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Nelle terre del ferro


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Nelle terre del ferro, testo e foto by Marcostucchi. Pubblicato il 07 Settembre 2011; 0 risposte, 4673 visite.





Tra le innumerevole bellezze paesaggistiche, artistiche e culturali che l'Isola d'Elba può offrire, forse non tutti sanno che il territorio elbano custodisce diverse aree minerarie di assoluto interesse mineralogico e scientifico oltre a rappresentare una evidente, ed unica nel suo genere, espressione di archeologia industriale. Documentazione del millenario sfruttamento minerario sull'isola si trova sin dai tempi degli Etruschi e poi dai Romani. In tempi a noi più vicini le attività di estrazione sono continuate durante il periodo della Repubblica Pisana e durante il periodo della Signoria dei Medici. Proprio in questo periodo si deve a Cosimo dei Medici la costituzione della "Magona del Ferro" nel 1543 per regolamentazione dello sfruttamento delle miniere. Ma è con lo sviluppo industriale sul finire dell'Ottocento che la coltivazione del minerale assume ritmi particolarmente intensi giungendo nel 1899 alla costituita della "Società dell'Elba" ed alla costruzione dei grandi altiforni di Portoferraio. L'attività mineraria sull'isola subisce un ulteriore accelerazione durante il periodo della Prima Guerra Mondiale per sopperire alla necessità di ferro per uso bellico, e fino alla fine Secondo Guerra Mondiale durante il periodo dell'autarchia.
L'attività estrattiva nell'isola d'Elba si concentra principalmente di due aree geografiche. La prima nell'area nordorientale dell'isola localizzata nell'area del comune di Rio Marina comunemente chiamata Miniera di Rio e più a Nord quella di Rialbano. La seconda area di interesse mineralogico è quella che visiteremo in questo viaggio, nella parte meridionale della penisola di Calamita, nella quale si eleva l'omonimo monte di 413m slm nel territorio del comune di Capoliveri, e dove si trovano le miniera di Calamita e del Ginevro. Nella stessa area è presenta anche una terza miniera molto più piccola chiamata dei Sassi Neri. Ogni miniera presente proprie caratteristiche geologiche e mineralogiche, ma tutte sono accomunate dalla bellezza dei luoghi. Partendo da Portoferrario ci si dirige verso Capoliveri da dove partiremo per il nostro viaggio verso le terre del ferro elbane. Nello stesso comune di Capoliveri per chi vuole approfondire le proprie conoscenze sui minerali, tappa obbligata è una visita al museo Alfeo Ricci, nel quale sono conservate una splendida collezione di minerali estratti dalle vicine miniere. Lo stesso museo è anche il punto di ritrovo per i visitatori che vogliono visitare il parco minerario di Cavopoliveri, poiché si può accedere solo accompagnati dalla guide ambientali. Si parte percorrendo la strada comunale che conduce alla Fattoria dei Ripalti che taglia la penisola di Calamita a circa 150m slm. Dopo poco la strada che percorriamo perde la normale pavimentazione stradale e si trasforma in una polverosa, ma suggestiva strada che percorre tutta la penisola e ci che porterà alle miniere.

Dopo aver percorso qualche chilometro, si giunge alla prima miniera, quella di Punta Calamita. La bellezza dei luoghi lascia senza fiato. Gli ossidi ferrosi hanno conferito al terreno il tipico color rosso e arancio scuro, che bene si sposa con la gialle ginestre in fiore e la ridente macchia mediterranea. Il sole illumina l'area della miniera che si presenta in tutta la sua suggestiva armonia cromatica, ed un pulviscolo di stelle luccica ovunque sotto i nostri piedi.

Immagine panoramica interattiva: www.marcostucchi.com/Panoramiche/VirtualTour/vt_21.html

Il silenzio del luogo, ora che le macchine per l'escavazione tacciono da molti anni, è rotto solamente dal fragore delle onde dal mare che si infrangono sui vicini scogli e dal garrire dei gabbiani che senza sosta attraverso il cielo sovrastante. Una leggera brezza marina trasporta nell'aria il profumo dei cisti e del rosmarino. La miniera di Calaminta è tagliata a metà dalla strada comunale che abbiamo percorso ed è costituita da più cantieri alcuni dei quali esauriti da molti decenni, altri che hanno cessato la propria attività con la chiusura delle definitiva della miniera. Alcuni di essi sono particolare interesse scientifico mineralogico.

