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Comunque questi discorsi sull'ottimizzazione di questa o quell'ottica su alcune distanze di ripresa piuttosto che su altre lasciano un po' tutti il tempo che trovano, nel senso che se è vero che un obiettivo come il 180/3,4 da il meglio di sé all'infinito, e già sulla definizione di infinito dovremmo metterci un poco tutti d'accordo, ciò non significa che all'infinito spacca il capello in quattro e alla MMaF il capello neppure lo vede, significa piuttosto che se su una scala da 1 a 100 all'infinito vale 100 alla MMaF vale 95 ... e non certo solo 5!
Al che si deve concludere che fatto salvo il limite, oggettivo, della MMaF non proprio minima i ritratti che con esso si possono realizzare avranno un unico VERO limite ... le capacità del fotografo!
Che a sua volta aveva un solo vero concorrente: il 180/2.8 Zeiss Sonnar, nipote del 180 per definizione: il mitico Olympia Sonnar che Zeiss realizzò per le Olimpiadi di Berlino 1936 su specifica richiesta, pare, di Leni Riefenstahl.
Comunque non dimentichiamo che a quei livelli di correzione era già giunta, negli anni 50, Carl Zeiss con alcuni vetri siglati - vado a memoria - PK 51, 53 e 54, che poi altro non sono se non gli attuali vetri ED/UD che tutte le case concorrenti adottarono alla scadenza dei brevetti (Zeiss ... ovviamente) alla metà degli anni '70. Vetri che a loro volta ricalcavano le prestazioni di altri impasti vetrosi, questi però additivati a base di terre rare, che la Kodak aveva brevettato intorno alla metà degli anni '30.
Grazie mille Massimo. Ipotizzavo se prendere qualcosa di lungo per ritratti! Pensavo a questo oppure al 200 2.8 che però non sempre è recensito bene. Oppure un classico 135 in versione 2.8 (che non si trova).
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