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Bugatti Automobili


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Bugatti Automobili , testo e foto by Alcy91. Pubblicato il 17 Aprile 2017; 30 risposte, 6457 visite.


Dopo la fotografia, la mia seconda passione sono le automobili. Quando navigando su internet vengo a conoscenza della fabbrica italiana della Bugatti, oramai dismessa, mi metto subito in rete a cercare il luogo, appena trovato parto con la macchina giù fino in Emilia, precisamente a Campogagliano, per un giro in questo gigante blu addormentato.
Ad accogliermi il custode del posto che mi racconta ancora con gli occhi lucidi, le emozioni vissute lì dentro.
All'interno di questo complesso industriale, 25 anni fa, si produceva la EB110 - autovettura avanti anni luce per l'epoca ed ancora attuale per gli standard odierni. Proverò a raccontarvi l'emozionante storia dell'auto e di come brevemente questa favola finì.




La storia della Bugatti in Italia parte dal sogno utopico di Romano Artioli, un imprenditore italiano grande appassionato del marchio francese fondato nel 1909 dall'emigrato italiano Ettore Bugatti. Dal 1952 Artioli non si rassegna all'idea che lo storico marchio francese avesse cessato le sue attività. Quindi alla fine degli anni '80 inizia a lavorare al suo sogno e nel 1987 acquisisce tutti i diritti del marchio.
Acquisiti i diritti, iniziò a pensare al luogo ideale per iniziare a produrre. La scelta era rimanere con la produzione in Francia o delocalizzare il tutto in Italia. Nonostante produrre nel bel Paese, così vicino ai due grandi produttori di supercar, fosse un azzardo, Romano aveva grandi ambizioni per il suo progetto: voleva un team di ingegneri e collaudatori al top che con passione si occupassero del progetto, quindi decise di correre il rischio e di portare il tutto in Italia, nel centro della motor valley. Precisamente nel comune di Campogaliano, a metà strada tra Modena e Reggio Emilia a due passi da Maranello e Sant'Agata Bolognese.
Decise di produrre qui le sue auto perché riteneva gli ingegneri, della motor valley italiana, i migliori al mondo.

All'inizio degli anni '90 prese il via il cantiere per la costruzione dell'impianto produttivo. Costruita in un punto strategico in mezzo al verde, a due passi dall'autostrada, gli edifici dell'azienda riflettevano il carattere innovativo e tecnologicamente avanzato della vettura prodotta in essa.
La filosofia di Artioli, alla base dell'azienda, era in qualche modo di riprendere a produrre le auto come se Ettore Bugatti fosse ancora in vita, immaginandosi i livelli di tecnologia e meccanica che avrebbe raggiunto se la produzione non si fosse fermata nel '52 .
La filosofia di Bugatti era di creare automobili tecnologicamente avanzate, restando comunque semplici da guidare.



Sulla base di questi concetti per la EB110 venne creato un telaio interamente in fibra di carbonio, materiale ancora esotico e praticamente sconosciuto sul finire degli anni '80.
Per il design si scelse in un primo momento il progetto dell'ex disegnatore Lamborghini: Marcello Gandini. Artioli non era pienamente soddisfatto del progetto, quindi chiese all'architetto, Giampaolo Benedini (che precedentemente si occupò di progettare gli stabilimenti Bugatti), di differenziare il progetto di Gandini, troppo simile alle Lamborghini del periodo. Benedini arrotondò le forme per renderla più efficace in galleria del vento e spostò i proiettori più in alto non rendendoli più a scomparsa.




Dal punto di vista della meccanica, la EB 110 era mossa da un 12 cilindri con monoblocco in lega di alluminio e magnesio, testate in alluminio e titanio, sistemato in posizione posteriore centrale longitudinale. La cilindrata del propulsore era di 3.500 cm³. La sovralimentazione aveva una inconsueta particolarità, infatti era affidata ad un sistema di 4 turbocompressori .
A seconda delle versioni erogava una potenza di 560 CV a 8.000 giri/min o 610 CV a 8.250 giri/min Per trasmettere efficacemente l'elevata potenza del motore, venne adottata la trazione integrale di tipo permanente. Fu la prima supercar ad adottare tale soluzione.
Per collaudare e mettere appunto la vettura, Artioli chiamò un giovane Loris Bicocchi, che abbandonò la Lamborghini per entrare nella famiglia Bugatti.
Bicocchi si innamorò del progetto e mise anima e corpo nel svilupparlo al meglio. Ancora oggi a distanza di 25 anni, ricorda con occhi lucidi l'esperienza lavorativa in Bugatti.
In seguito lavorò per molti altri marchi, ma l'atmosfera carica di passione che si respirava al tempo in azienda, Loris non la trovò da nessun'altra parte.

