovato nel nuovo topic! ;)

avatarjunior
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 15:53

sei un grande, un esperienza memorabile
un saluto

avatarsupporter
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 18:50

Giorno 40 – 18 Dic 2019
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Ancora un lungo trasferimento e nei prossimi giorni saranno molti. L'abitudine all'Iran ormai mi fa notare meno particolari e mentalmente sono proiettato già verso il Belucistan. Non so quanto riuscirò a vedere in Pakistan anche perché sono sempre più orientato al non richiedere proroghe del visto e quindi dovrò entrare in India entro il 31 Dicembre. Che possibilità avrò di muovermi in autonomia? Potrò prenotare gli hotel giorno per giorno? Sim card? Connessione? Sicurezza? Ho letto qui e là di varie altre esperienze recenti e sono gli unici dati al momento in mio possesso. Non ho alcun aiuto stavolta dalla Lonely Planet che non pubblica un volume sul Pakistan da più di 15 anni. Ho trovato usata online l'ultima edizione in inglese per avere dettagli sul cosa vedere, ma sui consigli pratici è totalmente inutile. Parla ancora di cabine telefoniche ad esempio. Negli ultimi 50 anni la velocità dei cambiamenti, già acceleratisi notevolmente in occidente dall'avvento dell'industrializzazione, è esponenzialmente aumentata al punto che in soli tre quattro anni ciò che è all'avanguardia diventa irrimediabilmente obsoleto. Ovviamente il tutto è assolutamente voluto e perseguito ed all'ormai insufficiente avanzata tecnologica si è voluto unire una criminale “avanzata” della gestione dell'economia globale. L'occidente, che aveva comunque già acquisito con l'industrializzazione dei cromosomi che con difficoltà riescono a mitigare gli effetti dirompenti di questa decadente inarrestabile ed illusoria avanzata, con sempre più difficoltà rallenta soltanto la conseguente ovvia caduta in povertà di ampie fasce sociali. Nei paesi diciamo del terzo e quarto mondo che non hanno avuto il tempo di sviluppare alcun parziale antidoto, questi nefasti e nefandi effetti possono essere a volte rallentati solo tramite disastri ambientali. Mi fermo.
Una policroma area montuosa fortunatamente mi distoglie da questi poco allegri pensieri.




www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3418717&l=it

A Zahedan incontro Mr. Abdul Hamid Hassanzehi, the King of the Border. Ho avuto il contatto dal ragazzo olandese. Su WhatsApp mi manda una sfilza lunghissima di articoli e scritti di viaggiatori in cui viene citato e ringraziato e mi esorta a fare altrettanto. La prima informazione utile è quella di una stazione di rifornimento che scoprirò essere di un suo parente, in cui ai turisti stranieri viene fatto gratuitamente il pieno. Io riempio così anche e per la prima volta le mie due taniche di benzina da venti litri. In Pakistan i costi si rialzano e poi per l'incognita Belucistan preferisco avere scorte abbondanti di carburante, acqua e cibo.
Mi propone degli hotel a basso costo, ma io ho già prenotato. All'incontro è con lui Silvia, una giovanissima ragazza spagnola in viaggio già da 16 mesi in autostop e già da 2 mesi e mezzo in Iran, che oggi è stata scambiata per una spia ed ha passato 5 ore alla stazione di polizia dell'aeroporto di Zahedan in cui casualmente si trovava per accompagnare un amico. La polizia l'ha affidata ad Hamid che la accompagnerà alla frontiera con il Pakistan per la continuazione del suo viaggio che, mi dice, durerà ancora almeno un anno.
Veniamo invitati a cena fuori città sotto una ampia tenda tipica del Belucistan in cui ci si riscalda ad un indispensabile fuoco che dovrebbe poi servire per cuocere della carne.





Dopo un paio d'ore però, quando capisco che i tempi sono biblici e non riuscirei ad essere in Hotel prima di mezzanotte, insisto molto, scusandomi e facendo presente che dovrò guidare domani a lungo, e mi faccio riportare in Hotel. Silvia che oltretutto è anche vegetariana è perfettamente d'accordo.
Ci diamo appuntamento per l'indomani.

avatarsenior
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 18:50

Seguo anch'io con molta ammirazione la tua avventura Gianluca.

