| inviato il 06 Agosto 2018 ore 21:05
@Ooo Corretto quello che dici, ma ancora più corretto è quando hai affermato che esiste una sorta di scala di valori circa la vita e che è del tutto personale: tipo che un uomo vale appena di più, o forse quanto, un'aragosta, sicuramente molto di più di una zanzara e di un'insalata e infinitamente di più che il batterio del colera; ecco, questo però mina tutto, perché bisogna accettare anche chi pensa che solo l'uomo abbia importanza. Credo che questo discorso abbia una dicotomia di fondo: o tutti sono vita da rispettare o nessuno lo è. |
| inviato il 06 Agosto 2018 ore 21:22
“ bisogna accettare anche chi pensa che solo l'uomo abbia importanza. „ no, questo a mio avviso non è accettabile poichè autodistruttivo innanzi tutto quindi deme.nte. Chi non si prendesse a cuore il pollo e il grano, se non altro per motivi egoistici (come è egoista anche il bimbo verso il seno), saprebbe distruggere polli e grano rimanendone senza. e non è come rimanere senza chitarre, che poi se c'è il liutaio ne fa altre. Se spariscono le galline ed il grano basta, non ce ne sono più e basta. Allora è anche un fatto di amor proprio avere un certo rispetto verso chi ti garantisce la vita. Anche la religione cattolica che è così appiccicata all'uomo e basta, differentemente dalle religioni indiane per es., contempla il bue e l'asinello, la colomba. Perchè si permette di scaldare il Signore con l'alito delle bestie nell'iconografia cristiana? anche loro che si dicono così umanisti sono in certa misura animalisti. La mia scala personale di valori nei confronti del mondo animale e vegetale è mia, ma è troppo complesso spiegare tutto. Per es. dovrei anche spiegare il senso che per me ha la vita e la morte, cosa sono. Io sono buddhista e sono anche darwiniano, richiederebbe quindi molto tempo spiegare chiaramente come per me la mia morte e quella di una gallina hanno un significato molto differente rispetto a quello che si riscontra comunemente nel nostro Paese di derivazione cattolica. Per me c'è un dolore universale, ma anche normale, nell'aringa mangiata dallo squalo, nello squalo che si ammala e che è divorato dai batteri prima ancora di morire. Mi rendo conto di lanciare solo spot del mio modo di pensare ed il topic non verte certo su questo. |
| inviato il 06 Agosto 2018 ore 23:35
Volenti o nolenti il decentrare sistematico in una sorta di sorridente e cinica catarsi morale della nostra responsabilita' nonche' la costante ,obesa ed affaticata rappresentazione di noi stessi come eletti ed ancestrali predatori senzienti e' destinato a confrontarsi con nuove visioni. L impatto delle documentazioni seppur ancora ridotto ci rende piu' consapevoli e se fino ad oggi abbiamo tergiversato forti della nostra amica spugna ormai centenaria ,sozza ed imbrattatata di violenze e miserie umane , ma pronta a render sempre luccicante la vetrina sulla quale ci siamo specchiati fino ad oggi ora cominciamo a fare i conti col risveglio della consapevolezza. Aiutamolo allora questo risveglio facciamo in modo che fin da piccoli questi cuccioli d uomo ,potenziali nuovi distruttori oppure potenziali nuovi creatori di salvaguardie ecologiche e quindi anche di loro stessi , siano accompagnati si nelle loro piu' intime aspirazioni ma siano anche educati al nuovo senso morale. “ no, questo a mio avviso non è accettabile poichè autodistruttivo innanzi tutto quindi deme.nte. Chi non si prendesse a cuore il pollo e il grano, se non altro per motivi egoistici (come è egoista anche il bimbo verso il seno), saprebbe distruggere polli e grano rimanendone senza. e non è come rimanere senza chitarre, che poi se c'è il liutaio ne fa altre. Se spariscono le galline ed il grano basta, non ce ne sono più e basta. Allora è anche un fatto di amor proprio avere un certo rispetto verso chi ti garantisce la vita. „ Sopratutto l ultima frase la reindizzerei verso la mia utopia educativa ,guardare un fiume mentre scorre e' guardare la vita che ti viene donata . |
| inviato il 06 Agosto 2018 ore 23:40
Avevo escluso l'autore del 3d da contaminazioni di fanatismo. Comincio a ricredermi. |
| inviato il 06 Agosto 2018 ore 23:54
Non capisco ,spiegami le tue ragioni se vuoi un confronto serio ed educato ,credo che considerare fanatici chi prova ad argomentare su tematiche di questo spessore sia oltre che una caduta di stile,un ottima prova di pericoloso principio di chiusura mentale. Ovviamente rimango disponibile ad ascoltare le ragioni che ti portano a frettolose affermazioni. |
| inviato il 07 Agosto 2018 ore 3:45
I vegani in Italia sono in calo, il picco si è avuto intorno al 2016, ora sono diminuiti di circa 2/3, ritornando sotto l'1%. |
user35763 | inviato il 07 Agosto 2018 ore 5:53