Nonostante l'auto fosse pronta nel 1990, si scelse di presentare la vettura nel 1991 in occasione del 110° anniversario dalla nascita di Ettore Bugatti (Il numero 110 nel nome dell'auto non è un caso).
La EB110 venne presentata al pubblico a Parigi, come concorrente di Ferrari, Lamborghini e Porsche. Il prezzo variava dai 550 milioni fino a 670 milioni di vecchie lire per la versione più spinta denominata “Super Sport”.




L'Auto riscosse un buon successo di pubblico e gli ordini non tardarono ad arrivare.
La supercar nella sua breve storia riuscì a mettere insieme un gran numero di Record: primo fra tutti quello di velocità per un auto omologata per uso stradale (342 km/h).
Nel 1994, un esemplare di EB110 GT venne modificato per funzionare a metano, la vettura sul circuito di Nardò registrò il record di velocità (344,7 km/h).
Nel 1995 una EB 110 Super Sport fece il record di velocità su ghiaccio, in Finlandia, la vettura stabilì il record del mondo (296,3 km/h).




La favola della EB110 e dell'Azienda si concluse velocemente così com'era nata; nel Settembre del 1995 la produzione si fermò improvvisamente, nonostante il gran numero di ordini ancora da ultimare, le spese sostenute per la creazione del progetto e per un eventuale erede, portarono l'Azienda ad una sovraesposizione finanziaria. I fornitori e i creditori dal giorno alla notte richiesero il rientro delle somme addebitate, nonostante l'azienda avesse ancora parecchi ordini da ultimare. Un sabato mattina di Settembre il Giudice mise il sigillo all'Azienda ponendola sotto sequestro e stroncando in un attimo tutti i sogni e ponendo di fatto la parola Fine sull'avventura della Bugatti In Italia.



Artioli in seguito sostenne che tutto questo fu orchestrato da una delle aziende concorrenti. La Bugatti in effetti era un produttore scomodo per i due colossi delle supercar italiane in Emilia.
In pochi anni erano riusciti a creare un progetto fuori dall'ordinario lasciando parecchio indietro la concorrenza in termini di tecnologia.
Artioli in un intervista raccontò che BMW e Porsche erano intenzionate a comprare il tutto e riprendere la produzione da subito a Campogalliano. Ma la decisione del Giudice andò a favore della Volkswagen, che era decisa a riportare la produzione in Francia. Ad avvalorare l'ipotesi di una “cospirazione” è il fatto strano che la Volkswagen, della parentesi italiana della Bugatti, ancora oggi non ne fa alcun riferimento in nessun documento pubblico. Avvalorando l'ipotesi che le case concorrenti abbiano fatto il possibile per far dimenticare questo pezzo di storia dell'azienda.




L'Azienda ai giorni nostri si presenta in ottime condizioni, sospesa in un limbo da più di 20 anni, il custode ha fatto in modo di limitare i danni dello scorrere del tempo.
Appena entrati se non fosse per un po' di ruggine qua e là verrebbe da pensare che l'Azienda sia ferma da pochi mesi. Si nota in ogni angolo e si sente forte da subito la filosofia alla base di tutto il progetto.
L'idea di Artioli era quella di creare un ambiente che fosse prima di tutto una grande famiglia, senza grandi distinzioni tra ingegneri e addetti al montaggio. Un azienda a misura d'uomo, solo così era possibile tirare fuori il meglio di tutti per il progetto.
Un esempio di tale filosofia sono gli edifici dove le auto venivano assemblate, progettati per creare un ambiente di lavoro piacevole e luminoso, formato da muri in cemento armato con logo "EB" ("Ettore Bugatti") e con il tetto in acciaio e vetro per far filtrare il più possibile la luce naturale per limitare l'uso di quella artificiale.




Un innovazione lanciata dalla Bugatti era di vendere, oltre che l'auto, anche un esperienza al cliente finale.
Quando un cliente veniva per ritirare il proprio mezzo, era un ospite dell'azienda. Restava anche più di un giorno, durante il quale poteva vedere con i suoi occhi l'intera supply chain. Scambiare pareri con i tecnici ed infine ritirare la propria autovettura che usciva da questo edificio adibito all'assemblaggio finale.
Oggi tutto questo è abbastanza una consuetudine, molte aziende nel settore delle supercar (Pagani, Lamborghini, ...), seguono con il cliente tutte le fasi produttive della vettura, negli anni '90 la prima casa ad adottare questo tipo di approccio con il cliente fù la Bugatti.

