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I bambini, la Fotografia e la percezione della realtà.


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avatarsenior
inviato il 25 Marzo 2018 ore 12:50

Interno giorno, sabato pomeriggio, Museo di Scienze Naturali.
Un bambino di quattro anni percorre le stanze ed i corridoi dove vengono esposte rappresentazioni di varia natura di un mondo per lui irraggiungibile a causa della distanza che, inevitabilmente, si frappone tra lui ed i soggetti: lontanissimi nello spazio o nel tempo, animali dalle fattezze più inconsuete si avvicendano davanti ad i suoi occhi spalancati di meraviglia.
Ci sono scheletri veri appesi alle pareti di animali estinti, diorami di ambienti naturali attuali ricostruiti con accuratezza, corpi mummificati, immagini di fantasia o riproduzioni pseudofotografiche di tigri dai denti a sciabola o vere fotografie di gattoni selvatici che assomigliano tantissimo a Fuffy del vicino di casa, ma sono grandi il doppio.
I bambini di quell'età vedono il mondo per come appare ai loro occhi in una profonda commistione con la propria fantasia: non sono in grado di discernere ciò che immaginano da ciò che esiste veramente e, per farlo, si affidano alle figure di cui fidano: genitori, zii, le persone che si prendono cura di loro. Coloro di cui si fidano.
Per ogni soggetto il bambino chiede: è finto? È vero? Perché non c'è più? Esiste ancora adesso? Dove viveva?
Ma la domanda che più mi ha colpito è stata:
"Ma è un disegno, oppure una fotografia?"

Il bambino sa come viene prodotta una fotografia, suo papà ha una stampante in casa e più volte gli ha mostrato come il gesto di fotografare si sviluppa ben presto nel ricavare un foglio di carta che mostra la realtà che è appena stata catturata: quel bambino che gioca con il castello del Lego sdraiato sul pavimento di casa è lui, il giocattolo è proprio quello che lui tiene sullo scaffale della sua cameretta e, quando vede l'immagine *verosimile* di un Mammuth ha la necessità di sapere se quel Mammuth esiste da qualche parte del mondo, se è ancora circolante e se le sue fattezze sono quelle riprodotte oppure qualcuno, dotato di una fantasia simile alla sua, se le è inventate.

la Fotografia, insomma, per la percezione di un bambino, determina nel suo piccolo mondo interiore il confine tra la realtà oggettiva e quella rielaborata dal proprio immaginario.
Sa benissimo che mostrare un elefante con due zanne lunghissime e ricurve oltre il consueto può significare sia che questo animale esiste(va) veramente, sia che può essere frutto dell'immaginazione di qualcuno: ha visto un film di Tarzan con scimmie realistiche ma dotate di favella, sa che le scimmie esistono e sono esattamente così, ma sa anche che le scimmie non possono parlare. Da lì capisce che quegli animali sono finti. Se guarda un documentario di National Geographic, invece, sa che quella è la realtà.

Possiamo quindi essere sicuri che la rappresentazione fotograficamente oggettiva di uno scorcio di realtà sia perfettamente equiparabile ad un'immagine profondamente manipolata? Se anche i bambini di quattro anni usano il termine Fotografia per discernere la realtà dalla fantasia, non è che l'abuso degli strumenti di manipolazione delle immagini si traduce in una regressione estremamente infantile della percezione del vero o del falso?

In parole più semplici: ma chi si vuole prendere per i fondelli affermando che la Fotografia può essere ciò che desideriamo e non ciò che la fotocamera è in grado di catturare? Non ci cascano neanche i bambini.

avatarsenior
inviato il 25 Marzo 2018 ore 17:17

Purtroppo è sempre stato così che nemmeno della veridicità della fotografia ci si poteva fidare.
Oggi si assiste purtroppo al tentativo di sdoganare il falso fotografico come un diritto legato alla libertà di espressione.
Una foto rimane comunque sempre un'interpretazione della realtà, ma da lì alla falsificazione ce ne passa ancora...