Mi sembra che fanatica e, soprattutto, puerile, sia il considerare-arsi l'animale uomo biblicamente autorizzato a disporre del resto della natura come gli meglio pare, forte di una posizione superiore che non sussiste. L'homo sapiens è in giro su questa terra soltanto da pochi minuti - considerata l'età della stessa - e probabilmente sparirà nell'oblio e nell'irrilevanza tra altri pochi minuti; La cialtro-nesca, tartufesca, interessata e infantile favoletta di una antropomorfizzazione a propria immagine e fantasia di un presunto divino creatore non cambia certo l'oggettività della cosa. Non siamo divisi dalla natura, non potremmo mai esserlo. Ciò che facciamo agli altri animali e alla natura, lo facciamo a noi stessi, e crudelmente, psicopatologicamente, tragicamente, continueremo a farlo anche a noi stessi, ai nostri simili, come la storia c'insegna. Ed è questo, questa empatia, compassione e connessione con ogni vita, il reale grado e unità di misura della nostra coscienza ed evoluzione. Questo sentire-patire come su di se il dolore degli altri esseri viventi. E', semmai, questa tragica possibilità di coscienza, autocoscienza e sensibilizzazione - questa possibilità di una dimensione e unità spirituale; non dogmaticamente e infantilmente religiosa - a differenziarci e renderci (per quanto ne possiamo realmente sapere della possibile coscienza del resto del creato) - orgogliosamente umani. ps. sempre chi dice "prima l'uomo" sta in realtà dicendo "prima io"; e questo in soldoni riguarderà tanto la natura e gli altri esseri viventi, quanto, all'occorrenza, i suoi simili umani. |
| inviato il 07 Agosto 2018 ore 7:07
Quoto silvano..! Bel messaggio.. Basterebbe tirare fuori quello che già ognuno di noi ha dentro di sé, e che purtroppo durante la crescita viene nella maggior parte dei casi "perso", per rendersi conto che non esiste nessun "noi" e "loro", e che quello che fai agli altri lo fai a te stesso, perché siamo un uno.. |
| inviato il 07 Agosto 2018 ore 9:42
Se ci mettamo ad osservare il cantiere, troveremo di sicuro qualcosa che noi avremmo fatto in modo diverso. Ogni mattina dei pensionati si avviano verso i cantieri. Non entrano dentro, si fermano alla recinzione ed osservano. " io quel cemento lì l'avrei fatto più secco ", " quello lì non lo usa mica bene il fratazzo " e via discorrendo. é facile trovare i termini della separazione se ci sentiamo separati, tanto da restare osservatori. ed esistono in una sequenza tale da poter man mano far prendere le distanze tra noi e l'altro. originale, inconsueto, strano, visionario, fanatico, folle... Domani daremo un'altra occhiata al cantiere. |
| inviato il 07 Agosto 2018 ore 9:59
“ Ogni mattina dei pensionati si avviano verso i cantieri „ "workwatching" |
user35763 | inviato il 07 Agosto 2018 ore 10:15
Date le dimensioni, mezzi e prerogative dell'odierna umana presenza; date le nostre possibiltà di nuocere e nuocerci - evolvere da una Weltanschauung che ci auto esclude da ciò che ci circonda, a piccoli passi, per quanto poco si possa, e per la nostra stessa dignitosa e serena esistenza è improrogabile. Che si debba cercare di sensibilizzare il risolvere e superare una "fase fallica" dell'uomo che non possiamo più mantenere dovrebbe essere oramai una necessità, anche ai più, assodata. Mutare – trasmutarsi - da una Weltanschauung, da un daimon, che rasenta la psicopatologia generale (non a caso insisto su tale termine, poiché lo ritengo il più appropriato quale descrizione del deficit del sentire ed emotivamente percepire, in sintesi letteraria la malattia dell'anima che si conduce sino alla sua perdita.), e promuovere un insita scintilla "divina", “animica” della possibilità del com-patire, di una pietas senza ipocrite e autoingannevoli distinzioni e paletti. La possibilità del compatire non distingue, poiché è un transfert, la capacità sensitiva di una proiezione. O c'è o non c'è. Patetico raccontarsela diversamente. O senti o non senti. E se non senti non ce ne per nessuno, te compreso. Si comincia a distinguere l'uomo dal resto della natura, e fatalmente, inevitabilmente si prosegue a distinguere l'uomo dall'uomo, tramite innumerevoli aspetti, campanilismi, interessi e categorie, idiosincrasie.... Infine al processo non resta che un individualismo egotico che si traduce in concreto nella gabbia di un angusto inferno personale, solo, al calduccio dell'odio di se coltivato e maturato da raccogliere e godersi; spaventato, diviso e abbandonato dall'abbraccio materno e confortante del tutto. Evolvere da tale Weltanschauung a piccoli passi, per quanto poco si possa, e per la nostra stessa dignitosa , etica e serena esistenza; Un cammino che inizia e prosegue nel personale, mai imposto o indottrinato, quale surrogato posticcio, divieto o astratto idealismo o dogma. Anche se riterrei che si debba almeno cercare di sensibilizzare, illustrare la possibilità di superare una "fase fallica" dell'uomo che non possiamo più permetterci. Fase fallica che poteva anche "laissez-faire” in una dimensione