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Organizzare una uscita binofila con 25x80ED a Lazise vr?! 2023…


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avatarjunior
inviato il 21 Dicembre 2022 ore 20:12

Buongiorno, vorrei sentire i Vostri consigli per come organizzare la postazione da Binofilo per chiedere l'autorizzazione al Comune Di Lazise (non faccio foto) ma per osservare eventuale luna e Venere che avrà a aprile 2023 una fase spiccata, di 15,3” secondi d'arco, fase del 72/100, e magnitudine -3,58: essa è il corpo celeste più visibile di giorno al binocolo , almeno da 15x ingrandimenti, ho il 25x80ED che per me è un bel Binocolone, potente e nitido (perde molto poco anche ai bordi, un pochetto di aberrazione Geometrica)… per il resto chiedo a voi se ci possono essere problemi a montare il tutto per osservare in banchina a Lazise , sul Lungolago, anche paesini e Sirmione!

avatarsupporter
inviato il 22 Dicembre 2022 ore 9:12

Anche se non fai foto, ricadi nelle medesime regole di occupazione di suolo pubblico che avresti con un normale treppiede fotografico... sinceramente non so, ma credo che se non arrechi disturbo nessuno dovrebbe dirti nulla!

user12181
avatar
inviato il 22 Dicembre 2022 ore 10:34

Attento, ti potrebbe ancora capitare quel che capitò a Goethe a Malcesine, gli italiani non sono cambiati molto.

"Il 14 Settembre. [1786]

Il vento contrario che mi spinse ieri nel porto di Malsesine mi procurò una spiacevole avventura, che sostenni di buon animo, e che, in ultima analisi, mi lasciò ricordo per nulla ingrato. A norma di quanto avevo divisato, mi portai stamane di buonissima ora nel vecchio castello, il quale non ha nè porte, nè guardie, ne custodi, e dove è libero ad ognuno l'accesso. Mi collocai nella corte, di fronte all'antica torre costrutta di grossi macigni, dove avevo trovata località adattissima a potervi disegnare, stando sopra un sedile di pietra, che sorgeva nell'interno di una porta elevata di tre o quattro gradini, quali se ne scorgono frequentemente presso di noi pure, negli antichi edifici.

Ero seduto da poco tempo, quando entrarono parecchie persone nella corte, le quali osservarono quanto io stava facendo, poi di bel nuovo si allontanarono. Vennero altre persone, le quali si fermarono, e non tardai ad essere circondato dalla gente. Mi avviddi benissimo che il mio disegno aveva eccitata la loro attenzione, ma non me ne diedi per inteso, e continuai a lavorare. Finalmente mi si avvicinò un tale, il quale non aveva neppure aspetto troppo rassicurante, e mi domandò «che cosa io stessi facendo?» Risposi che stavo prendendo la vista della vecchia torre, per portar meco un ricordo di Malsesine. Mi replicò che la cosa non era permessa, e che avrei dovuto desistere dal mio lavoro. E siccome mi aveva dette queste parole in dialetto veneziano, che per dir vero io aveva durata fatica a comprendere, gli replicai che io non lo aveva capito. Allora con un piglio tutto italiano, egli prese il mio foglio e lo stracciò, lasciandolo però nella cartella. Mi accorsi che il suo atto era stato disapprovato dagli astanti, particolarmente da una buona vecchia, la quale disse non stare ciò bene, doversi chiamare il podestà, al quale spettava provvedere in tali casi. Io me ne stavo sul mio gradino, in piedi colle spalle addossate alla porta, contemplando la folla la quale andava crescendo. Gli sguardi avidi di curiosità, l'aspetto in generale benevolo degli astanti, e tutti i tratti caratteristici di una riunione di persone straniere, finirono per divertirmi. Ritenevo vedere davanti a me i cori di Vogel, che vidi spesse volte a me benevoli sul teatro di Ettersburg. Ero diventato di buon umore, ed allorquando giunsero il podestà ed il suo attuario, li salutai cortesemente, ed alla domanda del primo «perchè io stessi disegnando la loro fortezza?» gli risposi modestamente, che io non scorgevo punto una fortezza, in quelle vecchie mura. Loro feci osservare come queste, come la torre parimenti, cadessero in rovina, come il castello non avesse neanco porte, come difettasse di guardie, di tutto quanto costituisce propriamente una fortezza; come io non avessi creduto disegnare altro, che una rovina.

