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Pixel pitch e tutto ciò che ci gira attorno


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avatarjunior
inviato il 18 Novembre 2016 ore 10:17

Certo, bisogna sempre ricordare che il teorema di Nyquist dice che è bene campionare *almeno* a frequenza doppia di quella massima del fenomeno analogico che vogliamo digitalizzare, per via dell'aliasing:
it.wikipedia.org/wiki/Antialiasing

Facciamo l'esempio coi suoni: l'orecchio umano sente fino a 20 kHz, eppure i file audio campionati a 44 sono considerati solo un minimo sindacale, l'alta qualità di film in BD o impianti audio professionali lavora a 96 o addirittura 192! Insomma più il campionamento digitale è sottile e meglio si rappresenta l'onda originale senza "squadrettare".
Nyquist pone appunto il minimo necessario, ma campionare oltre non è affatto un male, anzi. Perché bisogna poter rappresentare decentemente tutte le frequenze: se un'onda da 20 kHz si può anche discretizzare decentemente con "gradini" da 40, che succede con 17 kHz? 40 non è multiplo di 17 per cui il segnale si rovina con una conversione A/D non adeguata.
Se non è molto chiaro, un'immagine spiega meglio di mille parole:
www.practical-home-theater-guide.com/image-files/dvd-audio-vs-cd-audio

Parlare di audio è più facile per spiegare il problema perché le immagini hanno due dimensioni e la faccenda si complica, infatti non ho ancora capito veramente se raddoppiando i pixel (per lato) la risoluzione raddoppia o quadruplica!
Prima spiegavo che con un'ottica che mi offre una frequenza massima spaziale di 0,4 arcosecondi io campiono a 0,15. Spero che quindi sia chiaro il motivo per cui non esagero. E lì sono a f/25! Marte è più piccolo, luminoso e contrastato di Giove e Saturno per cui su di lui sparo anche 10-11 metri! 0,11"/px e f/33-36!
Ecco perché non è affatto strano che la tua foto sia ancora bella a f/16.

user3834
avatar
inviato il 18 Novembre 2016 ore 10:19

Francesco, la perdita c'è ma non mi preoccuperei più di tanto visto che al 100% un jpeg in camera risulta ottimo, se ci fai caso il crop è proprio tutto a sinistra, dove la lente lavora peggio.

user3834
avatar
inviato il 18 Novembre 2016 ore 10:20

Sul discorso astrofografia non metto in dubbio le maggiori difficoltà.

avatarjunior
inviato il 18 Novembre 2016 ore 10:36

@Blackdiamond. Sono d'accordo. La foto è eccellente . Anche io non è che mi faccio dei problemi sulla diffrazione (pur arrivando al limite di essa, con la mia 80D, a f5.9, cioè praticamente a TA di molti obiettivi), chiudo quanto serve e scatto. Essendo una discussione molto basata sui parametri numerici ci tenevo a chiarire. Questo non toglie che, nel tuo scatto l'effetto è irrilevante.
Ma è interessante come parametro in ottica futura: qual'è il limite di pixel pitch entro cui questo fattore resta, come nel tuo caso, irrilevante?

@Mars: buono l'esempio dell'audio. Però hai detto una cosa errata: il limite dell'udibile (20kHz) dell'orecchio umano con la frequenza di campionamento sono due cose diverse. Il primo è la sensibilità dello strumento con cui registro il segnale, fino a che "nota acuta" riesco a trattenere informazione (oltre 20kHz si parla di ultrasuoni, vero che in media l'orecchio umano non percepisce, ma i cani ad esempio sì, e comunque innalzare qruesta soglia, ad esempio a 25kHz, porta comunque più informazione che male non fa mai) con il microfono in uso. La frequenza di campionamento (i 44.1, 96 e 192 kHz) invece è la quantità di volte per unità di tempo in cui leggo il segnale analogico (curva continua) e trascrivo l'informazione in digitale ("curva" a gradini). Più fini sono i gradini più simile alla curva reale sarà la mia registrazione (è un po' il concetto della sommatoria e degli integrali). Ovvio che anche qui l'orecchio, come l'occhio, ha un cerchio di confusione (al di sotto del quale TEORICAMENTE non si percepiscono più le differenze in frequenza di campionamento), ma sempre meglio aumentare che rimanere sul limite.