Mi piace molto il tuo modo di scrivere: semplice e diretto ma che trasmette tutte le emozioni e le sensazioni a chi sta leggendo; sembra di essere lì accanto a te e vedere e sentire con i tuoi occhi e orecchi.

Penso che se un domani deciderai di pubblicare un libro con tutte queste tue avventure, sarà un successo.

Le foto sono qualcosa di fantastico.

Ti auguro di proseguire nel tuo viaggio in sicurezza e salute. Continua così. Un grosso in bocca al lupo e un augurio per un sereno Natale, ovunque tu ti troverai quel giorno.

Ciao!

Mauro


avatarsenior
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 19:05

Rieccoti. Stavo aspettando te ed i tuoi racconti

avatarsupporter
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 19:16

Giorno 41 – 19 Dic 2019
drive.google.com/open?id=13yI9FMcocb5aeUAVlt97UMkLLsIMoPVh&usp=sharing

Al confine di Taftan scopro finalmente che Hamid dovrebbe essere un funzionario della dogana avendo qui anche un ufficio. Il condizionale che uso si può capire solo con una esperienza diretta di luoghi e situazioni simili ed in caso contrario risultare totalmente incomprensibile.
Hamid è di enorme aiuto e si occupa di ogni documento e per tutti i suoi servigi non spendo una lira come per la cena di ieri, anzi ho risparmiato con la benzina che non ho pagato. Quindi non posso che unirmi al coro e consigliare anche ad altri di contattarlo se si passa di qua. A me e Silvia si unisce anche un'altra giovanissima ragazza cinese arrivata al confine autonomamente ed Hamid si occupa anche di lei. Avendo l'auto io devo passare attraverso altri uffici e mi separo da loro due. Purtroppo l'aiuto di Hamid termina con il lato iraniano.

PAKISTAN
Le formalità in Pakistan non sono così complesse come mi aspettavo e c'è sempre qualcuno che via via ti dice dove andare. Nei primi ampi saloni, ai banchi di funzionari che espletano varie formalità, sono fianco a fianco con un'umanità in transito che già ora mi permette di capire quale taglio netto ci sia con tutto ciò che si trova ad ovest di questo confine.
Vengo poi preso in carico da quello che dovrebbe essere un poliziotto, senza alcuna divisa e ne vedrò altri persino in abiti tradizionali, che facendomi da staffetta in moto mi porta finalmente oltre la dogana alla stazione di polizia dove ritrovo le ragazze,




www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3418757&l=it

e da qui a piedi vengo portato ad un ultimo ufficio per i timbri sul Carnet de Passage.
Queste informazioni le scrivo dettagliatamente perché online di questa frontiera c'è pochissimo, quasi nulla, e molti viaggiatori non vi accennano nemmeno. Chiaramente qui tutto è allo stato liquido e domani potrebbe avere una forma totalmente diversa, questo è sempre e comunque da tener presente.
Per fare una foto al cortile della stazione di polizia metto i piedi dentro un piccolo spazio delimitato da file di sassi ed immediatamente mi dicono di uscirne, è la loro moschea. Quello spazio è sacro ed io con le scarpe lo sto profanando.
Apprendo che è impossibile proseguire senza scorta e che ne organizzeranno per noi una domani mattina, quella di oggi è partita stamattina verso le 9 o le 10 con una coppia di bulgari in auto ed un serbo in bicicletta. Comincio a fare un po' di teatro a cui mi ero preparato. Faccio vedere la carissima, 50 euro a notte, prenotazione di un hotel a Quetta città in cui si arriva con la scorta e parlando con vari funzionari, cercando di capire dall'atteggiamento quali sono i più alti in grado, alla fine riesco ad ottenere che si parta subito… quasi subito. Si va, anche le ragazze sono contente e mi metto tranquillo e concentrato per una lunga veloce guida anche notturna. Dopo un chilometro sosta all'adiacente viaggio di Taftan per il rifornimento. Io non ho problemi.
L'impatto con il Belucistan è duro. Siamo a due passi dall'Afghanistan e qui le etnie si mischiano, ma la curiosità delle mille profonde evidenti differenze con l'Iran sono quasi annullate dal vedere la totale indifferenza verso una vita immersa in una gigantesca umida pattumiera in cui nuotano o volano rifiuti, che qui sarebbero assolutamente superflui, comunque arrivati al seguito di un ipotetico progresso che, solo, non conosce confini e non necessita di visti.




