RCE Foto

(i) Per navigare su JuzaPhoto, è consigliato disabilitare gli adblocker (perchè?)






Login LogoutIscriviti a JuzaPhoto!
JuzaPhoto utilizza cookies tecnici e cookies di terze parti per ottimizzare la navigazione e per rendere possibile il funzionamento della maggior parte delle pagine; ad esempio, è necessario l'utilizzo dei cookie per registarsi e fare il login (maggiori informazioni).

Proseguendo nella navigazione confermi di aver letto e accettato i Termini di utilizzo e Privacy e preso visione delle opzioni per la gestione dei cookie.

OK, confermo


Puoi gestire in qualsiasi momento le tue preferenze cookie dalla pagina Preferenze Cookie, raggiugibile da qualsiasi pagina del sito tramite il link a fondo pagina, o direttamente tramite da qui:

Accetta CookiePersonalizzaRifiuta Cookie

Metto alla vostra attenzione questa inte...


  1. Forum
  2. »
  3. Blog
  4. » Metto alla vostra attenzione questa inte...





avatarjunior
inviato il 28 Aprile 2016 ore 9:39

Metto alla vostra attenzione questa intervista del reporter Luigi Baldelli. Credo sia interessante. Ciao a tutti.
Luigi Baldelli

7


0
28/04/2016

«Kapucinscki diceva che ”è la voglia di capire che permette di poter spiegare”. Per farlo è soprattutto necessario avere la schiena dritta. E non aver timore di raccontare. Mai».

Riassume con queste parole, Luigi Baldelli, il suo mestiere di photoreporter. Marchigiano, fotografo professionista dal 1987, ha seguito i più importanti avvenimenti nazionali e internazionali, dalla caduta dei regimi totalitari nell'Europa dell'Est, alla prima guerra del Golfo, dal conflitto nella ex Jugoslavia a quello in Somalia e in Rwanda. Ha documentato le carestie in Africa, le problematiche sociali in Asia e in Sud America. Dal 1995 al 2013 ha collaborato con il grande inviato del Corriere della Sera Ettore Mo. Insieme hanno realizzato oltre 150 reportage in tutto il mondo, pubblicato decine di articoli e diversi libri di successo stampati da Rizzoli.

I suoi servizi sono stati ospitati da Time, Newsweek, Der Spiegel, Io Donna, D della Repubblica, Sette, Sunday Telegraph e altri ancora. Ha percorso con i mujahidin l'Afghanistan in lungo e il largo, il Messico seguendo la rotta dei clandestini attraverso il confine con il Guatemala, i narcos a Ciudad Juarez. Poi ha raccontato la Siberia, la Nigeria, il dramma della fame in Niger, quello della prostituzione in Bangladesh, l'epidemia di ebola in Sierra Leone, la disperazione dei profughi in Sud Sudan. Ha seguito e documentato con passione storie legate alle problematiche sociali e alla condizione dell'uomo.

L'esperienza in Afghanistan (una decina di viaggi, il più lungo è durato oltre tre mesi) è stata raccolta nel libro Afghanistan pubblicato dal Touring club italiano.
Quaranta immagini hanno inoltre accompagnato l'edizione illustrata del best seller Il cacciatore di aquiloni pubblicato in Italia, Stati Uniti, Brasile, Olanda e prossimamente in Cina. Sue anche le immagini per l'edizione olandese di Mille splendidi soli. Dal 2015 è Sony Global Imaging Ambassador. Attualmente è staff photographer dell'agenzia Echophotojournalism. Sul sito www.luigibaldelli.photos la raccolta di alcuni suoi reportages.



LA BORSA DEL FOTOGRAFO
«Ho iniziato a lavorare con fotocamere analogiche, per poi passare, gradualmente a quelle digitali. La passione per la pellicola in qualche modo mi è rimasta perché ogni tanto scatto con la Mamiya RB67, una medio formato interamente manuale e priva di elettronica. Sul campo uso invece due Sony A7II R per l'alta qualità del sensore full frame, la robustezza, l'affidabilità. Sono corpi leggeri, tropicalizzati, con autofocus preciso e veloce. Le ottiche? Prediligo quelle fisse: Sony 28mm f 2.0, Zeiss 35mm f 2.8 e Zeiss 55mm f 1.8, obiettivi eccellenti già a tutta apertura. Utilizzo anche lo zoom 24/70 f 4.0 sempre di Zeiss. In ogni caso non uso teleobiettivi: l'ottica più “spinta” è il 55 e quando uso lo zoom difficilmente sfrutto i 70 millimetri».

«Ai corpi macchina professionali affianco la mirrorless Sony 6300 con lo zoom 16/50 (corrispondente a un 24/75 sul pieno formato) e una handycam per piccoli video e prodotti multimediali. A tutto questo aggiungo batterie di scorta, schede di memoria, un piccolo flash e il block notes per gli appunti di viaggio. Cerco di essere il più leggero possibile e quello che metto “al collo” si limita a una reflex con un'ottica fissa, - di solito il 28 o il 35 - e la compatta. Nella borsa legata alla cintura ripongo invece zoom, batterie e sigarette. L'attrezzatura dipende ovviamente dalle situazioni di scatto, dalla luce, dal tipo di storia che devo raccontare e da come ho deciso di farlo. Credo che non possano esserci regole precise. A volte è meglio usare solo la mirrorless , altre la reflex con il 28. Cerco, comunque, di avere con me lo stretto necessario per far fronte a tutte le situazioni di ripresa e agli imprevisti».

