Estratto del'articolo :
“ [IMG]Qualche anno fa, una cara amica perse suo padre. La trovai seduta da sola su una panchina, fuori dal nostro luogo di lavoro, immobile, a fissare l'orizzonte. Era distrutta e io non sapevo cosa dirle. È facile dire la cosa sbagliata a qualcuno che sta soffrendo ed è vulnerabile. Perciò, iniziai a raccontarle di come sono cresciuta senza un padre. Le dissi che mio padre era affogato in un sottomarino quando avevo solo nove mesi e che avevo sempre pianto la sua morte, pur non avendolo mai conosciuto. Volevo farle capire che non era da sola, che anche io ero passata per un'esperienza simile e capivo cosa provava.
Ma, dopo aver ascoltato quella storia, la mia amica mi guardò e sbottò: "Ok, Celeste, hai vinto tu. Non hai mai avuto un padre, almeno io ho passato trent'anni con lui. A te è andata peggio. Immagino che non dovrei essere tanto turbata se mio padre è appena morto."
Ero sconvolta e mortificata. La mia reazione immediata fu quella di perorare la mia causa. "No, no, no", dissi, "non sto dicendo questo. Intendevo solo che so come ti senti". E lei rispose: "No, Celeste, non lo sai. Non hai idea di come mi sento."
Lei andò via e io rimasi là impotente, mentre la guardavo allontanarsi e mi sentivo un'×. Avevo deluso la mia amica. Volevo solo consolarla e, invece, l'avevo fatta sentire peggio. All'epoca, credevo ancora che mi avesse frainteso. Pensavo che fosse in un momento fragile e che mi avesse aggredito ingiustamente, quando stavo solo cercando di aiutarla.
Ma la verità è che non mi aveva frainteso affatto. Capiva quello che stava accadendo forse meglio di me. Quando iniziò a condividere le sue emozioni, mi mise a disagio. Non sapevo cosa dire, così mi affidai d'istinto a un argomento che trovavo rassicurante: me stessa.[/IMG] „