RCE Foto

(i) Per navigare su JuzaPhoto, è consigliato disabilitare gli adblocker (perchè?)






Login LogoutIscriviti a JuzaPhoto!
JuzaPhoto utilizza cookies tecnici e cookies di terze parti per ottimizzare la navigazione e per rendere possibile il funzionamento della maggior parte delle pagine; ad esempio, è necessario l'utilizzo dei cookie per registarsi e fare il login (maggiori informazioni).

Proseguendo nella navigazione confermi di aver letto e accettato i Termini di utilizzo e Privacy e preso visione delle opzioni per la gestione dei cookie.

OK, confermo


Puoi gestire in qualsiasi momento le tue preferenze cookie dalla pagina Preferenze Cookie, raggiugibile da qualsiasi pagina del sito tramite il link a fondo pagina, o direttamente tramite da qui:

Accetta CookiePersonalizzaRifiuta Cookie

Foto dell' anno 2016 - secondo il " World press photo"


  1. Forum
  2. »
  3. Tecnica, Composizione e altri temi
  4. » Foto dell' anno 2016 - secondo il " World press photo"





avatarsenior
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 17:59

Pensate che nel Regno Unito già venti anni fa, negli autogrill c'erano rottami di auto incidentate e a fianco il perché dell'incidete e i nomi delle vittime. Uno spot per la sicurezza stradale sicuramente più efficace delle belinate che vengono proposte qui.

La mia opinione è che le persone che vorrebbero censurate tali immagini vivano in un mondo parallelo e siano totalmente inconsapevoli di quanto succede anche solo a 2000 km da casa loro. Vedere immagini del genere turba le loro menti serene, meglio non sapere, altro che dignità della vittima...

Il morti fotografati sono morti, non ci sono più, non soffrono più.
Le loro immagini possono dare giustizia, può essere un'eredità del morto rivolta alle generazioni future in modo che ci siano meno sofferenze inutili.

La memoria storica è quella che ci fa evitare di commettere gli stessi errori. Le immagini dell'olocausto, premettono ancora oggi, a più di 70 anni di distanza, di immedesimarsi e comprendere la tragedia che noi umani abbiamo sottoposto i nostri simili.

Cosa cambia nella nostra memoria tra l'olocausto, e la strage dei nativi nelle Americhe operate dai colonizzatori? Nel caso dell'olocausto abbiamo molta documentazione e questo ha creato un ricordo collettivo indelebile, molto più di statistiche e parole.

Inoltre, se la qualità media della vita nel mondo sia in assoluto la migliore che la storia ricordi, è perché la sensibilità è cambiata, anche grazie alle migliaia di reporter che hanno messo a conoscenza l'opinione pubblica di tutte le tragedie che ci sono in giro. Molti sono morti con l'intento di raccontare verità diverse dalle nostre di comodi occidentali civili.


Ovviamente se la stessa foto fosse stata usata dal produttore dell'arma con uno slogan "pistole xxxx, bersaglio centrato" sarebbe un discorso diverso.

avatarsupporter
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 18:52

Vittoria meritatissima...è fotogiornalismo, deve raccontare e documentare e questo scatto lo fa in modo estremamente efficace... fortuna a livello professionale certo, a livello personale ritengo una fortuna non averlo vissuto quel momento, ma anche e soprattutto nervi d'acciao, un grande!

avatarjunior
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 22:35

era il 6 maggio del 1976 quando un terremoto devastava il Friuli
Avevo quasi 19 anni.
Eravamo in migliaia, tra volontari e militari di ogni paese d'Europa a cercare di dare una mano in quella devastazione.
Gemona del Friuli era la mia meta, il mio paese d'origine, piccola cittadina che conservava gelosamente il suo cuore medievale.
Gemona ormai non c'era più, dei sui borghi centenari non rimaneva che un desolato cumulo di macerie.
Ma noi eravamo volontari, accorsi per aiutare, per cercare di salvare qualche sopravvissuto.
I primi giorni era una caos totale, mancava qualsiasi coordinazione.
A quel tempo la Protezione Civile non esisteva ancora, ma quell'evento contribuì alla presa di coscienza che qualche cosa in quella direzione doveva essere fatta.
Ognuno era dotato solo della propria volontà, dalla voglia tenace di trovare ancora qualcuno in vita.
La polvere era dovunque, ce l'avevi nei capelli, si insinuava nella camicia, nelle mutande, nelle scarpe.
Si mischiava con il sudore.

Ma non ti importava, non sentivi caldo, freddo, fame, sete, stanchezza.
Volevi solo scavare, spostare sassi, macerie. Cercare e cercare.