Ciao, Roberto

avatarsenior
inviato il 25 Marzo 2018 ore 18:13

Manca un po' di misura, i bambini sono sensibili e fan presto a discernere. Bisognerebbe imparare di più da loro.
C'è da dire che mia figlia (la vera protagonista di questo racconto) se le metti davanti una foto falsa, ride dicendo "ma papà mi pendi in giiio, questa non è una fotogafia!" . La cultura si rigenera ;-)

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2018 ore 17:17




- Questa non è una pipa - ;-)

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2018 ore 21:10

Cosmo, quello però lo capisce anche un bambino di quattro anni. E capisce anche nell'immagine è rappresentata una pipa, e non un elefante ;-)

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2018 ore 22:03

A mio avviso il fatto che in taluni contesti sia accaduto, che talvolta sia auspicabile in determinati ambiti professionali, non può e non deve essere un alibi per costantemente produrre dei falsi, oltretutto peggiorando spesso e volentieri quello che madre natura o l'opera umana ci offre di suo.

user46920
avatar
inviato il 28 Marzo 2018 ore 9:05

Ma la domanda che più mi ha colpito è stata:
"Ma è un disegno, oppure una fotografia?"

la Fotografia, insomma, per la percezione di un bambino, determina nel suo piccolo mondo interiore il confine tra la realtà oggettiva e quella rielaborata dal proprio immaginario.

allora devo proprio essere rimasto un bambino senza accorgermene Cool

Possiamo quindi essere sicuri che la rappresentazione fotograficamente oggettiva di uno scorcio di realtà sia perfettamente equiparabile ad un'immagine profondamente manipolata? Se anche i bambini di quattro anni usano il termine Fotografia per discernere la realtà dalla fantasia, non è che l'abuso degli strumenti di manipolazione delle immagini si traduce in una regressione estremamente infantile della percezione del vero o del falso?

più che regressione direi uno strumento per fuggire dalla realtà .. come l'assunzione della droga o il mentire spudoratamente anche di fronte all'evidenza.

Negare la realtà è un male psicologico che colpisce molti ... pure troppi.

avatarsenior
inviato il 28 Marzo 2018 ore 11:18

quello però lo capisce anche un bambino di quattro anni

Ma certo, era un espediente per allargare il concetto, e cioè che, spesso, si associa alla fotografia la rappresentazione della realtà mentre questo, sovente, si rivela un presupposto falso. "Un decennio dopo che, intorno al 1845, Fox Talbot aveva incominciato a sostituire il dagherrotipo, un fotografo tedesco inventò la prima tecnica per ritoccare il negativo. Le sue due versioni di uno stesso ritratto, l'una ritoccata e l'altra no, stupirono la folla accorsa nell'Exposition Universelle de Paris nel 1855. L'annuncio che la macchina fotografica poteva “mentire” rese ancora più popolare il mezzo fotografico. Le conseguenze di questa “menzogna” furono molto importanti per la fotografia: se un quadro falso (cioè un quadro con una attribuzione sbagliata), falsifica la storia dell'arte, una fotografia “falsa”(ovvero una fotografia ritoccata o ancora accompagnata da una falsa didascalia) falsifica la realtà ."

chi si vuole prendere per i fondelli affermando che la Fotografia può essere ciò che desideriamo e non ciò che la fotocamera è in grado di catturare?

Non sono del tutto d'accordo: per fare la foto di una mucca, la mucca è necessaria (per fare un dipinto no) ma la fotografia di una mucca non deve, necessariamente, servire esclusivamente a documentare la sua realtà: "le fotografie non hanno più la pretesa di spiegare: se ci forniscono dei messaggi, essi sono allo stesso tempo trasparenti e misteriosi", "la storia della fotografia potrebbe essere letta come la storia della lotta tra due differenti imperativi: quello di abbellire, che viene dalle belle arti e quello di dire la verità, che proviene dalle scienze. Se il pensiero iniziale riteneva che il fotografo fosse un osservatore acuto, ma imparziale, con la scoperta che l'oggettività era solo una mistificazione (nessuno fotografa lo stesso oggetto allo stesso modo), l'ipotesi che le immagini fotografiche fornissero una rappresentazione impersonale dovette cedere il passo al fatto che le fotografie non attestano solo quello che c'è, ma anche quello che il fotografo vede attraverso la sua interpretazione, che non è mai soltanto documento, ma soprattutto valutazione personale del mondo circostante ".

