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Leggere le Foto (metodi e linee guida)







user46920
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inviato il 20 Febbraio 2015 ore 10:05

L'Educazione visuale dovrebbe comprendere nel progetto anche una sorta di metodo di lettura delle immagini, con delle linee guida per dare un valore, un significato o almeno un'idea di massima di conoscenza del linguaggio figurativo (che comprende anche la fotografia).
Aspettando Marra, se qualcuno volesse depositare quello che è da lui ritenuto utile e significativo riguardo metodi e guide circa la lettura delle immagini, sarà a beneficio di tutti quanti .. ;-)

grazie dei contributi !

avatarsenior
inviato il 20 Febbraio 2015 ore 12:37

Cult of Vision a corredo di un commento ad un mio scatto inseri' questo interessante allegato sulle figure retoriche applicate alle immagini...

www.nikonschool.it/corso-fotografia-nikon/lezione3.php

user46920
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inviato il 21 Febbraio 2015 ore 10:25

Interessanti i link dai quali farsi qualche idea circa la lettura delle immagini, naturalmente bisognerebbe iniziare con qualcosa di semplice, come l'articolo la comunicazione visiva di J. Piccione, nel quale i concetti vengono espressi in maniera "stringata" ... e direi, forse fin troppo stringata: magari c'era spazio per approfondire un po' meglio, dalla metà in poi dell'articolo.

C'è però un "errore" di fondo in questa informativa, che ritengo importante notificare e "correggere", ma che comunque non compromette in nessun modo la spiegazione dell'argomento del tema.

La " comunicazione " è una funzione fondamentale nella nostra vita ed andrebbe tenuta in alta considerazione da tutti quanti (capita, compresa e poi utilizzata al meglio). Perché sussista la più elementare situazione di "comunicazione", è necessario che entrambi i soggetti comunicanti, abbiano la facoltà di trasmettere e ricevere i messaggi: invio e trasmissione del messaggio, ricezione e lettura del messaggio, invio e trasmissione della risposta e conseguente ricezione e lettura della risposta al messaggio; questo è il ciclo completo di una elementare struttura di comunicazione (es: Radio).
Per cui, il Telefono è uno strumento di comunicazione, ma un libro o la televisione, non lo sono !!! ... sono solamente strumenti di informazione: ovvero, è impossibile una comunicazione !!!
Quindi, anche la fotografia non è uno strumento di comunicazione, ma solo di informazione !!!
Però nel forum, la possibilità di commentare una fotografia, realizza una situazione di comunicazione tra il fotografo e l'osservatore, che in questo modo viene abilitato ad una interazione comunicativa e a sua volta può cercare una comunicazione anche con le proprie fotografie.
Non sottovaluterei questo aspetto, che è molto più difficile da stabilire con una mostra fotografica !!! ;-)

user32134
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inviato il 22 Febbraio 2015 ore 10:56

Per cui, il Telefono è uno strumento di comunicazione, ma un libro o la televisione, non lo sono !!! ... sono solamente strumenti di informazione: ovvero, è impossibile una comunicazione !!!


Non sono del tutto d'accordo con questa affermazione, quando leggo un libro ricevo e faccio mio un messaggio che l'autore ha voluto divulgare. Quando scrivo comunico, non informo, che poi la mia comunicazione possa servire da informazione ad altri è un'altro paio di maniche, ma se "scrivo" "fotografo" "suono" "dipingo" "scolpisco" o utilizzo altre forme di espressione, stabilisco una comunicazione, non sempre a doppio senso, con chi riceve il mio messaggio.....
Poi c'è libro e libro, tra "Shiddarta" e "Teoria delle costruzioni" c'è una gran differenza, il primo comunica mentre il secondo m'informa...... La foto di nudo di Mappelthorpe mi comunica qualcosa, uno dei qualsiasi culi esposti nella sezione "nudo artistico" m'informa che ci sono in giro delle fanciulle con un gran bel lato B MrGreen

user46920
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inviato il 22 Febbraio 2015 ore 12:17

Naturalmente il termine comunicazione è inteso ed utilizzato in vari modi (es: comunicazione ferroviaria) e la presentazione di un messaggio o l'invio di una lettera, sono azioni che vengono fatte rientrare come parte del significato del termine, ma per poter dire di aver comunicato con qualcuno (vedi la mia risposta) è necessario che ognuno degli interlocutori disponga delle stesse funzioni (trasmissione e ricezione): un libro non può averle entrambe e nemmeno la fotografia !!! Eeeek!!!

