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@Skylab: "Il fatto che per capirle siano necessari anni di studio e fiumi di parole è emblematico". Io non ho scritto esattamente questo, ho scritto che per giungere ad amare A Love Supreme mi ci sono voluti diversi ascolti ma il piacere che provo nell'ascoltarlo non è un'ammirazione intellettuale, è in piacere di tipo diverso, è il rapimento davanti alla bellezza, è il coinvolgimento nell'ascolto del fiume di note. La stessa sensazione la provo davanti alla foto del fiume tratta dal Missouri West, capisco che dal punto di vista di chi non lo apprezza possa sorgere il dubbio che io faccia lo snob, ma non è così, l'osservazione di quella foto e delle altre di Summer Nights mi dà un vero piacere, oggi non è un distaccato apprezzamento, forse lo era in principio 7 o 8 anni fa. È una questione di fare l'occhio a quella bellezza, a mio parere. Non è lo studio della musica o la lettura della critica che mi fa nascere il piacere dell'ascolto e della visione della foto, quello è solo un condimento. Non sono un erudito non passo il tempo a leggere saggi sulla musica modale e sulla fotografia dei New Topo. Leggo lo stretto necessario ad uscire dalla totale ignoranza, 8 o 9 anni fa manco sapevo che fosse la New Topography
“ È una questione di fare l'occhio a quella bellezza, a mio parere. „
E' vero. Spesso, poi, abbiamo bisogno di una 'guida', qualcuno, cioè, che ci indirizzi ad avere la pazienza di capire un linguaggio cui non siamo abituati.
Io, per esempio, da giovane amavo molto Mahler ( " si può vivere senza Mahler?" cit. ). Poi, sotto la direzione di Celibidache, negli ultimi suoi anni, ho imparato a capire Bruckner, ma soprattutto perché quel grande Direttore, tra una prova e l'altra, ci indicava frammenti di sinfonie che ci sarebbero sfuggiti. Ma poi ho ascoltato sue conversazioni, insieme alle prove con la Bayerische Rundfunk, su yuoutube. E' solo un piccolo esempio per dire che abbiamo sempre bisogno di un aiuto per entrare in certi testi e per apprezzare/decifrare linguaggi altrimenti potenzialmente ignorati. Ci vuole pazienza e disponibilità che, talvolta, si sposa con l'umiltà.
Sono d'accordo con Paolo, spesso è una guida che ci aiuta a entrare in certi mondi. E sono d'accordo con Andrea: non è lo studio... che mi fa nascere il piacere... Lo studio per me viene dopo. Io ho iniziato a fotografare perché mi sono appassionato all'architettura romanica (poi all'arte tutta). All'architettura ci arrivai per caso: nel 1985 stavo andando in bicicletta in Borgogna (pedalare sul Col du Galibier mi interessava sicuramente più dell'arte), vidi un cartello che indicava una chiesa del XII s. al termine di una salita e incuriosito ci volli andare. Entrai e cantai un canto gregoriano, mi accorsi che quell'architettura e quel canto in un certo senso erano la stessa cosa e me ne appassionai. Cominciai a girare in bicicletta per vedere il romanico (e farci dentro della musica) e mi portavo dietro la Pentax di mia madre per fare qualche foto, non avendo mai fotografato in vita mia. Lo studio dell'arte venne dopo (ho una biblioteca di migliaia di libri suddivisi tra arte filosofia e letteratura) ma senza quell'esperienza non avrei neppure cominciato e neppure mi sarei messo a fotografare. Quell'esperienza non l'avrei avuta se non avessi avuto l'esperienza quotidiana della musica. Poi ho cominciato a studiare, da Panovsky a Focillon a Emile Male e imparai il Francese per leggere un'intera collana sull'arte romanica europea (una sessantina di volumi). Ci sono cose, anche complesse, che possono conquistarti anche quando non hai gli strumenti per capirle davvero ma è fuori di dubbio che una lunga frequentazione e lo "studio", negli anni te le fa scoprire sempre più a fondo. Magari, anche dopo 45 anni, ti rendi conto che ancora non le hai capite fino in fondo.
