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Il dubbio, il kitsch, l'arte.







avatarsenior
inviato il 21 Febbraio 2015 ore 17:20

Nell'aprire questa sezione mi sono posto, come obiettivo principale, quello di insinuare dei dubbi. Le materie di cui discutiamo, la fotografia, l'arte, escludono certezze. Quando ci sembra di averle raggiunte ecco qualcosa che rimette tutto in discussione e bisogna ricominciare da capo. È un percorso che non ci può portare alla soluzione del mistero dell'arte (e della fotografia) ma ci consente di tentare di avvicinarlo. È un percorso faticoso, ma può essere esaltante. Il suo motore è alimentato dal dubbio, dalla ricerca, dalla riflessione.
Proprio per caricarvi di dubbiMrGreen e spingervi alla riflessione vi invito a leggere un recente articolo di Michele Smargiassi. Si parla di forum, di fotografia amatoriale:

smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2015/02/09/fenomenologia-d

Vi consiglio di leggere anche i numerosi commenti.

avatarsenior
inviato il 21 Febbraio 2015 ore 18:01

La prima cosa che ho da dire, con riferimento all'ultima parte del discorso, è che "sono un dilettante fotografo"MrGreen
Tolte le battute mi pare di cogliere un concetto nel post di Michele Smargiassi, che però avevo già acquisito in un ambito diverso dalla fotografia: quello del bere, del bere bene. Il segreto del buon bere risiede tutto nel decidere di bere un vino, non far decidere al vino di essere bevuto. Si beve meno, si beve meglio. Analogamente in fotografia. Confesso che mi è capitato sovente di scattare delle foto con la finalità di postarla nel forum e non altro. È uno di quei casi in cui la mia coscienza si è dimessa e ha preso il sopravvento la circostanza. Forse, pur rimanendo nell'ambito amatoriale, il mio, si può rimettere ogni cosa al suo posto e decidere di fare una fotografia con la consapevolezza del proprio operato e quindi del perchè. Il risultato non è garantito ma almeno, qualche volta, si evita di cadere nel kitsch.
Seguo la discussione. Un saluto.

avatarsenior
inviato il 21 Febbraio 2015 ore 19:00

Conosco molti professionisti a cui certe definizioni vanno a pennello, siamo tutti dilettanti.
Ciao ragazzi, mi affaccerò ogni tanto su questo forum, ma molto di rado, non fa per me. I miei complimenti ancora ad entrambi per la vostra perseveranza.

Luca










avatarsupporter
inviato il 21 Febbraio 2015 ore 19:10

Quando sento la parola Kitsch invariabilmente, per una sorta di "imprinting", penso al libro di Gillo Dorfles del 1968 che lessi da ragazzino nei tardi anni '70.
Ho visto che è ancora reperibile:
www.ebay.it/sch/sis.html?_nkw=Gillo%20Dorfles%20IL%20KITSCH%20Antologi
Ricordo che verso la fine del testo, in una sorta di postfazione, il buon Dorfles dichiarava di aver scritto il libro con l'intento di fornire al lettore indicazioni per sottrarsi al regno del cattivo gusto.
Più ci penso più mi convinco che questa è una pia illusione. Sottrarsi al Kitsch quando si ha la (buona o cattiva?) ventura di essere nati in quest'epoca è più difficile che sottrarsi alla "peste nera" nel 1348. Lì almeno avevi la prospettiva di rifugiarti in una località di campagna e far passare il tempo con i compagni raccontando a turno delle novelle.
Ma al kitsch non si può sfuggire. Qualsiasi fotografia tu faccia, in qualunque modo tu arredi la tua casa, c'è comunque qualcuno che ti appiccicherà l'etichetta di pacchianone.
Anche adottando un minimalismo estremo, asettico, monacale e ultraessenzale oltre i limiti dello Zen; qualcuno affermerà che la tua è una posa, un atteggiamento affettato e stucchevole e che quindi sei ricaduto in quel kitsch da quale intendevi sfuggire. A quel punto non c'è che da ricambiare il tipo in questione della sua stessa moneta, visto che qualche appiglio per dimostrare che anche lui sguazza nel kitsch lo si trova di sicuro...
L'unica è rassegnarsi a questa triste realtà è magari, se ci si riesce, prenderla con ironia e scherzarci su.
Poi questo rimanda al quesito se ciò che è o non è kitsch sia o meno definibile in base a parametri universalmente validi, e quindi anche se ciò vale anche per il suo opposto, ovvero il cosiddetto "buon gusto".
E anche se "de gustibus disputandum est?". Theodor W. Adorno, in uno degli aforismi dei suoi "Minima Moralia", diceva di si...