Ti fermavi solo pochi istante per vedere se riuscivi a carpire qualche suono che provenisse da la sotto.
Non ti importava se i guanti che avevi (comprati nuovi con le poche lire che avevi in tasca) dopo mezzora di lavoro erano ormai consunti.
Le dita sanguinavano, ma non sentivi dolore.
Il dolore non era per te ma per quelli che ti aspettavano.
C'erano decine di fotografi che, appena qualcuno di noi soccorritori urlava, per attirare l'attenzione degli altri, appena sentivamo un lamento da sotto le macerie, si avventavano, non per aiutarci ma solo per carpire qualche "drammatica" immagine da rivendere poi ai giornali.

E poi c'era il tanfo, terrificante, dei corpi che iniziavano a decomporsi.
A questo si aggiungeva l'odore acre della calce viva, gettata per arginare le epidemie.

Poi i militari sono intervenuti e hanno iniziato ad organizzare le squadre.

Hanno subito capito che le stesse persone non potevano continuare a fare lo stesso "lavoro" per troppi giorni di seguito.
Era necessaria una rotazione.
Così a me e alla mia squadra dopo una settimana fu detto che saremmo stati mandati a fare un lavoro più ... tranquillo.
Solo che quel lavoro più "tranquillo" noi ce l'eravamo aspettato ... diverso.
Che so, preparare cibi, servire i sopravvissuti, distribuire abiti, lavare piatti e pentole ....
Niente. Niente di tutto questo.

La nostra destinazione fu il cimitero.

Il lungo viale che portava all'ingresso del camposanto era coperto di bare.
Aperte.
A noi il compito di chiuderle e portarle dentro per essere interrate.
In quelle bare c'era di tutto, corpi martoriati, sporchi di macerie, sangue rappreso su polvere e calcinacci, irriconoscibili, gonfi dalla putrefazione, qualcuno sarà stato sepolto anche in posti diversi, altri con pezzi di corpi non suoi.
Non c'era il tempo per dare loro un nome, pulirli, ricomporli.
Bisognava fare in fretta. Era un maggio caldo, molto caldo.

Ma ci attendeva una cosa terribile, ancora più terribile di ogni altra.

In una di quelle bare c'era una bambina, non avrà avuto più di quattro anni, stringeva ancora forte la bambola.
Un visetto incorniciato da boccoli biondi che la devastazione aveva fortunatamente risparmiato.
Ma era blu, cianotica. Morta per asfissia.
Una morte spaventosa.
Non la conoscevo, nessuno di noi la conosceva.
Ma era diventata la nostra bambina, nostra figlia. Era la figlia di tutti noi, perchè successe una cosa strana.
L'orrore e la pena era per tutti quegli sventurati, ma quella bambina per noi era qualcosa di diverso.
Ci aveva attanagliato il cuore, quasi sentissimo il suo ultimo disperato pianto che chiedeva aiuto e noi ci sentivamo disperati per la nostra impotenza senza colpa.

Questo strazio, nostro, della nostra angoscia, delle nostre lacrime fu violentato da un fotografo, un essere immondo e spregevole, l'abiezione umana portata ai suoi estremi limiti.
Incurante di tutta quella sofferenza si aggirava fra le bare fotografandone i contenuti.
Qualche giorno dopo una delle riviste più conosciute se ne uscì con il reportage su ciò che era successo, ma il colpo allo stomaco su la fotografia di quella bambina sbattuta sulla copertina.

Vi ho riportato la mia esperienza, solo per far capire (per chi ne avesse voglia) che da quegli eventi nasce il mio biasimo (per non usare un termine più estremo) per quei fotografi senza etica e senza morale che privano della dignità coloro a cui rimane solo il dolore dei vivi.

E ben poco centrano le morti di Viareggio o del povero Stefano Cucchi, la pubblicazione delle loro immagini è stata una libera scelta dei parenti, non di un fotografo in cerca di visibilità.

avatarsenior
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 22:44

Capisco la tua arrabbiatura, ma ti renderai conto che se vuoi far conoscere un fatto, lo devi riportare. In quel momento (parlo del fatto in Turchia) non c'era tempo per pensare: reagire e basta. Scatto o scappo. Lui ha scattato. Non ha fatto l'avvoltoio, non ha ucciso, ha documentato. Gliene facciamo una colpa? Sulla base di cosa?

avatarsenior
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 23:02

Quello che hai vissuto e che tu porti ancora oggi dentro é qualcosa che le parole raccontano ma che una foto spiega. Non fraintendere, le tue parole, cariche di lavoro, sofferenza e tristezza ti accompagneranno per sempre. Quella rivista, con que l cinico fotografo, verrà cone spesso accade, ricordato per quelle foto, che restano impresse nella mente più che per le parole.
Io purtroppo, ho vissuto in prima persona il terremoto di San Giuliano di Puglia (sono molisano ed ho amici nati e cresciuti nel cratere) e quello Dell Aquila (ci ha studiato mio fratell). Io non sono mai riuscito, per rispetto di quei luoghi che conosco, a scattare una (UNA) foto.
Quello che ho visto lo porto con me.

avatarsupporter
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 23:04

Vittoria meritatissima...è fotogiornalismo, deve raccontare e documentare e questo scatto lo fa in modo estremamente efficace... fortuna a livello professionale certo, a livello personale ritengo una fortuna non averlo vissuto quel momento, ma anche e soprattutto nervi d'acciao, un grande!