Grazie Paolo, credo che ci siamo capiti. Anni fa ho frequentato un corso tenuto da un direttore di orchestra, un corso per analfabeti musicali come sono io, dove ci parlava di questo e di quelloci spiegava i concetti basilari sul ritmo la melodia l'armonia e ci introduceva a certa musica e ci faceva ascoltare certe particolarità, poi ci faceva capire cosa fa un direttore di orchestra e ad es. faceva vedere e sentire Kleiber nelle prove che dava istruzioni all'orchestra. Un vero peccato che il direttore nell'anno successivo non abbia più potuto proseguire in quell'opera di divulgazione che per me era una vera evangelizzazione. Ecco per me sentire un direttore d'orchestra parlare della musica che sta dirigendo è sempre una esperienza meravigliosa. Una guida che ti indica dove sta il bello. Poi magari il bello non lo apprezzi subito, magari ti ci vorranno anni per arrivarci, ma il magistero e la guida hanno comunque svolto la loro funzione. Edit: indichi dove sta la verità attraverso il bello? Curioso che anche Robert Adams parli delle tre verità nella fotografia di paesaggio nel saggio qui più volte citato
“ Lo studio dell'arte venne dopo (ho una biblioteca di migliaia di libri suddivisi tra arte filosofia e letteratura) „
Scommetto che capita anche a te che ti domandano se li hai letti tutti.
Quando mi fanno la stessa domanda e rispondo che no, non li ho letti tutti; e quindi mi chiedono ragione di tale spreco; allora cito, da Guerra e pace, il principe Andrej quando il buon Pierre Bezuchov gli fa la stessa ingenua osservazione. In tale passaggio Andrej afferma che una biblioteca di cui si sono letti tutti i libri non è una vera biblioteca. Sospetto che a Tolstoj capitasse spesso di dover rispondere a tale famigerata richiesta.
“ Poi ho cominciato a studiare, da Panovsky a Focillon a Emile Male „
Panofsky, e quello che può essere considerato il suo maestro, ovvero Aby Warburg, sono per me riferimenti fondamentali. Ho letto, e apprezzato, anche diverse cose di Focillon. Di Emil Male ho in uno scaffale Le origini del gotico (Milano, Jaca Book); ma confesso che per ora gli ho dato solo una scorsa superficiale. Mi ripropongo una lettura più approfondita (sempre a proposito dall'avere più libri di quanti si siano letti).
Sempre a proposito dei due Adams, Ansel e Robert; è bene sottolineare anche il salto generazionale. Il primo è nato nel 1902 e morto nel 1984, il secondo nato nel 1937. In questo lasso di tempo quello che Alois Riegl chiamava Kunstwollen aveva subito un profondo mutamento.
A questo penso che vadano rapportate anche le differenti scelte dei soggetti da fotografare.
Dal momento che, come ho detto, io sono il nuovo smemorato di Collegno a meno che qualcosa entri in una rete di relazioni, allora la mia memoria funziona molto (forse troppo) bene; ricordo che in un topic su Robert Adams del gruppo "Fotografi famosi e/o importanti per la storia della fotografia", fondato dal compianto (nel senso che si è cancellato da questo forum ed è un vero peccato) Filiberto; dicevo che in questo topic si era fatta una comparazione tra i due Adams.
Grazie all'indice realizzato da Filiberto lo rintraccio facilmente.
“ Dopo Ansel Adams ci sarebbe Robert Adams, le cui foto sono molto diverse e molto meno commestibili, anche se gli piacciono quelle del primo... se Ansel è il fotografo della natura primordiale Robert è il fotografo dell'Antropocene... „
Al che io replico
“ Mi sembra che tra i due non ci sia nessuna parentela ma una semplice omonimia. Certo c'è un grosso salto generazionale: 35 anni circa. Rappresentano con le loro foto due aspetti opposti del territorio americano: Ansel la "wilderness" (o quel che ne resta) e la sua attività di fotografo è tutt'uno con il suo impegno ambientalista. Robert la suburbanizzazione sempre più dilagante.
