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Il dubbio, il kitsch, l'arte.







avatarsenior
inviato il 08 Marzo 2015 ore 21:14

Sono d'accordo, c'è un cambiamento anche nelle Università e nelle Accademie: abbiamo abbandonato l'obiettivo del saper fare e lo stiamo sostituendo con quello del sapere terminale. E man mano che aumenta la misura dell'istruzione per concetti e diminuisce la pratica diretta, aumentiamo la distanza tra le parole e le cose e la probabilità che le nuove generazioni non conoscano ciò di cui parlano. Se poi la materia è l'arte, il fraintendimento può essere esiziale.

L'educazione accademica all'antica è ancora un sistema che ha un metodo collaudato da secoli. Ha il vantaggio di insegnare immediatamente la disciplina necessaria ed è basato sulla frequentazione del repertorio o della letteratura.

Tradizionalmente era basato sulla copia. Si insegnava agli apprendisti a realizzare copie di opere significative ed esemplari. Il metodo è particolarmente efficace, anche se potrebbe sembrare che non stimoli la creatività.

Sapete come si insegnava con questo metodo la composizione della musica? Vi preannuncio che è necessario un piccolo escamotage, altrimenti lo studente potrebbe non realizzare una copia della musica, ma soltanto della partitura: farebbe cioè un lavoro di grafica, che saprebbe fare anche uno totalmente digiuno di musica e magari pure sordo, e non opera musicale.

Vi propongo l'indovinello perché mi chiedevo se può esistere qualcosa del genere per la fotografia...: un escamotage che, nell'indurti a realizzare una copia di una fotografia, ti costringa a pensare in termini fotografici e a ri-crearla ...

Paolo

avatarsenior
inviato il 08 Marzo 2015 ore 22:01

Ascoltarla e riscrivere ciò che ascoltava?

user46920
avatar
inviato il 09 Marzo 2015 ore 1:33

Sapete come si insegnava con questo metodo la composizione della musica?

... non ho idea Confuso ... penso che composizione non la insegnino nemmeno ad un violinista del conservatorio (;-))

... non sono un Musicista, ma ho letto qualche metodo, anche di arrangiamento jazz, ma quando vedo che il metodo non mi insegna nulla o faccio fatica a seguirlo, son certo che non è il metodo giusto e cambio metodo. Allo stesso modo scelgo i saggi: ne leggo parte di 5 versioni e quello scritto meglio per me, lo compro (trovo che sia un ottimo metodo MrGreen).

... quindi sono curioso, Paolo :-P

avatarsenior
inviato il 09 Marzo 2015 ore 15:23

Dell'articolo di Smargiassi poi che ne è stato.... Smargiassi il tipo che scrive su repubblica...

avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 13:13

Il metodo è semplice.

Si prendevano 2 composizioni del tipo che si volevano copiare (sì: è un retaggio dell'epoca in cui esistevano i "generi" e l'insegnamento era basato su di essi, rappresentati da modelli).

Uno fungeva da modello, base di ciò che si doveva fare o ri-fare. L'altro invece forniva i materiali: ovvero i temi (la dico semplificata).

Si trattava quindi di riscrivere una composizione con i temi di un'altra. Questo rendeva impossibile la copia grafica ma sopratutto insegnava a ragionare per parametri: rendeva necessario capire quale risultato in realtà il musicista era riuscito ad ottenere con il suo tema nell'opera, e induceva ad ingegnarsi per ottenere lo stesso risultato sul "nuovo" tema con i mezzi a disposizione.

Questo è particolarmente interessante perché spesso (la maggior parte delle volte) un tema non consente di ottenere "lo stesso risultato" modificando "lo stesso parametro": è necessario ottenerlo modificando qualcos'altro, con diverse strategie.

Ma si comprendeva così la "vera" funzione compositiva di un particolare. La si comprendeva quando si era in grado di riottenerla attraverso un parametro diverso: quando cioè ci si staccava dalla lettera e lo si coglieva nello spirito. La si ri-creava.

Paradossalmente quello che "era sotto gli occhi" non diventava abbastanza chiaro se non si riusciva a rifarlo in altro modo.

Chissà se si è capito... noto solo adesso che è più facile a farsi che non a dirsi!

avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 13:22

Ascoltarla e riscrivere ciò che ascoltava?


Daniele, questo insegna a fare quello che si chiama "dettato musicale".
È una qualità importante del musicista (un esempio famoso che forse ricordi è ciò che si favoleggia a proposito di Mozart e del Miserere di Allegri. Era il frutto della visione romantica del "genio".
Magari non con la stessa precisione, ma molti musicisti sono in grado oggi di farlo).

