| inviato il 10 Marzo 2016 ore 19:09
Non sarebbe necessario per calcolare il rapporto di contrasto, ho incluso il conteggio solo per completezza. Se costruisci il profilo colore monitor a tabella esso includerà il tag white e black point. Il valore Y del white point è sempre 1, qualsiasi sia il valore di luminanza scelto per il monitor; se vuoi ricavare il valore dell'energia emessa dal monitor devi scalare il valore numerico di Y sulla luminanza di calibrazione. Facendo un esempio spiccio: Il mio monitor è calibrato per 110cd/m2, se mando a monitor la coordinata Yxy: 0,3500, 0,0, 0,0 (grigio neutro nel D50), per ottenere il valore di luminanza effettivamente emessa dal mio monitor devo fare 0,35x110=38,5cd/m2 |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 6:58
"Chi conosce cosa è un MTF50 dovrebbe saper interpretare correttamente il significato dei numeri che tu disprezzi. " Da Ingegnere, i numeri non li disprezzo assolutamente mai, anzi, i "numerelli" mi hanno dato il pane, ed anche benino, per decenni! Ma......quando uno usa i numeri, le deve usare nel modo giusto. Una stampa di qualità non richiede sempre elevata risoluzione del sistema elettroottico che genera l'immagine, la stampa di qualità richiede invece un sacco di altri parametri che tu non ha tenuto minimamente in conto, perché di stampe a parer mio personale non sai nulla, e che sono invece più importanti della risoluzione. Detta in altre parole, sempre a parer mio, tu ti sei ingozzato troppo di numerelli ed hai perso il contatto con la realtà vera della fotografia, con quei numerelli le belle fotografie, anche tecnicamente, non le fai, semplicemente perché quei numerelli che tu ti ostini ad usare non sono per nulla esaustivi per descrivere la realtà vera di una stampa prima e non sono quelli da usare per fare belle fotografie tecnicamente poi. Ti faccio un esempio: coi numerelli che hai usato tu, una 12Mpx, tipo la D3s con un ottica tipo il Nikkor 85 F 1,4 AFD o il vecchio Nikkor 50 mm F 1,2 AI usati a tutta apertura ( brrrrr!, risoluzione pessima, orribilmente bassa) non ce la fa assolutamente a fare una stampa in A2, ossia 42 X 60 cm, a 360 PPI classificabile come stampa di qualità, stampa tipo Fine Art. Ti sbagli e ti sbagli di grosso, provare per credere, e ti sbagli di grosso perché di stampe splendide, dettagliate bene e tonalmente perfette, stampe classificabili in Fine Art, ce ne hanno fatte sicuramente tante migliaia e continuano a farcele oggi, compreso il sottoscritto, e ci si fanno perché una stampa di qualità non richiede il più delle volte alta risoluzione nativa. Un bel ritratto "flou" in A2, morbido, con le gradazioni tonali e cromatiche leggere e delicate, con microcontrasto alto, il che fornisce effetto "presenza", il tutto stampato oltretutto su una bella Hannemule opaca, è una stampa che si definisce di Fine Art, ed è splendida, ci sono mostre blasonate con ritratti in 50 x70 cm a 360 PPI fatti con D3s ed 85 mm F 1,4 AFD con sfocato cremoso, morbido, profondo, scatti a tutta apertura, ma......... di risoluzione nativa ce n'è pochina, secondo i tuoi numerelli assolutamente, orribilmente insufficiente per un A2, peccato che la stampa però che quelle stampe siano splendidi Fine Art esposti con successo e che la gente paghi per vederle. Le stampe di "Genesi" di Salgado che ha esposto, e che io sono andato a vedere, a Roma, all'Ara Pacis, a parer mio e di tutti quelli che fanno fotografia veramente, sono classificabili come stampe in qualità da Fine Art, la qualità delle stampe di Salgado è molto elevata ed il livello qualitativo di quelle stampe è universalmente riconosciuto come tale. Ci sono scatti fatti con Pentax MF ma molti scatti sono stati fatti con Canon 1 DS MKIII, dei 35 mm digitali da 21 Mpx stampati in oltre 1m X 1,5 m, ad elevata risoluzione di