Uscendo dall'edificio adibito a catena di montaggio si nota questo meraviglioso complesso rivestito di pietra blu.
Qui si producevano i componenti della vettura.
L'enorme scritta, ormai quasi illeggibile, è il simbolo dell'abbandono di questo posto. Meno di 25 anni fa era tradizione fare la foto di rito davanti alla scritta con tutto il personale, il cliente e l'auto nuova. Davanti a questa scritta sono passati tutti i più grandi nomi dell'automobilismo, ad esempio Michael Schumacher fece la foto e ritirò qui fuori la sua famosa EB110 gialla.




All'interno dell'edificio non rimane molto che possa testimoniare il passato. Una volta qui si montavano i telai delle vetture in carbonio, ora è un enorme gigante Blu completamente vuoto. Solo qualche foto qua e là.
La parte della sala prove dei motori ha ancora la sala comandi praticamente integra. Qui i motori venivano provati e spinti al limite per garantire il massimo delle prestazioni. Inoltre era situata anche la sala prove emissioni, perché la vettura rispettasse tutte le norme antinquinamento.

Lavorare alla Bugatti era come essere in una famiglia allargata, si era creato un rapporto di squadra e di affetto tra i dipendenti tale che era la normalità trovar persone a lavoro di Domenica o fino a notte tarda. Quello che guidava queste persone era prima di tutto la passione e l'amore per il progetto.




Usciti da questo edificio ci dirigiamo verso gli uffici, la mente dell'azienda.
In questo luogo, sui 3 piani che lo compongono si progettavano tutti i 9000 componenti della vettura, si tenevano le riunioni del personale e si presentavano i prototipi delle auto che sarebbero state prodotte in futuro.
Anche qui, la luce naturale è un elemento essenziale. Le pareti sono interamente di vetro per creare un ambiente luminoso. In queste stanze del terzo e del secondo piano i migliori tecnici e ingegneri disegnavano i componenti su tecnigrafo. La tecnologia CAD era agli albori e veniva utilizzata in sinergia con il disegno tecnico tradizionale.
Al piano terra invece c'era il teatro, utilizzato per presentare i muovi modelli, questo è uno splendido esempio di design moderno unito al classico.
Qui le auto entravano attraverso una rampa sulla destra e venivano posizionate al centro della sala per la presentazione alla stampa. Il pavimento è formato da sampietrini e l'auto pareva fosse in una piazza di un borgo italiano. L'uso di questa pavimentazione serviva anche per ricordare l'origine interamente italiana del mezzo.
L'unico elemento che accomuna i 3 piani è il soffitto che riproduce i raggi di una ruota di un auto d'epoca.




Per concludere questo viaggio ho scelto questa immagine malinconica.
Attorno al complesso c'era la pista di prova, questo cartello unito al segnale luminoso acceso segnalava di fare attenzione ad attraversare la strada perché qualche prototipo era in prova.
Il cartello racchiude in sè la malinconia e la forte mancanza di un tipo di vita che ormai qui non esiste più.
Chissà quanti sognatori come me sperano di vedere questo allarme riaccendersi un giorno o l'altro.
Quando sono entrato qui dentro ero convinto di fare il solito giro turistico nella solita fabbrica vuota. Il giro e il racconto della storia mi ha fatto emozionare al punto di provare un senso di amarezza per come le cose siano andate.
Non credo ricapiterà mai un avventura così nel mondo delle automobili in Italia.
La passione in questo caso ha creato una favola straordinaria, fatta di persone senza paura di lavorare 15 ore al giorno e di sporcarsi le mani. Una favola che ha dovuto scontrarsi con la feroce realtà dell'industria automobilistica.
Chiudo con una frase di Friedrich Hegel:

“Nulla di grande è stato fatto al mondo senza il contributo della passione”

























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avatarsenior
inviato il 17 Aprile 2017 ore 21:58

Bellissimo articolo Alberto, bravo MrGreen

user81257
avatar
inviato il 17 Aprile 2017 ore 22:30

Notevole, un articolo scritto con la passione e si vede.
Non conoscevo la storia della Bugatti, ora ne so un pochino di più ;-)

avatarjunior
inviato il 17 Aprile 2017 ore 23:28

Neanch'io conoscevo questo passaggio della storia di bugatti. Articolo scritto bene trasmette la passione e un po di malinconia per questa storia finita male.

