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Circoli di Confusione


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user46920
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inviato il 01 Febbraio 2016 ore 17:32

Arrivando da questo topic, continuiamo qui il discorso sulla PdC e le dipendenze dal CdC.

rimetto un passaggio con dei dati da discutere:

se decido di usare un valore di CdC pari a X piuttosto che Y, la PdC subirà un cambiamento sia matematico che fisico, in quanto per dipendenza al valore del CdC, utilizzerò o dovrò utilizzare una messa fuoco diversa per sfruttare l'Iperfocale, oppure un diaframma differente per ottenere la PdC che desidero (lascio perdere quelli che cambiano la focale ... Cool).

La PdC dipende sostanzialmente da:

a - diaframma usato
b - focale dell'obiettivo
c - distanza di messa a fuoco
d - diametro del CdC o per semplificare, il CdC

Per cui: se la PdC è dipendente dal CdC, diventa automaticamente dipendente anche da:

1 - dimensione del fotogramma
2 - ingrandimento della stampa
3 - distanza di osservazione della stampa
4 - rapporto "diagonale fotogramma/distanza di osservazione"
5 - campo visivo binoculare dell'osservatore o un valore arbitrario
6 - acutezza visiva dell'osservatore o un valore arbitrario
7 - risolvenza del sensore o della pellicola

... e qua c'è la rogna !!! Però ti ho risposto sulla dipendenza!

qui un ottimo sito con dei calcoli seri sulla PdC e per chi capisce, troverà buone spiegazioni
toothwalker.org/optics/dofderivation.html

sotto, alcuni passaggi di Pdeninis, ai quali dovrò rispondere:

-
Ma ti chiedo: quando mai ho detto che il CdC deve essere quello convenzionale?

nel momento in cui ogni volta ritieni la dimensione del CdC, uguale solo ed esclusivamente al valore convenzionale.

Il fatto che il LIMITE per il calcolo della PdC debba essere il limite visivo dell'occhio NON IMPLICA QUALE CdC debba essere assunto. Qualsiasi valore tu assuma per CdC esso deve rappresentare il limite dell'acuità visiva affinché il concetto di PdC abbia il senso previsto.

infatti il limite per il calcolo della PdC, che dipende dal CdC, non è il limite visivo dell'occhio umano (e 751 ;-)), per cui non è vero che qualunque CdC tu assuma debba rappresentare il limite dell'acuità visiva

fidati Paolo, è tutto qui il discorso e come ripeto, da questo non riuscirai a schiodarti perché personalmente credo che ti manchino dei dati fondamentali. Però non voglio buttarla sul personale: a me non interessa particolarmente se tu la vuoi pensare come vuoi, ma piuttosto che si riesca a capire definitivamente e completamente questo concetto (che poi tanto concetto non è, ma è semplice geometria ottica ... all'antica ;-)).


-
Hai enumerato tra gli altri al n.7 la risolvenza del sensore, ma non hai mica dimostrato il perché.

nemmeno tu il contrario, ma io te lo dimostrerò!

- H= F^2 / N*Cdc

Questa è la relazione. Qui la risolvenza non è contemplata.

se è per questo, nemmeno una acutezza visiva arbitraria o la dimensione di stampa o chessò il rapporto tra distanza di osservazione e la dimensione della stampa ... ecc
Per cui anche questa tua esposizione non ha dimostrato nulla di più e nulla di meno!
ma hai fatto bene a portarla, perché anche se semplificata, ingloba in sé tutti i fattori che ho esposto (a + b + c + d + tutti i 7 fattori del CdC).
-----------------

[edit]

La prova del 9 della indipendenza è questa: SE, ANCHE DOPO AVER FATTO UN CALCOLO SIMILE, TU COMPRI L'ULTIMA MACCHINA SUPERRISOLUTA E TI RITROVI A DISPORRE DI UNA RISOLUZIONE ANCORA MAGGIORE, SE USI GLI STESSI VALORI CHE HAI CALCOLATO PER IL SENSORE MENO RISOLUTO SULLO STESSO CROP OTTIENI LA STESSA PdC. Se la PdC fosse dipendente dalla risoluzione dovresti invece avere una PdC differente!