www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3418758&l=it




www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3418765&l=it

Mi ritornano in mente, e chissà quante altre volte accadrà, i due giovani pastori solitari e sperduti con il pranzo in due fazzoletti intrecciati invece che in una comoda e facilmente reperibile e sostituibile busta di plastica.
Finalmente si parte. La sequenza di cambi di auto, a cui io non sono fortunatamente costretto per via dell'Ammiraglia, e di checkpoint è impressionante. Per i primi 100 chilometri facciamo una sosta mediamente ogni 7 od 8, estenuante. In mezzo si viaggia a non oltre 60 o 70 chilometri orari e l'Ammiraglia soffre per motivi totalmente diversi da quelli attesi. Ai checkpoint, su quaderni approntati in maniera sempre diversa, occorre ogni volta scrivere nome, cognome, numero di passaporto, nazionalità, date di scadenza e validità del visto, e così via. Va peggio dove invece a scrivere è un qualche poliziotto o militare che capisce a stento cosa gli diciamo ed ha difficoltà con i caratteri latini. Fortunatamente, nonostante la grigia giornata annuvolata, il paesaggio di questo deserto mi distoglie dalla monotonia e lentezza dello spezzettato procedere. In alcuni tratti particolarmente ventosi e pianeggianti, da basse dune a volte di tipo sahariano la sabbia si solleva e ricopre tratti di asfalto.