Immagine panoramica interattiva: www.marcostucchi.com/Panoramiche/VirtualTour/vt_03.html

A nord rispetto la strada comunale troviamo i cantieri di Albaroccia che è il più elevato, il cantiere di Nuova Zona che è il più recente, il cantiere della Civetta che è il più orientale, il cantiere del Polverraio ed il cantiere delle Coti Nere che è il più occidentale. A nord della strada comunale troviamo anche la parte alta del grande cantiere di Macei, mentre la parta bassa occupa una significativa area a Sud della strada. Rimanendo sempre nella parte inferiore della strada troviamo invece i cantieri di Punta Rossa, delle Piane ed l'ampio cantiere del Vallone suddiviso in parte Alta e Bassa. Durante la nostra visita le guide ci accompagnano al cantiere del Vallone Alto, dal quale abbiamo una magnifica vista dell'intera miniera, compresi quelli più elevati. Si possono osservare i segni lasciati nelle rocce ferrose dall'opera dell'uomo. Guardando più in basso si possono scorgere molti edifici in stato di abbandono, segno tangibile di una intensa attività passata. Il grande palazzo con la sede locale della miniera, la polveriera, la laveria e gli ambarchi. Sui terrazzamenti a scendere verso il mare della miniera sono malinconicamente parcheggiati, dopo il loro ultimo giorno di lavoro di un lontano anno 1981, numerosi mezzi cingolati per escavazione dei minerali parzialmente erosi dagli agenti atmosferici. Dirigendo lo sguardo verso l'orizzonte a Sud si distinguono chiaramente le isole dell'arcipelago toscano: l'isola di Pianosa, famosa per aver ospitato fino a pochi anni fa un carcere di massima sicurezza, l'isola di MonteCristo incontaminato paradiso naturalistico, accessibile solo ed esclusivamente su richiesta al Corpo Forestale dello Stato mentre più a Est si scorge l'isola del Giglio. Imponente a Ovest si eleva la sagoma della Corsica. Il principale minerale estratto dalla miniera è la magnetite, ma sono presenti anche aree con presenza di rame. Notevole interesse per il mondo scientifico sono state la scoperta in questo luogo di due nuovi minerali: la Bonattite e la Minguzzite.




Riprendiamo la strada delle Ripalte e proseguiamo ancora per qualche chilometro in direzione della Fattoria dei Ripalti. In prossimità della fattoria troviamo una deviazione, in alcuni tratti ripida, che prende la direzione del mare verso la miniera del Ginevro. A metà del percorso dalla strada è possibile osservare la miniera e scorgere chiaramente gli edifici, le baracche, l'ascensore, i grandi nastri per il trasporto del minerale all'imbarco sulle navi i numerosi mezzi abbandonati. Il colpo d'occhio che si può ottenere da questo punto è veramente suggestivo; il visitatore può rendersi conto della vastità dell'area occupata dalla miniera e dell'ardita opera dell'uomo per estrarre il minerale. Arriviamo in ampio spiazzo originariamente utilizzato per le manovre dei mezzi, attraverso da un lunghissimo nastro per il trasporto dei minerali dall'ascensore, che li portava in superficie, alla laveria. Le guide ambientali ci accompagnano, all'interno di una baracca, e ci illustrano con dovizia di dettaglio le diverse fasi del processo estrattivo, la morfologia delle rocce e la complessa evoluzione geologica dell'isola.

Terminata l'interessante esposizione delle guide viene fornito ad ogni visitatore un casco protettivo, il che fa presagire l'imminente ingresso in galleria. Inizia ora un affascinante viaggio nel cuore della terra. Appena varchiamo il cancello di ingresso, dopo alcuni metri un buio fitto ci avvolge ed i nostri occhi hanno inizialmente qualche difficoltà ad abituarsi. Dopo aver percorso una decina di metri all'interno della galleria, la nostra vista si è completamente abituata alla flebile luce della miniera, ed avvertiamo che la temperatura è decisamente più bassa rispetto l'esterno è l'aria ricca di umidità. Per questo motivo, viene consigliato ai visitatori di munirsi di qualche capo più pesante, per l'escursione in galleria. Percorrendo le gallerie si incontrano numerosi trenini utilizzati per il trasporto appoggiati su lunghi tratti di rotaie chiaramente visibili e ben conservate. Tanti e tanti sono gli strumenti di lavoro che si possono vedere ancora nelle loro collocazioni originali utilizzati dai minatori. Il tratto sotterraneo che percorriamo segue la direttrice Nord-Sud, ovvero il percorso che congiunge i due grandi fronti di escavazione, tecnicamente chiamata coltivazione. I fronti sarebbero dovuti unirsi, ma la miniera è stato chiusa prima che ciò potesse avvenire.







Ogni metro delle gallerie presenta diverse suggestive colorazioni in base alla presenza del filone di minerale. Suggestivi gli angoli nei quali le gallerie presentano delle deviazioni poichè lo scavo nella roccia sembra ancora più imponente. Un luogo dove certamente bisogna soffermarsi è il piccolo laghetto - quasi una pozza - formatosi dall'accumulo di infiltrazioni d'acqua dalle rocce superiori. L'acqua ha ulteriormente amplificato l'ossidazione delle rocce vicine, che hanno assunto una colorazione rossa e gialla particolarmente intensa, che magicamente si riflettono in quei pochi centimetri acqua, conferendo a questo luogo un aspetto incantevole. Infine visitiamo i due grandi fronti di coltivazione.