Se non potessi rispondere ad un tuo messaggio o ad una domanda, che cosa te ne faresti della "tua comunicazione" a metà ??? Confuso ... potresti scrivere un libro ed invece di venderlo in una libreria, lo butti nel fuoco ed avrebbe lo stesso senso della tua mezza "comunicazione" !!

A cosa serve lanciare messaggi in ogni dove, se non saranno corrisposti, se non ci sarà alcuna risposta ??? ... con chi stai comunicando ??? Eeeek!!!

Poi c'è libro e libro, tra "Shiddarta" e "Teoria delle costruzioni" c'è una gran differenza, il primo comunica mentre il secondo m'informa...

Ma se vuoi restare coerente , entrambi i due libri citati possono comunicare informazioni: forse il termine comunicare lo ritieni legato solo all'emozionare o alla qualità e pesantezza del messaggio ... ma non mi pare corretto !!! ... volendo si possono assorbire migliaia di informazioni anche da semplici racconti pedagogici, come Shiddarta di Hesse ;-)

Piuttosto, hai qualche idea o consiglio su come leggere le immagini o meglio le fotografie ??? :-P

avatarjunior
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 13:15

Fossi in voi inizierei, più banalmente, a non comunicarvi gli errori a vicenda: Siddharta si scrive così
(e - al di là dello specifico rilievo - il mio non credo sia necessariamente un intervento OT)

user32134
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inviato il 22 Febbraio 2015 ore 14:18

Se non potessi rispondere ad un tuo messaggio o ad una domanda, che cosa te ne faresti della "tua comunicazione" a metà ???


Se parliamo di scambi verbali o scritti di pensieri dotati di un senso compiuto allora convengo con te che una comunicazione intesa come un susseguirsi di domande e risposte, presuppone la presenza di un interlocutore....
Ma se io compongo un brano musicale, o scatto una determinata fotografia, non m'interessa che ci sia chi interloquisce con me in maniera istantanea; quello che m'interessa è che il messaggio/emozione/ecc... che ho cercato d'imprimere nella musica, nella foto o nel libro, venga compreso di chi ascolta la musica, guarda la foto o legge il libro.... In questo caso la "comunicazione" c'è stata eccome, anche se l'interlocutore non interagisce direttamente con me....
O forse vuoi dire che Bethoveen dal momento che era sordo, non ha comunicato nulla scrivendo la Nona in quanto anche ci fosse stata una risposta non poteva rece× e pertanto quella sinfonia è solamente un insieme d'informazioni sull'accostamento delle note?

forse il termine comunicare lo ritieni legato solo all'emozionare o alla qualità e pesantezza del messaggio


Non solo lo ritengo legato, ma è proprio la presenza di emozioni che distingue una comunicazione da uno scambio d'informazioni
Ma facciamo un esempio, se per assurdo noi ci sentissimo al telefono e scambiassimo frasi composte da parole senza senso, staremo comunicando, mentre Prust avrebbe scritto un'insieme di informazioni solo perché non posso controbattere a lui? HCB, Capa, Ansel Adams (o preferisci Moholy Nagy?) avrebbero solamente raccolto "informazioni"?
Parli di ricezione, non convieni che una una volta che la ricezione si avvenuta anche solo a livello emozionale, la comunicazione potrebbe aver raggiunto il suo scopo?

ma non mi pare corretto


Perché?

Piuttosto, hai qualche idea o consiglio su come leggere le immagini o meglio le fotografie ???


Essendo "analfabeta" in materia di lettura delle foto (altrimenti perché sarei qui?), ti posso solo dire che di fronte ad una foto mi comporto come mi sono comportato di fronte a tutte quelle manifestazioni artistiche nelle quali la mia limitata cultura non mi permette di "comprendere" e cioè, mi provoca emozioni, brividi? Bella foto/scultura/quadro/brano musicale/ecc....; non mi provoca nulla? per me, non vale nulla.....
Lo so, è un approccio molto limitante, ma non per nulla sto cercando di aumentare il mio bagaglio culturale, proprio perché mi rendo conto di perdermi degli stupendi "brani" solo perché non sono capace di "leggere"

Le tue idee o consigli sulla lettura di una foto, invece, quali sarebbero? :-P

user46920
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inviato il 22 Febbraio 2015 ore 20:45

Fossi in voi inizierei, più banalmente, a non comunicarvi gli errori a vicenda: Siddharta si scrive così
MrGreenMrGreenMrGreen
.. chefffigura Triste ... grazie della correzione ;-)
sono troppi anni che non rileggo quel libretto e visto che mi è parso anche a me che non fosse scritto "giusto", ho verificato velocemente in rete (sicuramente un po' troppo velocemente MrGreen), quando è uscito questo l'ho considerato "giusto" Eeeek!!!