stampa, la continuità tonale è elevatissima, stampe perfette, le puoi guardare da 20 cm e sono perfette: se usiamo i tuoi numerelli, i conti non tornano, e non tornano per nulla, ma le stampe sono lì alla portata degli occhi e del giudizio di tutti, e la gente paga per vederle quelle stampe per te sbagliate......... perché non provi ad andare a dire Salgado che ha sbagliato fotocamera per fare quelle stampe? Prova un po'? Le buone stampe dipendono poco dalla risoluzione nativa del trabiccolo che genera l'immagine da stampare, le componenti che portano ad una buona stampa, stampa da Fine Art, sono molteplici e la risoluzione non è affatto la più importante, e l'approccio che hai dato tu per rispondere a quella domanda, è completamente errato, i fatti ne sono la prova più evidente, e da anni. |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 9:08
“ Ti faccio un esempio: coi numerelli che hai usato tu, una 12Mpx, tipo la D3s con un ottica tipo il Nikkor 85 F 1,4 AFD o il vecchio Nikkor 50 mm F 1,2 AI usati a tutta apertura ( brrrrr!, risoluzione pessima, orribilmente bassa) non ce la fa assolutamente a fare una stampa in A2, ossia 42 X 60 cm, a 360 PPI classificabile come stampa di qualità, stampa tipo Fine Art. „ ma questo è normale, una foto fatta a tutta apertura è + sfocato che altro, si riesce a ricampionare benissimo in photoshop, il problema è quando hai foto dettagliate, quindi con diaframmi chiusi e soggetti dettagliati (non un cielo, o l'acqua per intendersi), allora li i numerelli ti sbattono in faccia tutta la loro verità |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 13:30
.... Per me state dicendo tutti la stessa cosa solo che la vedete da molti punti di vista differenti. Aspetti che concorrono in egual modo alla resa finale! Purtroppo non sono riuscito ad andare a vedere salgado quando era a venezia ma amici che ci sono andati mi han detto che le emozioni erano immense ma se cinicamente ci si avvicinava alla stampa in molti casi era tutto fuorché perfetta in termini di dettaglio. Insomma non era certo una lastra di un grande formato con l'uso delle migliori ottiche. Sul sito di michael fatali si può avere un chiaro esempio di ciò che lui considera qualità minima di fine art. |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 14:37
Ma io dico... perché? perché? “ ci sono mostre blasonate con ritratti in 50 x70 cm a 360 PPI fatti con D3s „ La D3s ha 4288 pixel lato lungo. Ponendo che ci troviamo nell'ideale situazione di aver saturato il sensore... 4288/360=12 pollici che sono 30,2cm. Una D3s non ti consente di stampare un 50x70 a 360ppi, perché semplicemente non ne ha a sufficienza. Ma li butti così i numeri, senza criterio, sembri l'estrazione del lotto. |
user86191 | inviato il 11 Marzo 2016 ore 15:27
Raamiel vs Alessandro Pollastrini Meglio di Aliens vs Predator |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 16:59
Mi pare che lo scontro sia il frutto di incomprensione reciproca, un po' un dialogo tra due che parlano lingue diverse. Il discorso di Raamiel è di tipo scientifico, fondato sul ragionamento e su calcoli che possono in astratto consentire certi risultati. Quello di Alessandro è invece un discorso essenzialmente pratico, di chi sa che per stampare ottime foto non sia importante solo la previa conoscenza dei limiti teorici di un sensore, quanto piuttosto quella di ulteriori criteri, magari empirici, fondati sull'esperienza propria e di altri che della stampa hanno fatto il proprio lavoro. Così ci sta che un sensore da 12 Mpx, tipo la D3s citata, non ha dal punto di vista teorico sufficienti pixels per riempire a dovere un 50x70 stampato su Epson (e quindi con il driver che opera a 360ppi); ma ci sta anche che, in pratica, si sono sempre stampate e si stampano tuttora in questo formato anche fotografie in A1 