Quello del lato Sud è cosi grande che si calcola potrebbe contenere l'intero Duomo di Milano, mentre l'altro fronte del lato Nord ha particolarità che il soffitto di roccia è crollato molti anni fa, lasciando un ampio squarcio nel terreno sovrastante che consente al sole di far giungere la propria luce all'interno della galleria. Il contrasto violento tra il buio delle gallerie e la brillante luce del sole che entra dall'esterno permette di ottenere giochi di luce che non possono essere visibili in nessun altro luogo. Il nostro viaggio nella miniera in galleria sta giungendo al termine, e ripercorrendo in senso contrario le gallerie ci dirigiamo verso l'uscita della miniera. Appena fuori dalla miniera ritroviamo la piacevole temperatura e l'intensa luce di una giornata di luglio nel mezzo del Mediterraneo. Il principale minerale estratto al Ginevro è la magnetite.

Lo sfruttamento della miniera si può suddividere in due fasi. In un arco temporale compreso tra il 1928 ed il 1969 l'attività si svolta a cielo aperto, successivamente fino alla chiusura del 1981 si proceduto con l'estrazione in galleria fino a toccare i -54m slm. Gli impianti del Ginevro sono parzialmente aperti al pubblico, e sono in un stato di manutenzione conservativa; la miniera in caso di sopraggiunte necessità potrebbe essere rapidamente rimessa in esercizio. Gli impianti del Ginevro sono considerati dal punto di visto tecnologico ed operativo non soltanto i più moderni di Italia, ma d'Europa. Il viaggio appena concluso oltre ai contenuti scientifici, culturali e didattici di assoluto interesse che è in grado di offrire al visitatore è certamente un omaggio alle generazioni minatori che in questi luoghi hanno lavorato duramente. Se l'attività mineraria è di per sé già faticosa e logorante a cielo aperto, con questo viaggio possiamo solo immaginare gli sforzi compiuti per strappare il minerale in galleria.
In futuro sono auspicabili interventi migliorativi, come sta già avvenendo, affinché questi luoghi così ricchi di fascino possono essere raggiunti da un maggior numero di visitatori e che si possa mantenere viva la memoria di questi luoghi. Essi rappresentato autentici esempi di archeologia mineraria - industriale unici in Italia. L'attività di estrattiva nell'isola d'Elba si è definitivamente conclusa nel 1981. Le mutate condizioni economiche del mercato globale dei minerali ferrosi, hanno di fatto reso l'estrazione elbana non competitiva, ed una matura e consapevole vacazioni turistica delle proprie terre hanno contribuito alla cessazione definitiva di questa attività.


Fotografare in miniera

La visita alle miniere elbane ha rappresentato uno dei più suggestivi percorsi fotografici che negli ultimi anni mi sono imbattuto. Questo è il motivo per il quale con generosa passione ho voluto scrivere questo articolo, per descrivere la selvaggia bellezza dei luoghi, e come momento di riflessione per il faticoso lavoro svolto da tanti miniatori. Un ringraziamento particolare alle guide ambientali che ci hanno accompagnato per la competenza e professionalità. Fotografe in una gallerie di una miniera certamente non è una cosa facile! Il motivo è molto semplice: la luce è scarsissima, la sensibilità ISO deve essere talvolta elevata a valori critici ed il flash, sia pur potente, non aiuta molto. In queste condizioni così estreme l'unico vero compagno per realizzare una buona foto è un solido cavalletto per scattare con tempi più lunghi. Devo dire che la mia Nikon D300 in queste condizioni si è comportata veramente bene. Durante i miei viaggi il più inseparabile compagno è diventato il mio cavalletto 055PRO sul quale monto una testa Manfrotto 303 per eseguire panoramiche a 360°.


Dedico quest'articolo a mio papà che l'anno scorso mi aveva accompagnato in questo luogo. Nei mesi scorsi ha avuto dei seri problemi di salute. Con affetto gli invio i più cari auguri per una completa e totale ripresa, Marco



Marco Stucchi, 33 anni, milanese di nascita, ma vive a Piacenza da molti anni. Comincia a fotografare 12 anni e mantiene sempre viva questa passione. Informatico, trova nell'era della fotografia digitale nuovi stimoli ed un ambiente ideale e favorevole per esprimere la propria creatività. Egli afferma: "poter coniugare la sensibilità artistica propria di ogni fotografo con le tecnologie di elaborazione oggi disponibili, rappresentano la vera sfida di ogni creatore di immagini". Una particolare attenzione sta rivolgendo alla fotografia immersiva - panoramica a 360 - Collabora attivamente con l'amico Valerio di InFotoPiacenza. A presto sarà disponibile on-line il suo portfolio su www.marcostucchi.com.



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