Ma pur essendo prodromico per la formazione di un compositore tuttavia non insegna a cogliere la funzione di ciò che si ascolta, a capire i... rapporti di forza che esistono tra gli elementi di una composizione. Scrivere la musica è un'esperienza molto diversa.

Ci sono bambini, provvisti di un ottimo "orecchio" che sono in grado di riscrivere infallibilmente ciò che hanno ascoltato. Comporre ex novo (anche... copiando) non è la stessa cosa!

Paolo

avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 13:32

Naturalmente il tutto avveniva sotto la guida di un Maestro. Che ascoltava il lavoro fatto dall'allievo e, laddove l'allievo si mostrava insoddisfatto del risultato di qualche particolare, riusciva a mostrare - in modo, certo, non univoco e indiscutibile - cosa non funzionasse e quali possibili modifiche avrebbero corretto il problema. Naturalmente ciascuna "soluzione" di solito comportava conseguenze sul resto della composizione...

L'allievo se ne tornava a casa con un'illuminazione. E di solito con l'idea che "ogni particolare è necessario ma ... nessuno indispensabile".

Ne scaturiva una grande elasticità mentale, cosa che appare paradossale se si pensa che è un'insegnamento fatto attraverso "modelli". [Spesso, se ci si ferma al primo approccio, si fanno valutazioni affrettate] .

E la cosa più notevole è che già soltanto "provando a rifare" un modello permetteva di capire quale cambiamento nei nostri occhi poteva conseguire. Anche senza l'aiuto del Maestro, il fatto di costringersi a farsi domande e a trovare le risposte produceva dei frutti inimmaginabili.

user46920
avatar
inviato il 10 Marzo 2015 ore 13:43

Quindi è un metodo che può essere ritenuto valido e che si dovrebbe potendo, tradurre in fotografia ???

Non ho capito bene: tipo il tema di Batman, riscritto per il bolero di Ravel (Eeeek!!!) ???

avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 13:50

Non ho capito bene: tipo il tema di Batman, riscritto per il bolero di Ravel ???


Non proprio. Si tratta comunque di un lavoro di "copia".

L'obiettivo non è di creare un'opera d'arte: per quello ci si può sentire liberi sia da modelli che da materiali.

L'obiettivo è fare il "compositore".

Le opera scelte come modello e come base tematica appartenevano il più possibile allo stesso ambito stilistico. Quindi, se ho capito l'obiezione, il problema non era di attualizzazione di contenuti diversi.


avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 13:53

Quindi è un metodo che può essere ritenuto valido e che si dovrebbe potendo, tradurre in fotografia ???


Nella mia esperienza è un metodo molto valido. Ma, come non pedissequa è stata la traduzione da pittura a musica, così temo che anche la traduzione in fotografia non sia operazione banale...

Mi piacerebbe che qualcuno, magari esperto del problema, riuscisse ad immaginarlo...

user46920
avatar
inviato il 10 Marzo 2015 ore 14:32

Non riesco a capire, puoi fare un esempio concreto, per favore ?
Perché se fosse possibile in qualche modo "girare" questo metodo per la fotografia, magari ...

avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 15:14

Paolo, l'ipotesi di lavoro è interessante, ma vediamo se ho capito: si tratterebbe quindi di "leggere" il contenuto interpretativo dell'immagine dell'autore X e tentare di riprodurlo con gli strumenti interpretativi (caratteristiche dell'inquadratura, colore piuttosto che BN, uso del chiaroscuro ecc.) tratti da una foto o comunque dalla tipologia di lavoro dell'autore Y ?

avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 15:18

Ho forse capito:

www.boredpanda.com/famous-painting-remakes/

O, addirittura doppio salto:

laughingsquid.com/russian-photographer-recreates-famous-paintings-with

Questo intendete?

avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 20:30

Molto interessante la proposta di Shambola.

Nel caso concreto non credo però che usare opere-icona (per la loro notorietà) giovi al fine.
In genere accostarsi all'arte con loro rende meno facile comprenderne il funzionamento, a mio giudizio, perché prevale il significato, appunto, iconico rispetto a quello desumibile dall'immagine per quello che è.

Come non credo che sia importante se le opere scelte siano dello stesso autore o di autori diversi: conta semmai l'identità di linguaggio.

Questo intendete?

Onestamente non so dirlo...
So che l'espediente, nel caso della musica, funziona in quel modo, e tra l'altro un'altra possibilità alternativa non c'è proprio...