Giuseppe Santagata - La “menzogna” della fotografia

avatarsenior
inviato il 29 Marzo 2018 ore 21:17

Cosmo, tu non sei completamente d'accordo con me ma io sono completamente d'accordo con te. Com'è 'sta storia? Cool
Sulla rappresentazione impersonale, è scontato che la fotocamera, che pur ha un proprio ruolo primario nella cattura dell'immagine, è comunque utilizzata dal fotografo il quale sceglie, oltre alle varie impostazioni di scatto, dei parametri essenziali: cosa fotografare e quando fotografare. Puoi raccontare un sacco di frottole con la fotocamera, e puoi farlo seplicemente prendendo alcune decisioni *prima* dello scatto. La realtà che andrà a raccontare la fotografia risultante sarà parziale in quanto punto di vista del fotografo. Come qualsiasi racconto, insomma.
Ma chi legge la fotografia ne è perfettamente conscio e riesce ad intelleggere la parzialità di quella realtà. Quello che non è inquadrato lo puoi solo supporre, ma quello che è inquadrato è lampante.
Andando a manipolare ciò che dovrebbe essere intellegibile, invece, si manipola anche quel poco o tanto di informazione che la fotografia è in grado di trasmettere, e questo è un inganno che travalica l'ambito *fotografico*.

Mettiamola così: il poker è un gioco basato sull'inganno e la manipolazione dell'avversario, ma si gioca all'interno di un ambito di regole. Puoi bluffare, puoi far credere di essere un perdente quando hai quattro assi in mano, o di essere un vincente pur avendo una coppia di quattro. Puoi fare un intero giro di mani sbagliate per far credere all'altro di essere uno sprovveduto e poi portarlo alla rovina. Se, però, tiri fuori il classico asso dalla manica, e lo fai letteralmente, non stai più giocando a poker, ma ad un altro gioco: quello di chi crede di essere più furbo nella vita, non nel gioco del poker.
In poche parole, travalicando le regole del gioco, non stai più giocando a poker, nonostante il poker sia comunque un gioco in cui l'inganno è un elemento essenziale. Gli altri non saranno in grado di leggere correttamente il tuo gioco, perché crederanno di giocare al gioco del poker, mentre tu giochi ad inchiappettare il prossimo.

user46920
avatar
inviato il 29 Marzo 2018 ore 21:40

ottimo, l'esempio del Poker ... nemmeno ci vuole molto a fare 2+2

avatarsenior
inviato il 30 Marzo 2018 ore 0:03

Bella discussione, avviata da un aneddoto interessante e ben raccontato.

Sono anche io un papà di due gemelli di quattro anni e ogni giorno vedo come si relazionano con ciò che li circonda, i bambini sono nati e cresciuti in questa epoca di massivo bombardamento digitale e hanno acquisito una capacità critica notevole verso tutti questi stimoli.

Cartoni animati, film in grafica digitale, canali YouTube dedicati, quando li seguiamo nella fruizione di questi strumenti io e mia moglie ci rendiamo conto della capacità dei bambini di assorbire con facilità ogni nuova esperienza, acquisendo un bagaglio che probabilmente sarebbe stato raggiunto da un bambino della mia classe al doppio della loro età.

Questo per dire che mi sembra assolutamente normale che fra le domande che si pone il bambino al museo ci sia anche "è un disegno o una fotografia?" proprio perché è già abituato a scindere la finzione grafica dalla realtà, e questo perché la rappresentazione fotografica per lui ha un significato univoco, non è educato (e nessuno glielo chiedererebbe) ad una lettura più profonda del significato di fotografia.

