RCE Foto

(i) Per navigare su JuzaPhoto, è consigliato disabilitare gli adblocker (perchè?)






Login LogoutIscriviti a JuzaPhoto!
JuzaPhoto utilizza cookies tecnici e cookies di terze parti per ottimizzare la navigazione e per rendere possibile il funzionamento della maggior parte delle pagine; ad esempio, è necessario l'utilizzo dei cookie per registarsi e fare il login (maggiori informazioni).

Proseguendo nella navigazione confermi di aver letto e accettato i Termini di utilizzo e Privacy e preso visione delle opzioni per la gestione dei cookie.

OK, confermo


Puoi gestire in qualsiasi momento le tue preferenze cookie dalla pagina Preferenze Cookie, raggiugibile da qualsiasi pagina del sito tramite il link a fondo pagina, o direttamente tramite da qui:

Accetta CookiePersonalizzaRifiuta Cookie

Se persino la fotografia più bella è ritoccata


  1. Forum
  2. »
  3. Blog
  4. » Se persino la fotografia più bella è ritoccata





avatarsenior
inviato il 19 Settembre 2014 ore 16:44

Il 15 Febbraio 2012 lo svedese Paul Hansen ha vinto il World Press con l'immagine di due fratellini palestinesi uccisi. Sotto accusa l'uso di Photoshop. La giuria lo giustifica, l'autore non commenta, i colleghi perlopiù lo criticano.

La Repubblica gli dedica un articolo che intitola Se persino la fotografia più bella è ritoccata.

Quello che mi colpisce nell'articolo non è tanto l'annosa diatriba se sia lecito o meno (e fino a che punto) intervenire su una fotografia in post produzione ma che a nessuno sia neanche venuto in mente che il fotografo possa avere avuto una sua personale visione da comunicare, dando così per scontato che il suo ruolo sia relegato a trovarsi nel posto giusto, al momento giusto, per pigiare il pulsante di scatto, una specie di accessorio ingombrante ma necessario della macchina fotografica.Confuso

Questo mi ricorda un interessantissimo articolo di Giuseppe Santagata che, nel suo blog sulla fotografia artistica, scrive:
Il fatto che si elogi spesso la fotografia per essere veritiera, rivela un falso. Un decennio dopo che, intorno al 1845, Fox Talbot aveva incominciato a sostituire il dagherrotipo, un fotografo tedesco inventò la prima tecnica per ritoccare il negativo. Le sue due versioni di uno stesso ritratto, l'una ritoccata e l'altra no, stupirono la folla accorsa nell'Exposition Universelle de Paris nel 1855. L'annuncio che la macchina fotografica poteva "mentire" rese ancora più popolare il mezzo fotografico. Le conseguenze di questa "menzogna" furono molto importanti per la fotografia. Se un quadro falso (cioè un quadro con una attribuzione sbagliata), falsifica la storia dell'arte, una fotografia "falsa"(ovvero una fotografia ritoccata o ancora accompagnata da una falsa didascalia) falsifica la realtà.

La storia della fotografia potrebbe essere letta come la storia della lotta tra due differenti imperativi: quello di abbellire, che viene dalle belle arti e quello di dire la verità, che proviene dalle scienze. Se il pensiero iniziale riteneva che il fotografo fosse un osservatore acuto, ma imparziale, con la scoperta che l'oggettività era solo una mistificazione (nessuno fotografa lo stesso oggetto allo stesso modo), l'ipotesi che le immagini fotografiche fornissero una rappresentazione impersonale dovette cedere il passo al fatto che le fotografie non attestano solo quello che c'è, ma anche quello che il fotografo vede attraverso la sua interpretazione, che non è mai soltanto documento, ma soprattutto valutazione personale del mondo circostante.

La menzogna della fotografia


Si potrebbe obbiettare: "ma come, valutazione personale del mondo circostante? Se non ho una mucca davanti all'obbiettivo non posso fotografarla!".
Tuttavia:
inizialmente la pretesa di autenticità del mezzo fotografico rappresentò allo stesso tempo la forza e la debolezza di quest'arte. Il fotografo doveva, infatti, avere necessariamente presenti i soggetti che riprendeva. Compito che non spettava, invece, al pittore, essendo l'immagine dipinta sempre un'interpretazione. Il vero potenziale della fotografia, tuttavia, arrivò attraverso una continua ricerca legata all'utilizzo di nuove tecniche d'avanguardia, che portarono alla separazione tra l'autenticità (fotografia come documento) e l'interpretazione espressiva.