Mi si rispose: E quando anche fosse solo una rovina, che cosa poteva presentare questa di pregevole? Mirando a guadagnare tempo, ed acquistare favore, risposi che dovevano pur sapere come molti viaggiatori venissero in Italia unicamente per contemplarvi rovine; come Roma, capitale del mondo distrutta dai barbari, fosse piena tutta di rovine, le quali erano state disegnate le cento, le mille volte; come fra le rovine dell'antichità, nessuna ve ne fosse in istato di più perfetta conservazione che l'anfiteatro o l'arena di Verona, che io speravo di vedere pure fra breve.

Il podestà il quale stava davanti a me, immerso in profonde riflessioni, era uomo di alta statura, di corporatura abbastanza complessa, e dell'età all'incirca di trent'anni. I tratti ottusi della sua fisonomia, priva del lampo dell'intelligenza, corrispondevano appieno alla lentezza colla quale porgeva le sue domande. L'attuario per contro, basso di statura e disinvolto, pareva alquanto imbarazzato a sua volta, nel caso affatto nuovo in cui si trovava mescolato. Continuavo a parlare come avevo cominciato, mi sembrava che mi si desse volontieri ascolto, e mi parve rilevare dall'aspetto benevolo, di varie donne specialmente, che le mie parole avessero prodotta buona impressione.

Allorquando poi feci menzione dell'anfiteatro di Verona al quale si dà nome in queste contrade di Arena, l'attuario, il quale intanto si era rinfrancato, disse, che le mie osservazioni calzavano bensì a penello per quell'antico monumento conosciuto in tutto il mondo, ma che nulla avevano a fare con queste rovine, le quali nulla offerivano di pregevole, se non che, segnavano la linea di confine fra la repubblica veneta, e l'impero di Austria, motivo appunto per il quale non era lecito eseguirne la ricognizione. Dichiarai non essere soltanto le rovine greche e romane che meritano essere studiate, ma quelle ancora del medio evo; non potersi del resto far loro rimprovero, se assuefatti fin dall'infanzia a vedere quelle vecchie mura, nulla vi scorgessero di particolare, non ne rilevassero l'aspetto eminentemente pittorico. Per buona sorte il sole del mattino faceva comparire sotto il migliore aspetto la torre, le rupi, le vecchie mura, ed io cominciai a descrivere loro con entusiasmo la bellezza di quel quadro. Se non che, tutta quella buona gente avendo il quadro alle spalle, e non volendo staccare da me lo sguardo, si mosse tutta a girare il capo addietro, come sogliono fare quegli uccelli ai quali si da nome volgarmente di torcicolli, per scoprire alcun che delle bellezze che io loro stavo descrivendo; ed anche il podestà, finì per volgere desso pure il capo come tutti gli altri, sebbene con maggior sussieguo. Questa scena mi divertiva a tal segno, che, sempre più allegro, fece loro osservare il bello aspetto dell'edera antichissima di cui erano rivestite tanto le vecchie pareti, quanto la rupe.

L'attuario allora disse che tutto ciò era vero, stava benissimo, ma che l'imperatore Giuseppe era pur sempre un principe irrequieto, il quale poteva nudrire disegni ostili contro la repubblica veneta, e che io potevo benissimo essere un suo suddito, un suo emissario incaricato di studiare, di riconoscere i confini.

Ben lungi di essere suddito dell'imperatore, replicai io, mi posso vantare di essere, al pari di voi, cittadino di una repubblica, la quale per dir vero non può, per grandezza e per potenza, stare al pari della serenissima repubblica di Venezia, ma che però si governa da sè, e per attività di commercio, per ricchezza, per saviezza, non la cede a veruna città della Germania, imperocchè io sono nato, dissi, a Francoforte sul Meno, città della quale per certo, conoscerete il nome, e la fama.