user33434
avatar
inviato il 18 Aprile 2017 ore 12:57

Articolo molto interessante, detto da uno a cui le auto non interessano! Bel racconto di una storia che non conoscevo minimamente ma che ho trovato molto significativa. Il pensiero che un bel sogno industriale così sia stato sabotato fa molta rabbia. Trovo le foto significative e funzionali alla narrazione ma conoscendo anche alcune delle altre avrei aggiunto qualcosina. Ancora complimenti

avatarsenior
inviato il 18 Aprile 2017 ore 14:00

Un applauso...sono passato spesso davanti alla fabbrica e le tue parole esprimono bene la sensazione che si prova...ciao

avatarjunior
inviato il 18 Aprile 2017 ore 19:24

Un grazie a tutti voi per essere passati a leggere il mio articolo. Da appasionato di auto questa è una storia che mi ha emozionato molto. Ho dedicato parecchio tempo alla stesura del testo e ricevere tanti apprezzamenti mi fa molto piacere. Avrei aggiunto altre foto, purtroppo però Juza ha un sistema automatico che non permette di mettere troppe foto rispetto al testo. Quindi ho dovuto fare una scelta unendo le foto alla storia. Se vi va fate un giro nella galleria per scoprire altre immagini dello stabilimento.

www.juzaphoto.com/me.php?pg=183262&l=it

avatarsenior
inviato il 18 Aprile 2017 ore 20:37

avevo letto le foto e intuivo la passione che ti avesse mosso, ottimo lavoro.
Conosco bene (purtroppo) la storia della bugatti di campogalliano, l'intento estremamente innovatore di artioli (che per chi non lo sapesse fu anche proprietario di lotus e colui che decise di mettere in produzione la prima elise, attualmente una delle vetture sportive più famose al mondo e ancora prodotta dopo 20 anni), il modo in cui era gestita la fabbrica e l'aria di famiglia che si respirava.
Purtroppo i sogni sono sogni e come tale è finito... in parte probabilmente per l'eccessiva modernità del progetto in parte proprio l'invidia che ha suscitato che ha sicuramente influito nel suo rapidissimo crollo.
Restano tanti ricordi e quella che probabilmente è una delle migliori auto mai costruite.
ancora complimenti per l'articolo!

Chi volesse approfondire suggerisco se qualcuno non lo avesse già fatto di andare a guardarsi sul canale youtube di davide cironi lo speciale bugatti e le varie interviste collegate, se non conoscete cosa sia stata veramente la Bugatti italiana merita assolutamente che li guardiate.

avatarjunior
inviato il 18 Aprile 2017 ore 20:55

Ho visto i video che dici Matteo molto toccanti, colgo l'occasione per suggerire il video girato mi pare da un canale inglese su Youtube dal titolo :
Bugatti eb110- The Forgotten Supercar

Molto emozionante, si sente forte e chiaro quanto chi era lì dentro era mosso dalla passione per il progetto. Sono dell'idea che senza la passione difficilmente avremmo avuto un auto come la EB110.

Ricordo l'emozionante intervista a Loris Bicocchi fatta da Davide Cironi. Quando Davide gli chiese : " Su quale auto vorresti vivere gli ultimi istanti se venisse la fine del mondo ?"
E lui riflette un istante e commosso risponde : "Su una Bugatti... sulla EB110... "

Concludo dicendo che non c'è nulla da fare, la mente Italiana in fatto di auto è proiettata avanti anni luce rispetto agli altri. E con rammarico aggiungo, chissà se fosse ancora attiva che auto avrebbe prodotto la Bugatti Automobili.

avatarjunior
inviato il 18 Aprile 2017 ore 21:35

Nooo, ci sono passato pomeriggio in autostrada e data la mia ignoranza in materia pensavo funzionasse ancora TristeTriste
Che peccato...
Grazie per averci raccontato la storia e per le foto che esprimono in pieno ciò che volevi.
Paolo

avatarjunior
inviato il 18 Aprile 2017 ore 22:23

Complimenti per l'articolo davvero interessante anche se purtroppo triste.Triste

avatarjunior
inviato il 19 Aprile 2017 ore 11:14

Complimenti anche da parte mia, abito li vicino e negli anni passando di li in austotrada l'ho vista sfiorire piano piano Triste

La storia non la sapevo nei dettagli, ma l'hai narrata così bene che ha reso perfettamente le tue sensazioni e l'aria respirata in azienda

Per entrare hai preso appuntamento con il Sig. Pavesi o ti ha fatto entrare anche senza preavviso?


avatarjunior
inviato il 25 Aprile 2017 ore 9:56

Grazie a tuttI, sono contento che l'articolo abbia riscosso successo e sopratutto apprezzamenti. :D

avatarsenior
inviato il 25 Aprile 2017 ore 11:02

Grazie per aver condiviso , l'ho letto con molto interesse .
Ciao PP

avatarsenior
inviato il 26 Aprile 2017 ore 18:49

Un racconto davvero intenso. Bravo, ottima testimonianza.

avatarjunior
inviato il 03 Maggio 2017 ore 22:00

molto molto bello tutto complimenti!





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