«Quello che conta sono ovviamente la composizione, la luce, i gesti, gli sguardi, i particolari. Per questo motivo lavoro sempre in automatico (imposto i diaframmi solo se devo controllare la profondità di campo) e con l'autofocus inserito. In questo modo riesco a concentrarmi unicamente su quanto sta accadendo davanti all'obiettivo. E fino ad oggi le fotocamere non mi hanno mai tradito sull'esposizione e la messa a fuoco. Imposto manualmente solo la sensibilità, generalmente tra gli 800 e i 1600 Iso, al massimo 2000. Una volta in Sierra Leone mentre stavo documentando l'epidemia di ebola, involontariamente ho spostato il valore a 8000 Iso. Quando me ne sono accorto - dopo circa 10 minuti - ho corretto l'impostazione preoccupato che le fotografie scattate avessero troppo rumore. Invece erano perfette e sono state pubblicate a doppia pagina».

CAMERA OSCURA
«Quando usavo la pellicola non ho mai stampato le mie foto. Quelle in bianconero le affidavo a uno stampatore di fiducia che seguivo passo dopo passo in camera oscura. Le diapositive le sviluppava invece un laboratorio specializzato. Adesso scatto sempre a colori e in formato Raw. Faccio poca post produzione, uso Photoshop, limito gli interventi ai livelli e alla maschera di contrasto. Mi concentro di più sulla composizione e la luce, gli elementi basilari dello scatto. Il formato? Quello rettangolare non è necessariamente un vincolo perchè ci sono servizi in cui prediligo il taglio “quadrato”. Comunque aver lavorato tanti anni con la pellicola mi aiuta molto, sia nel momento della ripresa, sia nella post produzione: non mi piace scattare a vuoto, e al computer dedico il tempo stretto necessario per sistemare le immagini».

SCAFFALE
«Il mio scaffale “fotografico” non è solo fisico, ma è soprattutto un luogo della memoria che allinea le immagini che in qualche modo rappresentano la mia professione e la mia formazione. Contiene fotografie che spaziano dal reportage alla politica, foto scattate ovunque e in epoche diverse. Possiedo le monografie di James Nachtwey, - che considero un maestro - e quelle di Gianfranco Moroldo, grande photoreporter dell'Europeo. Poi le foto di Federico Patellani e di Enzo Sellerio, due bravissimi fotografi. E quelle di Ferdinando Scianna, Luc Delahaye, Don McCullin, e molti altri ancora. Ognuno a modo suo mi ha insegnato qualcosa, soprattutto a trovare la maniera per raccontare il mondo con le immagini».

«Mi sono avvicinato a questo lavoro sfogliando soprattutto le riviste in cui le foto contavano quanto i testi, a volte anche di più. Erano i servizi pubblicati da Epoca, l'Europeo, Life, Time, Newsweek. Cito ancora un nome, che forse molti non conoscono: Vezio Sabatini, fotografo di avvenimenti politici a Roma tra gli Anni 70 e 90. Era avanti a tutti nella scelta delle inquadrature e nella capacità di cogliere nell'attimo giusto l'essenza della politica, al di là dei personaggi che la rappresentavano e che lui immortalava. E poi alcuni grandi pittori tra i quali Caravaggio, Gerad van Honthorst detto Gerardo delle Notti, Georges de La Tour per il modo con cui hanno reso immortale la luce nelle loro opere».

«Per finire, i libri “solo di parole”, capaci però di spingere la nostra immaginazione fino a permetterci di vedere oltre il semplice linguaggio scritto. Sono tanti, dal Piccolo Principe a Il giovane Holden, dai gialli di Jo Nesbø a quelli di Don Winslow. Poi quelli degli italiani Domenico Rea e Lucio Mastronardi, fino al mondo (e ai viaggi) raccontati da Colin Thubron, Bruce Chatwin e Ryszard Kapuscinski. Suggerisco anche Gay Telese, giornalista precursore del “New Journalism”. C'è anche un libro che trova sempre posto nella mia valigia: è L'Antologia di Spoon River, spaccato di una umanità universale e senza tempo che ho avuto la fortuna di incontrare molte volte grazie al mio lavoro».

Che cosa ne pensi di questo argomento?


Vuoi dire la tua? Per partecipare alla discussione iscriviti a JuzaPhoto, è semplice e gratuito!

Non solo: iscrivendoti potrai creare una tua pagina personale, pubblicare foto, ricevere commenti e sfruttare tutte le funzionalità di JuzaPhoto. Con oltre 243000 iscritti, c'è spazio per tutti, dal principiante al professionista.






Metti la tua pubblicità su JuzaPhoto (info)


 ^

JuzaPhoto contiene link affiliati Amazon ed Ebay e riceve una commissione in caso di acquisto attraverso link affiliati.

Versione per smartphone - juza.ea@gmail.com - Termini di utilizzo e Privacy - Preferenze Cookie - P. IVA 01501900334 - REA 167997- PEC juzaphoto@pec.it

www.juzaphoto.com - www.autoelettrica101.it

Possa la Bellezza Essere Ovunque Attorno a Me