Questo vuol dire che la PdC è indipendente dalla risoluzione. ;-)

ti ripeto: non ho detto che la PdC com'è calcolata convenzionalmente (e alla quale fai continuamente riferimento come se fosse l'unica possibilità al mondo) è dipendente dalla risoluzione, ma che la PdC (come effetto ottico) è dipendente dal CdC, il quale dipende anche dalla risoluzione del sensore, oltre a diversi altri fattori che sono arbitrari e non fissi o prestabiliti.

---------------

da qui anch'io vedo che tu non relazionizzi le cose presenti e quindi non vedi la dipendenza ... ma lasciamo stare le nostre capacità personali, che non servono per ragionare sulla questione effettiva e concentriamoci invece sui dati.

per cui ti pongo quattro semplici domande, alle quali dovrai rispondere o vorrei che tu rispondessi, per procedere per gradi ed evitare confusioni:

d1 - è appurata si o no la dipendenza della PdC dal CdC? (e quindi ho svolto il compito, almeno fino a questo punto?)
d2 - qual'è la massima acutezza visiva della visione binoculare umana, espressa in linee per millimetro (l/mm) ?
d3 - qual'è il valore, come sopra, che emerge invece dal CdC convenzionale?
d4 - quali tra i sette fattori di dipendenza del CdC, può essere considerato arbitrario?

avatarsenior
inviato il 01 Febbraio 2016 ore 17:47

COF - Circle Of Confusion
Definition: "A group of photographers sitting around trying to understand the Depth Of Field"


Vecchia ma sempre valida MrGreen

user46920
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inviato il 01 Febbraio 2016 ore 17:55

esatto ;-)

avatarjunior
inviato il 01 Febbraio 2016 ore 18:24

Il CdC per una fotocamera digitale dipende solo dalla dimensione dei fotodiodi del sensore e non è soggettivo.

Una lente mette a fuoco su di un piano (in prima approssimazione, in realtà una superficie curva) per cui solo i punti su questa superficie saranno a fuoco mentre gli altri subiscono una sfocatura proporsionale alla loro distanza dal piano di messa a fuoco.
I fotodiodi del sensore non sono puntiformi ma hanno una certa dimensione per cui, se un punto al di fuori del piano focale subisce una sfocatura (trasformazione da punto in disco) di diametro minore rispetto alla larghezza di un fotodiodo, questo non sarà distinguibile da un punto posto sul piano focale.
L'insieme dei piani contenenti questi punti "sfocati ma non abbastanza da poterlo apprezzare" rappresenta la profondità di campo della lente ed è l'insieme dell'effetto della diffrazione dovuto alla presenza del diaframma, della lunghezza focale, del punto di messa a fuoco e del circolo di confusione.

Non c'è nulla di soggettivo.

avatarsenior
inviato il 01 Febbraio 2016 ore 19:16

Ci sono talmente tanti parametri "soggettivi" che la PDC non si può nemmeno definire come una "grandezza fisica" (che per essere tale deve essere oggettivamente misurabile e la misura ripetibile).


user46920
avatar
inviato il 01 Febbraio 2016 ore 21:49

in effetti è una procedura atta a replicare il risultato ed è quindi misurabile e, nonostante si parli di effetto ottico, direi che è tutto molto oggettivo ... naturalmente entro un campo quantificabile: due ottiche reali con la stessa focale potrebbero dare due risultati leggermente differenti (forse in alcuni casi un po' di più che leggermente), ma una volta che, diciamo così, avessimo tarato il CdC adattandolo ad ogni lente, il sistema funziona e fornirà una misura ripetibile.

ovvero, da ciò che vedo, non c'è "nulla" di soggettivo .. e dovrebbe emergere, spero chiaramente, in questa discussione.

avatarsenior
inviato il 01 Febbraio 2016 ore 22:42

Il CdC per una fotocamera digitale dipende solo dalla dimensione dei fotodiodi del sensore e non è soggettivo.

Una lente mette a fuoco su di un piano (in prima approssimazione, in realtà una superficie curva) per cui solo i punti su questa superficie saranno a fuoco mentre gli altri subiscono una sfocatura proporsionale alla loro distanza dal piano di messa a fuoco.
I fotodiodi del sensore non sono puntiformi ma hanno una certa dimensione per cui, se un punto al di fuori del piano focale subisce una sfocatura (trasformazione da punto in disco) di diametro minore rispetto alla larghezza di un fotodiodo, questo non sarà distinguibile da un punto posto sul piano focale.
L'insieme dei piani contenenti questi punti "sfocati ma non abbastanza da poterlo apprezzare" rappresenta la profondità di campo della lente ed è l'insieme dell'effetto della diffrazione dovuto alla presenza del diaframma, della lunghezza focale, del punto di messa a fuoco e del circolo di confusione.
Non c'è nulla di soggettivo.