hobbesiana-carlyleiana "bellum omnium contra omnes" fino a pochi secoli fa, ma oggi risulta deleteria e controproducente sotto ogni aspetto. Risulta essere suicida, nichilista e irrazionale. Oltre che consapevolmente crudele e colpevole. Piccoli passi, e graduale sensibilizzazione, sarebbe già un notevole risultato. Che poi personalmente sia pessimista al riguardo non conta. Almeno alla dimensione attuale, generalmente, questa pietas allargata non è ne e ci viene -ancora - naturale, spontanea, automatica. La dimensione psicopatologica-infantile dell'uomo permane pressoché inalterata; E, a oltranza ripeto, se mai ci fosse una "divina" superiorità e centralità dell'uomo riguardo al resto del creato, questa non può che consistere che in tale possibilità di compassione, connessione, e unità spirituale con tutto ciò che ci circonda e percepiamo. Nella nostra possibile, latente, dimensione spirituale. Nella nostra possibilità estatica (d'andar fuori dalla stasi; dalle chiuse pareti di un individualità fittizia e sempre equivocata soltanto nel suo peggiorativo assetto. In che altro se no? La misura d'una nostra auto referenziale "superiorità" dovrebbe solo constare in una amorevole -materna-dolorosa-straziante capacità latente di sentire, con-patire quel tragico pathos (duhkha > samudaya > nirodha, se vogliamo) che accomuna tutto ciò che vive e esiste. Che, forse, chissà, tutte le anime sono magari uguali. Vero o non vero, che importa!? Crederlo, sentirlo, e cercare per quanto si possa di praticarlo sarebbe una benedizione tanto per la natura quanto per noi. |
| inviato il 07 Agosto 2018 ore 10:48
Caro Silvano , mi sono riletto parecchie volte il Tuo intervento prima di avere un quadro abbastanza chiaro per quello che è il mio livello di comprensione , come ogni volta constato che il bello del forum è quello di porre in comunicazione persone con idee , cultura e stili diversi di vita , e permettere lo scambio pacato fra di loro , il rispetto delle altrui idee innanzitutto .“ La misura d'una nostra auto referenziale "superiorità" dovrebbe solo constare in una amorevole -materna-dolorosa-straziante capacità latente di sentire, con-patire quel tragico pathos (duhkha > samudaya > nirodha, se vogliamo) che accomuna tutto ciò che vive e esiste. Che, forse, chissà, tutte le anime sono magari uguali. Vero o non vero, che importa!? Crederlo, sentirlo, e cercare per quanto si possa di praticarlo sarebbe una benedizione tanto per la natura quanto per noi. „ Questa parte finale racchiude a mio parere quella che dovrebbe essere la strada …. utopia ? , probabilmente si , ma anche le utopie diluite degli estremismi che a volte inevitabilmente si portano dietro giovano al miglioramento di quei quattro veloci giorni che abbiamo a disposizione . Resto intenzionalmente vago e permango sul soft non per buonismo o vigliaccheria , ma perché amo sempre confrontarmi faccia a faccia , che penso converrai , è molto più gratificante. un saluto Silvano |
| inviato il 07 Agosto 2018 ore 10:54
"Chi di noi non si sente colpevole mentre conficca i canini sulla spalla del manzo o mentre scortica un aragosta uccisa immersa nell acqua bollente .." Io. Tu magnati l'insalata. |
| inviato il 07 Agosto 2018 ore 11:08
E un'opinione come un'altra , nessuno vuole convincere nessuno , io peraltro non sono ne prettamente vegetariano , ne vegano . Penso che nel cammino della vita a tutti possa capitare di modificare le proprie idee e le proprie sensibilità , direi che è un fatto quasi ineluttabile quando si hanno a disposizione parecchi elementi da poter valutare e parecchie esperienze passate , quindi non disperiamo , su questo argomento ci ridiamo appuntamento fra dieci anni e ho una ragionevole certezza che anche Tu potresti avere dei punti di vista diversi dagli attuali . Per ora se questo Ti gratifica , goditi la tagliata e l'aragosta , fino a che ce ne saranno. Alla prossima Silvano |
user35763 | inviato il 07 Agosto 2018 ore 11:12
Silvano, penso che il raggiungere un cambiamento passi inevitabilmente nell'operarlo su di se. Pensare solo a fare la propria parte, senza chiederla agli altri. Nell'essere costretti a farlo, per liberare uno scoperto, consapevolizzato, esistenziale dolore. Nessuna ideologia o dogma; o chissà che altro. Solo una sensibilità inflazionata, forse. Una autocoscienza esacerbata, che scopre le quinte del dolore e della paura e ti obbliga, volente o nolente, ad attraversale per superarle in una visione e consapevolezza diverse. Una possibilità di risolvere il conflitto e lenire il dolore che improvvisamente appare, ravvedi in te e intorno a te. Una necessità. Il sentire la sofferenza di tutto ciò che esiste - il duhkha - constà sempre nell'affrontare la propria di intollerabile sofferenza, da ciò la compassione, o proiezione se vogliamo. Un saluto anche a te. |
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