www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3418766&l=it

Si è fatto buio e la velocità delle scorte rallenta ulteriormente. Abbiamo percorso solo 250 chilometri dei 650 totali. Andiamo così piano che guidando ho potuto tranquillamente mangiare con un cucchiaio e senza problemi una scatola di fagioli della mia dispensa italiana accompagnandola con del pane arabo iraniano. Non si è versata nemmeno una goccia e non è caduto nessun fagiolo. Metto addirittura la lampada frontale e leggo qualcosa sempre mentre guido tenendo d'occhio l'auto dei Levies, così si chiama la polizia che ci scorta, davanti a me. Questo può forse dare il senso della situazione. Ormai è buio da un pezzo e nemmeno la lettura riesce a tenermi sveglio e distogliermi dalla noia non più mitigata dal panorama che è diventato oscuro. Mi monta la rabbia. Mi fermo a lato strada ed aspetto a vedere che succede. Tornano indietro a cercarmi dopo un po'. Gli spiego che non posso guidare a quella velocità ridicola di notte perché sono stanco e mi addormento. Ok, andremo più veloci… a parole. Nessun sensibile cambiamento. Veramente furibondo e senza problemi a tenere gli occhi aperti, li sorpasso. Immediatamente li distacco anche se non posso andare oltre i 90 chilometri orari per via dei numerosi camion e della strada stretta e spesso dissestata. Li rivedo dopo una quindicina di minuti nello specchietto. Hanno acceso le luci rosse e blu rotanti e mi stanno venendo a riprendere. Mi preparo a ricevere una bella strigliata. Invece mi si mettono dietro, mi segnalano con i fari che ci sono e non mi superano. Mi fanno continuare davanti. Più che aver capito, sanno cosa succederà dopo poco. Questo procedere finalmente adeguato al lungo percorso viene infatti interrotto dopo pochi chilometri. Mi superano e ci fermiamo in uno dei pochi villaggi di media grandezza che si trova all'incirca a metà strada, Dalbandin. C'è un hotel e capisco che non hanno affatto intenzione di andare oltre per oggi. Faccio abbastanza casino spiegando dell'hotel prenotato, dei soldi che perderò, del fatto che alla partenza avevano detto che saremmo arrivati a Quetta. Fanno arrivare da un checkpoint più avanti un più alto in grado, mi dicono di aspettare dieci minuti e che dopo potremo continuare. Balle. Quando arriva non fa altro che ribadirmi comunque gentilmente che non c'è nulla da fare e mi spiega che è pericoloso continuare di notte anche se è molto vago nello spiegare perché. Stavolta non ottengo nulla. Oltretutto fermi qui ci sono anche la coppia di bulgari ed il ciclista serbo partiti da Taftan svariate ore prima.
Le ragazze sono costrette a prendere comunque una stanza perché alla richiesta di mettere la tenda nel parcheggio dell'hotel, chiuso da un robusto cancello, viene loro detto che lì non possono garantire della loro sicurezza. In quella che prendo io scelgo di dormire sì sul letto, ma con il mio sacco a pelo. In bagno lo sciacquone non funziona, lo apro per controllare e dopo un po' mi rendo conto che non ci sono proprio i tubi che portano l'acqua. Una piccola brocca da riempire ad un rubinetto vicino è il vero scarico. Mi farò portare un secchio più grande. Il lavandino non ha scarico e l'acqua viene deposta in terra da un tubo e scorre per qualche metro fino ad un buco che la smista chissà dove. Ovviamente non avrebbe senso che ci fossero acqua calda e riscaldamento. Un divano sfondato completa l'arredamento. La stanza e l'hotel sono una scenografia, dei vecchi e sbiaditi pannelli posticci in cui è solo malamente disegnato lo sconosciuto occidente che arriva in questi luoghi che oltrepassano anche il concetto di frontiera. Sarebbe molto meglio stare sotto una tenda con il deserto come sala da bagno. Nei centri abitati incontrati ho visto la stessa situazione. Dove le costruzioni erano ancora quelle tradizionali di questi luoghi, in mattoni cotti o crudi fatti di terra ed acqua, l'insieme aveva un aspetto gradevole e soprattutto relativamente pulito nonostante l'immensa povertà del vivere. Dove invece c'era una rappresentazione di luoghi così lontani dal quotidiano da non essere per nulla noti, con costruzioni in mattoni di cemento e negozi pieni di coloratissima ma povera mercanzia, e quindi una disponibilità economica certamente superiore, l'unica cosa che risaltava era il degrado. Qui, nonostante gli spazi immensi e vuoti a disposizione, non ho per nulla notato nemmeno la comune pratica del seppellimento dei rifiuti appena fuori dai luoghi abitati, semplicemente il problema sembra non esistere esattamente come non esisteva molti decenni fa nell'assenza di materiali che non fossero organici.
Anche se ancora non ne ho esperienza sono certo che questo non è il Pakistan, queste sono zone presenti quasi ovunque sul pianeta, zone oltre le frontiere e che non necessariamente devono trovarsi isolate geograficamente. La purezza del desertico ed immacolato immenso nord Belucistan non fa che amplificare le sensazioni negative dei vari concentramenti umani.

