Camargue 2008
Camargue 2008, testo e foto by
Utente Non Registrato. Pubblicato il 09 Settembre 2011; 1 risposte, 4870 visite.

L'alba delle 4.30 a Mestre, occhi socchiusi al casello e dopo più di 8 ore di sali-scendi, viadotti e gallerie, intravediamo un cartello: prossima uscita Arles, direzione Camargue vietata al traffico pesante ... siamo arrivati. È incredibile come già appena usciti dall'autostrada si cominci ad annusare aria di libertà. Il verde che ci circonda, i bassi vigneti, il rosso degli infiniti papaveri ci investe senza preavviso e seppur il cielo sia grigio, la sensazione di pace e serenità rinvigorisce il nostro entusiasmo provato dal lungo viaggio. Mi sento decisamente un po' spaesata, ci sono strade e stradine indicate a destra ed a sinistra, ma preferiamo, da bravi turisti, cercare innanzi tutto il campeggio in modo da assicurarci un tetto sulla testa per i prossimi 3 giorni.
Ed è così che comincio a gustarmi il parco dal suo interno, localizzando quasi subito l'ingresso del Parco Ornitologico cui faremo visita il giorno successivo. Seguendo la strada principale, senza nessuna difficoltà arriviamo a quella che può decisamente essere definita la "capitale camarguense", Les Saintes Maries de la Mer, con i suoi gitani insistenti ed i negozietti di sapone. Peccato noi in realtà avessimo prenotato un bungalow a più di 40 km di distanza...inversione e dritti verso Le petit camargueis, destinazione Grau du Roi.
Depositati gli zaini ci rimettiamo in moto ed il primo a darci il benvenuto è ovviamente lui, il padrone di casa: Phoenicopterus roseus che non sembra assolutamente infastidito dalla mia lente curiosa e snobbandomi continua imperterrito a zampettare smuovendo il limo che lo nutre. Stiamo risalendo in macchina ma in un battito d' ali mi ritrovo di fronte una simpatica garzetta con il suo bel ciuffetto; questa volta la diffidenza è palese e dopo qualche sequenza veloce la lascio passeggiare tranquilla.

Piove tutta la notte, ma il cinguettio che ci sveglia è il chiaro segnale che il peggio è passato e possiamo cominciare le nostre escursioni con la visita al Parco Ornitologico di Pont de Gau. A dir la verità non c'è la stessa soddisfazione: ci sono decine e decine di fenicotteri pronti a lasciarsi ritrarre, ma lo scatto non regala la stessa emozione di una "cattura" selvatica. Sono liberi, decollano e planano a piacimento, ma sarà la facilità con cui si riesce ad avvicinarli che toglie un po' di bellezza ai file che pazientemente rivedo prima di andare a dormire. Ad ogni modo la visita non si può saltare; il parco è davvero ben tenuto ed il percorso ben pensato. Forse l'incappare in giornate nuvolose non è stato del tutto negativo in quanto ci ha permesso di gironzolare lungo il percorso guidato senza soffrire troppo l'umidità locale.
Ce n'è per tutti i gusti: fenicotteri, garzette, aironi, avocette, anatre...su cui bisogna addirittura stare attenti a non inciampare...
Vorrei inoltre sottolineare che il parco si suddivide in 2 zone: la prima parzialmente artificiale che risulta di certo la più gettonata, ma a mio parere la meno emozionante; la seconda, molto più estesa, dove pochi si incamminano ed in cui un sentiero circolare si snoda attraverso canali e paludi naturali. Qui gli avvistamenti risultano indubbiamente meno comodi, ma camminare in silenzio, sorvolata dal volo dei fenicotteri ed avvistare improvvisamente una garzetta che inconsapevole della mia presenza tende ai fatti suoi... beh, secondo me questo tipo di visita si riempie di tutto un altro fascino...