Democratizzazione degli strumenti fotografici










Personalmente condivido pienamente queste considerazioni ma, per tornare alla foto di Paul Hansen, non credo di avere le competenze culturali per poter discutere con sufficiente cognizione di causa se sia eticamente accettabile o meno che "il fotogiornalismo debba essere notizia per mantenere la sua credibilità".
Trovo tuttavia che, per l'ennesima volta, si sia dato per scontato che il mezzo fotografico possa trasmettere una notizia, un'informazione, la verità, a prescindere dal fotografo .
Io non credo che questo sia possibile (come d'altronde sarebbe se della medesima notizia si leggesse un articolo, invece che una fotografia).

A questo proposito vorrei citare proprio due fotoreporter, divenuti famosi durante la guerra in Vietnam, Philip Jones Griffiths e Tim Page:

"Page è famoso per il suo ruolo nella creazione della particolare mitologia del Vietnam, sorpattutto grazie al libro di Michael Herr 'Dispacci' e al personaggio che ha ispirato in 'Apocalypse Now'. Diventò, nelle parole di William Shawcross, un 'groupie di guerra', affascinato dall'insieme di tecnologia, ferocia e incompetenza militare. Molte sue immagini catturano il glamour in stile cowboy-e-indiani dell'equipaggiamento bellico e l'eccitazione dei giovani soldati americani con i loro giocattoli mortali.
L'atteggiamento di Griffiths non avrebbe potuto essere più diverso. Nel suo libro 'Vietnam, Inc.', la rabbia è esplicita e, infatti, dopo la pubblicazione gli fu impedito di tornare al fronte. La copertura di Page è meno coerente, ma mostra anche un altro aspetto del Vietnam e i sentimenti di una buona porzione dei militari americani coinvolti."
- Michael Freeman - La visione del fotografo

avatarsenior
inviato il 08 Gennaio 2015 ore 18:05

Sono rimasto sorpreso di apprendere che, forse anche a seguito di questa e di altre vicende simili, la Word Press (famosa per l'Oscar olandese del fotogiornalismo) ha a commissionato uno studio sull'integrità delle immagini a David Campbell, uno studioso del visual storytelling e fotogiornalismo.
(fonte La Repubblica - Non per quello che sono, ma per quello che fanno, di Michele Smargiassi)

Da questo studio sembra che si debba "[] ... spostare l'attenzione da ciò che le fotografie sono a ciò che le fotografie fanno. Il problema della veridicità dell'immagine va considerata in relazione alle sue funzioni e finalità, e non al suo status filosofico...[] "!

1-Manipolazione e aggiustamento
"[] ... Dopo aver interrogato 45 professionisti del mondo editoriale-giornalistico in 15 paesi (Italia inclusa) sulle rispettive scelte in materia, Campbell rileva un «consenso globale» su alcuni capisaldi dell'etica della fotografia giornalistica e documentaria. Il primo è una distinzione fra manipolazione e aggiustamento...[] " dove per "[] ... manipolazione si intendono i «cambiamenti materiali a un'immagine attraverso l'aggiunta o la cancellazione di contenuti», ed è ritenuta sempre inaccettabile...[] " mentre "[] ... per aggiustamento si intende «un uso limitato di riquadrature, correzione di contrasti, toni e colori», ed è considerato accettabile quando si tratti di correzioni «minori», inaccettabile quando sia «eccessivo»...[] ".

L'autore giustamente sottolinea che, così facendo, "[] ...il problema cacciato dalla finestra torna dalla porta, perché cosa sia limitato, minore o eccessivo è chiaramente «una questione di interpretazione» che non può essere definita una volta per tutte e per tutti ma va affrontata «caso per caso»...[] ".

"[] ... quello della manipolazione in fotografia [infatti] «non è un problema quantitativo ma qualitativo», ovvero: nessun prontuario, nessun decalogo riuscirà mai a fissare preventivamente cosa sia lecito e cosa non sia lecito (anche il cloning può essere legittimo in certi casi, per esempio per rimediare a macchie di polvere sul sensore, o a graffi e difetti di immagini scannerizzate). Nessuna regola aurea e infallibile e parametrabile, dunque, si può imporre, così come non esiste alcuna verginità platonica dell'immagine a cui fare riferimento ...[] "

Era ora che parole così comparissero in un "[] ... documento autorevole nel mondo della fotografia internazionale...[] "!!MrGreen


2-Fine dell'etica "analogica"
"[] ...Bisogna abbandonare, sostiene con decisione il rapporto, ogni riferimento alle «pratiche comunemente accettate» delle manipolazioni in camera oscura (che invece ricorre quasi sempre nei codici etici dei media di area anglosassone).MrGreenMrGreenMrGreen
L'immagine digitale cambia i termini del problema. Quel paragone non ci serve più, anzi confonde le idee...[] "!!