Caterina mi permetto una riflessione diversa, rispettando l'opinione di chi su questo forum ci insegna molto, ma in questo caso non condividendola. Raccontare e documentare è il dovere del reporter. Anche quando è scomodo. O pericoloso. Non so se ammirare il coraggio o prendere le distanze dalla temerarietà, ma il rispetto è dovuto. Però è anche etica dell'editore capire cosa pubblicare e come. Cosa premiare e che messaggio si da. La domanda che forse dobbiamo porci è se promuovere quella foto ha un valore positivo perché fa riflettere la società civile sull'aberrazione cui l'uomo può arrivare, o se ha un valore negativo perché alimenta fama e voglia di fama in chi magari in quell'atto ci può vedere qualcosa di eroico. In un'epoca dove siamo tutti esposti, accetto che lo si premi per ciò che ci permette di vedere, ma non che il suo prodotto diventi oggetto di attenzione particolare.

avatarjunior
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 23:10

www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/cizco-la-mattanza-dei-narcos_

Questo servizio è stato fatto per fare soldi? Odience?

Non potevano evitare di mostrare i corpi e limitare a descrivere? Eppure....

Immagini forti brutali esagerate. Ma è vero. Son documentate. E il fotografo messicano del servizio o il capo della polizia non sono matti perchè ridono e parlano con disinvoltura... bisogna mettersi nei loro panni. Direi che sopravvivono e che si è il loro lavoro e il loro guadagno. Ma da qui a dire che i fotografi o i giornalisti lavorino solo per soldi è troppo semplice.

Fossi il genitore del diplo russo o di quella cara anima che hai parlato tu? Sicuramente a primo impatto si avran emozioni contrastanti e forti. Ma penso che in un secondo momento capirei che è stato fatto per documentare/ricordare quel fatto a beneficio della umanità.

Vuoi un altro esempio? 11 settembre non i video che son girati nei tg. Visiona le fotografie/video girati da "amatori" che metre i vff pieni di polvere tossendo questo fotografo (in cerca di soldi dirai?) Ha respirato la stessa polvere (che avrebbe portato alla morte diverse persone) e senza aiutare nessuno nemmeno chi gli passava a 20cm . Brutto lavoro documentare fatti del genere.... ma io gli stimo perché ne son capaci e quel che provano non può essere giudicato dal l esterno

user3834
avatar
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 23:22

Gattonero, mi spiace ma sbagli, soprattutto per il periodo storico in cui è accaduto. Oggi la condivisione delle immagini avviene in modo molto veloce e chiunque può scattare una foto con il cellulare e farla vedere al mondo e siamo purtroppo assuefatti dall'orrore. Negli anni 80 non era cosi e accadimenti tragici come quelli del Friuli sono chiari a tutti grazie alle immagini strazianti e soprattutto grazie ad editori che vogliono raccontare, anche perché il fotografo che ti ha fatto schifo ha solo fotografato, ma la rivista che ha distribuito le.immagini si è presa la responsabilità di renderle pubbliche.

avatarsupporter
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 23:24

Secondo me nel momento in cui si filtra la cronaca dividendola in positiva o negativa, si fa censura in base ad un proprio arbitrario giudizio, meglio raccontare...e quella foto se la si osserva bene racconta molto;-)

avatarsenior
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 23:27

Imaginezeta: "In un'epoca dove siamo tutti esposti, accetto che lo si premi per ciò che ci permette di vedere, ma non che il suo prodotto diventi oggetto di attenzione particolare."

Se lo hanno premiato, lo hanno reso oggetto di attenzione, per forza di cose.

In generale, penso che molte riflessioni di carattere etico che sono state fatte in questa discussione, siano da riservare più all'atteggiamento (o, se mi passate il termine, all'animo) del fotoreporter che alla singola foto o alle poche foto che compongono un servizio. L'atteggiamento del fotoreporter di fronte alla realtà lo si può valutare solo conoscendolo approfonditamente. Non basta una foto, sopratutto se come quella che ha vinto il WPP . Per quanto tragica e forte, è abbastanza neutra perché non pensata: era lì e ha scattato (con coraggio e prontezza). Testimonianza pura non mediata.
Se uno è cinico o empatico viene fuori col tempo: da una foto così non si può dire. Si può solo dire: importante documento.