Sul discorso diffrazione invece non ho capito cosa volevi dire (f33 per Marte).

user3834
avatar
inviato il 18 Novembre 2016 ore 10:46

Francesco, proprio per il discorso del limite ho postato la foto, se è vero che oggi un sensore molto denso da questi risultati con una lente non di ultima generazione, immagino che con un Tamron 15-30 o un Canon 24-70 di ultima generazione il problema sia ancora meno evidente, quindi tralasciando i numeri, il campo ci dice che i produttori possono ancora spingersi oltre (e lo faranno sicuramente) senza avere dei problemi visibili a danno della qualità dell'immagine.

avatarjunior
inviato il 18 Novembre 2016 ore 10:48

Però è anche vero dove i limiti derivanti da essa si fanno più incisivi: penso per esempio alla macrofotografia, dove i dettagli sono estremamente piccoli. Ma è vero che, essendo campi specialistici, il problema è relativo.

user3834
avatar
inviato il 18 Novembre 2016 ore 10:56

Vero, un po' come l'astrofografia, anche la macrofotografia è un mondo che conosco marginalmente e dove in effetti si lavora molto "chiusi" e dove i problemi potrebbero uscire, chissà se qualcuno qui sul forum fa Macro con la 5DSr.

avatarjunior
inviato il 18 Novembre 2016 ore 11:37

La quantità di volte per unità di tempo in cui leggi il segnale acustico è lo stesso concetto del numero di pixel per mm² presenti in un sensore. Nel suono hai una frequenza di campionamento temporale a una dimensione, nei sensori digitali hai una frequenza di campionamento spaziale a 2D. Cambia solo che passiamo da una retta a un piano.

Rispondo più avanti sull'obiezione sull'apertura, prima spiego l'ultima domanda sulla diffrazione.
È più facile da capire se si conosce bene la funzione MTF ma provo a semplificare. L'apertura di un'ottica con aberrazioni trascurabili e quindi limitata solo dalla diffrazione determina univocamente la massima frequenza percepibile oltre la quale il contrasto va a zero.
Il mio specchione da 300 mm ha quindi intrinsecamente un "bottino" di informazioni predeterminato, la focale e la telecamera hanno solo il compito di tirarlo fuori il più possibile.
La frequenza con cui si sceglie di campionare il segnale dato dal telescopio comporta due effetti che vanno nel senso contrario: da una parte aumenta il dettaglio e dall'altra diminuisce la luce per cui bisogna alzare il tempo di esposizione. Questi due fattori hanno prodotto costante per cui si trovano su un'iperbole, come mostrato nel primo grafico in questo articolo:
www.clarkvision.com/articles/telephoto.system.performance/
Regolando il campionamento a pari apertura ci si sposta lungo l'iperbole prefissata, insomma la metafora della coperta corta.
Il desiderio sarebbe di andare in alto a dx, ma questo si può fare solo aumentando il diametro ed è la scoperta dell'acqua calda! Non si può sfuggire dal vincolo di dover sborsare più soldi e portare più peso per avere una coperta più larga!

Detto ciò, guardiamo il caso reale. Se fotografo col mio telescopio a 1500 sono nel punto in alto a sx della sua iperbole (che ovviamente è molto più alta di tutti gli obiettivi di esempio nel grafico), quindi luce a palate ma pianeti minuscoli. Bisogna quindi moltiplicare la focale finché si continuano a veder apparire dettagli più piccoli. Finché si migliora il dettaglio conviene ingrandire perché poco importa se l'esposizione aumenta da 1/500 a 1/50. Ci si deve appunto fermare quando si raggiunge il miglior compromesso oltre il quale non appaiono più dettagli fini e la luce cala troppo.
Quindi non c'è a priori un punto migliore dove posizionarsi sull'iperbole, quello è solo un ventaglio di scelte possibili che il telescopio mi offre. Il punto migliore dipende di volta in volta da luminosità e contrasto dei soggetti che vado a fotografare. Sarebbe impensabile fare nebulose e galassie a 7 metri, quindi bisogna restare su focale corta in alto a sx. Luna e pianeti invece sono molto luminosi e contrastati per cui con loro si può (anzi, si deve) andare in basso a dx.
Anche i pianeti sono molto diversi tra loro per cui da prove empiriche è emerso che Giove mi viene meglio a 7,5 m e Marte a 10, tutto qui.
Anche la qualità del CCD ovviamente conta ma in senso "peggiorativo": non è una buona a migliorare le immagini, ma è quella scarsa a non raggiungere tutto il potenziale che lo specchio può dare.
Facciamo la metafora del forziere dei pirati: l'apertura determina quanto oro c'è dentro, e la qualità della camera quanto di questo riesci a rubarne.

avatarjunior
inviato il 19 Novembre 2016 ore 17:40

Se non ci sono problemi allora passiamo a questo:
però secondo me ci sono alcuni concetti che non sono trasportabili da fotografia terrestre a fotografia astronomica. Primo, che l'unico parametro è il diametro delle lenti: su questo ho dei dubbi, nel senso che nel mondo delle ottiche (a trasmissione diretta) il diametro è un parametro "collaterale", più legato al rapporto focale/luminosità.
...
Non voglio contrariare il tuo discorso, ma semplicemente capire meglio: non so se sto errando io oppure se c'è qualche "buco" nel ragionamento che stiamo facendo.