Quindi venendo al quesito
ma chi si vuole prendere per i fondelli affermando che la Fotografia può essere ciò che desideriamo e non ciò che la fotocamera è in grado di catturare?
mi trovo in grossa parte d'accordo, se ci riferiamo alla relazione oggettiva della fotografia che ha sempre avuto verso la realtà, cioè l'onere di essere copia chimica e ora digitale della stessa, diventando "il documento" per eccellenza.

Però c'è uno step mentale da fare, se la fotografia fosse esclusivamente questo dovremmo accettare che non possa avere carattere, che non possa essere interpretazione, che non sia voce di una lettura personale, tutte cose che sappiamo benissimo essere parte fondamentale di quest'arte, come giustamente hai espresso:

La realtà che andrà a raccontare la fotografia risultante sarà parziale in quanto punto di vista del fotografo. Come qualsiasi racconto, insomma.


Quindi se tutti questi componenti/vincoli: l'interpretazione che l'autore vuole dare, la lettura recepita dal pubblico, l'eventuale inganno dell'esposto, i limiti degli strumenti fotografici e gli strumenti di ritocco, sono parte fondamentale del processo fotografico quanto è importante capire se uno arriva "prima" o "dopo" l'esposizione, per poterla chiamare fotografia?

La fotografia può essere anche ciò che desideriamo e non solo ciò che la fotocamera è in grado di catturare?

La mia opinione è che le risposte si possano trovare dentro due precisi schemi, il primo è la sfera personale, dove si spinge lo sviluppo di un autore potrebbe essere già fuori dai limiti per un altro, il secondo più oggettivo e rigoroso è il contesto di esposizione della fotografia. E questo è molto più importante dell'ambito personale. Se il contesto è documentaristico viene da sé che non sia accettabile la minima manipolazione, l'inganno è doloso e non potrebbe mai ricevere l'appellativo "fotografia", ma semplicemente "falso", presa per i fondelli, come tale sarebbe dichiarare la naturalezza del proprio scatto omettendo fotomontaggi o clonazioni importanti.

Se il contesto invece richiede l'accesso ad uno sviluppo più estremo, come può essere la sfera professionale dove riuscire a "vendere" la foto ti da il pane, ecco in questo caso trovo che alcune inclusioni di carattere grafico possano benissimo convivere nel prodotto, senza che ci sia bisogno di particolari riflessioni per continuare a chiamarlo fotografia.

Nel contesto amatoriale, che mi riguarda, si basa tutto esclusivamente sull'onestà dell'autore, perché non si vince nulla e non viene in tasca nulla, ci si dimostra solo per quello che si è. Ad esempio qui su Juza, non mi sentirei mai in grado di mettere nella galleria paesaggio naturale uno scatto con il cielo sostituito, perché si tratta di un fotomontaggio.
Dall'altra parte certi sviluppi molto invasivi, basti pensare ad alcuni b&n che giocano su contrasti e neri profondissimi, li esporrei sicuramente nella categoria street nonostante assomiglino più ad un lavoro grafico.

Quindi sì, per me in un certo senso la fotografia può essere sia desiderio sia esclusivamente ciò che la macchina può catturare. MrGreen

avatarsenior
inviato il 30 Marzo 2018 ore 0:40

Nicola, innanzitutto sappi che apprezzo molto il fatto che tu sia entrato nel merito così a fondo.

Ora , senza dilungarmi troppo perché vorrei evitare di pormi come quello che ripropone monologhi q ogni piè sospinto, vedo di risponderti brevemente.