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Sono un tipo abbastanza freddo da non cadere nella trappola della mitizzazione romantica del mio viaggiare, ma se vi chiederete e mi chiederete se tutto ciò intacchi il mio interesse per questi luoghi risponderò che anzi lo amplifica, se vi chiederete e mi chiederete se tutto ciò possa aumentare, come qualcuno ha scritto, la contentezza per una nascita in luoghi in cui questi mondi sono colpevolmente e volontariamente ignorati risponderò che non provo alcun piacere per una vincita al lotto totalmente indipendente dalla mia volontà che anzi dovrebbe essere fonte di maggiore ed invece totalmente inesistente responsabilità ed infine se vi chiederete e mi chiederete se tutto ciò mi faccia attenuare le critiche feroci che spesso faccio al mondo decadente in cui vivo vi risponderò che le accentua perché vedo ed ho sempre visto le sue responsabilità secolari e cito ciò che ho imparato in giovane età da chi è stato per la mia crescita mentale più importante dei miei stessi genitori, “anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti” che vale anche per gli stessi che qui cercano di dare come tutti un senso al vivere e che non mi sogno assolutamente di vedere solo dalla parte di vittime.
Rivedo spesso sul computer, e mi dispiace di non riuscire ancora e chissà fino a quando ad inserire altri filmati, il saluto che casualmente ho registrato di uno dei due pastori già citati e che certamente sto mitizzando al di là del reale a causa dei pochissimi minuti trascorsi con loro. Quello che importa però non è la possibile diversa realtà, ma quanto ne ho ricavato. È stato un saluto finale secco, netto ed immediatamente, di scatto si è girato verso la vallata ed il gregge. Il saluto di chi vuole evitare qualunque cosa possa distoglierlo dal suo mondo, qualcosa di pericoloso che possa attivare in lui pensieri ed azioni e speranze e miti che lo potrebbero distruggere. Una difesa dalla conoscenza e dalla consapevolezza al di fuori dell'immediato e del presente. Altro di cui comunque sa, altro che lo ha portato a possedere un comodo cellulare, altro che certamente è allettante, altro a cui consapevolmente non riuscirebbe a rinunciare.
Spesso ho pensato che il vero problema dell'uomo è proprio la consapevolezza di sé cioè quanto di più esaltato ed esaltante abbiamo di diverso ed unico. Penso spesso romanticamente che gli animali abbiano consapevolmente rinunciato alla consapevolezza per non modificare lo stato metafisico dell'universo. Se la leonessa acquisisse consapevolezza inizierebbe ad uccidere più gazzelle possibile quando in forze per non rischiare di morire di fame in caso di malesseri che le impedissero di cibarsi in futuro e poi probabilmente passerebbe allo scambio per potersi ogni tanto gratificare con della buona carne di canguro portata da oltre oceano. La singola gazzella da parte sua non riuscirebbe ad accettare il suo ruolo di food e cercherebbe magari di organizzarsi con altre per non rischiare giorno dopo giorno di essere uccisa e poi, come potrebbe da essere pacifico accettare un atto che immediatamente moralmente definirebbe e percepirebbe violento e crudele? Il corpo umano, se ne escludiamo la limitata durata, è un altro esempio di stato metafisico. Ogni singola cellula assume un ruolo ben definito ed indispensabile al benessere dell'universo corpo e siamo noi che moralmente diamo più importanza a questa o quella specializzazione cellulare. In realtà abbiamo bisogno che tutte le nostre cellule continuino indisturbate ed inconsapevoli a fare il proprio lavoro che siano le esaltanti e celebrate cerebrali o le poco appariscenti dei tessuti gluteali. Anche qui romanticamente ho sempre interpretato come una presa di coscienza del sé lo svilupparsi di una cellula tumorale, una cellula che non accetta più il proprio ruolo e cerca di sopravanzare in importanza qualunque altra.
Se ho ragione allora l'uomo non è in grado di cogliere alcunché della metafisicità dell'universo e “…gli esseri umani sono un'infezione estesa, un cancro per questo pianeta…” .
I dinosauri hanno dominato il pianeta per 160 milioni di anni e ce lo hanno lasciato senza modificarne il corso, noi in 2 milioni di anni probabilmente non abbiamo ormai più la possibilità di salvarlo da noi stessi. E questa la chiamiamo intelligenza.

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avatarsenior
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 19:46

ah ecco... aspettavo il secondo 3D ;-)

avatarsupporter
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 19:50

Ti sto leggendo con un interesse che non provavo da parecchio tempo. Un grazie sincero per come stai raccontando e condividendo questa tua magnifica esperienza e un in bocca al lupo per il proseguio del viaggio.

Ciao
Alessandro

avatarsupporter
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 19:50

Giorno 42 – 20 Dic 2019
drive.google.com/open?id=13yI9FMcocb5aeUAVlt97UMkLLsIMoPVh&usp=sharing

L'espresso che riesco a prepararmi perfino in questa posticcia inospitale diroccata replica di occidente mi rinfranca come mai prima e mi mette perfino di buon umore. Tutti provati dalla nottata ripartiamo per gli ultimi 350 chilometri.