Poi mi rendo conto che questa mia affermazione è riduttiva e Robert non rappresenta solo la suburbanizzazione; come è evidente in numerose foto di From the Missouri West.
mi rendo conto leggendo ora Roberto P di avere confuso in un mio intervento sopra il termine wildlife con quello giusto di Wilderness (forse a causa della mostra attualmente a Milano). Riguardo alla suburbanizzazione ed al libro From The Missouri West sottolineo e riporto quanto scrive R.Adams nella nota finale come riportata dal link che avevo suggerito alla pagina precedente di questa discussione. Robert Adams, dopo avere ricordato che nella esplorazione del West dell'800 i pionieri sulle rive del Missouri avevano capito di trovarsi sul margine di un paesaggio sublime, scrive:
“ I set one ground rule—to include in the photographs evidence of man; it was a precaution in favor of truth that was easy to follow since our violence against the earth has extended to even anonymous arroyos and undifferentiated stands of scrub brush. „
Vedo un filo sempre più netto: bellezza (già detta da noi), verità (R Adams e Celibidache), libertà (Celibidache), catarsi (mi pare Aristotele). Curiosando su internet ho trovato una definizione di catarsi di Abbagnano: "Liberazione da ciò che è estraneo all'esistenza o natura di una cosa e che perciò la disturba o corrompe". È anche uguale ai consigli di certi libri di fotografia, specialmente quando trattano di grandangolari. Da qualche parte ho un vecchio dizionario che inizia con una lista di parole base che non verranno definite. Mi piace pensare che la bellezza sia un concetto innato, magari un ricordo di qualcosa che era prima del fiume Lete.
" Adaequatio rei et intellectus" è la definizione di verità di Tomaso d'Aquino, probabilmente mutuata da Avicenna e, prima, da Ben Salomon. Pur essendo credente cattolico, la definizione di Tomaso non è quella che mi interessa di più. Sono convinto, invece, ( e non prendetemi per un losco esoterico ) che la Verità sia il 'fondo' della realtà tutta e che conoscerla comporti non esser-ci più, almeno in questo mondo, il quale è sempre insidiato ( vedi la Storia tutta ) da una falsificazione greve e opprimente. La ricerca della verità è una sorta di nostalgia, intesa come desiderio doloroso di ritornare. Ma dove? Come? Probabilmente a una sorgente da cui proveniamo. ( E qui si aprono le più diverse ipotesi. La mia è Dio stesso.) Per cui la verità sorge dalla bellezza e in essa culmina. Così la verità è la bellezza e la bellezza è la verità. Per questo motivo l'Arte ( anche quella Fotografica che, personalmente, ritengo Arte ), nelle sue forme visive, acustiche, razionali, tattili, olfattive...ci accompagna come dietro una sottile parete e ci penetra attraverso i canali dei sensi fisici. Ma è indicibile, è solo esperienziale e ci libera. Da cosa? Dalla morte totale.
P.S. non capisco cosa intenda esattamente con undifferentiated stands of scrub brush, anonimous arroyos sarebbero i ruscelli anonimi, giusto? ma questi stands indifferenziati di spazzole per scrub qualcuno mi aiuta a capire?
e ho trovato un dentista morto nella II guerra mondiale. Non penso che intendessi costui...
Tiro a indovinare. Un dotto ebreo vissuto sotto il Califfato di Cordova.
“ ma questi stands indifferenziati di spazzole per scrub qualcuno mi aiuta a capire? „
Non posso aiutarti. Anche su questo brancolo nel buio.
user225138
inviato il 16 Novembre 2021 ore 1:03
Scrub brush si può tradurre come "cespugli rinsecchiti". Quindi fa riferimento ad una distesa uniforme di cespugli rinsecchiti. Almeno, io lo tradurrei così.
Non so perché, ma la vista dei dipinti del passato e alcuni di arte moderna, quelli esposti nei grandi musei, ma anche altri, mi incanta, e a volte mi perdo nella loro osservazione come fossi proiettato su un altro pianeta, anche se non conosco la storia di tutti i pittori e nemmeno il contesto storico in cui sono stati realizzati.
Queste immagini invece mi lasciano indifferente, e non mi danno nessuna sensazione, a parte forse una certa malinconia... ma forse è proprio questa l'intenzione dell'autore. Come ho già detto, bisognerebbe però vederle stampate ed esposte come di deve, non a monitor.
L'immagine deve parlare, è il suo scopo. Se non ci riesce, "non funziona" come si dice oggi.
Paris Texas invece "funziona", ma questa è tutta un'altra storia
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