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e dopo la morte?


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avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 10:01

Roberto
Cerco di essere Cristiano, Cattolico e praticante e credo che la vita continua dopo la Morte come non lo so e nessun vivente la sa e la immagino come la racconta il caro amico di Set3 dopo l'incidente.
Aggiungo un tredicesimo punto
Cerchiamo di volere bene

avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 10:18

La pensione

avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 10:35

MrGreenMrGreen

avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 10:39

Se non altro dimostra che anche i nostri governanti stanno iniziando a pensare al ... futuro della nazione MrGreen

avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 10:39

pare che all'individualità sia comunque riservata una notevole importanza anche oltre la singola esperienza corporea
. . . eccome . . .

"Individualità intesa come entità spirituale autocosciente" il concetto è contemplato nelle varie correnti cristiane, nella spiritualità orientale e nelle sue innumerevoli scuole, nel pensiero di Rudulf Steiner fondatore dell'antroposofia, nel taoismo, nel Buddismo zen e nel buddismo tibetano gli aspetti fisici e spirituali sono intesi come manifestazioni della stessa forza vitale inerente all'universo stesso.
Nell'induismo e le varie correnti l'intuizione fondamentale è che la realtà è Una “Tutto è Brahman”.
Perfino gli sciamani toltechi dell'antico Messico lo sperimentavano come stato individuale magico capace di sopravvivere alla morte del corpo fisico, lo sperimentavano quando entravano in quella che loro definivano la seconda attenzione.

Insomma, per quanto riguarda il concetto di spirito autocosciente sembra che gli umani ne abbiano sperimentato e contemplato
ogni possibile aspetto. Cool

user90373
avatar
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 13:27

Se immaginiamo l'universo come un'infinito hard-disk, in una qualche sottocartella ogni cosa, vivente o no, lascia scritto un file e, fintanto ci sarà qualcuno disposto ad aprirlo ....... ! Cool
Poi arriverà la grande formattazione e si ricomincia! Eeeek!!!

avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 17:07

L'individualità. si conta, ma purtroppo depista.
La differenza tra individualità ed ego esiste, ma spesso l'individualità si porta tutta o quasi sul fronte dell'ego.
Casa mia, la voglio bella, perfetta possibilmente, e subito fuori dallo zerbino di casa se c'è sporcizia pazienza, e poi chi se ne frega se nel piazzale non c'è armonia, e per le strade... non è cosa mia, e nella città, e nel mondo non mi riguarda, non è cosa mia.
In pochi passi si passa da essere cittadini del mondo (dell'universo) ad essere cittadini di casa propria. questa è l'individualità dell'ego, che non ci rende propensi alla comprensione del mondo, comprensione intesa in senso affettivo soprattutto.
Ecco perchè pongo l'accento su questo depistaggio che ci fa vedere le cose sotto una luce assurda, che cade spot ed illumina solo i nostri piedi.
Non si può considerare una felicità se il vicino di casa riversa in pessime condizioni, se nel mondo l'io, o la comunità che ci circonda da vicino, ha un passo troppo elevato di distanza con altri popoli perseguitati e sofferenti.
Ma che cavolo di felicità può essere? come si può stare in armonia se noi gattini succhiamo il latte da mamma gatti, felici, e i nostri fratelli non mangiano e patiscono?
Forse un gattino appunto, perchè piccolo, perchè infante, perchè con una visione di portata limitata, perchè lui ha il suo ego (ego necessario), lui si, può essere felice e contento.
L'ego è una cosa naturale, l'istinto di sopravvivenza che ci ha accompagnata all'evoluzione di tipo animale, ben venga questo ego, l'amore, esclusivo, per sè stessi, che ci ha portato a curare noi singoli per supportare gli altri, la specie, la comunità.
Ma il passo da umani è differente. Lo hanno insegnato tutti i grandi, indipendentemente che si sia credenti o no occorre riconoscerlo.
Lo ha insegnato Cristo, lo ha insegnato prima ancora il Buddha, differentemente dall'insegnamento di faraoni e imperatori.
Un umano ha un passo successivo rispetto ad un animale, e noi siamo animali, siamo stati a suo tempo, esclusivamente animali.
Noi siamo animali uomini oggi, abbiamo un potenziale differente rispetto al passato, possiamo andare in tutta una serie di direzioni possibili che sono impensabili fermandosi al livello animale.
Se la nostra tecnologia prende il sopravvento nella nostra capacità d'amore (capacità di superare l'ego) siamo destinati all'autodistruzione, come succederebbe a qualsiasi stirpe in qualsiasi angolo dell'universo. è una prassi inevitabile, un cerchio che si chiude, esattamente come i rami tronchi delle specie che si sono estinte nel Nostro pianeta.
La tecnologia è solo supporto di un processo evolutivo avanzato, in cui deve prevalere l'amore, l'omnicomprensione, la fuoriscita dall'individualità, se non vogliamo miseramente fallire, estinguerci dal punto di vista darwiniano.
L'individualità, quanto sia assurda, ci è insegnata prima di tutto quando siamo completamente egoisti, quando siamo neonati.
Così come si ripercorre il processo evolutivo da quando siamo poche cellule a quando abbiamo la coda, nel ventre di nostra madre, allo stesso modo vi è una ricapitolazione anche spirituale quando nasciamo e l'unico interesse è mangiare ed essere amati. Per un bimbo è normale, quel giocattolo è mio.
Poi si evolve all'interno di ogni stessa vita e si dovrebbe diventare adulti e con una mentalità omnicomprensiva, genitoriale (non è necessario essere genitori per averla), ma purtroppo non sempre accade.
Alcuni muoiono infanti a 90 anni e l'unico interesse è stato la barchetta, l'automonilina, giocattoli, giocattoli loro, "quel giocattolo è mio".
è una cosa che m'intristice molto a vederla, nulla in confronto alla morte, al cambio d'abito. morire infanti a 90 anni è molto peggio che morire a 5 anni ma con un passo evolutivo relativamente normale. Chi muore infante a 90 anni ha sprecato 90 anni, che nell'arco dei miliardi d'anni che abbiamo a disposizione non sono molti, ma è comunque preoccupante non essere usciti dall'ego durante un ciclo di vita completo, in cui si rimane fermi al proprio attaccamento. è una cosa molto triste, e molti ricchi non sanno quanto sono poveri in tal senso.
L'uscita dall'individualità è il vero step evolutivo dell'essere diventati umani.
Non riconoscere la differenza tra soffrire e percepire la sofferenza altrui è un livello d'arrivo immenso che nello stadio di umani probabilmente ci può toccare solo marginalmente, mentre ad un livello ancora avanzato è la normalità.