Nel caso della pittura è possibile e sensato fare la copia fisica. Nel caso della fotografia mi sembra di capire che c'è un doppio livello di ri-creazione: quella grafica in senso stretto (ricreare l'immagine) e quella foto-grafica (ricrearla a partire dai parametri fotografici). Se non capisco male le opera proposte da Shambola sembrano più del 1° tipo...
Ma... dite la vostra, ché mi interessa molto.

In definitiva però non è per nulla importante quello che posso avere in mente io; il mio è piuttosto un invito ad escogitare un metodo che permetta a chi lo studia di... pensare fotograficamente. Se funziona, è quello giusto, a prescindere dalla mia idea.

Io non ne so più di voi: fotografo per passione e sono ancora nella fase in cui cerco di capire se mi ritengo in grado di comprendere e trattare operativamente la composizione fotografica per come ho capito e tratto quella musicale...

Direi che il tema è: come lavorare su modello in fotografia (modello non inteso come persona!!) ?

Probabilmente già tanti qui lo fanno. Credo di poter dire che nel genere paesaggio (quello forse meglio individuabile di tutti) si faccia già qualcosa di simile... per lo meno a giudicare dalle affinità stilistiche riscontrabili.

Penso che il primo risultato sarebbe quello di "vivere" (o "rivivere") un'immagine: cioè di percep1rla come se la si stesse fotografando, come se vi si fosse immersi... (devo ricorrere ai numeri altrimenti mi corregge "perce×" così... Sorriso)

avatarsenior
inviato il 10 Marzo 2015 ore 23:30

Nel titolo si parla d'arte.
Ma cos'è la foto d'arte?
Su Juza o siti simili ne troviamo?

Il pericolo che ve ne siano poche mi sembra fondato visto i suggerimenti ironici che Smargiassi da ai giovani artisti fotografi in un blog dal titolo
Considerzioni di un × sulla foto d'arte
e che invece sembrano raccolti a man bassa da tanti di noi:

smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2014/06/18/considerazioni-

In un altro blog sulla critica fotografica lo stesso autore precisa che occuparsi di fotografia significa, all'esatto opposto della pittura, occuparsi di pratiche che stanno in prevalenza fuori dal campo dell'arte.
Le nostre foto, quindi, non dovrebbero essere esaminate da critici ma da semiologi, storici o sociologi:

Non basta dire che la critica fotografica è semplicemente quella porzione della critica d'arte che si occupa specificamente di fotografia. Perché se anche sembra lessicalmente corretta, l'analogia con la critica della pittura, o della scultura, o della performance non regge. Le categore non sono equivalenti.

Occuparsi di pittura significa occuparsi di una pratica per definizione artistica (fra le cose che si possono fare con colori e pennelli, resta fuori dal campo dell'arte forse solo il lavoro dell'imbianchino). Occuparsi di fotografia significa, all'esatto opposto, occuparsi di pratiche che stanno in prevalenza fuori dal campo dell'arte.

Di queste pratiche (la fotografia di massa, quella scientifica, quella familiare e privata, quella funzionale e professionale, oggi quella "conversazionale"...) i "critici fotografici" invece solitamente non si occupano. Le lasciano (a volte con una smorfia di degnazione) ai sociologi, ai semiologi, agli storici.

Dunque dovrebbero almeno chiamarsi "critici della fotografia artistica" o "critici degli usi artistici della fotografia". Ma è una definizione che viene evitata, perché percepita come riduttiva.


I nostri dibattiti, le riflessioni, gli spunti di Jeronim (al quale sarò sempre grato per avermi instillato dubbi ed interrogativi) serviranno ad affinare le nostre capacità di lettura ed anche a farci tendere verso un modo di fare foto meno scontato ma il passaggio da "imbianchino" a qualcosa di artistico sarà mai possibile?

Chiedo, infine, a Jeronim, di chiarirci cosa intende lo stesso Smargiassi quando afferma che nella fotografia i veri riconoscimenti, quelli che contano, quasi sempre non dipendono dal merito.

Capisco il bisogno di gratificazione di chi fotografa per piacere personale. Ci sono però modi diversi per procurarsela. Ci sono i festival, le letture di portfolio, ci sono i circoli fotografici, le associazioni di cultura fotografica, i concorsi per fotoamatori, c'è Flickr?
Diverso è il discorso se si punta a un diverso tipo di riconoscimento, quello delle istituzioni culturali o quello del mercato. Lì bisogna essere consapevoli che le logiche della selezione spesso non dipendono dal merito?

Giamba

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