| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:15
@Francesco, ho usato il termine "sembrerebbe" appositamente Tutte le scelte che facciamo sono il risultato di principi che spesso si oppongono, e sempre decidiamo noi le priorità da assecondare. Vi sono scelte più difficili di altre. Mi sono spesso chiesto cosa farei se mio figlio spacciasse, e penso che lo denuncerei. Ma essendo nel campo delle ipotesi ( e sperando che rimangano tali) la mia risposta trova il tempo che trova. Tornando in topic, è per me difficile capire cosa la Lange volesse intendere. Lei perseguiva un progetto colossale, doveva fotografare la povertà, e poi ci racconta che la fotografia è istinto. Qualche cosa non torna... In linea di massima, se leggo un frase che dice: " un fiore è rosso", tendo a pensare che l'autore volesse dire che vede quel fiore di colore rosso. Poi magari in realtà si tratta di una metafora per descrivere altro, ma in mancanza di ulteriori informazioni, mi limito alla prima interpretazione. La si può ridurre a un rozzo invito a 'fotografare d'istinto', oppure in essa c'è una riflessione attenta a non considerare il progetto come una gabbia precostituita? Per rispondere alla domanda di Paolo, che utilizzando l'aggettivo "rozzo", ci indica già la sua opinione, trovo che se la Lange avesse voluto metterci in guardia dai pericoli del progetto, abbia allora decisamente sbagliato approccio suggerendoci di limitarci a scattare d'istinto. |
| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:18
“ e poi ci racconta che la fotografia è istinto. Qualche cosa non torna... „ E' lì il punto Enzillo. Per questo a me pare che l'intervistatore metta assieme cose che non fanno parte di un discorso unico e continuo. Ma ripeto, magari pare solo a me |
| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:21
E a me |
user39791 | inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:29
Francesco ti rispondo con un altro estratto dell'articolo di Smargiassi. Per quanto abbia sempre goduto, a dispetto di tutte le smentite, di una reputazione di “medium della realtà oggettiva”, la fotografia ha volonterosamente collaborato con tutti i progetti e i meccanismi di distorsione dell'informazione, mettendo al loro servizio, appunto, la sua presunta affidabilità. Oggi, per lo stesso motivo, è un ingrediente particolarmente efficace della produzione della cosiddetta postverità, che non è sinonimo di menzogna, ma è un disegno di demolizione pubblica della distinzione fra il vero e il falso. Sta agli operatori dell'immagine e della comunicazione, ma anche e forse soprattutto ai lettori, recuperare un rapporto critico con il medium fotografia. Solo conoscendo bene le sue bugie sarà possibile chiedere di fornirci qualche utile conoscenza sul mondo. |
| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:30
Ecco Filiberto: non devo ricredermi su Smargiassi allora E tornare a riconoscere grande lucidità ai suoi scritti. Edit: tra l'altro un ottimo esempio (questa cosa) di come, mezza cosa, possa essere molto diversa dalla cosa intera |
user39791 | inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:41
Però il concetto di base non cambia. Non ci si può approcciare alla fotografia come ci si approccia alla realtà. La fotografia può contenere brandelli di realtà e grandi bugie. È essenziale avere un rapporto critico con la fotografia, e lo deve avere chiunque si approccia a questo mezzo comunicativo. |
| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:44
“ lo deve avere chiunque si approccia a questo mezzo comunicativo. „ Idealmente si. Ma credo che le responsabilità non siano alla pari. Vale per la fotografia, per un articolo, per un proclama politico. E' vero che è dovere di chi ascolta/legge/vede fare la tara, ma siccome molti sono piuttosto semplici, credo che il dovere del fotografante, del giornalista, del politico sia di gran lunga più necessario. |
user39791 | inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:47
Il dovere di fare che? |
| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 15:56
“ Il dovere di fare che? „ L'hai detto tu Filiberto: “ È essenziale avere un rapporto critico con la fotografia, e lo deve avere chiunque si approccia a questo mezzo comunicativo. „ Questo qui. Che se non erro si rifà a: “ Sta agli operatori dell'immagine e della comunicazione, ma anche e forse soprattutto ai lettori, recuperare un rapporto critico con il medium fotografia „ Di qualche riga sopra |
user39791 | inviato il 27 Gennaio 2020 ore 16:14
Rimanendo in campo fotografico credo che un fotografo debba produrre una buona foto. Il resto è lasciato a chi usufruisce di quella foto. |
| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 16:19
Ehi Fil, hai cambiato triciclo???? (scusate l'OT) |
user39791 | inviato il 27 Gennaio 2020 ore 16:26
Si si non ho retto alla scimmia! |
| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 16:54
Qui si pone un ulteriore interrogativo: perché non potrei/dovrei, guardando una foto, considerarla semplicemente un manufatto e fruirne la fattura e stop? Certo, esistono foto e foto: ma siamo ancora abituati a cercarne subito un nesso con la realtà ( verità? ). Siamo abituati a pensare subito che il fotografante ( rubo il termine ottimamente neutro a Francesco ) abbia artatamente messo del suo in ciò che vediamo ritratto. In altri termini: una fruizione estetica dell'immagine finisce per essere soffocata da altre istanze che sembrano più urgenti: chi è quella persona? la scena intorno, chissà quale dinamica nascondeva in realtà? si sono volute nascondere interpretazioni dell'accadimento, a scapito di altre? ecc. ecc. E questo anche nel caso del più 'innocuo' ritratto di chissà chi... Mi chiedo se a questa lettura di una foto non ci abbia abituato il fotogiornalismo o addirittura la ripresa televisiva, dove i fotogrammi scorrono senza possibilità di fissarne l'efficacia documentaria. Anche qui ci troviamo ad avere a che fare con il pre-concetto. |
| inviato il 27 Gennaio 2020 ore 17:15
Mi sto un po perdendo. “ Certo, esistono foto e foto: ma siamo ancora abituati a cercarne subito un nesso con la realtà ( verità? ). „ Suggerisco al riguardo un bel libricino di Scianna (senza foto) che ho fiinito di leggere in settimana, "Lo specchio vuoto". Ci sono passaggi interessanti sulla nascita della leggenda è vero perchè è una fotografia , come nascita del mito insorto al trapasso dalla pittura, ed in particolare alla ritrattistica. Altrettanti sulla costante affermazione "non mi fotografare, vengo male in fotografia", ed altre cose interessanti. Mi è piaciuta una riflessione che può essere utile per capire il perchè, ad oggi, questo "mito" verità-foto sia ancora diffuso, nella quale in sostanza ricorda che se ci pensiamo bene, nonostante sia trascorso qualche secolo da Galileo e da quando abbiamo appreso che la è la terra che gira intorno al sole continuiamo a pensare e scrivere il sole sorge ed il sole tramonta... |
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