| inviato il 17 Aprile 2025 ore 0:31
“ @Rolubich poiché a spiegare sei bravo e soprattutto chiaro „ Grazie ma considera che non sono un ottico, prendi le mie "spiegazioni" come spunto di riflessione. “ Es. pratico, si è davanti alla stessa scena e luce uniforme, abbiamo una FF e si scatta prima con un 24mm/2.8 che avrà un diaframma di circa 8.5mm e poi con un 200mm f/2.8. Un f/2.8 su un 200mm significa un'apertura di circa 71.4mm. L'apertura più grande del 200mm raccoglie molta più luce, ma questo aumento di luce è è bilanciato dalla distribuzione di questa luce su un'immagine ingrandita. „ Io la vedo così. 1) - Se 24mm e 200mm sono alla stessa distanza dalla fonte luminosa uniforme (supponiamo un pannello illuminante molto grande), il 24mm "vede" una superficie 70 volte maggiore ( ((200/24)^2) = 70 ) però ha un foro 70 volte più piccolo come superficie ( ((71.4/8.5)^2) = 70 ); quindi l'illuminazione che arriva sul sensore è la stessa. 2) - Se i due obiettivi inquadrano la stessa porzione di pannello riceveranno un'illuminazione "di partenza" uguale; il 200mm sarà ad una distanza 8.33 volte più grande e quindi gli arriverà un'illuminazione di 70 volte ( 8.33^2) minore (per la legge del calo dell'intensità luminosa con il quadrato della distanza), però ha un foro di superficie 70 volte maggiore del 24mm; quindi ancora una volta sul sensore arriva la stessa illuminazione. |
| inviato il 17 Aprile 2025 ore 7:47
Mi rimane però una domanda, che lo schemino linkato prima da Rolubich non aiuta a risolvere, anzi... Perché, con la chiusura del diaframma, migliora la qualità dell'immaginew se i raggi periferici non vengono intercettati inizialmente? A me risulta che siano i raggi periferici quelli più maltrattati dalle lenti e ritenere che fossero quelli ridotti per primi dalla chiusura del diaframma mi era sempre sembrata una spiegazione corretta perché in linea con l'andamento della qualità dell'immagine al variare dell'apertura. A questo punto, dov'è l'arcano? |
| inviato il 17 Aprile 2025 ore 8:28
Adesso viene la parte veramente tosta: trasferire nelle nostre fotografie tutto quanto appreso sul cono di copertura facendo in modo che la fredda tecnica si trasformi in "emozione" per l'osservatore, tenendo, fra le altre cose, conto del motto:- " l'importante è il risultato, non come lo si è raggiunto!". |
| inviato il 17 Aprile 2025 ore 8:42
“ Mi rimane però una domanda, che lo schemino linkato prima da Rolubich non aiuta a risolvere, anzi... Perché, con la chiusura del diaframma, migliora la qualità dell'immaginew se i raggi periferici non vengono intercettati inizialmente? „ Ci sono alcuni motivi secondo me. 1) - il fascio di raggi verde rappresentato nello schema ottico del link rappresenta quello dell'angoletto estremo, già il fascio di raggi proveniente dai bordi viene probabilmente intercettato con una piccola chiusura del diaframma; 2) - come ho già scritto lo schema rappresenta la sezione radiale per la quale la lentezza a vedere i raggi intercettati è maggiore; 3) - se facciamo un test e controlliamo gli angoli estremi a TA ed ai diaframmi successivi, al primo step di chiusura ci sembra che le cose migliorino, ma in realtà quello che cambia è solo la sua esposizione (che naturalmente aumenta), ci sembra migliore perchè vediamo meglio i dettagli in quanto sono più chiari; controllo con una mira ottica tutti gli obiettivi vecchi che compro ed ho potuto verificare la cosa: alla prima chiusure del diaframma cambia solo l'esposizione, poi inizia a migliorare leggermente la resa (il diaframma intercetta solo una parte del cono di raggi che non ha una forma circolare come il diaframma), ma il vero salto di qualità si ha dopo alcuni stop; 4) - se invece controlli come varia la resa in centro chiudendo di uno stop partendo da TA, si nota un netto miglioramento (questo però si vede molto poco con le ottiche moderne di qualità elevata che sono già ottime a TA, ma con un vecchio 50mm f/1.4 degli anni 70' la cosa è evidentissima). |
| inviato il 17 Aprile 2025 ore 9:09
Grazie Rolubich, ora mi è molto più chiaro anche nel pratico! Una buona giornata a te |
| inviato il 17 Aprile 2025 ore 9:21
Interessante, grazie! |
| inviato il 18 Aprile 2025 ore 14:18
A formule ci siamo, la densità di luce sul sensore è inversamente proporzionale al quadrato dell'f-numero e non dipende direttamente dalla lunghezza focale. Es. pratico, si è davanti alla stessa scena e luce uniforme, abbiamo una FF e si scatta prima con un 24mm/2.8 che avrà un diaframma di circa 8.5mm e poi con un 200mm f/2.8. Un f/2.8 su un 200mm significa un'apertura di circa 71.4mm. L'apertura più grande del 200mm raccoglie molta più luce, ma questo aumento di luce è è bilanciato dalla distribuzione di questa luce su un'immagine ingrandita. ******************************************** Tutto giusto, c'è un particolare però che non hai considerato. La luminosità massima di un obiettivo è il rapporto fra la Lunghezza Focale e il diametro della Pupilla d'Entrata. Ora è chiaro che nella Pupilla d'Entrata del tuo 200/2,8 entra molta più luce di quanta non ne passa attraverso quella di un 24/2,8... ma è pure vero che quella Luce in più che entra deve anche percorrere un cammino molto più lungo per arrivare a destinazione... e quindi, per effetto della Legge del Quadrato della Distanza, se ne (dis)perde anche molta di più per strada! |
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