| inviato il 16 Ottobre 2018 ore 23:53
Amo le fotografie silenziose, quelle semplici, formato cartolina, quelle che si trovano negli album di famiglia che purtroppo oggi ce ne sono sempre meno. Quelle che raccontano la storia della mia vita con una sigaretta (la famosa ultima), un anello che credevo di aver perso, la maglia di un concerto, la bicicletta del nonno, un tramonto in mezzo alla nebbia emiliana. Il quotidiano é fatto di tanti rituali e non sempre ci accorgiamo dell'importanza che assumono ripetendosi uguali giorno dopo giorno; la sveglia che suona sempre alle 7:00, il caffé che mi preparo subito dopo, il treno che prendo per andare all'università. Le foto che più spesso realizzo cercano di congelare questi momenti, testimoniarli perché non vadano persi. Oggi però siamo nell'era del tutto e subito, della frenesia, della nevrosi, del consumo senza lasciare traccia, dell'immagine grande, satura ed esclusivamente formale. Mi chiedo se ci siano altri come me che vedono molto di più nella foto del proprio gatto domestico che in mille foto di ghepardi. P.s. la mia non é un'accusa nei confronti di un genere fotografico particolare (credo ci sia spazio per tutti) ma solo l'espressione di una mia preferenza. |
| inviato il 17 Ottobre 2018 ore 8:51
Semplicemente sensibilità, le persone più sensibili riesco ad andare nel profondo, quel profondo che hai descritto egregiamente, che ti porta in un viaggio nel tempo con malinconia ma anche con un sorriso. Dettagli notati sempre meno, vero, ma ciò che conta è la tua storia e di come te la vivi, tutto il resto è noia |
| inviato il 17 Ottobre 2018 ore 10:34
C'è un noto fotografo perennemente dotato dotato cappella in testa, ...che fa molto figo, che solo perché hai nominato foto ai gatti potrebbe volerti vedere sul rogo. Evidentemente pur ritenendosi un grande fotografo e un grande raccontatore di storie non ha la sensibilità e le capacità di cui Ana (far finta di non) vantarsi. Io la penso come te. |
| inviato il 17 Ottobre 2018 ore 13:12
È un argomento complesso. In linea generale non frega a nessuno di vedere la foto del milionesimo gattino o della propria quotidianità, la foto può essere un ricordo per noi ma totalmente insignificante per tutti gli altri, ovviamente questo è così nel 99% dei casi, poi ci sono lavori come scatti personali di Erwitt, oppure ci sono state raccolte di queste foto che hanno creato lavori interessanti, insomma dipende da che tipo di foto guardiamo |
| inviato il 17 Ottobre 2018 ore 15:30
Bé Matteo, siamo d'accordo, comunque parliamo di foto d'autore o con almeno la pretesa di esserlo e anche tra gli autori più affermati questo tema del quotidiano salta fuori, Sally Mann, Nan Goldin, Duane Michael, Boltanski sono solo alcuni nomi. Io cerco solo di ispirarmi a loro, perché credo che la vita, nei suoi aspetti più banali e trascurabili, si possa rivelare piena di sentimento di affetto. Ma é solo il mio pensiero questo, non é il modo giusto, é soltanto il mio modo |
| inviato il 17 Ottobre 2018 ore 15:37
Di certo non è il modo sbagliato come tu hai citato tanti autori hanno pescato dal quotidiano anche sai gesti semplici, credo che il tutto stia nel renderlo più universale e meno personale il quotidiano, non è semplice ma io credo sia una approccio interessante |
| inviato il 17 Ottobre 2018 ore 16:37
"Perchè complicare a tal punto un'esperienza che facciamo più volte ogni giorno: l'esperienza di guardare una foto? Perchè l'ingenuità con cui di solito la affrontiamo è dispendiosa e disorientante. Pensiamo alle fotografie come a opere d'arte, come di una particolare verità, come simulacri, come nuovi oggetti. Di fatto ogni fotografia è un mezzo per verificare, confermare e costruire una visione della realtà". John Berger "Le fotografie non devono per forza comunicare un grande concetto; possono semplicemente esistere. Lasciare che le fotografie esistano, dunque. Lasciarsi trasportare dal momento, dalle sensazioni che si provano. Permettere che il caso irrompa, che l'elemento fortuito si insinui in una fotografia e inaspettatamente - si potrebbe dire magicamente - la plasmi". David Alan Harvey |
| inviato il 18 Ottobre 2018 ore 3:02
Il problema è che con la condivisione di tramonti, gattini, colazioni, ecc... Ne abbiamo milioni quindi che senso ha condividerne ancora? Non sto dicendo di non farle, ma sono foto che hanno senso per noi come ricordo ma agli altri non diranno nulla |
user30556 | inviato il 18 Ottobre 2018 ore 6:40
Bah, forse dipende pure dal grado di empatia o semplice curiosita'verso il genere umano. Penso che pure da un gattino, tramonto o colazione si possa risalire in qualche modo alla conoscenza di una persona, il suo modo di vedere, amare, raccontare la sua vita. Poi c'e' pure un discorso di appartenenza, atavico, di tribu'. Lo stesso gatto come il mio, la stessa colazione(postura, tazza, giacca da camera), lo stesso tramonto he piace tanto anche a me. E allora ci si sente meno soli. Umano, troppo umano... E perche' si dovrebbe condividere solo "arte" (vedi universale)e non pure il semplice quotidiano? A me molte foto "ricordo" qui su Juza mi hanno colpito e le ho fatte mie, nel mio album di famiglia proprio per quel senso di appartenenza, del rievocare esperienze, odori, sapori a me tanto cari. Il fatto semmai e' un'altro. Condividere uno scatto che almeno evochi qualcosa innanzitutto per se stessi, che ci appartenga. Buona giornata. |
| inviato il 18 Ottobre 2018 ore 13:46
Svario... dietro ogni fotografia dovrebbe esserci un'idea. Dietro le tue c'è il desiderio di documentare cosa è per te importante, per averne futura memoria. Non ci vedo niente di male, anzi. Queste foto avranno un gran valore per te, ed è giusto così. Magari però queste foto non significheranno molto per chi non fa parte della tua famiglia, per chi non ha condiviso quei momenti con te. |
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