P.S. Colgo l'occasione di congratularmi con Jeronim per l'iniziativa di questo bellissimo gruppo.

avatarsenior
inviato il 21 Febbraio 2015 ore 19:23

Purtroppo o per fortuna (ad ognuno la sua scelta) siamo nel campo del relativismo.

avatarsenior
inviato il 21 Febbraio 2015 ore 21:51

Stiamo attenti al relativismo. L'ho scritto tante volte. La sua accettazione acritica può portare alla fine di ogni critica, di ogni pensiero. Accettiamo il relativismo solo fino a quando non ci impedisce di fare delle scelte o individuare delle direzioni che concretizzino il nostro sentire autentico.
Per dubbio, intendevo quello che dovrebbe sempre fare capolino in quello che facciamo. Guardiamo le nostre foto, i nostri lavori o progetti e chiediamoci, per dirla con Smargiassi, se "il significante distrugge il significato".
Dubbio che dovrebbe essere considerato soprattutto da chi fotografa per diletto, come la maggior parte di noi. Chi vive di fotografia deve fare, innanzi tutto, i conti con le dinamiche di mercato, con i committenti.

avatarjunior
inviato il 21 Febbraio 2015 ore 22:36

Intervengo in questo topic, mio malgrado, senza la pretesa di dare un contributo attivo: decisamente non sarei in grado di fare riflessioni così particolari sull'essenza della fotografia.
Piccola prefazione: sono un assoluto dilettante, un ragazzo, mi sono avvicinato da poco al mondo della fotografia. Sono però sinceramente interessato alle vostre discussioni, mi incuriosisce molto e mi affascina il lato introspettico della fotografia, la 'forma mentis' che c'è dietro ad uno scatto.

Ho letto con interesse l'articolo linkato (non ho avuto tempo di leggermi bene i commenti, li riguarderò appena possibile) è mi ha toccato in particolare questo passaggio:

Il dilettante fotografo inclina verso il kitsch quando pensa che una fotografia sia riuscita solo se e quando comunica un'emozione.


Orbene, riflettendo un po' io ero giunto proprio a questa conclusione! Sono convinto che nel momento in cui una fotografia non comunichi qualcosa (intendendo 'qualcosa' con un'accezione davvero molto vasta) questa non abbia senso di esistere. Secondo me il discorso non fa una piega, ma evidentemente non ho considerato qualche aspetto della cosa. Sarei pertanto davvero felice di leggere una vostra opinione in merito Sorriso

user39791
avatar
inviato il 21 Febbraio 2015 ore 22:43

Anche io sono rimasto sconcertato da quella frase utilizzata come base di partenza per le considerazioni successive concatenate da una serie di sillogismi ipotetici. E' come se ritenesse colui che si diletta con la fotografia un portatore (in)sano del morbo della sindrome di Stendhal. Mi verrebbe da chiedergli, scimmiottando il buon Marzullo, se non è l'arte che vive comunicando emozioni forse sono le emozioni che fanno vivere l'arte?

avatarsenior
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 0:19

A me ha fatto pensare che l'arte non deve piacere a tutti, mentre chi mette una foto nei social lo fa per lo scopo di avere tanti "mi piace".

avatarsenior
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 8:48

Cit. Treccani.it
Dilettante: Chi coltiva un'arte, una scienza, uno sport non per professione, né per lucro, ma per piacere proprio .


Cit. Smargiassi
il kitsch fotografico dobbiamo andarlo a cercare, magari anche nei social network, non fra le neo-foto relazionali, ma in quelle che hanno un'ambizione estetica, creativa, autoriale. In poche parole: nelle fotografie dei nuovi fotoamatori in cerca di ammirazione .


Oggi purtroppo il "piacere proprio" è troppo spesso alimentato dal verbo apparire più che dal verbo essere, e questo ci porta a pensare prima a cosa può piacere agli altri più che a noi stessi...

Buona domenica
Roberto

user47934
avatar
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 8:53

Partendo dal fatto che mi aspettavo 15 pagine qui e non parlando di una nuova reflex...
L'articolo l'ho letto, sinceramente, anche se posso capire gli intenti dell'autore, lo trovo kitsch in ogni sfumatura, è il decalogo del kitsch... l'aura di autorevolezza, lo stare sopra le righe, la falsa modestia... è IL kitsch... e va bene così, è giusto, ai limiti del bello che la crociata contro i dettami del cattivo gusto vada portata avanti con cattivo gusto!
Come già si diceva però siamo immersi nel vasto mare del relativismo proprio per il fatto che nessuno può dare una definizione oggettiva di cosa sia kitsch, è l'arroganza di mettere delle linee guida per la definizione della categoria ti porta al loro piano e diventi "uno di loro"... e credo sia giusto così, la giusta "punizione" ad un eccesso di superbia....

Per quanto riguarda la provocazione che viene fatta dicendo:

"Il dilettante fotografo inclina verso il kitsch quando pensa che una fotografia sia riuscita solo se e quando comunica un'emozione."