Sì che c'è l'errore, eccome! ;-) Ma è bene che sia venuto fuori perché avevo intuito che i non astrofili sottovalutano l'importanza del diametro, ma è esattamente a causa di questo tranello che sono nati i miti dei pixel piccoli più rumorosi e la pdc che dipende dalla dimensione del sensore.

Clark li smonta in modo molto semplice. Per semplicità di calcolo facciamo finta di considerare un fattore crop di 2× invece di 1.6, e immaginiamo due camere con sensori scalati di questo fattore e stesso numero totale di pixel. Quindi tutto dimezzato in dimensioni.
Prima fai una bella foto con una FF e un 200 f/2.8, poi prendi la camera croppata e ci monti un 100 f/2.8 e fai una foto con stesso tempo e stessi iso. Vengono fuori due foto in teoria identiche perché hanno stesso campo e stesso campionamento, ma la seconda è più rumorosa perché ha un quarto del segnale. Così si dà la colpa ai pixel più piccoli perché avendo un quarto di superficie si pensa che sia colpa loro che hanno ricevuto un quarto di luce.
A questo punto siamo a metà episodio della signora in giallo, quando lo sceriffo accusa sempre uno a caso e la Fletcher dice: "hmmmm, qualcosa non mi quadra, non sono convinta che sia lui l'assassino, devo vederci più chiaro"
Chi è il vero colpevole?

avatarsupporter
inviato il 19 Novembre 2016 ore 18:54

Ho sempre sostenuto che, nel caso di rifrattori ovvero teleobiettivi a lenti, quello che conta in ultima analisi è la lente frontale, quando sento parlare di un 300/4 che su m4/3 è "equivalente" ad un 600 con lente frontale da 15cm, mi chiedo sempre se chi lo afferma ha davvero mai provato un 600 f/4...;-)

avatarsenior
inviato il 19 Novembre 2016 ore 22:12

infatti non ho ancora capito veramente se raddoppiando i pixel (per lato) la risoluzione raddoppia o quadruplica!

Quadruplica. Essendo una superficie, se il raddoppio riguarda entrambi i lati allora l'incremento della superficie totale è data da SQR(2).

Ad esempio, se ho un sensore di 1000x1000 pixel ho una superficie di 1.000.000 di pixel, ma se raddoppio lungo entrambi i lati in 2.000x2.000 allora la superficie diventa 4.000.000 di pixel.

Però non ho capito se la tua osservazione è una battuta o stai dicendo sul serio, perché con tutto ciò che stai tirando fuori, trovo strano che ti sia posto questo dubbio di semplice geometria elementare. ;-)

avatarsenior
inviato il 19 Novembre 2016 ore 23:11

"Prima fai una bella foto con una FF e un 200 f/2.8, poi prendi la camera croppata e ci monti un 100 f/2.8 e fai una foto con stesso tempo e stessi iso."

L'equivalente obiettivo per un sensore 2x non è un 100 F/2.8 ma un 100 F/1.4, se non sbaglio. È qui la luce mancante

avatarjunior
inviato il 20 Novembre 2016 ore 12:30

L'equivalente obiettivo per un sensore 2x non è un 100 F/2.8 ma un 100 F/1.4, se non sbaglio. È qui la luce mancante

Esatto! Il 200/2.8 è grosso il doppio del 100/1.8. Per lo stesso motivo cambia anche la pdc, che appunto dipende solo dal diametro. Quando avevo detto che se con sensori grandi di solito si fanno foto più belle perché si montano obiettivi più grossi qualcuno aveva storto un po' il naso, spero che ora non ci siano più dubbi.
Non è solo in astronomia o in altre situazioni di poca luce, il diametro conta tanto e sempre !

Giobolo, sono serio, la domanda non è banale come sembra. Guarda quest'immagine con le linee verticali di frequenza sempre più fitta:
www.normankoren.com/Tutorials/Lenstarg_lin_720.png
In questo caso è come se fossimo in una sola dimensione per cui la capacità di risolvere le linee più sottili è lineare al lato del pixel/campionamento e non va col quadrato.

avatarjunior
inviato il 21 Novembre 2016 ore 10:06

Chiedo scusa in anticipo se faccio il San Tommaso ma, per rimanere in tema di giallo per la TV, alla Montalbano dico che “eeeeh, ma non mi faccio persuaso!”.

