| inviato il 27 Novembre 2018 ore 22:15
Io non ho ancora capito come fa la luce ad uscire dalla seconda superficie di rifrazione, secondo me non esce, ma si riflette, quindi mi pare strano che abbia qualche applicazione possibile... attendiamo ulteriori notizie. Cioè, secondo me la luce rimane intrappolata nel cristallo e non esce piu'... a meno che si trovi un altro metodo / cristallo di uscita luce... che io non conosco. |
| inviato il 28 Novembre 2018 ore 8:30
Se pensano di farci delle lenti, la luce esce sicuramente. Mi sembra di capire che si parli di grande indice di rifrazione e di apocromaticità. |
| inviato il 28 Novembre 2018 ore 8:42
Non penso che possa servire a fare delle lenti fotografiche, forse ho capito, la luce non deve uscire dalla lente, perchè la cella fotovoltaica è annegata dentro il cristallo, quindi la luce colpisce direttamente la cella. Rimane il problema di poter far funzionare la perovskite a temperature superiori a 40° C ( il sole scalda tutta l' apparecchiatura ). Comunque la notizia è molto interessante. Potrebbe anche servire per i sensori delle fotocamere, con una lentina simile per ogni pixel, aumenterebbe la resa ottica negli angoli delle foto, dove la luce arriva molto inclinata con i supergrandangoli. |
| inviato il 28 Novembre 2018 ore 8:51
Se, come scritto, quelle proprietà si manifestano a 15 °C, il problema sarà come mantenere costante quella temperatura; per apparecchiature particolari la cosa potrà essere semplice, ma per obiettivi fotografici un po' meno |
| inviato il 28 Novembre 2018 ore 9:01
Per una lente fotografica avere una forte deviazione della luce è un grosso problema. Basta che la superficie della lente abbia un difetto di planarità di 1/100 di grado per avere una amplificazione di questo difetto. Poi continuo a pensare che la luce puo' entrare ma per uscire diventa difficilissimo , basta un errore di 1 di grado in uscita e la luce si riflette ( riflessione totale ) , invece della rifrazione si avrebbe riflessione, quindi la luce torna indietro. |
| inviato il 28 Novembre 2018 ore 13:24
Scusate , prima ero stato troppo pessimista , ora ho fatto bene i conti utilizzando la Legge di Snell con indice di rifrazione n = 26 : sin T1 / sin T2 = 26 dove T1 e T2 sono l' angolo di incidenza e l' angolo rifratto. Supponiamo di avere una lente piatta ( come un filtro con le due superfici parallele ) dove all' uscita il raggio di luce dovrebbe avere lo stesso angolo di quello di entrata. con T1=45° e indice di rifrazione 26, T2=1,558432° se sulla superficie in uscita ho un errore di planarità di 0,1° ho T2=1,658432°, T1 in uscita errato diventa : sin 1,658432° = 0,02894105719868 * 26 = 0,7524674871657026 il cui arcsin è : 48,804573703548° ( T1 in uscita ) quindi un errore di 3,8° del raggio in uscita rispetto al raggio in entrata ( 45° ), un errore 38 volte superiore al difetto di planarità di 0,1°. se sulla superficie in uscita ho un errore di planarità di 1° ho T2=2,559432°, T1 in uscita errato diventa : sin 2,559432° = 0,044655660529626 * 26 = 1,16104717377 il cui arcsin non esiste ( T1 in uscita ), quindi si ha riflessione totale ( la luce torna indietro ). Quindi le eventuali lenti costruite con un "vetro" che avrebbe un indice di rifrazione 26 , sarebbero molto difficili da realizzare, per il fenomeno di amplificazione dei difetti la loro qualità ottica sarebbe bassa. In compenso sarebbero ottiche superleggere perchè le loro lenti sarebbero molto sottili. |
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