Sentenza a Dandora
Sentenza a Dandora, testo e foto by
Gerry888800. Pubblicato il 18 Novembre 2024; 1 risposte, 34081 visite.

In bianco e nero, il dramma si svela nella sua forma più cruda, senza distrazioni, senza vie di fuga. Attraverso le fotografie che accompagnano questo articolo, le montagne di plastica della discarica di Dandora non sono solo spazzatura: sono un monumento alla negligenza umana, alla distruzione ambientale e alla sofferenza sociale. Ogni immagine cattura non solo l'immensità del problema, ma anche i volti dei raccoglitori – lavoratori invisibili e dimenticati – che combattono ogni giorno contro un nemico silenzioso, letale e onnipresente: la plastica.
Questo è un racconto in bianco e nero, un linguaggio immortale che spoglia la scena di qualsiasi sovrastruttura, lasciando solo il peso delle emozioni. La discarica di Dandora, a Nairobi, è un inferno terrestre: 33 acri, l'equivalente di 23 campi da calcio, colmi di rifiuti che bruciano lentamente e avvelenano l'aria, il suolo e le vite umane. Un luogo dove ogni respiro è intriso di fumi tossici e ogni passo è un rischio di infezione. Ma è anche un luogo di resistenza, dove uomini, donne e persino bambini si muovono tra cumuli di plastica alla ricerca di un mezzo di sopravvivenza.

Dandora: Un Oceano di Plastica
La discarica di Dandora è il simbolo di una crisi globale localizzata. Ogni giorno, Nairobi vi scarica circa 2000 tonnellate di rifiuti solidi, la maggior parte dei quali è plastica. Questa distesa di spazzatura non è solo il risultato del consumo locale, ma anche della "colonizzazione dei rifiuti" da parte delle nazioni ricche, che riversano in Africa il loro eccesso di plastica e materiali tossici. Secondo il Center for International Environmental Law (CIEL), la plastica importata e prodotta in loco non solo soffoca l'ambiente, ma compromette anche il diritto alla salute e alla dignità delle comunità più vulnerabili.
La plastica, qui, non è solo un rifiuto. È una condanna che persiste per secoli, penetrando nel suolo, nelle acque e nel corpo di chi è costretto a viverci accanto. Il 79% dei rifiuti plastici non viene mai riciclato e finisce per accumularsi in discariche come Dandora, alimentando una crisi ambientale e sanitaria di proporzioni devastanti.

I Guerrieri Fantasma della Spazzatura
Secondo l'Assemblea Ambientale delle Nazioni Unite, il 60% della plastica riciclata a livello globale viene raccolta da lavoratori come quelli di Dandora. Eppure, questi "guerrieri della spazzatura" sono invisibili agli occhi del mondo. Vivono e lavorano in condizioni disumane: senza protezione, senza riconoscimento e senza accesso all'assistenza sanitaria. La plastica bruciata emette fumi tossici che causano malattie polmonari, infezioni e, in molti casi, il cancro. I loro volti, segnati dalla fatica e dalla disperazione, raccontano storie di resilienza e abbandono.
John Chweya, rappresentante dei raccoglitori di Dandora, lo dice chiaramente: "Non siamo invisibili. Siamo quelli che tengono in piedi questa città, ma nessuno ci vede". La sua voce è un grido di denuncia contro un sistema che sfrutta i lavoratori più poveri per mantenere un'apparenza di ordine nelle città moderne.
I Numeri della Plastica in Africa: Un Peso Insostenibile
Tra il 1990 e il 2017, l'Africa ha importato oltre 117,6 milioni di tonnellate di plastica. Nel solo 2015, il consumo pro capite di plastica nel continente era di 16 kg per abitante, con paesi come Nigeria, Egitto e Sudafrica al vertice del consumo. Tuttavia, la maggior parte della plastica consumata in Africa è importata, spesso senza adeguate infrastrutture per il riciclo o la gestione dei rifiuti.
Questa crisi è amplificata da un sistema commerciale globale che consente il trasferimento di rifiuti dai paesi ricchi a quelli poveri. David Azoulay, direttore del Programma di Salute Ambientale del CIEL, descrive questa dinamica come "colonizzazione dei rifiuti". "I paesi ricchi esportano i loro problemi ambientali nei paesi poveri, condannando intere comunità a convivere con la plastica e i suoi effetti devastanti".