La comunicazione comprende anche il codice dei messaggi trasmessi e ricevuti. Comunicare con un codice diverso porta inevitabilmente ad una mancata comunicazione.
Gli errori di scrittura dei codici, jhdjjhdf dkk kdj dkdjd !!! ... mi sembra logico e lampante ;-)

(jhdjjhdf dkk kdj dkdjd = portano ad incomprensioni !!!)

... e nonostante nel vocabolario anche la TV viene intesa come "comunicazione", resta il fatto che se parlo col muro ho la sensazione di non comunicare ;-)

Le tue idee o consigli sulla lettura di una foto, invece, quali sarebbero?


Se ne avessi li condividerei, come faccio con altri argomenti, ma su come leggere le foto non ho "certezze" ...

avatarsenior
inviato il 22 Febbraio 2015 ore 23:44

È chiaro che in sede di premessa si possono sempre ridefinire i concetti in funzione del discorso che si vuol fare.

Però in questo caso sono dalla parte di Franziscus: la teoria della comunicazione è fatto ormai storicizzato dagli anni sessanta e non ha mai preteso che fosse... bidirezionale. Il link di Raffaele la descrive canonicamente.

Anch'io non vedo come la ulteriore condizione proposta dall'Occhiodelcigno possa giovare alla definizione del concetto.

Mi sembra anzi improprio derubricare un atto di comunicazione pienamente efficace solo perché non seguito da una replica: la mancanza di una replica, infatti, non pregiudica che il messaggio trasmesso dall'emittente sia ricevuto dal destinatario e che l'atto comunicativo sia comunque perfetto.

Piuttosto si potrebbe osservare che la teoria della comunicazione, così come la semiologia che spesso le si associa, sono approcci un po' datati e probabilmente in una fase storica di stanca. Direi inattuali.

Che questa mia impressione possa aver qualche fondamento lo dimostra il fatto che il suo propugnatore più importante nel panorama italiano, U. Eco, che in quegli anni tentò di fondare sulla semiologia e sulla teoria della comunicazione in particolare addirittura una teoria estetica, negli ultimi anni abbia abbandonato la materia, dopo essersi confrontato con un aspetto che ha messo in luce una debolezza della sua teoria.

Capisco quindi che possano essere riproposte vantaggiosamente in ambito universitario come spunto di riflessione. Ma essendo ormai approcci che non hanno portato alle conclusioni sperate e che non prefigurano promesse immediate, hanno oramai un sapore di accademismo, e pertanto, come riferimenti teorici operativi, li ritengo limitativi ed anacronistici. Mi sembrano un po' un armamentario di definizioni che non raggiunge uno scopo.

Quanto alla proposta di Raffaele di parlare di comunicazione visiva piuttosto che educazione visiva, direi che l'una è il presupposto dell'altra. E che comunque il concetto di "educazione" ha una ampiezza maggiore di quello di comunicazione - che all'epoca, ricordo, era piuttosto legato alla teoria dell'informazione e dunque al concetto di istruzione - e direi quindi che a mio giudizio è perfettamente appropriato per lo scopo che credo ci si sia prefigurato.

Paolo

user46920
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inviato il 23 Febbraio 2015 ore 8:37

Paolo, è una libertà di opinione molto personale il fatto di concepire la sola trasmissione come "comunicazione pienamente efficace" e appunto vista nei riguardi di una lettura dell'immagine, il fatto che il messaggio sia arrivato, possa automaticamente essere inteso come: la foto ha comunicato qualcosa (e tanto basta); secondo me, usando un termine più corretto, si potrebbe dire che la foto ha trasmesso il messaggio dell'autore.
Personalmente, se non posso replicare con chi mi manda messaggi, non posso comunicare con lui Triste ... e quindi la TV non la chiamo "comunicazione" !!! (... è solo una presa di coscienza personale, indipendentemente dal credito comune) ... che ognuno sia libero in ciò che crede ;-)

Tornando alle linee guida e ai metodi per una lettura d'immagine, credo che gli stessi concetti per la lettura della musica (e non mi riferisco al rigo) dovrebbero avere qualcosa in comune con quelli della lettura di immagini, se non per schema logico. A questo punto ti chiedo: non sarebbe possibile in un qualche modo cercare di rapportare alla fotografia, quelle regole di lettura che ben conosci sulla musica ??? ;-) (magari non è possibile, ma intanto proviamo/cominciamo a trattare l'argomento).

avatarsenior
inviato il 23 Febbraio 2015 ore 11:17

Tornando alle linee guida e ai metodi per una lettura d'immagine, credo che gli stessi concetti per la lettura della musica (e non mi riferisco al rigo) dovrebbero avere qualcosa in comune con quelli della lettura di immagini, se non per schema logico. A questo punto ti chiedo: non sarebbe possibile in un qualche modo cercare di rapportare alla fotografia, quelle regole di lettura che ben conosci sulla musica ??? ;-) (magari non è possibile, ma intanto proviamo/cominciamo a trattare l'argomento).