La colonna si è arricchita dell'auto dei bulgari e della bicicletta del serbo che intende arrivare a giugno in Giappone per le olimpiadi. Ovviamente la bicicletta viene caricata ed intasa il già precario spazio dei mezzi dei Levies che spesso sono dei pick-up malamente riparati dal vento in cui le ragazze ed il serbo soffrono il freddo.




www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3418810&l=it

L'Ammiraglia è la mia oasi. La giornata è oggi piacevolmente soleggiata. Non oso immaginare le temperature estive.




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La velocità e le continue interruzioni restano immutate con l'aggiunta di soste per il tè.
Avvicinandosi a Quetta i villaggi migliorano nell'aspetto. Le pompe di benzina moderne sono pochissime ed alcune sono in fase di installazione, molti vendono carburante lungo la strada nelle taniche, io ho le scorte iraniane. Con il sole gli incredibili addobbi dei camion pakistani famosi in tutto il mondo brillano coloratissimi. Sul retro hanno spesso anche il ritratto del conducente.




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Check Point e caserme non hanno mai fine. Studenti escono da scuola. Compro e mangio due uova sode da un ambulante ad una sosta. Belle panciute ciminiere sfornano mattoni in cotto. Un solitario negozio è affiancato da una moschea Dogvilliana che sembra disegnata in terra da Von Trier.




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Arriviamo a Quetta con il buio, in alcuni tratti siamo andati a 50 orari e sono sfinito. Prima della città apprendo che all'hotel prenotato per ieri, a cui comunque volevo andare per cercare di non perdere la cifra pagata, non possono accompagnarmi perché solo tre hotel di Quetta sono abilitati ad accogliere stranieri. Fortunatamente non ho avuto al momento prelievi sulla carta di credito. Ci porteranno all'Hotel Bloom Star. Bloom… ed immediatamente le mente mi porta a Leopold, Joyce ed all'Ulisse letto molti anni fa e certamente il testo più complesso mai affrontato. Sulla camionetta dei Levies le ragazze ed il serbo sono stipati al punto che l'unico soldato deve tenere in mano il recipiente metallico con un fuoco di legna acceso dentro che poco può contro il freddo ormai intenso della notte.




www.juzaphoto.com/galleria.php?t=3418815&l=it

Da qui in poi non riesco più a fare foto perché devo restar loro incollato a meno di un metro. Appena lo spazio tra noi si allarga di pochi centimetri vi si infilano tutti i veicoli e pedoni circostanti senza alcuna paura di scontrarsi con me o tra loro. L'ingresso a Quetta è una vera e propria odissea e per la prima volta nella mia vita mi chiedo se sarò in grado di affrontare, al timone di quella che mai come ora a ragione chiamo Ammiraglia, il mare in tempesta in cui sono. Migliaia di individui, risciò a motore, moto, biciclette, auto e camion si contendono in un caos senza eguali una piccola strada ai cui lati scintillano botteghe di ogni sorta. L'aria è gioiosa e festante. Le donne a volte solo con gli occhi scoperti hanno, a differenza dell'Iran, vestiti colorati. Il poliziotto con la mano cerca inutilmente di far allontanare tutti quelli che si avvicinano strombazzando a meno di dieci centimetri e penso che è un bene non ci siano ancora veicoli volanti perché almeno da quella direzione sono certo che non arriverà nulla.
Incatenato all'auto dei Levies tra questi impazziti flutti cerco di mantenere la calma per poter almeno ascoltare, senza il filtro cerato e rassicurante dei finestrini che ho parzialmente abbassato, il richiamo pericoloso delle circostanti mille sirene che vorrebbero distrarmi dall'attenzione al mantenimento della rotta. I miei occhi devono restare incollati sull'assenza della targa della mia scorta.
Dopo mezzora di questo procedere ci fermiamo in mezzo al mare formando un piccolo scoglio con i veicoli per poter parlare tra noi. Si va direttamente all'hotel Bloom senza passare dalla stazione di polizia. Il parcheggio privato ci si apre come un porto sicuro che si richiude dietro di noi. Spero vivamente che non sia così sempre in Pakistan ed India.
Pessime notizie. Domani è sabato e fino a lunedì non possiamo avere il NOC, il permesso per stare in Belucistan indispensabile per andar via da Quetta. Nessuna alternativa. Lo stesso dicasi per l'acquisto di una sim che è possibile per noi stranieri solo in grossi centri anch'essi chiusi. Non è finita qui. Con o senza NOC non possiamo comunque mettere nemmeno il naso fuori dall'hotel e mi sarà negato pure il recarmi ad un ristorante di fronte ed a non più di cinque metri dall'ingresso del parcheggio. Io mi rassegno anche perché ho molto da scrivere e lavorare e soprattutto devo fare una sosta che probabilmente non mi sarei concesso volutamente, le ragazze ed il serbo riescono a farsi portare alla stazione di polizia per non pagare le stanze, mentre la coppia bulgara non accetta la situazione, ha un visto che scade il 28 e deve anche riprendere quello iraniano dato che il Pakistan è il punto di arrivo del loro viaggio. Non ottengono ovviamente nulla e si rassegnano anche loro a questa per me confortevole prigionia. Non erano preparati a tutto ciò, è evidente, fanno dei paragoni improponibili con l'Iran. Come dico loro l'Iran, pur con le sue notevoli differenti peculiarità, è ancora fondamentalmente Europa mentre qui ha inizio la vera Asia. La mia amata Penelope dalla nostra Itaca mi fa giustamente osservare che in Iran c'era lo Scià che era legatissimo all'occidente ed è rimasta qualche traccia di questo legame. Devo però chiarire per l'Iran che quanto affermo credo sia quasi impossibile da percepire se scaricati da un volo senza un lento spostamento di terra verso l'est.