Le Voci della Resistenza
Figure come Betterman Simidi Musaia di Clean Up Kenya e Azoulay del CIEL sono in prima linea per combattere questa crisi. Musaia denuncia l'ingiustizia quotidiana che si consuma a Dandora: "La plastica qui non è un bene, è un nemico che ci toglie il diritto alla salute". Azoulay, invece, spinge per una normativa internazionale che responsabilizzi le multinazionali e metta fine all'esportazione indiscriminata di rifiuti nei paesi in via di sviluppo.
Entrambi lavorano al fianco di attivisti locali come Chweya, amplificando le loro voci e portando alla luce un sistema di gestione dei rifiuti spesso colluso con la criminalità organizzata. Azoulay sottolinea l'importanza di una transizione verso un'economia circolare, in cui la plastica venga riutilizzata e riciclata, e insiste sull'applicazione del principio "chi inquina paga".
Verso una Giustizia Ambientale e Sociale
Le immagini in bianco e nero di Dandora raccontano questa storia meglio di qualsiasi parola. Sono il ritratto di un'umanità dimenticata che lotta ogni giorno per la sopravvivenza, contro un sistema che li ha relegati ai margini. Ma sono anche un richiamo alla responsabilità collettiva, un invito a ripensare il nostro rapporto con la plastica e con le risorse del pianeta.
La crisi della plastica in Africa non è solo una questione ambientale. È una crisi di giustizia sociale, di diritti umani e di equità globale. E Dandora, con i suoi 33 acri di rifiuti e i suoi raccoglitori invisibili, ne è l'epicentro. Mentre il mondo chiude gli occhi di fronte a questa realtà, le immagini e le storie che emergono da luoghi come questo sono un monito per il futuro. Perché la plastica non è solo un rifiuto. È il riflesso di un sistema che dobbiamo cambiare, ora.

Il Bianco e Nero: Uno Specchio della Nostra Coscienza
Il bianco e nero di queste immagini non è solo una scelta stilistica, ma una necessità narrativa. È un linguaggio che rimuove il superfluo, che lascia spazio solo alla verità nuda e cruda. Ogni ombra, ogni linea, ogni volto immortalato è una ferita che interroga chi guarda, chiedendo: cosa significa davvero il progresso? A quale costo abbiamo costruito il nostro mondo di plastica?
Nel grigiore di Dandora, la plastica si fonde con il paesaggio umano, creando una sinfonia visiva di desolazione e resistenza. I raccoglitori emergono dalle montagne di rifiuti come eroi tragici, con volti segnati dal sacrificio e dalla lotta. Non c'è colore a distrarre, non c'è distrazione a celare. Qui, il bianco e nero ci costringe a guardare negli occhi l'umanità dimenticata.
Il contrasto netto tra luce e ombra diventa metafora della disparità globale: da un lato, il lusso del consumo; dall'altro, la sofferenza di chi paga il prezzo di quei beni usa e getta. È un linguaggio immortale, capace di attraversare il tempo e le culture, di rompere il silenzio e denunciare il nostro ruolo collettivo in questa tragedia. Ogni immagine è una domanda che non può essere ignorata: dove finisce la plastica? E cosa ne resta delle vite che questa plastica distrugge?

Un Appello Universale In queste fotografie, il bianco e nero diventa uno strumento di riflessione profonda. Il bianco rappresenta la speranza, la luce che ancora può illuminare il cambiamento, mentre il nero ci ricorda l'oscurità dell'inerzia, della negligenza e del profitto che calpesta la dignità umana. Sono immagini che parlano senza parole, ma gridano per conto di chi non ha voce.
Attraverso queste fotografie e questo racconto, il mio invito è chiaro: guardate, riflettete, agite. La crisi della plastica non è un problema di confini, ma di umanità. E nei volti di Dandora, segnati dalla fatica e dalla determinazione, possiamo trovare la forza di cambiare il corso della storia.
Considerazioni finali Uno degli aspetti più critici legati alla crisi della plastica in Africa riguarda l'inquinamento dei sistemi idrici, che si interseca con l'allarmante crescita del consumo e della produzione di plastica nel continente. Ogni anno, circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, secondo il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP). Fiumi cruciali come il Nilo e il Congo, che sostengono la vita di milioni di persone, sono tra i più colpiti, trasportando rifiuti plastici dalle città alle coste. Questo fenomeno non solo distrugge gli ecosistemi marini, ma compromette anche le risorse idriche fondamentali per l'agricoltura e il consumo umano, aggravando la crisi idrica e alimentare in diverse regioni.
Secondo il rapporto
Ensuring sustainability in plastics use in Africa: consumption, waste generation, and projections, entro il 2060 il consumo di plastica in Africa potrebbe quadruplicarsi, raggiungendo circa
300 milioni di tonnellate all'anno se non verranno adottate politiche più severe per la gestione e il riciclo dei rifiuti. Contestualmente,
la produzione di rifiuti plastici è destinata a crescere fino a 70 milioni di tonnellate annue. Questo aumento eserciterà una pressione insostenibile sulle infrastrutture di gestione dei rifiuti, intensificando la contaminazione delle risorse idriche e aggravando i rischi per la sicurezza alimentare e sanitaria.
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| inviato il 11 Febbraio 2025 ore 14:12
Immagini e parole alleate per combattere lo sgomento. La crudezza delle immagini e il peso delle parole, calpestano ogni nostro vano tentativo di allontanarci da una realtà che supera l'immaginazione o meglio un incubo, nel quale convivono esseri umani ai confini della dignità. Un cordiale saluto Paolo |