In questa zona è inoltre presente un capanno ampio e suddiviso in due piani, deserto durante la nostra visita, dove ho potuto fotografare esemplari di vario tipo, tra cui dei dolcissimi piccoli di avocetta con il loro buffo becco curvo, accompagnati dal frastuono generato da una maldestra (ed anche un po' comica...) colonia di beccapesci. Io, neofita del serio birdwatching, ho sostato spesso lungo il sentiero alla ricerca di soggetti che soddisfacessero la mia principale passione per la macrofotografia e posso dire che le occasioni non mancano, grazie anche alle svolazzanti farfalle costantemente presenti durante tutta la visita.
La nostra giornata prosegue scendendo nuovamente a sud dove finalmente posso scorgere i favolosi cavalli bianchi locali. Hanno un'aria tranquilla, l'unica pecca è che per la maggior parte sono sellati e pronti per l'escursione dei tour organizzati, non certo galoppanti, liberi e felici...

Le condizioni metereologiche non accennano a migliorare e optiamo per un'inversione di rotta che ci conduce alle mura della cittadina di Arles per una spensierata passeggiata domenicale.
Ancora piove abbondantemente tutta la notte, ma scostando la tenda della finestra del bungalow scopriamo che la mattinata si spinge ben oltre le nostre aspettative: il cielo è azzurro-azzuro e una marea di nuvolette bianche, spugnose, in stile cartone animato, si dirige placidamente verso il mare scintillante. Meraviglioso.
Provenienti da Ovest decidiamo di "circumnavigare" il delta per portarci sul lato orientale, attraverso la strada che da le Paty de la Trinitè passa nelle vicinanze di Villeneuve; questo percorso risulta decisamente panoramico ed ai margini della strada che costeggia l' Etang di Vaccarés sono presenti delle ampie piazzole dove possiamo fermarci ad ammirare il paesaggio circostante ed una torretta che permette un' ampia panoramica della laguna.

Post soste fotografiche finiamo dritti a La Capelière: la nostra visita in pratica consiste in una corsa accelerata lungo il percorso segnato, in direzione dell'uscita, inseguiti ed assaggiati dalla più grandiosa varietà di zanzare mai conosciute. Noi, che siamo partiti dall'Italia armati del più potente repellente, l'abbiamo furbescamente lasciato a riposare nell'armadio del bungalow...
Niente da riportare purtroppo durante questa visita, solo un paio di nutrie che si rinfrescano nel canale che costeggia il sentiero principale; questo un po' anche perché siamo così turisti da entrare nei capanni sotto il sole di mezzogiorno. Animali avvistati: nessuno ? Uccellini pronti a deriderci: un centinaio ? Punture d'insetto riportate all'uscita: non calcolabili.
Ironia a parte, per chi volesse far visita a questo posto con maggior serietà ed un po' più di buon senso, il sentiero alterna zone semi-boscose a zone di prateria in cui è possibile avvistare vari animali liberi, tra cui i cinghiali; suggerirei indubbiamente un buon repellente per riuscire a sopravvivere e per non rovinarsi la visita ed un cappello per ripararsi dal sole nelle zone a cielo aperto. Sono presenti inoltre un paio di capanni ben realizzati che affacciano su stagni interni e probabilmente, in orari più consoni di quello da me scelto, rappresentano un ottimo punto di osservazione.
Proseguiamo, costantemente verso sud, per raggiungere Le Salin de Giraud. La salina e l'omonima cittadina non rappresentano a dir il vero un' interessante attrattiva, ma proseguendo in direzione della Plage de Piémanson ci imbattiamo in panorami mozzafiato e, data la luce fortissima ed i relativi riflessi abbaglianti, ne approfitto per collezionare qualche scatto infrarosso della spiaggia quasi deserta. Il rumore delle onde che si infrangono scintillanti sulla riva è interrotto solamente dal verso di un paio di gabbiani che sembrano voler ad ogni costo turbare l'indifferente quiete dei fenicotteri presenti.
L'intensità della luce sta lentamente diminuendo e tornando sui nostri passi ci portiamo presso l'"ingresso" della famosa Digue à la mer; giunti sul posto e saggiata la tortuosità dello sterrato da percorrere (ovviamente a proprio rischio e pericolo...), lascio riposare il pilota che approfitta del silenzio idilliaco e passo una buona mezz'ora a seguire il volo delle decine di fenicotteri che, rosa ed eleganti, contrastano con l'azzurro del cielo che mi sovrasta. Se ci potessimo osservare da qualche satellite sembreremmo certamente la rappresentazione della serenità.

