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Gnocchi di Colfiorito al sugo di castrato


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user16612
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inviato il 12 Settembre 2016 ore 10:26

Una ricetta tipica, meraviglioso primo piatto di tante feste paesane umbre.
E per un pranzo familiare di una domenica settembrina.
Molto slow.
E' frutto delle mie peregrinazioni estive alla ricerca e scoperta di sapori e odori che riportano l'uomo alla terra, come è giusto che sia.






La patata di Colfiorito, rossa di montagna, è succulenta sia al forno che fritta, ma nello gnocco dà il meglio di se, perchè necessita di poca farina assicurando compattezza e leggerezza.

Ingredienti per gli gnocchi (per 6 persone):
1 kg di patate rosse di Colfiorito
250gr di farina 0
due prese di sale

Si fanno lessare le patate intere e con la buccia per una quarantina di minuti in acqua abbondante e non salata.
Le si scola e, finchè sono calde, le si pela e le si passa nello schiacciapatate.
Aggiungere la farina e il sale. A piacere si può mettere anche la noce moscata, che io ho evitato per lasciar sentire tutto il sapore delle patate.
Con queste patate non serve nemmeno l'uovo.
Si lavora per bene fino a ottenere un impasto omogeneo.
Poi si rulla, si tagliano gli gnocchi e li si passa sui rebbi di una forchetta o sul retro della grattugia perchè poi possano maritarsi col sugo.

Ingredienti per il sugo di castrato:
500gr di polpa di spalla (compreso qualche osso)
olio extravergine d'oliva
aglio, sedano, cipolla, carota
vino bianco
500gr di pomodori pelati
sale e peperoncino

Dopo aver fatto marinare per una notte la carne in vino bianco e aglio, la si trita al coltello.
In una casseruola con olio caldo far soffriggere un battuto di aglio, sedano, carota e cipolla.
Appena la cipolla dora, aggiungere la carne e farla rosolare.
Sfumare con un bicchiere di vino, aggiungere i pelati, le ossa (sono un concentrato di sapore), il sale e il peperoncino.
La cottura da questo momento dura un'ora o un'ora e mezza, dipende dalle dimensione dei pezzetti di carne.

Cuocere gli gnocchi e servirli con il sugo, con un lento giro d'olio e una spolverata di pecorino.


Per questa ricetta ho voluto usare il più possibile prodotti regionali.
Come le patate, anche l'aglio viene da Colfiorito: rosso e delicato.
L'olio è un extra vergine di Trevi, fruttato e poco piccante.
Le cipolle sono bianche novelle di Cannara (un ringraziamento al cipollaro).
Il pecorino e il castrato vengono da Nocera da allevamenti che dovrebbero essere la normalità.
Il vino è un Orvieto classico, minerale e leggero, ottimo per accompagnare il gusto terroso delle patate.
La farina è bio e 0 perchè la preferisco un po' più rustica. Si può usare anche una 1.



Questo mio vuole essere anche un omaggio a una terra, l'Umbria, che ho imparato ad amare nel corso degli ultimi anni.
Per i suoi colori, per i suoi panorami, per i suoi profumi, per la sua cultura, per il suo mangiare e bere.
Soprattutto per la sua gente.

avatarsenior
inviato il 13 Settembre 2016 ore 17:56

Bene nonno,complimenti per l'appassinata ricetta
Peccato che da noi quegli ingredienti non si trovano

avatarsenior
inviato il 13 Settembre 2016 ore 20:45

Da noi realizzabili con la patata rossa di Cetica (località del Pratomagno) conditi con ragù di Cinta senese.Sorriso

avatarsenior
inviato il 13 Settembre 2016 ore 21:01

Nonno quoto al 100 p.c.,però quando tu parli di certi ingredienti tipici e genuini ,mi viene la golosa curiosità di assaggiare QUEGLI ingredienti
Per nostra fortuna ogni regione può vantare dei prodotti tipici e sovente di ottimo livello.
Da noi sono famose le patate di montagna ,buonissime,e per fortuna genuine perché i parassiti non salgono oltre una certa altezza

avatarsenior
inviato il 13 Settembre 2016 ore 21:27

Posso solo accodarmi.

Stiamo parlando di una preparazione, e prima ancora di un approccio alla cultura della cucina e della gastronomia, che condivido e, quando mi si da il caso, pratico anch'io.

Puntualizzo pedantemente alcune cose.
La patata rossa è molto pregiata e quanto mai versatile negli impieghi, personalmente per lo gnocco apprezzo molto la patata bianca (della giusta qualità, ovviamente). La consistenza pastosa della polpa lessata lega benissimo con la farina e produce un impasto soffice e della giusta consistenza.
Perq uanto riguarda l'olio, il mio pensiero eretico considera che per una cottura di due ore e un assieme di sapori e aromi quali carne, vino, battuto di verdure e quant'altro, l'olio EVO abbia anche dei contro: il timbro aromatico del residuo insaponificabile si perde nel prolungato calore, e rimane il rischio che residuino sapori e aromi poco coerenti con tutto il resto. Propendo per il più neutro e comunque pregiato olio di oliva, a detta di molti chef ingiustamente disprezzato per i procedimenti di cottura lunga dove l'EVO ha ben poco se non nulla da dire in più.
Su tale ricetta, vedo piuttosto filo di olio EVO all'atto dell'impiattamento.
Potremmo aprire un dibattito su quale sia la miglior varietà di carne per il ragù: per rispetto della territorialità dovremmo prendere in considerazione le tradizionali, pregiate razze biance del centro italia: chianina, romagnola, marchigiana...che però sono grasse, impareggiabili per la griglia o i ferri ma per cotture lunghe e con aggiunta di liquidi danno risultati forse migliori le razze pregiate magre, regina delle quali è la fassona piemontese. Questa è diatriba da cui non si esce...

Per il resto, stiamo parlando di una preparazione che ha raggiunto la sua perfezione in secoli di affinamento da parte della diffusa, oscura ma preziosa sapienza di tante donne di casa, che l'hanno fatto e rifatto fino a portarlo alla qualità e all'equilibrio che oggi ci adoperiamo quotidianamente di mandare perduti, a vantaggio di salse grasse e acide, fast-food e indecenti frittacci da cartoccio. Amen.

avatarsenior
inviato il 13 Settembre 2016 ore 23:13

Nonno.
Io sono di Firenze ma quando si tratta di mangiare sono " cittadino del mondo"MrGreen

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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