scattate con il predetto sensore. E non parlo di fotografie qualsiasi, né di manifesti, ma di ottime fotografie di eccellenti fotografi. Questo si faceva e si fa, ovviamente, previo ricampionamento del file, con tutte le accortezze che questo procedimento comporta. E certamente con una post produzione idonea allo scopo. Alla base dei due discorsi sopra ricordati, e dell'incomprensione che ne è nata, c'è secondo me una visione diversa; da un lato quella dello studioso che è portato a definire fine art solo l'immagine che rispetta certi oggettivi dati numerici, dall'altro di chi, invece, operando sul campo e magari anche per conto terzi, ritiene che il concetto di stampa fine art sia una cosa diversa, consistendo piuttosto nel rispetto di una serie di criteri qualitativi, da adottare in relazione alle singole immagini da stampare, volti soprattutto ad assicurare, sempre, l'utilizzo di materiali in grado di reggere le offese del trascorrere degli anni e, ma solo quando occorre, di valorizzarne le caratteristiche in funzione del processo di stampa prescelto e del messaggio che l'autore vorrebbe dare al suo pubblico. Così appunto può succedere che stampe di immagini scattate con la vetusta e ormai superata Olympus E1, uno splendido apparecchio che all'epoca era definito professionale pur disponendo di un sensore di soli 5 Mpx, abbiano avuto la ventura di finire e di trovarsi tuttora in musei e gallerie fotografiche, ancorché stampate in formati A1 o A2. Il che non toglie certo valore alle affermazioni di Raamiel, perché si deve sempre partire dalla consolidata conoscenza dei limiti di un sistema, per poi poter osare di superarli. E del resto non è un caso che il mercato offra sensori e macchine di molti tipi, in maniera da consentire a ciascun fotografo di scegliere di volta in volta lo strumento più idoneo alle esigenze, del cliente o propriamente sue. Se per taluno è necessaria, insomma, una immagine che assicuri un grandissimo dettaglio da esporre in un museo nelle dimensioni A0 non si può prescindere dai numeri odiati da alessandro, pur con tutti gli strumenti che offre la postproduzione e con le migliori cognizioni di stampa. |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 17:04
“ Se per taluno è necessaria, insomma, una immagine che assicuri un grandissimo dettaglio da esporre in un museo nelle dimensioni A0 non si può prescindere dai numeri odiati da alessandro, pur con tutti gli strumenti che offre la postproduzione e con le migliori cognizioni di stampa. „ Si ma nella giusta misura, alcuni soggetti anche se ricampionati reggono meglio di altri, quindi tutto il discorso dei mpx e numerini sembra avere meno valore, ma quando hai di fronte un immagine che deve avere informazioni, li il ricampionamento non fa miracoli e i numeri hanno senso. |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 17:40
Appunto, come dicevo, in molti casi, quando il dettaglio costituisce un requisito indefettibile ed occorre stampare in grande, non si può prescindere dai numeri. Ed è per questo, del resto, che esistono in vendita sensori di tante taglie diverse. Peraltro , non si può neppure prescindere dalla consolidata conoscenza del flusso di lavoro, dalla ripresa fino alla postproduzione ed alla stampa. |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 17:52
@Fabio1951: premettendo doverosamente che condivido parola per parola quanto hai detto nei tuoi post, il requisito indefettibile dal quale non si può trascindere è la qualità "fine art" da dare alla ipotetica stampa. |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 18:04