Questo era il punto 7 ?

avatarjunior
inviato il 01 Febbraio 2016 ore 22:52

Certo che la profondità di campo può essere definita da una grandezza fisica: è l'intervallo di distanze entro cui l'immagine viene risolta dal sistema ottico con una risoluzione superore a quella del sensore (giro di parole per dire che è a fuoco).

I programmi usati per la progettazione dei sistemi ottici permettono di calcolare tutti questi parametri e di tenere conto delle tolleranze produttive e di assemblaggio dei vari componenti (ovviamente ci vuole un progettista capace), è normale che diversi esemplari dello stesso obiettivo abbiano lunghezze focali o nitidezze un pò diverse, sta al controllo qualità decidere cosa è accettabile e cosa no.

user46920
avatar
inviato il 01 Febbraio 2016 ore 23:17

Questo era il punto 7 ?

Gabri, spero che riceverai cmq una risposta da chi hai rivolto la domanda, però volevo chiarire se ce ne fosse bisogno, che il fattore del punto 7 in pratica rappresenta solo il limite inferiore possibile di scelta arbitraria per il calcolo del CdC ed è in contrapposizione al diametro del CdC convenzionale (già limite molto Blando) o ad un altro limite maggiore arbitrario.

avatarsenior
inviato il 01 Febbraio 2016 ore 23:44

Grazie Cigno. È esattamente il modo in cui avevo interpretato il messaggio con le sole considerazioni sul sensore. Come limite inferiore non modificabile, per l'insieme dei possibili CdC.

user46920
avatar
inviato il 02 Febbraio 2016 ore 0:11

Non ho ben capito cosa intendi per "non modificabile", ma credo che hai capito.

Ovvero, il diametro del CdC ha una possibilità di range (di scelta), che va dal limite inferiore rappresentato dalla dimensione del pixel (meno di così non si può - non è che non sia modificabile, è proprio il limite fisico) al limite maggiore rappresentato per ora dal diametro di quello convenzionale (stabilito anni fa tramite il test col lastra fotografica a contatto, ecc, ecc .. che è modificabile).

se questo "punto" è chiaro, è già un passo avanti ;-)

avatarsenior
inviato il 02 Febbraio 2016 ore 9:38

Sì, intendo che non puoi modificarlo per convenzione: è un limite inferiore dato dall'alttrezzatura. Cambia se inventano un supporto più denso.

user46920
avatar
inviato il 02 Febbraio 2016 ore 14:36

Vedo che nel frattempo Pdeninis non è ancora potuto passare per rispondere, ma lo attendiamo spero a breve.

Forse sarebbe interessante intanto provare a spiegare cosa sia e da dove derivi il CdC convenzionale (per gli amici: CdC-c) ... perchè qui siamo in tema ;-)


CdC-c : corrisponde al valore del diametro massimo accettato dei cerchi di confusione (o punti immagine sfocati) registrati sul fotogramma, rispetto ad una specifica distanza di osservazione, che diano una sensazione di "ancora a fuoco" o che cmq l'effetto prodotto non venga percepito come sfocato o nettamente sfocato.

Il test condotto tramite semplici e ripetibili accorgimenti tecnici, si è avvalso di una fotografia di grande formato (8x10" o 20x25cm) stampata per contatto del negativo e visionata-osservata da una distanza pari alla diagonale del fotogramma/stampa (32 cm).
Il risultato così ottenuto, corrispondeva al diametro massimo accettabile di 0.2mm , ovvero a 5 l/mm (linee per millimetro) da 32cm (o meglio 6.4 l/mm da 25cm), che è pari ad una acutezza visiva di 4.6/10 circa (normalmente in media l'uomo ha 10/10 e come massimo 20/10).

E tanto per farsi un'idea dei valori dati, vuol dire che una persona con 4.6/10 non potrebbe nemmeno conseguire la Patente di Guida (servono almeno 7/10 circa).

Sicuramente qui parliamo di fotografia e non di sicurezza stradale, ma cmq questo diametro accettabile rappresenta certamente un valore molto blando rispetto alla reale possibilità di percezione dei dettagli sfocati della gente comune e serviva (o serve ancora) solo come punto formale e/o convenzionale mediamente accettabile ed accettato, per non dire sfruttato, da molte case costruttrici, ben sapendo che le foto poi venivano generalmente osservate da distanze tendenzialmente superiori, in rapporto alla diagonale della stampa o della proiezione (es Diapo o PC, ecc), facilitando così il compito dell'apparenza della nitidezza.