"[] ... È il passaggio più audace, e in certi aspetti discutibile, del rapporto. Nel procedimento digitale, sostiene Campbell, non esiste più nulla di paragonabile al negativo analogico. In era analogica, la fotocamera è un apparecchio che produce immagini (il negativo appunto), mentre in era digitale è invece un raccoglitore di dati che per dar luogo a un'immagine visibile devono necessariamente essere trasformati, cioè "post-prodotti".

Non esiste più, si dice, un'immagine originale "in-camera" a cui riferirsi per misurare l'incidenza delle modificazioni successive. Anche il Raw, per quanto escluda una parte delle trasformazioni inevitabili, invisibili e ingovernabili che avvengono già nella fotocamera (soprattutto le interpolazioni del filtro colore che generano automaticamente "pixel fasulli" di riempimento), è comunque già un'immagine ricavata da uno "sviluppo" di quei dati invisibili ...[] ".

Ok, io qui sono praticamente alle lacrime per la commozione e la gioia!!Eeeek!!!




avatarsenior
inviato il 09 Gennaio 2015 ore 10:59

Dall'articolo citato leggo che la contestazione non è su ciò che la foto racconta (niente "cloni" o simili; persino l'inquadratura è in qualche modo obbligata dalla strettoia del vicolo), ma sullo "stile" con cui lo racconta.
Il fatto è che un racconto (perché sempre di questo si tratta, anche se fatto per immagini) si presta sempre al medesimo problema che affligge la "propaganda", soprattutto se di guerra: nessuno racconta fatti diversi, ma ognuno lo fa tirando l'acqua al proprio mulino.
Già nella prima citazione di Cosmosub, dei due differenti imperativi: quello di abbellire, che viene dalle belle arti e quello di dire la verità, che proviene dalle scienze, si capisce qual è l'errore che comunemente si commette: quello di non rendersi conto che la fotografia non è un'epifania (letteralmente: manifestazione) del vero, ma solamente uno dei diversi "linguaggi" con cui raccontarlo o mistificarlo.
Per spiegarmi meglio: persino la matematica mente! Basta vedere per quanti secoli abbiamo creduto nel sistema tolemaico e aristotelico anziché in quello eliocentrico di Aristarco di Samo (più antico) solo per il fatto che il sistema matematico proposto da Tolomeo era più efficiente e perciò credibile. Se vi chiedessi cos'è la matematica secondo voi, so già che la maggior parte risponderebbe: "una scienza".
Ma la matematica, la parola, la fotografia, la pittura... sono solamente "linguaggi" diversi per descrivere i medesimi fenomeni e, come tali, risentono tutti del problema fondamentale di ogni linguaggio: non descrivono la realtà, ma quello che noi "crediamo" essere la realtà, cioè la nostra interpretazione. Calcare la mano su certi aspetti, o addirittura accentuarli per renderli prevalenti, è sempre stato l'elemento più evidente e controverso del concetto di interpretazione.


avatarsenior
inviato il 09 Gennaio 2015 ore 11:43

Grazie per il tuo contributo Daniele,

la fotografia non è un'epifania del vero, ma solamente uno dei diversi "linguaggi" con cui raccontarlo o mistificarlo

E' esattamente quello che stavo cercando di dimostrare nel mio post originale...

la contestazione non è su ciò che la foto racconta (), ma sullo "stile" con cui lo racconta

Veramente la questione su cui volevo mettere l'accento io è di natura più pragmatica e meno filosofica, e cioè se il fotogiornalismo (o, per estensione, più in generale tutta la fotografia) possa essere ritenuta una "[] ... testimonianza sufficientemente affidabile di cose viste...[] " e se, in questo caso, sia lecito intervenire su di essa in post produzione e, soprattutto, fino a che punto!;-)

Che cosa ne pensi di questo argomento?


Vuoi dire la tua? Per partecipare alla discussione iscriviti a JuzaPhoto, è semplice e gratuito!

Non solo: iscrivendoti potrai creare una tua pagina personale, pubblicare foto, ricevere commenti e sfruttare tutte le funzionalità di JuzaPhoto. Con oltre 251000 iscritti, c'è spazio per tutti, dal principiante al professionista.






Metti la tua pubblicità su JuzaPhoto (info)


 ^

JuzaPhoto contiene link affiliati Amazon ed Ebay e riceve una commissione in caso di acquisto attraverso link affiliati.

Versione per smartphone - juza.ea@gmail.com - Termini di utilizzo e Privacy - Preferenze Cookie - P. IVA 01501900334 - REA 167997- PEC juzaphoto@pec.it

www.juzaphoto.com - www.autoelettrica101.it

Possa la Bellezza Essere Ovunque Attorno a Me