Occhiodelcigno

Anch'io ho avuto la curiosità di conoscere l'approccio delle altre arti allo studio del proprio oggetto.
Viene spontaneo pensare che, a parte le differenze del mezzo espressivo, gli oggetti artistici devono condividere quanto meno le finalità della loro comunicazione e probabilmente alcune, se non tutte, le modalità.

In musica l'interesse per la conoscenza e la comprensione del significato delle opere musicali ha trovato uno sbocco in una disciplina che si chiama Analisi musicale.

Questa disciplina è stata praticata dai musicisti da sempre, ma mentre fino al primo '800 ha avuto per lo più un ruolo di supporto e di corollario all'attività compositiva e didattica, a partire dall'800 è venuta acquisendo caratteri sempre più autonomi e si è spostata dall'ambito della produzione a quello accademico della ricerca. Dal '900 è divenuta proprio una disciplina terminale, nel senso che non ha più uno scopo di supporto alla composizione ed allo studio del repertorio ma ha assunto una finalità gnoseologica, quella di spiegare il significato e il "funzionamento" della musica.

In questi '200 anni di evoluzione come disciplina autonoma l'analisi musicale ha cambiato oltre alle finalità anche i metodi. Quello che potrebbe stupire è che alla base di questo cambiamento ci sia anche e sopratutto l'evoluzione della concezione estetica: sicché quello che nasce come strumento per comprendere la materia estetica si è mostrato dipenderne a sua volta. Questa è una circostanza quanto mai sconveniente per tentare di elaborare una disciplina "scientifica", nel senso di oggettiva per quanto possibile e che non rinunci al controllo degli enunciati.

Addirittura tutti gli studi fatti fino agli anni '70 hanno portato alla paradossale conclusione che quanto più "scientifico" è il metodo di analisi che viene scelto, tanto meno interessanti e ricche di frutti sono le conclusioni a cui porta. Ed al suo corollario secondo cui l'analisi musicale non è scienza, ma è un'arte a sua volta.

Questa considerazione assieme ad altre sulla natura di sistema complesso dell'oggetto estetico ha fatto declinare l'aspirazione alla scientificità quale si era configurata nel dopoguerra - quando era molto avvertita - o, meglio, ha fatto concludere che la scientificità caratteristica delle scienze naturali e della matematica NON è idonea allo studio delle discipline umanistiche.

È degli anni '60 dunque la nascita di un nuovo paradigma di scientificità per lo studio di queste discipline - i cui oggetti hanno per caratteristica proprio quella di essere costituiti da un insieme di relazioni complesso che funziona secondo gerarchie di parametri non stabili e non oggettivabili in sede di ipotesi - che si chiama ermeneutica (Gadamer).

Sulla base di queste considerazioni non mi stupisco di leggere:

Per questo , personalmente, al momento preferisco ancora esprimere ciò che la fotografia mi dice in senso casuale ovvero soggettivo.


dal momento che è esattamente una manifestazione di ciò che accade quando l'analista, che si propone di essere rigoroso, ha la sgradevole sensazione di aver tradito la ricchezza di contenuto dell'opera sull'altare di un metodo evidentemente inadeguato allo scopo.

Ritengo che l'ermeneutica sia una strada di gran lunga più promettente rispetto all'uso dell'armamentario della teoria della comunicazione o della semiologia.

E tra l'altro mi sembra che sia in sintonia con la posizione di Jeronim quando richiede "lo sforzo delle 10 righe".
Infatti una delle conseguenze immediate dell'ermeneutica è la considerazione che un'analisi che si estrinseca solo attraverso strumenti grafici o tabelle, per quanto raffinate precise e ricche di informazione, è ancora insufficiente nella misura in cui non è in grado di trasformare le sue conclusioni in enunciati. Sono soltanto gli enunciati che entrano nel circolo dell'ermenutica e consentono la critica, la verifica e dunque l'evoluzione del pensiero scientifico.

Questo spiega come mai le analisi p.es. di Tovey, nel mondo anglosassone, pur non aderendo ad alcuno dei più blasonati metodi del primo '900, ed anzi avendo l'aspetto di normalissime "note di sala" ad uso di un pubblico non specialista che si reca a concerto, sono tutt'oggi considerate tra le più significative e profonde di cui disponiamo.