Ecco, questo lo posso capire fino ad un certo punto, mi sembra un ragionamento da professionista che deve vendere un lavoro e bon, nell'ottica dilettantistica se non lo si fa per la comunicazione di cosa stiamo parlando??? Pura estetica? ecco, questo si sarebbe kitsch...
Io nel tempo ho maturato un mio comunque precario ed "evolvibile" pensiero di fotografia/arte che mi piace riassumere con le parole di una canzone di un gruppo presumo sconosciuto ai più..."l'arte è pensiero che esce dal corpo, ne più e ne meno come lo sterco"... con questi presupposti sono d'accordo con la citazione dell'autore, in quanto la comunicazione è solo uno degli aspetti, io posso esprimere me stesso senza necessariamente trasmettere un messaggio a qualcuno...

user46920
avatar
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 10:55

Beh, mi pare un "buon" articolo che regala delle "belle" (direi pesanti) bastonate o bacchettate alla intima incoerenza di qualcuno.

Il dilettante fotografo inclina verso il kitsch quando pensa che una fotografia sia riuscita solo se e quando comunica un'emozione
e
pensa che l'emozione sia l'essenza della fotografia (e dell'arte in generale).
per cui
è pertanto molto severo nel giudicare le fotografie altrui che non rientrano in quelle regole. Per lui, infatti, queste ultime «non sono fotografie».
... annientando e scartando tutto ciò che non è come crede Triste

... che dire ??? ... vivi e lascia vivere, perché è anche un diritto (consapevolmente) fare un po' di pacchiano ...
Su questo, non sparerei sulla croce rossa e trovo più sgarbato ed irriverente ritenerle fotografie , certi lavori Confuso

avatarsenior
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 11:15

Scusate se sarò prolisso, ma da quando non lavoro più nella scuola ho perso il dono della sintesi MrGreen

L'articolo di Smargiassi, che hai citato, coglie ben più di un bersaglio, non tutti negativi ovviamente, ma tutti che necessitano di una riflessione:
1 - la gratificazione è spesso il vero fine del fotografo "dilettante". Da appartenente a quella categoria, se non altro per il fatto che di fotografia non ho mai pensato di camparci, direi che quello è "sempre" il vero fine del dilettante (o almeno, è sempre uno degli scopi per cui fotografa); ma occorre fare una distinzione tra la gratificazione che mi viene direttamente dalla mia fotografia e la gratificazione che mi viene da altri che osservano la mia fotografia. Nel primo caso ho un rapporto diretto con la mia opera, non ho motivo di mentire, né di appesantirla di orpelli ed eccessi per "abbellirla", a meno che questo non sia l'indirizzo di tutta la mia personalità, del mio subconscio, della mia struttura psicologica (ma in questo caso non è la mia fotografia che diventa kitsch, è la mia mente che soffre di qualche squilibrio); magari qualche volta posso sperimentare in tal senso per cercare di capire quale sia il limite da non superare, o per rendermi conto delle eventuali difficoltà tecniche di un'elaborazione spinta; qualche volta il risultato mi può persino piacere, ma dentro di me so perfettamente che sono andato "oltre", magari potrò riutilizzare quegli eccessi tecnici se e quando vorrò trasformare la mia fotografia in qualcosa di diverso, darle un'impronta volutamente artificiosa e grottesca, ma sempre senza perdere la consapevolezza di ciò che sto facendo.
Nel secondo caso, è verissimo che anche una mente equilibrata può subire la tentazione di immergersi nelle mode, di giocare a "chi più ne ha, più ne metta" solo per accumulare consensi (il consenso è lo strumento della gratificazione portata ad un livello sociale); se cadiamo in questa tentazione, perdiamo di vista il concetto di "oltre" ed entriamo nel kitsch perché lentamente viene meno la consapevolezza di ciò che stiamo facendo (se riusciamo quantomeno a rimanere onesti) o perché non ce ne importa più nulla (se siamo disonesti).
In sostanza: se propongo anche agli altri quello che prima di tutto ha già gratificato direttamente me, forse riesco a mantenere intatto il "significato" e a non varcare la soglia del kitsch, se cerco solo consensi, probabilmente il "significante" prenderà il sopravvento e quella soglia la varcherò, se non altro perché è più facile cercare consensi tra la massa del "popolo bue" che tra i pochi in grado di valutare realmente un'immagine.