I contesti variano sicuramente il punto di vista da cui si osservano le cose. E, aggiungo, io non ho poprio nulla contro la postproduzione e la manipolazione delle fotografie. Si fanno cose notevoli, CON le fotografie.
Ma quello che vorrei che venga percepito come un elemento fondamentale è che la Fotografia è stata così importante, fin dall'inizio, proprio per quella caratteristica peculiare di essere un punto di vista sì parziale, ma anche oggettivo - con tutti i suoi limiti.
Per cui nella nostra vita, quando mostriamo una fotografia come testimonianza di qualcosa (un ricordo, un avvenimento, una prova), diciamo "è una fotografia"
Si utilizza questo termine anche in senso figurato: se fornisci un rapporto dello stato di un sistema ad un mio cliente, glielo presento come "una fotografia della situazione attuale del sistema", che significato: questo è lo stato delle cose, oggettivo, secondo il mio punto di vista di analista.

Mutare il significato di questo termine ha delle ripercussioni non solo nell'ambito fotografico, ma nell'intera società. Il concetto di Fotografia, letterale o figurato, è radicato nel lessico comune. Con cosa dovremmo sostituirlo? Ma soprattutto, perché dovremmo sostituirlo? Per uno status quo? Non è esattamente così. Se ascolti le interviste di alcuni autori che utilizzano la Fotografia per creare opere creative, nella stragrande maggioranza dei casi mettono subito le mani avanti e affermano: io non mi ritengo un fotografo, mi ritengo un artista, uso la fotografia come uno strumento per realizzare altro. E questo "disclaimer" non toglie nulla al loro valore, anzi, lì colloca nel contesto giusto.

Poi: le semplificazioni rendono la vita più facile, quindi capita di chiamare Foto un'immagine non fotografica. Ma, se si entra in una discussione nel merito, secondo me è bene fare dei distinguo. Senza acredine, senza voler svilire nessuno, ma con l'unico scopo di precisare il contesto all'interno del quale si intende ragionare.

Non sono stati breve (non hi resistito) ma aggiungo una cosa: secondo me arriverà per tutti un momento, nella vita, in cui questo concetto prenderà forma nella propria coscienza. A me è successo così, io sono un postoroduttore ante-litteram, lavoravo su immagini disegnando pixel per pixel quando non c'erano né fotocamere digitali né Photoshop, ma avevo una videocamera VHS, un digitalizzatore di immagini, ed un Commodore Amiga. Sono stato dietro all'evoluzione della fotografia digitale per anni e davanti al PC a sviluppare RAW per parecchio tempo. Mi sono divertito tantissimo e qualche volta mi capita ancora adesso di sollazzarmi con il fotoritocco. Ma mi sono anche reso conto che quella fotografia, quella originaria, aveva un valore specifico molto importante.

Ammazza che pippone, scusate.

user46920
avatar
inviato il 31 Marzo 2018 ore 11:08

secondo me arriverà per tutti un momento, nella vita, in cui questo concetto prenderà forma nella propria coscienza.

posso avere qualche dubbio? Cool


Prima di iscrivermi su juza ero più che convinto che l'uomo tutto avesse la stessa possibilità di comprendere in modo logico qualunque cosa ... ma ultimamente mi stanno venendo dei grossi dubbi.

avatarsenior
inviato il 31 Marzo 2018 ore 12:27

Ciao Max, grazie della replica.

Concordo con il tuo discorso, molto importante, dell'identità che ha assunto la fotografia nel tempo nella nostra vita comune.

Aggiungo che per come si sta sviluppando questa espressione umana, nella concezione e nel pratico, dovrà esserci sempre più attenzione da parte di tutti per riuscire a discriminare i vari contesti nei quali le fotografie sono esposte, perché presumo che la "contaminazione" del ritocco sarà sempre più ingombrante, ed accessibile anche senza preparazione specifica.

E' per questo che questa tua frase la ritengo la sintesi perfetta di questa discussione:

Poi: le semplificazioni rendono la vita più facile, quindi capita di chiamare Foto un'immagine non fotografica. Ma, se si entra in una discussione nel merito, secondo me è bene fare dei distinguo. Senza acredine, senza voler svilire nessuno, ma con l'unico scopo di precisare il contesto all'interno del quale si intende ragionare.


Saluti e buona Pasqua ;-)

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