avatarsupporter
inviato il 14 Febbraio 2017 ore 23:49

Siamo su un dibattito difficile e molto soggettivo me ne rendo conto. Ma io trovo differenza tra fare il reporter, che per me vuol dire raccogliere informazioni (qui più si raccoglie meglio è finchè si rispettano le fonti, forse nel caso del terremoto è questo che è mancato); diffondere informazioni (qui più si trasmette on modo completo meglio è finchè non si viola la privacy, vero problema delle foto street, ad esempio); premiare e dare risalto all'informazione raccolta e pubblicata: qui Caterina per una che premi sono n che ne censuri ;-) e secondo me il problema etico è inevitabile soprattutto se stai scegliendo un tipo di documento la cui diffusione è anche solo forse nell'interesse di quegli estremisti che commettono l'atto perchè tutto il mondo lo veda. Sono d'accordo Giovanni che il tutto debba limitarsi ad una valutazione sulla foto affatto dul fotografo.

avatarsenior
inviato il 15 Febbraio 2017 ore 8:45

è indubbio cosa difficile ma poi mi viene da pensare a foto come questa:
www.documentingmedicine.com/wp-content/uploads/2011/10/williameugenesm
che hanno fatto conscere al mondo un problema e mostrato quello che avveniva aiutando a cambiare le cose

avatarsenior
inviato il 15 Febbraio 2017 ore 8:56

La trovo una foto molto triste, per la violenza che esprime, trovo triste che abbia tanto clamore e successo un atto vile di chi ha sparato alle spalle a un uomo disarmato.
Per quanto attiene alla foto in sè, non ha nulla di speciale, a parte il coraggio o l'incoscienza del fotografo a scattare invece di coprirsi. Se l'assassino avesse continuato a sparare ai presenti staremo forse parlando di un premio alla memoria.
Di fatto ha vinto perchè rappresenta una parte di ciò che "la Fotografia" può essere: fissa un istante irripetibile e lo rende eterno, consegnandolo alle future generazioni, per insegnare qualcosa di utile all'Umanità.

avatarsupporter
inviato il 15 Febbraio 2017 ore 10:46

qui Caterina per una che premi sono n che ne censuri

No
Una giuria che fa onestamene il suo lavoro valutando le opere in base al loro valore fotografico senza preconcetti ne valutazioni di opportunità politica non censura nulla, semplicemente premia chi a suo parere merita.

Per il resto la storia ha già abbonadantemente risposto, basti pensare all'enorme importanza delle immagini che documentano l'olocausto per il mantenimento della memoria collettiva, o in senso opposto, il grande danno causato dalla quasi totale assenza di documentazione fotografica sulla guerra di Corea, interessanti in questo caso le considerazioni della Sontag in "Sulla fotografia".

avatarsenior
inviato il 15 Febbraio 2017 ore 12:47

Scusate se non ho fatto a tempo a stare dietro alla discussione, volevo solo rispondere a Gattonero e alla sua decisamente intensa storia.
Il foto-giornalista è un lavoro, e come tale va fatto, con la sua etica e ingoiando spesso dei rospi giganteschi. Poi c'è modo e modo di farlo, ognuno mette in campo la propria professionalità coniugando con la propria moralità.
Tanti smettono di farlo proprio perché si sentono sciacalli, altri lo vivono come una vera missione, altri ancora sono dei cani insensibili che dovrebbero dedicarsi a ben altro.
Ci sono stati numerosissimi fotografi e giornalisti che hanno abbandonato il loro abito di professionisti per mettersi a scavare loro stessi (parlo della bomba alla stazione di Bologna,ma anche in irpinia e sono certo in molte altre occasioni)
Questo non per giustificare nulla, ma per far riflettere anche sulle altre prospettive che presenta un fatto.

RCE Foto

Metti la tua pubblicità su JuzaPhoto (info)



Questa discussione ha raggiunto il limite di 15 pagine: non è possibile inviare nuove risposte.

La discussione NON deve essere riaperta A MENO CHE non ci sia ancora modo di discutere STRETTAMENTE sul tema originale.

Lo scopo della chiusura automatica è rendere il forum più leggibile, soprattutto ai nuovi utenti, evitando i "topic serpentone": un topic oltre le 15 pagine risulta spesso caotico e le informazioni utili vengono "diluite" dal grande numero di messaggi.In ogni caso, i topic non devono diventare un "forum nel forum": se avete un messaggio che non è strettamente legato col tema della discussione, aprite una nuova discussione!





 ^

JuzaPhoto contiene link affiliati Amazon ed Ebay e riceve una commissione in caso di acquisto attraverso link affiliati.

Versione per smartphone - juza.ea@gmail.com - Termini di utilizzo e Privacy - Preferenze Cookie - P. IVA 01501900334 - REA 167997- PEC juzaphoto@pec.it

www.juzaphoto.com - www.autoelettrica101.it

Possa la Bellezza Essere Ovunque Attorno a Me