Raddoppiando la distanza di osservazione di una immagine (quindi allontanandoci), la nostra capacità di discriminazione in l/mm diminuisce della metà ed il diametro apparente dei CdC quindi si dimezza, per cui se personalmente riesco a vedere distinte 14 l/mm da 25cm di distanza, allontanandomi a 50cm sarò in grado di discriminare solo 7 linee in un millimetro, ecc, ecc ... inducendo il mio cervello ad accettare come "ancora a fuoco" alcuni dettagli che da vicino mi apparirebbero come nettamente sfocati.

Questo calcolo approssimativo, rende subito chiaro che se osservo una stampa fatta con un tot di punti immagine per millimetro, da una determinata distanza, raddoppiando o dimezzando la distanza di osservazione, potrei trovarmi nella condizione di notare chiaramente o non notare assolutamente i punti immagine di cui essa è costituita.

Il concetto della Profondità di Campo si basa quindi su questo principio, ed in base a delle convenzioni specifiche, è poi possibile calcolare matematicamente l'effetto prodotto. Per cui la PdC è un effetto ottico che cambia al variare della distanza di osservazione (rispetto a tutti gli altri fattori).



Il rimanere però ancorati a questa convenzione e al CdC-c, porta anche all'ipotetico "piantare un bel paletto da soli e legarcisi con una corda" , annullando tutto il grado di libertà che il principio della PdC fornirebbe a ciascuna condizione personalizzata.

Per questo sono convinto che sapere come stanno le cose, prima di farle, ovvero avere il giusto grado di consapevolezza delle proprie azioni, regali poi la possibilità di poter scegliere/decidere autonomamente i vari risultati desiderati (nel limite del possibile - ovviamente) ed effettivamente "creare" una vera opera d'Arte (ovvero un opera fatta "ad Arte").



avatarjunior
inviato il 02 Febbraio 2016 ore 15:14

Io continuo a non capire una cosa. Mi aiutate?

Il cdc è spesso collegato alla dimensione del sensore. Infatti nelle tabelle che si trovano in rete ad ogni dimensione del sensore è associato un certo cdc. Questo perché sensori più piccoli, rispetto ai più grandi, devono ingrandire di più per ottenere una data dimensione di stampa
Bene, questo lo posso accettare in linea teorica.

Allora dovrebbe essere corretta questa relazione tra pdc e cdc: al crescere delle dimensioni del sensore aumenta la pdc.

Questa relazione è del tutto controintuitiva e, nell'uso quotidiano, lo sappiamo tutti che è superata dall'effetto delle altre variabili che determinano la pdc...nella realtà sensori più grandi favoriscono una ridotta pdc! La compattina deve ingrandire di più del ff per stampare un a3, però non arriverà mai a darmi una minore pdc della ff!!

Ora io non capisco questo: quanto è importante questo relazione "inversa" tra cdc e pdc?
Si conosce quanto è deteminante l'effetto "ingrandimento" dei sensori più piccoli?


Ecco le mia perplessità sono queste:
- si vede davvero l'effetto "minore pdc da sensore ridotto"?
- ne avete avuto riscontro usando sensori diversi?
- in altre parole: ma perché nei conteggi della pdc non si tiene fermo il cdc? Che me lo lascino decidere a me in base alla stampa che voglio fare.


Chiedo scusa se sono andato o.t.


user46920
avatar
inviato il 02 Febbraio 2016 ore 16:04

Il cdc è spesso collegato alla dimensione del sensore.

non spesso, il CdC è sempre legato alla dimensione del sensore !!!

Allora dovrebbe essere corretta questa relazione tra pdc e cdc: al crescere delle dimensioni del sensore aumenta la pdc.

è il contrario, il CdC si trova al denominatore nei calcoli e quindi ...

Ora io non capisco questo: quanto è importante questo relazione "inversa" tra cdc e pdc?

molto, direi fondamentale.

Chiedo scusa se sono andato o.t.

ho risposto alle tue domande OT nell'altro topic quello dedicato FF vs APSC
www.juzaphoto.com/topic2.php?l=it&t=1594337&show=last#7859430

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