Ma... è un conto molto semplice, rendiamoci conto. Se prendo un file della D3s e infilo 360 pixel per ogni pollice di carta a 70cm di lato lungo NON ci arrivo, non ci sono abbastanza pixel. Non esiste tecnica di fotoritocco che può crearli dal nulla. Per fare una cosa del genere dovrei prima ricampionare e ingrandire il file, per poi ridurlo usando il fattore 360ppi rispetto a un ppi inferiore. Non c'ha senso sta cosa; sono numeri tirati a casaccio. Se volessi stampare da quel file per ottenere 70cm lato lungo, ossia 27,6 pollici circa, dovrei mettere su carta 4288/27,6=155ppi circa. Se la macchina è una Epson conviene che il ppi sia un sottomultiplo esatto di 1440, quindi: 720 480 360 288 240 180 160 144 120 96 Sono tutti valori ppi ideali per interfacciarsi con il driver; basta scegliere quello più prossimo e ricampionare il file del poco che basta. L'esperienza dovrebbe insegnarle certe cose, invece di sparare così... |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 18:53
Raamiel, forse non capisco; per quanto ne so io Epson fa stampanti che operano con una risoluzione nativa di 720ppi (si tratta delle desktop) o 360ppi (i plotters). Come giustamente dici tu il file della D3s non riuscirebbe a garantire una stampa da 70 cm. lato lungo su un plotter Epson perché non ci sono abbastanza pixels; allora tu suggerisci di stampare impostando una dimensione immagine col valore più prossimo a 155ppi (come da conteggio 4288/27,6), cioè 160ppi, con il che si è operato un piccolissimo ricampionamento verso l'alto. Io invece non opero così e ricampiono il file a 360ppi e solo dopo stampo. Credo che la stragrande maggioranza degli stampatori operino come me; in questa discussione anche Gianluke ha indicato questa procedura. Perché si fa così? E' presto detto. I plotter di Epson stampano ad un'unica risoluzione, appunto di 360ppi (non confondiamoci con i dpi, che è argomento che attiene al retino di stampa). Se dai in pasto ad un plotter Epson una foto a 160ppi sarà il software del plotter a ricampionarlo a 360ppi, ma è risaputo che si tratta di un software piuttosto grossolano (si dice che usi un metodo bicubico standard, ottimizzato solo su alcuni sottomultipli, quali 180 e 240ppi) e quindi la stragrande maggioranza degli stampatori preferisce dare al driver un file già ricampionato con un software più sofisticato (si va da quello di Photoshop a diversi altri, operanti con metodi differenti e che non è qui il caso di rammentare). Tanto più che l'esperienza insegna che dopo il ricampionamento è consigliabile una maschera di contrasto ben dosata. Puoi trovare molte discussioni, risalenti anche a molti anni or sono, su altro sito italiano piuttosto ferrato in materia di stampa (photoactivity), che confortano il mio modus operandi. Personalmente, ma molti anni fa, feci una prova di stampa, operando appunto con le due modalità sopra indicate e all'esito di essa, da allora, opero come ho spiegato su senza nutrire alcun rimpianto. Ciao Fabio |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 19:05
Proprio per questo si usano sottomultipli esatti, per dare in pasto al driver un valore facilmente scalabile senza arrotondamenti. Portare il file della D3s a coprire un 70cm con un ppi di 360 è più dannoso che non andare in stampa direttamente con 160ppi. Ovvio che se poi hai pixel a sufficienza, allora meglio. Ma questo è già un altro discorso che esula dal concetto espresso all'inizio. Il conteggio fatto con il LW/PH è propedeutico a tutto il resto; prima ancora di parlare di ppi ideali per quella o l'altra macchina si deve far i conti con l'informazione disponibile ottenuta dal complesso sensore/lente. |
| inviato il 11 Marzo 2016 ore 19:54
Si, infatti, avevo ben precisato l'importanza e la correttezza del tuo intervento. Dissento solo su un punto, ritenendo che invece sia meno vantaggioso stampare a 160 e lasciare ricambio arte alla macchina. Ti consiglio a questo punto di procedere ad una pratica, se disponi di un plotter. Ciao |
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