Cercherò di spiegare il mio dubbio argomentando nel modo più chiaro e scientifico a me possibile. Ovviamente, trattandosi di dubbio, è facile che stia per dire cose sbagliate (per non dire sfocianti nella castroneria!), quindi il mio intento è solo quello di approfondire la discussione e non di controbattere con verità sicure e assolute. Altra avvertenza: non ho mai posseduto (usato sì posseduto no) una fotocamera FF e quindi non ho mai potuto fare un confronto empirico di esposizione fra APSC e FF. Questo deve essere chiaro, perché quanto sto per dire è puramente teorico, non figlio di prove dirette.

Dunque, il discorso era 100 2.8 su sensore 2x vs 200 2.8 su FF. Faccio stessa esposizione, stessi iso, stesso tutto. A quanto pare abbiamo concluso che, tramite il 100 2.8, arriva metà del segnale. In effetti il diametro del “punto di passaggio” (il diaframma) è la metà: 100/2.8=35,7, 200/2.8=71,4. Quindi la luce deve passare attraverso un foro più piccolo, subendo una perdita di energia. E qui mi casca il dubbio. Ma se così fosse, perché a pari iso si ottiene la stessa esposizione a pari tempo (sempre che questo sia vero)? L'apertura di un obiettivo è un effetti una misura relativa legata alla lunghezza focale e, certamente, il diametro delle lenti contribuisce ad avere aperture maggiori. Tuttavia l'esposizione tiene conto solo di ISO, Tempi e Diaframmi. Ora, il mio sensore crop 2x se esposto a pari tempo e ISO (il diaframma è per entrambi gli obiettivi a 2.8) IN TEORIA dovrebbe fornire lo stesso risultato finale, in termini di esposizione. Qui mi manca il tentavo sul campo, quindi c'è un dubbio che però fugo con il seguente ragionamento teorico, ragionando in termini di Lux. Se il mio soggetto riflette luce per un certo ammontare di Lux esistono tabelle che, a tale valore, forniscono coppie tempo-diaframma (ad iso 100) per le quali l'esposizione sarà corretta. TALI TABELLE NON TENGONO CONTO DELLA LUNGHEZZA FOCALE, SOLO DEL VALORE DI APERTURA F!! Come detto tale valore è un diametro RELATIVO non assoluto. Eppure è un parametro sufficiente per calcolare l'esposizione.

Conseguenze logiche: l'intensità luminosa che colpisce il sensore dipende solo dal valore f/, di conseguenza determinando il tempo necessario per avere una esposizione corretta. Ergo, per quanto grande o piccolo che sia il sensore, il valore di candele per cm^2 sarà uguale, a pari lux e apertura. L'area del sensore risulta quindi ininfluente! Ragionando in termini infinitesimali, l'energia luminosa è la stessa per qualunque punto nel piano colpito (SEMPLIFICAZIONE! La scena ripresa avrà luci e ombre, quindi i lux punto per punto cambiano, ma l'energia luminosa disponibile per ciascuno di essi, passata attraverso l'obiettivo, varierà solo in funzione del parametro f, a parità del quale sarà punto a punto equivalente in entrambi i casi). Ergo, ogni punto dell'area viene irradiato in modo uguale. L'area totale è ininfluente! Il sensore FF riceve più luce TOTALE perché l'area è più grande, ma i singoli pixel ricevono la stessa quantità di radiazione!

Dove sbaglio?

avatarjunior
inviato il 21 Novembre 2016 ore 11:08

La domanda non è affatto stupida perché il punto dove sei andato in confusione è importante.

Io nel mio esempio ho detto che nel sensore crop 2X col 100/2.8 arriva un quarto del segnale. Ho parlato di segnale in input, ossia i fotoni per unità di tempo, NON il valore in scala di grigio finale. Quello non dipende dal pixel pitch ed è l'elettronica delle fotocamere a parametrarlo apposta perché l'esposizione non dipenda dalla densità di pixel per mm².
Ma avere il bianco 255 con meno fotoni comporta appunto un rapporto S/N peggiore.
Prova a vedere se questo chiarisce i dubbi:
www.clarkvision.com/articles/does.pixel.size.matter/

IL tuo errore è qua nel finale:
Il sensore FF riceve più luce TOTALE perché l'area è più grande, ma i singoli pixel ricevono la stessa quantità di radiazione!

Ciò che rimane costante per rapporto costante tra diametro focale, è l'intensità luminosa per mm², non per pixel !
Se il sensore più grande riceve più luce totale è perché il diametro della lente è più grande. Se invece del 100/2.8 usi il 100/1.4, quadruplica il numero di fotoni per mm² ma diviene uguale quello per pixel e per superficie del sensore. Ti torna ora?

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