Per dirla in termini cari a L.Prieto un'analisi costituita da grafici è ancora un oggetto materiale. Perché sia possibile considerarla scientifica (cioè falsificabile, secondo K.Popper) è necessario che sia oggettivata compiutamente, deve cioè trasformarsi in oggetto storico.

Questa posizione, che mi sembra molto nelle corde di Jeronim, nelle discipline musicali è stata sostenuta da C. Dahlhaus e H.H. Eggbrecht.

Paolo

avatarsenior
inviato il 23 Febbraio 2015 ore 13:36

Raffaele

Sulla base di queste considerazioni non mi stupisco di leggere:

" Per questo , personalmente, al momento preferisco ancora esprimere ciò che la fotografia mi dice in senso casuale ovvero soggettivo."

dal momento che è esattamente una manifestazione di ciò che accade quando l'analista, che si propone di essere rigoroso, ha la sgradevole sensazione di aver tradito la ricchezza di contenuto dell'opera sull'altare di un metodo evidentemente inadeguato allo scopo.


Non devi aver letto attentamente...

Vuol dire che trovo perfettamente comprensibile che uno che si ponga l'obiettivo di comprendere e descrivere un'opera che ha davanti e contemporaneamente di farlo in maniera "scientifica" possa giungere alla conclusione che l'una cosa esclude l'altra. Ovvero che se tenti di adottare il metodo scientifico nel rivolgerti ad un opera d'arte tu possa arrivare alla conclusione che non riesci a cogliere tutte le cose importanti che vi intuisci. Da lì la conseguenza sembra una sola: rinunciare al metodo e tentare di esprimere l'opera in maniera soggettiva per non tradirla. Ciò che ha fatto, p. es. Tovey da me citato come esempio: ha rinunciato al metodo per non rischiare di tradire l'opera. Ciò che mi pare intendessi tu nella frase citata.

Cosa ti fa allibire? Ho detto semplicemente che quella che devi aver provato tu è una sensazione che provano tutte le persone che hanno un atteggiamento serio, ma serio 2 volte : serio rispetto al metodo, ma anche rispetto all'opera.

Per arrivare solo a prefigurare un'alternativa metodologica allo scientismo delle scienze naturali per le discipline umanistiche ci sono voluti diversi anni. E credo che ancora l'ermeneutica sia poco nota, sopratutto in Italia.

Mi dispiace che tu abbia frainteso, però credo che chiunque legga serenamente ciò che ho scritto non possa far altro che confermare quanto dico, e che non c'è alcuna volontà né polemica né irrispettosa.

Peraltro ti dirò che mi son sforzato di immaginare cosa potessi aver capito tu, ma non sono riuscito.
Ho il sospetto che nemmeno tu abbia chiaro cosa, se non che si trattasse di "qualcosa di offensivo". Perciò ti chiedo: hai mai letto sul forum qualcosa di offensivo nei confronti di qualcuno scritto da me?

PS Ho letto Barthes, grazie. Se puoi consigliare qualcos'altro in ambito fotografico che magari non conosco sei il benvenuto.

Paolo

user46920
avatar
inviato il 23 Febbraio 2015 ore 14:42

Ottimo intervento Pdeninis ...

Lascio qualche link all' ermeneutica

user46920
avatar
inviato il 24 Febbraio 2015 ore 18:08

Grazie a Paolo per l'esauriente esposizione, ho letto alcune cose per farmi un'idea. Qui c'è un testo che tratta l'argomento "ermeneutica" e mi sembra esposto in modo chiaro e semplice (un po' per tutti).

Riporto qualche riga tratte dal testo linkato
[...] In un'epoca, il Novecento, in cui le pretese fondative e conoscitive della filosofia si fanno più incerte e deboli, prende sempre più forma - anche e soprattutto per opera di Gadamer - il pensiero ermeneutico, fatto di ascolto e appartenenza, di comprensione e dialogo, di ricerca continua e di verità parziale. Emerge, insomma, un'idea diversa di verità, antitetica alle supposte certezze promesse del metodo scientifico, ma anche agli ideali conoscitivi della dialettica hegeliana o marxista.[...]

... sicuramente di approccio filosofico si tratta, ma interessante è rapportarlo al tentativo di trovare delle linee guida e dei metodi utili per riuscire a leggere le fotografie ;-)

avatarsenior
inviato il 26 Febbraio 2015 ore 19:04

Sei encomiabile. La curiosità è una qualità che apprezzo molto.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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