2 - Il dilettante fotografo inclina verso il kitsch quando pensa che una fotografia sia riuscita solo se e quando comunica un'emozione. Il dilettante fotografo, di conseguenza, pensa che l'emozione sia l'essenza della fotografia (e dell'arte in generale). Credo si tratti di una conseguenza di quanto ho appena scritto, ma solo in parte; bisognerebbe anche vedere se il dilettante in questione ha ricevuto un'educazione visiva sufficiente a costruirsi una mentalità realmente critica. E qui entrano in gioco tutti i canali dell'educazione, dalla scuola alla pubblicistica. Se vengo continuamente bombardato da immagini volutamente di cattivo gusto, dove quel "volutamente" è frutto di una scelta cosciente e ragionata, viene da chiedersi se ci sia la volontà di migliorare il livello culturale delle masse!
La vera domanda è: chi deve insegnare alla gente la differenza che corre tra significato e significante?

Lasciando perdere tutte le altre considerazioni che seguono leggendo l'articolo; mi ha colpito in realtà un'altra osservazione, su cui mi piacerebbe che lo stesso Smargiassi tornasse con un approfondimento:
3- la fotografia dei social network non è quasi mai kitsch. Chi condivide selfie o pizze o piedi o gattini non ha nessuna intenzione di fare arte, né contro-arte, né stile: le foto dei social network sono parole di conversazioni, sono costruzioni e autopresentazioni dell'Io pubblico, fanno parte di un'antropologia della recita sociale e non della scena dell'arte.
4 - a volte si usa un filtrino non tanto per dare una patina di bello a una foto brutta, ma come marchio di riconoscimento, per identificarsi con i pari, per desiderio di omologazione a un gruppo.
Ho messo assieme questi due punti perché li ritengo integrazioni del medesimo aspetto: conversazione (cioè comunicazione a doppio senso tra più soggetti) all'interno di un gruppo in cui ci si riconosce e che per questo riconoscimento ha elaborato una propria simbologia. In sostanza, quello che in altre situazioni diventa kitsch, in un dialogo omologato al codice del gruppo assume la stessa valenza dei tatuaggi o delle pitture facciali delle antiche popolazioni di cacciatori-raccoglitori, a dimostrazione che quella "antropologia della recita sociale" che cita Smargiassi si mantiene fondamentalmente identica, da millenni, anche se gli strumenti che utilizza sono completamente cambiati. Il problema, semmai, è che il tuo modo di esprimerti sarà sempre kitsch per coloro che si riconoscono in un altro gruppo e in un altro codice comunicativo; paradossalmente, in questo caso lo è per una forma di considerazione molto vicina al razzismo.
Il relativismo secondo me non c'entra: c'entra il riconoscimento e l'accettazione delle dinamiche di gruppo.

avatarjunior
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 12:24

Qualche riflessione senza pretese sul tema.
Scrive un autore a me caro (e che ha avuto una stretta relazione con la fotografia), Marcel Proust:
"... per quanto questi dilettanti siano risibili, non sono al tutto da disdegnarsi. Sono i primi tentativi della natura che vuole creare l'artista, altrettanto informi, altrettanto poco vitali di quei primi animali che hanno preceduto le specie animali, e che non erano costituiti per durare". (da "Le Temps retrouvé")
Il dilettante è una parte, in senso spaziale o temporale, di noi (nel senso che lo siamo stati tutti, sempre per citare Proust, oppure lo siamo in parte sempre). Il suo entusiasmo, la sua ricerca delle emozioni, è alla base di gran parte dell'arte professionale (nel senso che "si professa" tale) dell'età contemporanea.
Un problema della democrazia, e dei mezzi di comunicazione di massa che se ne nutrono, è che il peso dato alla maggioranza ne convalida il giudizio; il dilettante si sente gratificato dall'approvazione dei più e di quest'approvazione/giudizio si fa forte nei confronti dell'artista vero (che a sua volta, nello stesso sistema, si fa forte del proprio guadagno; di qui la definizione corrente odierna di"professionista"). Il dilettante che si sente realizzato nel godimento estetico o nella produzione di un arte confinata nei suoi limiti, sentendosi fruitore o proudttore (lo lascio: mi è venuto per caso un bellissimo refuso!) di "vera arte democratica", è il fruitore e/o il produttore di kitsch. E su questo kitsch prospera una gran parte del mercato; in fotografia, credo, la maggior parte: macchine, telefonini, mezzi di diffusione delle immagini, tutto valorizzato dagli imbonitori di oggi - se fate caso - con l'aggettivo "professionale". Il kitsch oggi è essenziale al mercato, quindi inattaccabile. Criticarlo vuol dire essere tacciati di snobismo (che poi in fondo è un gradino successivo di kitsch) o di illiberalismo. Forse l'unico modo di evitarlo è seguire una continua via di ricerca, sfuggendo sia alla logica ingenua del "quanto piaccio agli altri?" che a quella più subdola del "sono proprio contento di me stesso!"

user39791
avatar
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 12:38

Se il principio dell'arte è "fa' un buon lavoro" quello del Kitsch è "fa' un bel lavoro". Fate buone foto e non belle foto.......... l'ho sentita spesso dire da un famoso fotografo italiano questa frasetta...........;-)

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