avatarsupporter
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 19:52

Giorni 43 e 44 – 21 e 22 Dic 2019
drive.google.com/open?id=13yI9FMcocb5aeUAVlt97UMkLLsIMoPVh&usp=sharing

La mia prigionia.
La temperatura notturna è sotto lo zero, l'acqua bollente e la stufa a gas che fortunatamente non puzza sono una benedizione. Colazioni, pranzi e cene mi vengono serviti in camera ed a volte li consumo al sole in giardino. Un giardiniere anziano in turbante elimina qualche coraggiosa erbaccia che si ostina a crescere in questo ormai iniziato inverno e, mentre mangio, mi fa sentire un aristocratico inglese di un secolo fa. Letto decente. Niente di lussuoso né di paragonabile agli hotel iraniani, ma c'è l'indispensabile per il comfort e sufficiente pulizia al costo non alto di circa 17 euro a notte chiaramente pasti esclusi. Passo due giorni prevalentemente a scrivere ed a leggere. Qualche blackout elettrico interrompe ogni tanto le comunicazioni. Del terremoto nel nord qui non c'è stata nessuna percezione. Sono sereno e parzialmente rilassato mentre i due bulgari, soprattutto la moglie, passano almeno il primo giorno visibilmente alterati. Non nego che rimarrei ancora e non è detto che non debba farlo per forza. Penso di andare direttamente a Multan invece che a Sukkur, per essere già più a nord, ma fino a lunedì, in questo mondo di poche certezze che non mi disturba, non saprò nulla di preciso e quindi è inutile fare programmi, solo liquide ipotesi.

avatarjunior
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 20:07

Wow,e lo dico un altra volta:wooow!Inizialmente mi ha incuriosito il tuo viaggio,poi ho scoperto il tuo raccontare.E già questo era moltissimo.
Ma in queste ultime mille parole, raccontate il 19 dicembre, hai dato vita a una grandissima opera di ......non so come chiamarla.
Chapeau!

avatarsenior
inviato il 22 Dicembre 2019 ore 20:24

Vai Gianluca! Ci siamo tutti forse anche più di prima Cool

avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2019 ore 0:13

Grande piacere nel leggere le tue dotte descrizioni e considerazioni.
Osservo stupito come il passare di quasi trent'anni non abbia modificato le usanze relativamente ai camion locali, queste mie modeste foto, allora scattate con una compatta Canon 35-70, sono dell'agosto 1990.


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avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2019 ore 8:18

Racconto sempre piu' straordinario! E che foto!!!

avatarsupporter
inviato il 23 Dicembre 2019 ore 8:25

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