«Francoforte sul Meno!» sclamò una donnetta giovane e graziosa; «vi sarà facile signor podestà chiarirvi sul conto del forastiero, che per me ritengo sia uomo dabbene; non avete che a far venire Gregorio, il quale stette a lavorare colà buona pezza; egli potrà facilmente chiarire la cosa.»

Intanto le fisionomie si erano di già rasserenate, era scomparso il sospetto, e quando venne Gregorio, la cosa prese tosto buonissima piega. Questi era uomo di cinquant'anni all'incirca, di colorito bruno, un vero tipo di fisionomia italiana. Parlò disinvolto, quale uomo esperto del mondo; mi disse che era stato al servizio della casa Bolongaro, e che era lieto di potere avere da me notizie di quella famiglia, e di una città che ricordava sempre con piacere. Per buona sorte il suo soggiorno a Francoforte coincideva cogli anni della mia gioventù, ed io ebbi il doppio vantaggio di potergli parlare delle cose quali stavano in allora, e delle variazioni che erano succedute di poi. Gli parlai di tutte le famiglie italiane che io conosceva benissimo, ed egli fu tutto lieto di udirne vari particolari, come per esempio il signor Alessina avesse festeggiato nel 1774 le sue nozze d'oro, e fosse stata coniata in quella occasione una medaglia che io posseggo, ed egli poi ricordava benissimo, che la consorte di quel ricco negoziante nasceva Brentano. Seppi pure dargli conto dei figliuoli, dei nipoti, di quei coniugi; dirgli come fossero stati educati, quali fossero le loro condizioni attuali, chi avessero sposato, quanti fossero attualmente i membri della famiglia.

Allorquando io ebbi data risposta ad ogni sua domanda, il dabben uomo era quasi commosso, gli altri si esilararono sempre più, e siccome non comprendevano il nostro discorso in tedesco, fu forza a Gregorio doverlo interpretare almeno in parte nel loro dialetto.

«Signor podestà, finì egli per dire, io sono persuaso che questo signore è persona dabbene, agiata, e colta, la quale viaggia per la sua istruzione. Dobbiamo lasciarlo andare con ogni dimostrazione di cortesia, perchè egli possa dire bene di noi a suoi concittadini, ed invaghirli a portarsi a Malsesine, il quale per la sua amena posizione, è meritevole di essere visitato dai forastieri.» Venni in appoggio a queste parole, tessendo gli encomi della contrada, della località, degli abitanti, non senza ommettere di lodare pure, la prudenza e la saviezza delle autorità costituite.

Tutto fu trovato bene, ed ottenni il permesso di potere girare tutto il paese in lungo ed in largo, a mio arbitrio, in compagnia di mastro Gregorio. Il padrone della locanda dove era sceso ci volle accompagnare e si rallegrava tutto colla prospettiva dei molti forastieri, i quali non possono mancare di affluire a Malsesine, quando ne saranno divulgati i pregi. Egli considerava con viva curiosità ogni parte de' miei vestiti e sovra tutto poi invidiava le mie terzette, che si possono nascondere con tanta facilità nelle tasche. Mi stimava felice di potere portare impunemente armi così belle, così comode, le quali ne' suoi stati sono proibite, colle pene le più severe. Talvolta interrompevo quella sua insistenza alquanto importuna, dimostrando la mia gratitudine al mio liberatore. «Non mi state a ringraziare, finì per dirmi questi; voi non mi dovete nulla. Se il podestà avesse saputo il suo mestiere, e se l'attuario non fosse l'uomo il più venale del mondo, voi non sareste stato liberato. Se non chè, il podestà era più imbarazzato ancora di noi, e l'attuario avrebbe dovuto provvedere al vostro arresto, stendere il suo rapporto, e farvi condurre a Verona, senza che tutto ciò gli rendesse un quattrino. Egli non tardò a comprendere tutto ciò, e la vostra liberazione era già decisa, prima ancora che avessimo finito di parlare insieme.» "

avatarjunior
inviato il 27 Dicembre 2022 ore 16:54

Per me devo scaricare il modulo dell'attività astronomica, dal comune Lazise specificando che faccio astronomia anziché giocare alla play che non mi piace. Ma l'astronomia è l'unico modo di combattere la disabilità.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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