Ci dirigiamo verso il campo base e percorrendo il tragitto che ricorda un po' le campagne andaluse, incontriamo un gruppo di tori intenti a godersi le ultime ore di sole e qualche rapace che ci sorvola probabilmente in cerca di prede.
Seguendo un itinerario non proprio conveniente, torniamo ancora una volta sulla strada interna che da Les Saintes Maries de la Mer si collega a Draille de Chacharel costeggiando Les Impériaux per un'ultima disperata ricerca del Martino. Una passeggiata ci spinge al limite delle lagune circostanti, in cui ci divertiamo ad affondare le nostre calzature "tecniche" acquistate per l'occasione e tra i vari cinguettii, con il sole ormai al tramonto, ce ne andiamo dopo un paio di scatti rubati ad una timida cicogna "cittadina".
Arriva il giorno del rientro in patria, ma prima di affrontare il lungo viaggio decidiamo di goderci ancora per qualche ora i colori di questa Francia meridionale addentrandoci nella bassa Provenza per un'escursione all'interno del Colorado Provencal.
Il sito è un giacimento d'ocra raggiungibile dalla città di APT, seguendo le indicazioni per il paese Rustrel.
Al parcheggio ci viene fornita una comoda cartina con cui risulta abbastanza semplice orientarsi verso i vari punti di interesse e lungo i percorsi identificati da colori differenti. Gli scorci che appaiono all'improvviso sembrano disegni presi dall'impressionismo di Gauguin: il rosso ed il giallo degli affioramenti rocciosi contornati dal cielo splendente di luce e dalla vegetazione fiorita sono indescrivibili: nell'aria si respira energia.

Gli scatti si sprecano ed il grandangolo sembra non bastare mai. Ma non c'è tempo per qualche macro... purtroppo la macchina chiama... (appunto per i volenterosi: indossate scarpe comode e pronte a qualsiasi evenienza, l'ocra tende a colorare MOLTO... inoltre evitate la visita dopo giornate piovose o vi potreste ritrovare a camminare su veri a propri fiumi di scivolosissima ocra, o peggio, vi ritrovereste costretti a guadare torrentelli per seguire i percorsi tracciati.
Come concludere...
Niente campi di lavanda fiorita per questa prima gita di tarda primavera, ma la sensazione di libertà e serenità provata vivendo questi luoghi naturali non può che rimanere indelebile e tentare di riaffiorare in ogni mio singolo scatto.
Tutte le foto che hanno colorato questo articolo sono state scattate con la mia Canon40D, la maggior parte delle volte agganciata al Canon 300mm f4 L IS ed al moltiplicatore Sigma 1.4X. Fanno parte del corredo da cui non potrei mai separarmi anche il Sigma 180 Macro f3.5, il Sigma 10-20 f4-5.6, il Sigma 2X ed un Treppiede Manfrotto Modo Maxi. Le foto scattate all'infrarosso sono invece opera di un filtro IR Hoya R72 montato su una Fuji 5600, modificata appositamente per questo tipo di fotografia, che mi permette un inquadra&scatta adatto ad ogni situazione. Non riporto commenti tecnici in quanto ritengo di non averne la competenza, ma posso aggiungere di essere orgogliosa di portare tutti questi kg nella borsa!
Paola Bressanin nasce nel dicembre 1981 e cresce con la passione per tutto ciò che sa di mete lontane e di libertà. Non manca mai in valigia una usa&getta per immortalare lungo la strada gli scorci più emozionanti, i colori che non si possono raccontare, ma è il viaggio in Spagna che fa crescere in lei l'interesse per la fotografia naturalistica. Con il suo inseparabile PC scopre il sito di Juza nel 2007 e l'interesse diviene passione: il portafoglio piange, ma la soddisfazione cresce. Attualmente fotografa nel tempo libero ed è alla ricerca della macro perfetta, ma alla prima occasione scappa in terra straniera per respirare nuovi orizzonti. All'indirizzo travellingandpictures.com/ è possibile visitare la galleria dei suoi scatti migliori ed entrare a far parte dei suoi viaggi seguendola lungo la strada. Risposte e commenti
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| inviato il 01 Febbraio 2015 ore 21:17
bel racconto e foto  |