user12181
avatar
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 17:50

Quando la natura "ha deciso" che per me erano abbastanza 62 anni e ha girato l'interruttore lo scorso 26 ottobre, i medici, con una sorta di atto di trascendenza in un certo senso blasfemo, hanno sfruttato le poche ore a disposizione per prolungarmi (per ora) la vita. Ho pensato che la natura avesse valutato la situazione molto correttamente, sia dal punto di vista materiale sia dal punto di vista spirituale, e che i medici avessero in fondo sbagliato, non cogliendo le ragioni anche spirituali della mia fine.
Ora però devo riconoscere che la natura non teneva conto della sofferenza spirituale di mia moglie (non abbiamo figli). Quando ho ringraziato due dei protagonisti dell'atto "blasfemo", entrambi mi hanno detto, e non credo proprio scherzassero, che dovevo ringraziare piuttosto il "Padreterno" (e qui ho pensato qualcosa come "Sancta simplicitas!"), il chirurgo invece mi ha risposto più prosaicamente: "Dovere, è il mio mestiere e adesso si faccia una bella vacanza al caldo, alle Maldive". Senza tanti pensieri profondi erano invece loro che avevano considerato la situazione in modo corretto, non la natura.

avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 18:35

Che a soffrire siamo noi, gli altri o entrambi, i termini del problema non cambiano: che senso ha averci messi al mondo come individui se l'alfa e l'omega, cioè il prima e il dopo, sono il "tutto" senza individualità?
Se al principio eravamo compresi nel "tutto" e se alla fine si ritornerà al "tutto", qual'è lo scopo di questa sequenza intermedia di divisione e disuguaglianza?
Ooo, Capisco e condivido il tuo sfogo e la propensione all'amore piuttosto che all'ego, ma è l'assenza di una risposta a questa domanda che mi impedisce di condividere la tua conclusione rispetto a ciò che potrà esserci dopo.
Se devo credere in una dimensione superiore alla nostra, una dimensione che generalmente definiamo "divina", sono più propenso a credere che noi siamo i personaggi di un videogame creato al solo scopo di divertire chi vive in quella dimensione superiore; e allora forse, in quest'ottica potrebbero trovare spazio anche le teorie sulla reincarnazione, ma con una logica ben diversa; anche i personaggi dei videogame li possiamo far rinascere infinite volte, ma in una sequenza che per quei personaggi, cioè per noi, non presenta alcun vero traguardo, tant'è che persino quando il personaggio giunge vittorioso alla meta del gioco, lo facciamo ricominciare daccapo.
Mi rendo conto che questa è una posizione pessimistica, ma al momento è l'unica che mi impedisce di abbracciare definitivamente l'ateismo e, paradossalmente, è proprio l'abitudine a credere per tradizione in un Dio Unico che mi ha portato a queste conclusioni, perché le religioni politeiste avevano almeno il vantaggio di scindere il bene e il male fin da prima dell'evento creativo, mettendoli in capo a divinità opposte e fornendo un senso alla dicotomia tra individualità cosciente e individualismo egoista che il monoteismo o una religione originariamente non-teista come il buddismo non riescono a fornire.

avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 19:02

Ringrazio tutte le persone che hanno portato testimonianze dirette, si perché la vita è esperienza, cammino personale. Da molti anni lo scopo della mia vita è la "ricerca" tramite la pratica personale, diretta.
Purtroppo sono fuori città e sto scrivendo con il telefonino, ma quello che posso dirvi è questo.
La spiritualità, l'esoterismo, le regressioni, la vita astrale e chi più ne ha più ne metta, sono cose che vanno vissute direttamente, sono esperienze che vanno fatte per chi sente la necessità o di sente pronto per farlo, portano a cambiamenti interiori. Molti parlano, leggono ma quando è ora di dedicarsi nn lo fanno perché pochi in realtà hanno voglia di cambiare.
Scusate della sintesi poco chiara.
Saluti
Rob

avatarsenior
inviato il 02 Dicembre 2017 ore 19:56

Murmunto@
la natura del castoro prevede la costruzione di dighe, interventi di riparazione delle stesse in presenza di scrosci d'acqua.
la natura dell'uomo è quella che ti salva da malattie anche mortali come una volta poteva essere l'appendicite, o fa diventare professori alcune persone che fino a qualche millennio fa erano destinate a perire, magari solo perchè affetti da miopia grave.

Daniele@
la divisione è il senso ed il modo di questo universo. Non so dirti perchè sia così ma di fatto è così. Si tratta di interpretare quale sia questa reale divisione.
compartecipare riduce la divisione in tal modo che una telefonata in Australia ti fa sentire più vicino, come ti fanno sentire + compartecipe a Plutone le immagini della sonda Cassini.
In pratica a livello elementare c'è una fortissima divisione, più si sale di livello e + questa divisione appare per quello che è, ovvero un'illusione.
Tu riporti l'esempio del cervello in una vasca con il genio maligno che si diverte a fare esperimenti. Cartesio docet, Matrix 1 riprende il tema alla grande.
Scientificamente non è dimostrabile che questo sia vero, e neanche che sia falso. è un limite della scienza. La logica però può superarlo.
Il bene senza il male non ha alcun valore. essi somigliano + a meccanismi di questo universo, che si fanno distinti nel suo modo, come il giorno e la notte, la morte e la vita, il sonno e la veglia.
Il dualismo è di nuovo un ottimo mezzo per semplificare un certo iter; buono o no buono, lo usiamo in continuazione, impregnati di vita nel nostro samsara.
il buddhismo non è una religione. il buddhismo non ha dio.
La compassione in senso buddhista differsisce nel significato dato in senso cristiano.
La compassione buddhista somiglia maggiormente alla parola "comprensione", ovvero significa capire l'altro, mettersi nei suoi panni, vedere le cose dal suo punto di vista e comprenderle in quel modo. è simile quindi all'empatia.
Significa anche mettersi nei panni di quello che solitamente definiamo "il male",
fare questo esercizio porta a comprendere quanto la dualità sia forma di tale universo, ma non essenza.


avatarsenior
inviato il 03 Dicembre 2017 ore 0:36

Buonanotte a tutti

avatarsenior
inviato il 03 Dicembre 2017 ore 8:54

Inevitabilmente il discorso si è deviato tra il filosofico e il teologico come prevedibile. le opinioni su una domanda, che da sempre assilla l'umanità, sono molto diverse e la risposta definitiva non arriverà perché, secondo la mia opinione, i metodi di indagine sono ancora molto grezzi e superficiali, non abbiamo consolidato una scienza dello spirito in grado di fare luce su questo aspetto oggetto del 3D e molti altri fatti piuttosto strani correlati.

Dal canto mio sono dell'opinione che con l'ipnosi regressiva ericksoniana si facilita la comunicazione tra conscio ed inconscio dove sono registrati i dati relativi ad una matrice che non riusciamo normalmente a decodificare. Probabilmente in questo oscuro mare della consapevolezza, enorme e sterminato, qualche risposta la si può trovare.

avatarsenior
inviato il 03 Dicembre 2017 ore 13:11

Caro Cirillo,

Da praticante dell'ipnosi dell'autoipnosi, regressiva e non a vari livelli posso portare la mia esperienza personale. Questa pratica porta si ad aiutare a superare certi blocchi o barriere, ma nn ti aiuta a capire altre cose fondamentali per un cammino che ti avvicini alla tua parte più profonda, lavora solo sul corpo emotivo.Per lavorare su piani più elevati fare un piccolo salto ci vuole altro.
Buona domenica.
Rob

avatarsenior
inviato il 03 Dicembre 2017 ore 13:16

Ho pregato oltre ai miei cari in vita e nell'aldila Per chi mi ha commosso in questa discussione e per chi sta cercando Dio e per chi è ancora presto
Buona domenica a tutti

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